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Autore: Mue    21/09/2009    4 recensioni
Rolf è in difficoltà.
Luna aspetta un bambino e a pochissimo dal grande giorno non ha la benché minima idea di che nome scegliere.
Gli amici e i parenti, però, non esitano a venirgli in aiuto. Purtroppo per lui...
Genere: Comico, Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Luna Lovegood, Rolf Scamandro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Menta e Bisque Burley'
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Oggi ho poco fiato e molti impegni, perciò mi limito a postare il nuovo capitolo e lanciarvi un saluto affettuoso *-*
Buona lettura!
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Capitolo III



Avonfield, 16 agosto

Il momento era vicino, e Rolf era sempre più teso.
Mancavano solo quattro giorni. Quattro giorni.
A Casa Scamandro la tensione si faceva sempre più palpabile. La tensione di Rolf, ovviamente, perché Luna pareva invece l’incarnazione della beatitudine. Canticchiava tra sé, passava quasi tutto il giorno distesa sul divano a leggere o a passeggiare lentamente.
Ogni tanto Rolf la vedeva irrigidirsi per qualche fitta, e allora si faceva prendere dal panico.
«Andiamo in ospedale! E’ il momento!» cominciava a berciare, agitatissimo.
«Rolf…»
«No, non parlare. Stai ferma, rilassati e…»
«Rolf…»
«Vado a prendere la Polvere Volante immediatamente! Aspettami lì!»
«Rolf, è solo il bambino che si muove.»
«Ne sei sicura? E se non fosse così? E se…»
«Oh, Rolf, sei ridicolo!»
Luna non aveva mai dato del ridicolo a Rolf, ma da quando era incominciato l’ultimo mese di gravidanza non poteva far altro che trovare buffa tutta quella sua agitazione.
Suo marito aveva comprato tonnellate di Polvere Volante, nel terrore di non averne quando sarebbe arrivato il momento; non voleva usare la Smaterializzazione, nemmeno quella congiunta, perché temeva follemente che potesse succedere qualcosa a Luna o al bambino. Aveva anche ottenuto il permesso di una Passaporta diretta per l’ospedale San Mungo, che faceva tenere a Luna sempre vicina. Ogni mattina andava nelle scuderie, liberava i cavalli alati e dieci minuti dopo li richiudeva di nuovo nelle stalle per correre da sua moglie, temendo che potesse arrivare il momento mentre lui non era in casa. E, infine, fumava come un drago in calore, anche se mai in presenza di Luna; era persino riuscito a esaurire le scorte di tabacco Burley Alato della farmacia di Diagon Alley.
Luna onestamente cominciava a essere un po’ spazientita dal comportamento strano di Rolf, e i cavalli non erano da meno: non avevano mai visto il loro padrone così esagitato.
Quel pomeriggio aveva appena aperto le porte della scuderia, mentre già il suo pensiero andava a Luna.
Stava trafficando con i finimenti appesi a un gancio, la pipa in bocca di traverso e una densa nuvola di fumo azzurro che lo avvolgeva. Improvvisamente sentì qualcuno che gli batteva amichevolmente su una spalla.
«Luna, sto fumando, non venire…» scattò, voltandosi.
Non si trovò di fronte al viso dolce e chiaro di Luna, ma davanti a quello squadrato e ridente di un uomo. Un giovane biondo e piuttosto alto. Rawdon Greengrass, il suo migliore amico.
«Ciao, Rolf. Nervosetto, eh?»
Rolf si trattenne a stento dal tirargli un pugno dritto nella mascella. «Rawdon! Sei diventato ancora più cretino del solito?! Cosa fai qui?»
«Ehi, ma che accoglienza! Il tuo migliore amico viene a farti visita e lo tratti così?»
Rolf sbuffò, tornando ai finimenti. «Che cosa vuoi?»
«Te l’ho appena detto. Sono venuto a farti visita. Ti ho cercato in casa e Luna mi ha detto che eri qui.»
Rolf grugnì.
«Mi ha anche detto che non avete ancora deciso il nome. Non hai nessuna idea?»
«No» fece Rolf seccamente. Con quella storia del nome lo stavano davvero facendo irritare.
Rawdon sogghignò e si prese la sedia accanto allo scaffale dei finimenti, accomodandosi. «Sai che anche Astoria aspetta un figlio?»
«Da Malfoy?»
«Be’, e da chi altri, se suo marito è lui?» ribatté Rawdon con una smorfia.
«E loro il nome l’hanno già deciso?» fece Rolf, scettico.
»Se è una femmina la chiameranno Lyra Narcissa» rispose lui in tono discorsivo.
«E se fosse un maschio?»
«Scorpius Hyperion.»
Rolf gli lanciò un’occhiataccia. «E che razza di nome è “Scorpius”?»
Rawdon scrollò le spalle. «Un nome come un altro. Tra i Black è tradizione chiamarsi con i nomi di costellazioni, e loro non vogliono abbandonare l’usanza, anche se Malfoy è Black solo da parte di madre.»
Rolf sbuffò. «Avrebbero potuto sceglierne uno migliore.»
«Non spetta a noi giudicarli. D’altro canto almeno loro l’hanno trovato. Tu brancoli ancora nel buio totale, a quanto sembra. E tuo figlio nascerà prima del loro.»
Rolf alzò gli occhi al cielo. «E che cosa vuoi che faccia? Tutti i suggerimenti che mi hanno dato finora sono stati… be’, a dir poco rivoltanti.»
«Per esempio?» chiese Rawdon, interessato.
«Tu chiameresti mai tuo figlio “Canis”?»
Rawdon inarcò un sopracciglio. «No, direi proprio di no.»
«E allora hai qualche consiglio più intelligente da darmi? O sei qui solo per darmi fastidio, come al solito?»
Rawdon sospirò, poi assunse un’espressione pensosa. «Sai, ho sempre pensato che un nome è un’etichetta che ti porti dietro.»
«Mi stai dicendo che non devo dare nessun nome a mio figlio per non etichettarlo?»
«Ti sto dicendo che se devi proprio scegliergli un’etichetta, devi sceglierne una grandiosa. Una che possa portare a testa alta.»
«E dove lo trovo un nome così?» sbottò Rolf, frustrato.
Rawdon gli sorrise. «Da qualche parte c’è. Basta che tu vada a cercarlo.» Si alzò e si spolverò il mantello. «Ora vado.»
«Di già?» fece Rolf, sorpreso. Di solito Rawdon si stancava di tormentarlo solo dopo un lungo lasso di tempo -e una lunga prova della pazienza di Rolf.- Era strano che se ne andasse così presto.
«Sì, è meglio. Tra l’altro, mi stavo dimenticando di due cose.»
«Che cosa?» fece Rolf, sempre più perplesso.
«Questo» disse lui, tirando fuori un grosso libro e lanciandoglielo. Rolf riuscì a prenderlo al volo solo perché aveva riflessi molto pronti.
«Che roba è?»
«Compendio di re e generali della storia» rispose l’amico. «Magari per un maschio qualcosa di decente puoi trovarlo, lì dentro.»
Rolf si rigirò tra le mani il tomo: era pesante, con la copertina spessa e rigida, e sembrava vecchio. «E la seconda cosa?»
«Ah, sì.» Rawdon sorrise. «Quando sono uscito da casa tua Luna ha detto di dirti che era il momento e che andava in ospedale da sola. Ha detto di raggiungerla quando avrai finito di prenderti cura dei cavalli.»
«DANNAZIONE!» esplose Rolf, lasciando cadere le briglie che teneva in mano e fiondandosi fuori dalla scuderia.

 

   
 
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