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Autore: coldcatepf98    30/07/2024    0 recensioni
Essere un medico non è facile, ma non lo è nemmeno essere uno studente di medicina.
Tra professori megalomani, bocciature ingiuste e faldoni da mille e più pagine, Aurora, Raul e Silvana affrontano i loro drammi amorosi iniziati già molto tempo prima che tornassero a lezione poco dopo la lunga pandemia di covid mentre Selena rimarrà ad osservarli, ben felice che la sua vita non ne abbia.
Quanto più difficili potranno essere queste pene d'amore rispetto al temibile esame di anatomia patologica?
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Capitolo 1 – Pettegolezzi 

 
Gli studenti modello arrivano sempre in anticipo alle prime lezioni, ma Raul, Silvana e Aurora la pensavano diversamente. Gli studenti migliori, come diceva Raul, si facevano attendere, oltre a essere a conoscenza dell’esistenza della mezz’ora accademica.
«Raga, ma dove siete?!» Raul alzò gli occhiali da sole, poggiandoli sulla fronte.
«Letteralmente fuori l’aula, alle panchine.» gli rispose Silvana dall’altro capo del telefono.
Il ragazzo si fermò sul posto e si guardò attorno.
«E dov’è l’aula? Cioè qual è?» alla sua domanda sentì lo scatenarsi delle risate degli amici «Dai raga! Vi prego!»
Silvana stava ancora ridacchiando: «Aspetta, dove sei?»
«Ehm…» si guardò attorno «Sono al reparto di… urologia.»
Nonostante l’ilarità del momento, in realtà nel policlinico era molto facile perdersi o non riuscire a trovare qualche reparto: era il polo universitario d’eccellenza della loro regione, era talmente grande che oltre a ricoprire un intero isolato faceva da spartiacque tra due quartieri. Silvana e Aurora, abitando in città, ci erano state molte più volte per andare a studiare in aula studio con Lino durante la pandemia, per questo non recriminavano all’amico la sua estraneità. 
A loro faceva sbellicare di più che lui non avesse neanche la più pallida idea di quale fosse l’aula per le lezioni del terzo anno.
Silvana gli diede le indicazioni per raggiungerli e quando finalmente sboccò nella strada giusta, Aurora lo vide: «Eccolo!» disse alzandosi dalla panchina. 
Silvana, già in piedi, iniziò a sbracciarsi nella direzione opposta, alche l’altra le afferrò l’omero e la girò dalla parte giusta: «Sta di là idiota…»
L’amica strizzò gli occhi e riconobbe la sagoma di Raul dall’altra parte della strada: «Oh, eccolo.»
«Ma ti vuoi mettere questi cazzo di occhiali?!» la rimproverò Aurora.
«Sto male con gli occhiali.» le rispose Silvana continuando a sventolare la mano fino a quando Raul finalmente non le vide e si decise ad attraversare, raggiungendoli.
Tolse lo zaino mezzo vuoto dalle spalle e lo gettò sulla panchina su cui era rimasto seduto soltanto Lino: «Mamma mia raga, è un labirinto sto posto.»
«Vabbè dai, ti devi abituare…» gli rispose Lino, guadagnandosi un’occhiataccia da Aurora.
«Ma perché devi fare sempre il saccente?»
Silvana s’intromise subito, in generale temeva il conflitto più di qualsiasi cosa, e siccome tra i due ultimamente c’erano stati dei risvolti che non avevano reso Aurora molto felice, per usare un eufemismo, non voleva l’amica finisse per picchiare Lino proprio il primo giorno di ritorno in presenza.
«Dio, che cosa strana… dopo due anni siamo a lezione al policlinico senza mascherine.» si sentì alla stregua di una vecchia mamma con questa frase, ma fu abbastanza per sviare l’attenzione dei due.
«Già…» disse Lino «Non siamo neanche entrati in classe che già mi sono rotto il cazzo.» concluse ridacchiando.
