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Autore: Sally0204    02/08/2024    10 recensioni
In Brasile Tsubasa e Sanae vivono l’inizio del loro sogno. Hanno diciassette anni e sono convinti che niente potrà recedere il filo rosso che lega i loro cuori, spezzare un amore che sembra destinato a durare in eterno.
Ma non sempre la vita asseconda i nostri piani, non sempre le cose vanno come vorremmo.
Dopo quella settimana di magia, Tsubasa e Sanae non si rivedono per vent’anni: quando succede è impossibile non chiedersi “cosa sarebbe successo se…” e realizzare che, per chiudere certi discorsi, a volte è necessario riaprire alcune porte, perché «se incontrarsi resta una magia, è mantenere l’equilibrio la vera favola» (M.G.)
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Koshi Kanda, Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sanae uscì di casa correndo, la musica a tutto volume nelle AirPods: erano appena le sei, ma il sole picchiava già forte quella mattina sulla sua testa. Si maledì per aver dimenticato la borraccia lasciata pronta sul tavolo della cucina. Fu costretta a fermarsi nei pressi di una fontana pubblica per bagnarsi la testa e bere un po’ d’acqua.
 
Tsubasa era uscito dall’hotel prestissimo, incapace di restare ancora a letto. Aveva già corso dieci chilometri, quando finalmente la vide dietro un cespuglio coloratissimo di ortensia ajisai color lavanda nel pieno della sua splendida fioritura: si passava le mani bagnate sul viso, sul décolleté, sulle braccia.
 
Si fermò a pochi passi da lei. Le guance erano arrossate per lo sforzo, i capelli raccolti in una specie di piccolo chignon erano umidi. Deglutì a vuoto mentre i suoi occhi seguirono il percorso lento di una gocciolina d’acqua che scese dal collo per poi lambirle il petto, sparendo assorbita nel bordo del top bianco che indossava.
 
“Buongiorno. Iniziavo a pensare che mi avessero preso in giro quando mi hanno raccontato che corri tutte le mattine.”
 
Sanae si girò di scatto.
 
“Tsubasa, non riposi nemmeno in vacanza?”
 
“Faccio fatica a dormire... Ti va se corriamo un po’ insieme?”
 
“Non so se riesco a tenere il tuo ritmo.”
 
“Da quello che posso vedere sei più in forma di quello che pensi. E io, comunque, sono già alla fine del mio giro, possiamo rallentare. Così riusciamo anche a chiacchierare un po’. Se ti va.”
 
“Va bene, ma se tu vuoi andare più veloce, non farti alcun problema.”
 
“Non mi interessa.” 
 
Sanae si sfilò le cuffiette infilandole nella taschina dei leggings, e gli fece un cenno col capo. Si avviarono seguendo il sentiero bianco che si snodava tra gli alberi secolari del parco. Nel silenzio ovattato di quella mattina, si udiva solo lo scalpiccio dei loro passi sul selciato e il canto degli uccellini.
 
“Quando hai iniziato a correre?”
 
A Tsubasa non era sfuggita la tecnica quasi perfetta della sua postura nella corsa: i corridori occasionali finivano inevitabilmente con problemi alle ginocchia o alle articolazioni a causa delle posizioni errate che assumevano durante l'attività fisica. 
 
“Da qualche anno ormai. A Kobe vivevamo vicino al Suma Rikyu Park: ho iniziato a camminare la mattina presto, quando Koki non dormiva e dovevo portarlo fuori. Era l’unica ora della giornata in cui riuscivo a svuotare la testa. Non ho più smesso, mi fa stare molto bene.”
 
“Koki è andato a Tokyo, alla fine?”
 
“Già - sospirò.  - Mi dispiace per la scena a cui hai dovuto assistere. Ti sarò sembrata un’insopportabile bacchettona.”

“Ma no, immagino siano cose abbastanza normali, non credo sia un'età facile. A vent’anni vedi tutto bianco o tutto nero.”
 
“Sì, è così. Ci mettiamo un po’ a capire che la vita non è solo bianco o nero. In mezzo c’è una miriade di sfumature diverse, ma non per questo meno belle - aggiunse Sanae - Tu come la vedi la tua vita? Di che colore è?“
 
“La mia vita? Boh. I-io…” Ozora si ritrovò inaspettatamente con la saliva azzerata.
 
“Sono pronta a scommettere che la tua vita sia bianca e luminosa!" rispose al suo posto ridendo.
 