Raul guardò l’orologio e poi attorno a sé: si erano sistemati su una delle panchine del polo relativamente recente dedicato unicamente alle aule, tutto circondato da aiuole curate e alberi che offrivano della piacevole ombra anche nelle giornate più calde. Le panchine disseminate qui e lì nel giardino erano tutte occupate dai vari gruppetti della loro classe, tutti se ne stavano tranquilli a conversare, come se non avessero lezione.
«Scusate ma… perché non siamo dentro?»
Aurora tornò a sedersi accanto a Lino: «Il prof non è ancora arrivato, i rappresentanti hanno detto che ci avrebbero avvisati se fosse arrivato.»
Il ragazzo guardò di nuovo l’orologio: «Ma… è in ritardo di quaranta minuti, secondo me questo non viene più.»
«L’abbiamo pensato anche noi, però non si sa mai.» spiegò Aurora.
Raul sospirò e si sedette tra lei e Lino, poi sorrise malizioso guardando ognuno dei suoi amici. Silvana sorrise a trentadue denti: sapeva benissimo cosa quel sorrisino significasse. Pettegolezzi succulenti.
«Cosa vuoi dirci?» lo esortò, lui scosse la testa, ma ormai lo guardavano fisso tutti e tre. Sarebbe stato troppo crudele tenersi per sé quello che era venuto a sapere.
«Sapete che quest’estate sono andato a Siviglia a trovare i nonni. Beh, ho incontrato qualcuno all’aeroporto di R.»
I tre rimasero in religioso silenzio, coperto solo dal vociare delle persone poco distanti da loro e qualche sporadica sirena dell’ambulanza.
Raul stette zitto qualche secondo per godersi le loro facce sulle spine: «Ho incontrato Sergio, era lì per raggiungere degli amici che sono in Erasmus in Francia.»
«Wow, che coincidenza!» commentò Silvana.
«Già. Ci siamo incontrati e abbiamo scoperto che avremmo dovuto aspettare qualche ora in aeroporto, così abbiamo parlato. E tanto.» si sistemò meglio sulla panchina, pescando la sigaretta elettronica dalla tasca del cappotto «Innanzitutto mi ha detto che lui e Danilo si sono lasciati.»
A quella notizia Aurora e Silvana spalancarono la loro bocca all’unisono scioccate. Sergio e Danilo era una delle poche coppie ufficiali che si erano formate in classe, ai quattro amici era sempre piaciuta la loro coppia, erano sempre sembrati loro molto affiatati.
«E come mai?» gli chiese Lino.
«Ragazzi… voi non avete idea di quello che mi ha raccontato. Loro due stavano bene insieme, insomma, li avete visti anche voi al primo anno e sulle storie. Si sono lasciati per dei problemi di gelosia.» Raul prese una lunga boccata dalla sigaretta usa e getta «E Susy ne è la principale fautrice. Non mi ha voluto dire molti dettagli, ma lei stuzzicava Danilo in continuazione e lui non è che facesse nulla per rassicurare Sergio. Anzi… gli ha dato del matto parecchie volte e tramite Raffaele ha scoperto che Susy non faceva che peggiorare la situazione.»
Silvana trasalì, ma cercò di non far notare ai tre, soprattutto a Lino, la sua reazione al nome del ragazzo. Il più naturalmente possibile, chiese a bassa voce: «Raffaele?»
Raul espirò, riempendo l’aria di aroma all’anguria: «Sì, non me l’aspettavo anch’io da quel deficiente. Sai che lui è il migliore amico di Danilo e Vanessa Capitali, probabilmente è stata l’influenza positiva di Vanessa che l’ha spinto a dire a Sergio le cattiverie che Susy ha detto su di lui alle sue spalle. Ovviamente così Sergio ha scoperto che Danilo non ha mai preso le sue difese.»
Aurora si stava tormentando le labbra con l’unghia: «Quindi non riguardava solo la gelosia.»