Vedendolo in difficoltà, Sanae tornò a parlare di sé. “È un periodo un po’ difficile per me e Koki. Siamo sempre stati in perfetta simbiosi, d’accordo su tutto, gli stessi gusti, gli stessi interessi e ora… siamo come due pianeti che viaggiano nella stessa galassia e non si incontrano mai. Non sono più la sua mamma perfetta, lui ora mi vede come una persona, nella sua interezza, con i suoi pregi e con un milione di difetti e non manca di elencarmeli a uno a uno, impietosamente.”
 
"Non ti piace quella ragazza?”
 
“No, anzi!  Zoe è deliziosa. Mi piace moltissimo. Penso solo che forse non sia il loro momento.”
 
“In che senso, scusa?”
 
“Nel senso che a volte incontriamo le persone giuste nel momento sbagliato” si fermò a prendere un bel respiro e i loro sguardi si incatenarono in una vibrante connessione. “E poi la vita va avanti, mica si ferma ad aspettarci. Non è lei il motivo dell’acredine tra noi.” 
 
Sanae si morse il labbro.
 
“Koki aveva un grande sogno nel cassetto: è da quando è un ragazzino che vuole studiare astronomia in Olanda. Non vorrei che ci rinunciasse o non lo portasse a termine a causa di una storia passeggera.”
 
“Sei sicura che lo sia?”
 
“Certo, hanno diciotto anni. E non vorrei che tra cinque o dieci anni, si pentisse di aver cambiato specializzazione o indirizzo solo perché seguire Zoe a Londra in questo momento gli sembra la cosa più romantica. Quando sogni in grande, devi crearti una lista di priorità. E fare qualche rinuncia se vuoi arrivare.”
 
“Non vedo perché le due cose non possano coesistere.”
 
“Oh dai, lo dici proprio tu… - lo rimbeccò lei con tono quasi derisorio - Hai sacrificato tutto per realizzare il tuo sogno. Pensavi fosse giusto mettere da parte le cose meno importanti per arrivare fino in fondo. Io lo capisco.”
 
Tsubasa deglutì e il terreno sotto i suoi piedi gli sembrò improvvisamente più duro. 
 
“Io non l’ho mai pensato - si fermò di botto in mezzo al vialetto - Non ho mai pensato che una storia importante potesse distrarmi dal mio sogno.”
 
“Ah no? E come mai in questi anni hai schivato tutte le storie importanti?”
 
Tsubasa sollevò un sopracciglio riprendendo la corsa. Voleva negare, dirle che non era vero: cosa poteva saperne lei, che aveva smesso di rispondere alle sue cartoline, di cosa aveva fatto nella sua vita privata? Ma in fondo, sapeva che aveva ragione. Lui aveva schivato, scansato ogni storia che rischiava di distrarlo dall’obiettivo di diventare il più grande calciatore della storia giapponese, vincere il pallone d’oro. Ma tutto questo solo dopo che lei lo aveva lasciato da solo. Si morse l’interno di una guancia prima di rispondere.
 
“Non ho trovato nessuna per cui ne valesse la pena.”
 
Nessuna dopo di te, avrebbe voluto aggiungere, ma gli mancò il coraggio. E Sanae incassò quelle parole decidendo che l’argomento si stava facendo troppo spinoso.
 
Rallentarono progressivamente fino a fermarsi del tutto. Proseguirono camminando, nell’attesa che il fiatone della corsa si placasse insieme alla elettricità che scorreva tra loro ogni volta che le braccia nude, lievemente sudate, si sfioravano casualmente.
 
Si inoltrarono nella zona più boscosa e meno frequentata del parco che Sanae, gli raccontò, evitava di solito al mattino presto. Dietro a una curva, gli alberi si diradarono improvvisamente e davanti ai loro occhi si aprì un paesaggio incantato: salici piangenti giganti si rispecchiavano nelle acque cristalline di un piccolo laghetto artificiale. 
 
“Posso chiederti una cosa?” Tsubasa spezzò il silenzio e Sanae gliene fu grata.
 
“Certo!” rispose con voce di nuovo allegra.
 
“Che intendeva Koki quando parlava della caffetteria e dello studio medico?”
 