Raul scosse la testa e si guardò alle spalle guardingo: «No. Sergio infatti cercava di farsi scivolare queste provocazioni, ad un certo punto ha smesso di lamentarsene con Danilo che nel frattempo si è lasciato andare a commenti di body shaming, non solo sugli altri ma anche su di lui. Insomma, tutto questo, sommato ad altri problemi, sono scoppiati come coppia.»
I tre rimasero in silenzio a digerire tutte quelle notizie, non che si aspettassero i loro compagni di classe fossero dei santi, ma quelle dinamiche così meschine non se le aspettavano. Infondo sapevano la gente si spingesse anche oltre il limite per soddisfare il proprio ego, e che motivo poteva avere Susy per portare zizzania nella coppia se non quello. Era una bella ragazza, tra le più avanti con gli esami, era già fidanzata e, da quello che avevano capito dai suoi viaggi e i suoi vestiti, si trovava anche in una situazione economica molto buona. Non aveva di certo bisogno delle attenzioni di Danilo se non per dimostrare qualcosa a sé stessa e gli altri.
Silvana fece un sonoro sospiro contrariato e guardò il gruppetto di Danilo e Raffaele che chiacchieravano allegri a parecchi metri da loro: Susy era con loro, ma Sergio, ovviamente, no. La sua attenzione poi ricadde sulla sigaretta di Raul.
«Ancora con quella cosa.»
«Oh, che vuoi.» lui la rigirò tra le mani «Incredibile comunque, sembrano proprio dei giocattoli.»
«E grazie al cazzo!» sbottò Aurora «È quello che vogliono che tu pensi!»
«Che ci posso fare raga…»
«Sei vittima dei poteri forti.» commentò Silvana ironica.
Aurora sorrise: «Ci controllano come la Granella con le presenze online.»
«L’avessimo detto a Maddalena ci avrebbe creduto.» disse Raul scherzosamente.
«Si stava già avvolgendo la testa nella carta stagnola.» continuò Silvana.
Il loro ridacchiare fu interrotto da Lino che col cellulare in mano si alzò dalla panchina d’improvviso.
«Raga… cazzo…» si voltarono a guardarlo perplessi «È arrivato Perugia.»
I loro sguardi virarono allo scioccato, Aurora prese la parola mentre gli altri due guardavano gli amici senza sapere che fare: «Ma come? Non sta lui alle prime due.»
Lino imbracciò lo zaino: «Evidentemente si sarà scambiato. Ragà dobbiamo andare, Rosa ha detto che ha già iniziato a sclerare perché ha visto la classe mezza vuota.»
«Ma porca puttana.» fu la reazione pacata di Aurora.
Mentre raccoglievano le loro cose e si alzavano, notarono che anche gli altri gruppetti che erano rimasti fuori si stavano dirigendo il più velocemente possibile in aula.
Silvana sbuffò: «Magari iniziava a parlare in spagnolo con gli erasmus per la disperazione di avere qualcuno da tormentare.»
Perugia era il temibile professore di una delle specialità chirurgiche del terzo anno, prendeva ogni giorno le presenze, a metà lezione faceva contrappello e come se non bastasse cercava di memorizzare i visi degli studenti per capire chi apponesse firme false e chi no. Cercare di superare il suo esame assomigliava più al tentativo di finire tutte le missioni secondarie di un videogioco prima di affrontare il boss finale. 
Entrarono nell’edificio e si diressero verso l’aula, Raul iniziò a strofinarsi la fronte coi polpastrelli nervoso: «Dite che ora ci vede entrare e s’incazza e si ricorderà di noi?»
«Raul calmati, siamo in cento persone che stanno entrando.» disse Aurora. Erano a pochi metri dall’aula, davanti a loro si era formata una piccola folla di studenti che procedeva verso l’interno e si riversava sugli spalti dell’aula.