“Ho una laurea in scienze della nutrizione. Mi sono laureata quando Koki ha compiuto dieci anni. Ci ho messo parecchio a capire cosa volessi fare della mia vita. Mi sono iscritta all'università quando lui ha iniziato ad andare a scuola. Non è stato facile, ma avevo bisogno di fare qualcosa per me. Uscivo da un periodo un po’ burrascoso. Ma una volta laureata, mi sono fermata lì. A quel titolo di studio che è bellamente appeso nella mia camera da letto e con il quale non ci ho fatto mai nulla. Koki vorrebbe che aprissi uno studio mio, accanto alla palestra, in quello che Koshi vorrebbe trasformare invece in un piccolo corner-bar. Dice che sarebbe un modo per conciliare le due cose, che potrei contare su un portafoglio clienti già costituito. Per fare qualcosa che permetta a me di realizzarmi. È questo il vero motivo della tensione tra noi. Non Zoe…”  
 
“Sanae, è un'idea bellissima. Koki ha ragione. Perché non lo fai?” 
 
“È tardi. È costoso. È rischioso. Io non credo sarei in grado di rimettermi in gioco così…”
 
“Tu? Dai, tu sei in grado di fare qualsiasi cosa, tu sei la ragazzina che sventolava una bandiera più grande di lei e minacciava chiunque si mettesse sulla sua strada…” la guardò intensamente. “O sulla mia,” aggiunse in un sussurro.
 
"Non sono più quella ragazzina.”
 
“Sono sicuro che tu sia molto più forte di quella ragazzina.”
 
Tsubasa si fermò appoggiandosi con entrambe le mani a una staccionata di legno ammirando la piccola pozza d’acqua illuminata dalle luci dell’alba e dalla quale si alzava una leggera nebbiolina.
 
“Non lo ricordavo questo scorcio, sembra un paesaggio delle favole ci siamo venuti qualche volta, quando mi accompagnavi a fare qualche visita… era così bello, ricordi…”
 
“Non farlo” sancì gelida.
 
“Come?” si girò a fissarla colpito dal tono glaciale che aveva usato.
 
“Non rivanghiamo il passato. Quella porta si è chiusa tanto tempo fa, e deve restare tale. È meglio così.”
 

Tsubasa si ritrovò ad annuire con un senso di colpa schiacciante sul petto, colpito dalla durezza di quelle parole. Non era nella posizione per avanzare pretese o fare proposte azzardate. Anche se in quel momento, l’idea di spalancare quella porta, di entrarci di corsa alla ricerca di tutte quelle risposte che aveva inseguito in quegli anni lo stava consumando.
 
“Torniamo verso l’uscita del parco? Si sta facendo tardi. Devo rientrare a casa e andare in palestra.”
 
Ripercorsero lo stesso sentiero in un silenzio cristallizzato. 
 
“Cosa fai oggi?” 
 
“Vado Tokyo” si guardò le scarpe continuando a marciare al suo fianco. “Arriva Blanca, rimaniamo nella capitale due giorni e aspettiamo Roberto, partecipa anche lui al matrimonio” si fermò costringendola a fare altrettanto. “Blanca è...”
 
"Sì, certo, la modella dello shampoo per i capelli setosi. Lo uso anche io, ovviamente non con gli stessi suoi risultati,” gli sorrise facendogli capire che non c’era alcuna tensione o questione in sospeso tra loro. “La tua bellissima fidanzata, sono super informata!”
 
“Beh, non è esattamente…”
 
“Te l’ho detto alla festa: tutto quello che fai è di interesse nazionale, anche se uno non volesse, verrebbe a sapere tutto quello che mangi, con chi dormi, con chi esci. Come e con chi ti lavi i capelli” ammiccò strizzandogli l’occhio.
 
“Sì, beh, ma noi… non viviamo nemmeno insieme - ci tenne a precisare - Non credo di poterla definire fidanzata.”
 
“Come direbbe Koki: sono etichette che non hanno più senso di esistere al giorno d’oggi” dichiarò inarcando le sopracciglia alquanto divertita.
 
 
Sanae era stata capace, con poche battute, di ricreare l’equilibrio che lui era riuscito maldestramente a compromettere. Quando arrivarono all’incrocio nel quale le loro strade si sarebbero divise, Tsubasa trovò il coraggio di chiederle di rivedersi. 
 
“Ti va se corriamo ancora una mattina di queste?”
 
“Non credo che alla tua fidanzata farebbe piacere svegliarsi da sola a letto, mentre siete in vacanza!”
 
“Beh… io…”
 
“Comunque, se una mattina ti svegli presto, sai dove trovarmi,” iniziò a correre dandogli le spalle.
 
Dopo qualche passo si girò di nuovo verso di lui saltellando sul posto. “Grazie della compagnia! È stato bello. Buona giornata, Capitano!”
 
“Sì, è stato bello” mormorò quando la donna era ormai troppo lontana per poterlo sentire.
 
   
 
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