I quattro salirono subito le scale alla loro destra per incrociare il meno possibile lo sguardo del prof che, coi lombi poggiati sulla cattedra, osservava a braccia conserte gli studenti prendere posto nei tre spalti di fronte a lui. Non appena trovarono una panca libera abbastanza in alto nella colonna centrale ci s’infilarono, e proprio in quel momento videro entrare in classe Maddalena che non appena gli vide, li salutò con la mano. Lino le fece segno di raggiungerli ma lei mimò un no, seguito da un “voglio seguire”, quindi si posizionò sugli spalti sulla sinistra.
«Ma che fa?» disse Silvana a bassa voce.
«Ha detto che vuole seguire.» le spiegò Lino, prendendo un quaderno dallo zaino.
«Sì, ho letto anch’io il labiale, ma quello è il ghetto erasmus.»
«Il…» Aurora ci mise pochi secondi a capire cosa intendesse, infatti soffocò una risata «Oddio. Non se n’è accorta.»
Nello spalto sinistro si erano seduti soltanto studenti erasmus e nessuno, né dei gruppetti di classe né qualche lupo solitario, si era azzardato a sedervisi. Silvana l’aveva notato appena entrati e l’aveva subito rinominato nella sua testa, aspettando il momento giusto per battezzare quella coincidenza. Erano ancora le prime lezioni e di solito i poverini tendevano ad isolarsi, ma dopo qualche lezione si sarebbero presto integrati, complici i rappresentanti.
Maddalena, però, ci mise giusto il tempo di mettersi infondo alla fila e tirare fuori tutto l’occorrente per la lezione per accorgersi di essere “isolata” dal resto della classe che conosceva. Non appena lo fece, si voltò a guardare gli amici dall’altre parte dell’aula che non appena incrociarono il suo sguardo sconsolato risero mentre lei lasciava scivolare le dita tra i capelli, ridendo sconsolata. Silvana le mimò a gesti e col labiale “al cambio vieni” al quale Maddalena rispose alzando il pollice in su.
«Come sei gentile.» commentò ironicamente Aurora.
Silvana si voltò verso l’amica: «Dai, mi dispiace.»
«Certo, come no. Non la pensavi così quando ci ha assillate di metterle la firma per questa lezione. E non ti biasimo, perché la pensavo esattamente come te.»
«Però non è antipatica. Nel senso… se metti da parte il fatto che all’università è un’assillante rompicoglioni comunque con lei ci troviamo bene.»
Aurora assentì: «Magari è la stessa cosa con Monica.»
Silvana aprì la dispensa alla pagina su cui si era fermata: «Ne dubito, e anche fortemente. Se solo sapesse che sto ancora preparando Anatomia mi sputerebbe in un occhio.»
Quando si furono sistemati tutti nell’aula, Perugia iniziò la sua lezione di un’ora e venti minuti non prima di una noiosa reprimenda agli studenti sul fatto che dovrebbero trovarsi tutti in classe anche in caso di ritardo del professore e che per degli studenti di medicina essere fuori a “gozzovigliare”, Aurora dovette chiedere a Silvana cosa significasse, rasentasse la decenza.
Il resto del tempo i quattro lo passarono a studiare le materie che stavano preparando, alzando lo sguardo sporadicamente per dare l’illusione al professore che stessero seguendo. Quando finalmente levò le tende, non prima di aver ritirato il foglio firme e aver salutato solennemente la classe, Silvana si alzò e strattonò la spalla di Aurora.
«Bagno?»
Aurora si strappò di dosso la mano dell’amica: «Non ho capito, hai bisogno che ti mantenga?»
«Sì. Magari che mi tieni anche la mano.»
L’altra si alzò anche lei: «Okay, tanto volevo alzarmi comunque.»
Scesero le scale e uscirono dalla classe per dirigersi in bagno, trovandolo, sfortunatamente, già strapieno. 
Silvana fece cadere le spalle all’indietro: «Che palle…»
«Ci facciamo una sigaretta nel frattempo?»
«Questa sì che è un’ottima idea.»
Aurora scosse la testa e si diresse, seguita a ruota da Silvana, verso l’uscita d’emergenza perennemente spalancata dell’edificio, questa dava su un piccolo vicolo solitario su cui si affacciavano le finestre delle aule.
«Poi critichi Raul.»
«Vabbè le sigarette elettroniche fanno più male.» disse Silvana poco convinta.
«Noi viviamo di questa convinzione.»
«Noi possiamo smettere quando vogliamo.»
Aurora sorrise: «Sì, certo, credici.»
Si fermò di colpo sull’uscio della porta d’emergenza, facendosi poi poco più indietro per non farsi vedere dall’esterno. Il motivo era una discussione concitata tra degli studenti.
Silvana la guardò confusa: «Che succede?» poi sentendo le voci, si sporse oltre l’amica per guardare all’esterno. Un gruppetto di ragazzi da una parte capitanato da una ragazza dai folti capelli ricci stava letteralmente alzando la voce contro una sola ragazza, che sembrava non riuscire a dire una frase per intero senza essere attaccata verbalmente.
«Aspetta… ma quella ragazza, quella coi capelli lisci, mi sembra di conoscerla.» disse Silvana strizzando gli occhi per mettere a fuoco la ragazza vittima di quella ressa.
«Sì, la conosciamo. È Selena, si sedeva vicino a noi in primo anno. Ha dato anatomia con Raul.» le spiegò Aurora sottovoce.
«Oh sì, giusto!»
Silvana si ricordò all’istante di Selena: era una ragazza molto tranquilla e educata con la quale si era trovata sempre molto a suo agio, veniva dalla stessa città di Lino, infatti, era grazie a lui se la conoscevano. Non si frequentavano più dal primo anno sia a causa dell’esplosione della pandemia di covid e anche perché lei stessa aveva fatto gruppo con altri ragazzi, gli stessi che adesso la stavano accerchiando e gridando addosso. Anzi, a quanto le due spettatrici notarono, non era tutto il gruppo ad inveirle contro, quanto più solo la ragazza dai capelli ricci, sostenuta verbalmente da sporadici commenti degli altri alle sue spalle.
Aurora guardò meglio e la riconobbe: «Quella che urla è Rosaria DeSanctis.»
Silvana aggrottò le sopracciglia e le bisbigliò: «Ma che… non erano amiche?»
L’altra alzò le spalle: «A quanto pare non più…»
Stettero in silenzio per carpire meglio quello che stavano dicendo.
«… Come fa a scapparti di bocca una cosa del genere?» 
Selena alzò le mani davanti al petto, con gli occhi sgranati: «Te lo giuro Rosaria, è stata una svista, so che è sbagliato.»
«Beh, ma a quanto pare non te ne importa poi così tanto!»
«Non sono praticamente come te, per cui non sto così attenta.»
Rosaria si avvicinò a Selena che cercò di non indietreggiare troppo: «Dovresti invece! Non solo per portare rispetto al Signore, ma a me! E tutti i credenti!»
«Va bene, ma ti ho già chiesto scusa!»
«Dopo che io ti ho fatto presente il fatto che avevi bestemmiato, altrimenti tu non ci saresti mai arrivata da sola! Sei veramente assurda, mi guardi con quella faccia di cera e continui a ripetermi di non averlo fatto apposta, ma l’ho capito sai.» Rosaria puntò un dito contro Selena che sbiancò, Aurora e Silvana si guardarono tra loro scioccate «A te non frega proprio niente della religione degli altri. Ti credi tanto figa quando bestemmi in giro come un animale?»
«Adesso però credo tu stia esagerando, come ti permetti di darmi dell’animale quando ti ho già detto…» Selena non riuscì a finire la frase che Rosaria le diede uno schiaffo in piena faccia, facendola indietreggiare, con la guancia tra le mani.
Rosaria fece per avvicinarsi di nuovo a lei, quando venne spinta indietro da Aurora, che la fece cadere di sedere per terra. La ragazza da terra la fissava risentita, mentre anche Silvana insieme all’amica s’interpose tra lei e Selena.
«Ma che ti prende? Sei impazzita?» le berciò contro Aurora.
«E tu chi ti credi di essere?!» le sputò addosso Rosaria, che gli amici alle sue spalle aiutarono ad alzarsi.
«Sicuramente non una che si mette a dare schiaffi alla gente per una bestemmia.»
Rosaria si avvicinò ad Aurora come una furia, ma Silvana la bloccò col braccio: «Guarda che potremmo benissimo farti il culo. Non ci perdo niente io. Ma tu invece?»
L’altra la guardò stranita.
«Potrei tipo mettermi ad urlare e arriverebbe subito il custode, per non parlare del professore delle prossime due ore, potrebbe essere qui in qualsiasi momento. E l’unica con la guancia rossa qui mi sembra Selena.»
Il gruppetto di amici che prima faceva il gradasso contro una sola ragazza, sembrò recalcitrante, con lo sguardo basso cercavano di allontanarsi da Rosaria che intanto stava diventando rossa dalla frustrazione. Silvana abbassò il braccio, sicura che non avrebbe nemmeno osato avvicinarsi a loro, quando però fece per parlare Aurora la interruppe.
«Vattene Rosaria e forse non diremo niente alla tua parrocchia. O ai rappresentanti. Oppure possiamo picchiarti se preferisci.»
Rosaria si voltò nervosa e si diresse verso l’uscita d’emergenza seguita dagli amici: «Vaffanculo stronze!» disse, cercando di non alzare troppo la voce.
Aurora si voltò verso Silvana: «Mamma mia, che paura.», le due scoppiarono a ridere. Si voltarono quindi verso Selena che era rimasta in disparte, con una mano si teneva ancora la guancia.
«Grazie ragazze… Non dovevate.»
Silvana le passò una mano sulla spalla: «Ma che dici… l’unica che non doveva assolutamente fare niente era quella rimbambita.»
«Andiamo in bagno?» propose Aurora «O magari ti va una sigaretta?»
L’offerta di Aurora fece sorridere Selena che si portò i capelli dietro le orecchie: «No grazie… Ho le sigarette elettroniche.»
«Wau, immagina se Rosaria lo sapesse: non solo bestemmi, ma fumi pure.» disse Silvana per sdrammatizzare ulteriormente.
«Una ragazzaccia.» continuò Aurora.
Subito dopo si diressero in bagno, nel frattempo si era fortunatamente svuotato, con estremo sollievo di Selena che non ci teneva particolarmente a mostrarsi lacrimante e con la stampa rossa della mano sulla faccia. Quando si guardò allo specchio si lasciò andare in un pianto liberatorio. Silvana e Aurora le offrirono dei fazzoletti e aspettarono che finisse di piangere per chiederle cosa fosse successo.
«Sapete che Rosaria è molto… cattolica, diciamo così. Prima di un esame va nella cappella del policlinico a pregare e porta sempre con sé il rosario, per farvi capire quanto sia devota. Non ho nulla da dire su questo, nessuno dovrebbe. È la sua religione dopotutto…»  si poggiò al lavandino e si soffiò il naso, le due la stavano a sentire in religioso silenzio «Insomma, non ha mai nascosto il fatto che le dessero fastidio le bestemmie, io davanti a lei ho sempre evitato di dirle, ma non credevo che se la sarebbe presa così tanto.»
Gettò il fazzoletto nel cestino e fece un respiro profondo per calmarsi: «Oggi mentre stavo per bere dalla borraccia, mi è caduta l’acqua addosso e mi è sfuggita una bestemmia. Davvero, non ci ho pensato, tantomeno l’ho fatto apposta per farla innervosire ma ho comunque sentito lo sguardo di tutti su di me. Credevo avrebbero fatto finta di niente, infatti sul momento in classe non mi hanno detto nulla. Poi ho chiesto a Rosaria e gli altri di uscire fuori a chiacchierare e così… non capisco perché l’ha presa così sul personale, le ho chiesto scusa un centinaio di volte prima che arrivaste.»
Silvana incrociò le braccia: «È davvero stupida. Per me non le interessava neppure il fatto che tu l’avessi detta, voleva solo farti la predica e umiliarti.»
Aurora annuì: «Ma poi il senso di fare quella scenata davanti a tutti… Altro che scuse, avresti dovuto fregartene.»
«Mi dispiaceva per davvero. Non volevo mancarle di rispetto.»
«Macchè, quella rimbambita in Cristo non se le merita.»
«Aurora!» la rimbeccò Silvana.
«Che c’è?! Le ha chiesto scusa un milione di volte e le ha pure alzato le mani. Quella è solo una fanatica pazza.»
Selena sorrise e fu seriamente grata le due fossero intervenute. Non si aspettava s’inimicassero la compagna solo per lei e che, anzi, si azzardassero a minacciarla mettendola alle strette. Ma ora non voleva indugiare troppo e approfittare della loro gentilezza.
«Io adesso credo di dover andare in classe…»
«Sì, la lezione sarà già iniziata… Aspetta un attimo.» Aurora si fermò a pensare «Ma le tue cose sono ancora nella fila di Rosaria e gli altri, non puoi mica tornare con loro.»
Selena si morse le guance: «Pensavo di prendere le mie cose e poi andarmi a sedere da un’altra parte.»
«Beh, questo è ovvio. Verremo con te a prendere le cose e ti siederai con noi.» concluse Aurora come se la cosa le sembrasse ovvia.
«Ma non vorrei… insomma…» cercò di dire Selena, ma venne interrotta da Silvana.
«Sarà come al primo anno! Che bello, e poi scusa ma tu non torni in treno con Lino e Maddalena? Sinceramente non capisco perché non ti sei seduta con noi sin dall’inizio del semestre scorso!»
Alla fine, Selena non riuscì a trovare alcuna ragione per rifiutare la gentile offerta delle due, per cui accettò di farsi accompagnare a raccogliere le sue cose e spostarsi da loro.
«Vi dispiace andare avanti?» Silvana indugiò nel bagno mentre le due si erano fermate nel corridoio per uscirci a sentirla «Devo ancora andare in bagno, faccio veloce.»
«Va bene, cagasotto.» le rispose Aurora, guadagnandosi una smorfia dall’altra che si chiuse in bagno. Quando ebbe finito, uscì dal cubicolo e notò che era entrato un ragazzo che si stava lavando le mani, dandole le spalle. Si era quasi scordata che i bagni fossero misti, quindi represse la sorpresa e si mise ad un lavandino di distanza da lui. Stava insaponando le mani quando ad un certo punto si sentì osservata. Decise di fare finta di nulla e continuare a lavarsi le mani come niente fosse, quando lui le rivolse la parola. Subito riconobbe la sua voce.
«Non mi hai ancora inviato il pacchetto di sticker.»
Silvana si voltò verso Raffaele e rimase un attimo interdetta.
«Io…» fece finta di non capire di cosa stesse parlando mentre si lavava le mani con l’acqua corrente «Scusa ma… me l’hai chiesto sul gruppo?»
«Sì. Il pacchetto di Beth.»
Silvana si ricordò all’istante di quando ebbe inviato uno sticker di Elizabeth Grant, la loro cantante preferita in comune, sul gruppo di classe e che lui le aveva risposto al messaggio chiedendole di inviargli l’intero pacchetto. Lei aveva fatto finta di non vedere il messaggio presa dall’ansia di non sapere come rispondergli, visualizzò i messaggi sul gruppo solo molte ore dopo, dicendosi che se davvero lo voleva le avrebbe scritto in privato. Non si aspettava di certo che lui innanzitutto avesse ricollegato il suo profilo whatsapp a lei e che poi avesse avuto anche l’ardire di confrontarla di persona.
«Oh, scusa, non ho visto il tuo messaggio.» asciugò le mani coi fazzoletti del dispenser «Posso inviartelo adesso se vuoi.»
Raffaele asciugò anche lui le mani, buttò i fazzoletti nel cestino e prese il suo cellulare dalla tasca: «Sì, lo voglio.»
Silvana si sentì avvampare per l’imbarazzo. Quello non solo era uno dei ragazzi più carini che avesse mai incontrato, ma condivideva la sua stessa iperfissazione per Elizabeth Grant e ora gli aveva chiesto un pacchetto di sticker per whatsapp di cui andava modestamente molto fiera. Prese il telefono e glielo porse: «Scrivimi il tuo numero, così te lo invio su whatsapp.»
Raffaele prese il suo telefono e digitò il suo numero, non contento glielo salvò anche, omettendo il suo secondo nome. Le diede di nuovo il telefono e Silvana prese a smanettare per inoltrargli il pacchetto: «Da quanto sei fan di Beth?»
«Da qualche anno, ma mi è piaciuta molto sin da subito.» si fermò un attimo «Tu invece?»
Lei cercò di rispondergli sembrando il meno spocchiosa possibile: «Dal 2012…»
«No, non ci credo.» le disse serissimo «Stai dicendo una cazzata.»
Lei dovette guardarlo per capire che era sarcastico, quindi sorrise: «Temo di no.»
«Quindi sei una super fan.»
Decise di stare al suo gioco: «Se lo dici tu.» premette invia e il cellulare di Raffaele vibrò.
L’interazione sembrava essere finita lì e Silvana stava già studiando un modo per non doversi incamminare nell’aula con lui, sarebbe stato troppo imbarazzante, senza contare gli sguardi indiscreti dei compagni che avrebbero potuto fraintendere.
«Arrivato.» lo aprì e sogghignò vedendo di sfuggita i vari sticker «Grazie.»
«Di nulla.»
Lui, probabilmente preso dalla sua stessa ansia, si diresse verso l’uscita e sgattaiolò via velocemente. 
Silvana rimase un attimo confusa da quella fugace interazione, fece mente locale e non la sorprese molto il fatto che sapesse il suo nome perché poche settimane dopo lo scoppio della pandemia, lui l’aveva aggiunta sui social, quindi il suo nome era stato collegato ad una faccia per certo. Sapeva non significasse nulla, ma comunque avrebbe creato delle false aspettative sul futuro, e si detestava per questo. Poco dopo rientrò in classe e, seppure con difficoltà, non raccontò nulla ai suoi amici dell’accaduto, sia perché Selena si era appena integrata nel loro gruppo che anche perché il solo fatto di raccontare ciò che era successo avrebbe dato al fatto dell’importanza. E lei voleva evitare il più possibile di romanticizzare qualcosa d’insulso per non rimanerne delusa in seguito.
 
A Raul piaceva sfamare i suoi amici con le storie che raccoglieva dalle innumerevoli persone che conosceva, sarebbe stupido pensare che nessuno si lasci andare al dolce “vizio” del pettegolezzo, oltre che presuntuoso sostenere di denigrarlo. Dopotutto, cosa c’è di male nel parlare delle cose che accadono? Non scadere nella cattiveria è poi un talento raro che si può anche affinare col tempo e coscienza, e Raul sapeva benissimo i suoi amici fossero ben dotati di buon senso.
Tuttavia, non seppe spiegarsi come mai quella mattina non ebbe riferito tutto quello di cui aveva parlato con Sergio, quello che poi era successo con Selena era riuscito a spostare qualsiasi attenzione da lui, che durante la lezione poté scambiarsi quante occhiate voleva con Sergio.
Fu sufficiente anche per non far notare, nemmeno agli occhi più attenti di Silvana, lo sguardo allarmato che gli rivolse quando lo vide uscire dalla classe in compagnia di Danilo.
  
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