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Autore: PrimPrime    19/08/2024    0 recensioni
Emily Lewis è sorpresa quando riceve la sua lettera per Hogwarts, ma inizia a frequentare la scuola con grandi aspettative.
Quello che una nata babbana come lei non sa, però, è che cinque anni prima in quella stessa scuola ha avuto fine una guerra che aveva spaccato in due il mondo magico.
Inoltre non sa che i pregiudizi tra i maghi non sono del tutto spariti, come anche la competizione e l’antipatia di una casa verso l’altra.
E così Emily, quando stringe le sue prime amicizie e viene smistata in una casa diversa dalla loro, non ha idea di cosa l’attende.
In quella scuola dove un tempo si era combattuta una guerra, dove in qualche modo lei riuscirà a sentirsi al sicuro, non sa che verrà messa alla prova da sfide ben più complicate di un compito in classe.
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Leggendo questa storia conoscerai Emily e i suoi amici, e li seguirai in un percorso di crescita ed evoluzione che avrà inizio al primo anno scolastico e continuerà fino al settimo e oltre.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Filius Vitious, Horace Lumacorno, Minerva McGranitt, Nuova generazione di streghe e maghi, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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Extra 6 (Finale) - L’appuntamento dei sogni


 
Era una giornata grigia e fredda, ma tra le mura di Hogwarts si respirava tanto fermento. Gli studenti delle diverse case si stavano disponendo in fila nel cortile della torre dell’orologio per la loro prima uscita a Hogsmeade, mentre i compagni più grandi li avevano preceduti al villaggio.

Con loro, a fare l’appello, c’erano la professoressa Valence Rain e il vicepreside Brodie, terrore di tutti i Serpeverde. Aveva già provveduto a squadrarli minacciosamente uno per uno, mentre a turni gli consegnavano i loro permessi firmati.

Intorno a loro aveva da poco smesso di scendere la neve, che aveva fatto in tempo a tingere di bianco il paesaggio circostante.

Emily stava osservando la scena da lontano, da una delle finestre del primo piano che dava sul cortile.

Assistere ai preparativi per la partenza ogni volta la riportava indietro nel tempo, a quando era una studentessa della loro età.

Anche se la temperatura di quel giorno era inclemente, lei se ne stava al caldo nel suo mantello da strega, sotto al quale vestiva alla babbana come da sua abitudine, in questo caso con un maglione bello pesante.

Si strinse nella sua sciarpa di Serpeverde, conservata con cura per tutti quegli anni. Pur essendo domenica, si era presentata a scuola per una breve riunione mattutina del personale e già che c’era aveva pranzato con i colleghi che l’avevano invitata a restare. Adesso aveva il resto della giornata libera e sarebbe andata anche lei a Hogsmeade, stava solo aspettando che Cecil la raggiungesse.

Il rumore di passi veloci che si facevano sempre più vicini la distrasse dai suoi pensieri, quindi si voltò e vide Cory Berrycloth, affannato per la corsa.

Il fratellino di Cecil si fermò poco lontano da lei e cercò di riprendere fiato prima di parlare.

“Emily... Ehm, cioè, signorina Lewis...” si corresse, dato che erano a scuola. “Mio fratello sta arrivando, mi ha detto di avvisarti.”

“Ma non era con te fino a un momento fa?” gli chiese lei, sorpresa.

“Sì, ma è stato chiamato dal professor Paciock.”

Emily accennò un sorriso. Sapeva che Neville, per quanto non avesse poi molti anni più di loro, metteva ancora un po’ di soggezione a Cecil. Dopotutto, la sua materia era quella che lui non era mai riuscito a farsi piacere.

“Grazie per aver riferito il messaggio, allora, ma la prossima volta ricordati che non c’è alcun bisogno di correre,” si raccomandò.

“Sì, certo professoressa,” rispose Cory, che se l’era fatto ripetere almeno un milione di volte da lei e dagli altri docenti. “Ehm, Emily...?”

Dalla sua voce esitante capì che c’era dell’altro, qualcosa che voleva chiederle in quanto era la compagna di suo fratello, non la sua insegnante, quindi lo incoraggiò rivolgendogli uno sguardo gentile.

“Davvero non posso venire con voi a Hogsmeade? Sono suo fratello...”

“Mi dispiace, ma sono le regole. Cecil è venuto a trovarti prima proprio per passare comunque del tempo con te,” puntualizzò, al che il ragazzino sbuffò sonoramente. “L’anno prossimo ci andrai per la prima volta insieme ai tuoi amici e vedrai che sarà un’esperienza speciale. Ma fino ad allora dovrai pazientare.”

“Uff... Ho capito,” si arrese, e dopo averla salutata tornò di corsa da dove era venuto.

A niente servì ripetergli di rallentare il passo.

Emily scosse il capo e trattenne una risata. Guardando di nuovo dalla finestra, scoprì che gli studenti si erano già avviati verso Hogsmeade e decise che avrebbe aspettato Cecil al portone d’ingresso, quindi si incamminò.

Qualche minuto dopo finalmente lui la raggiunse. Aveva l’aria sbattuta, ma tornò il solito di sempre quando la vide. Anche lui indossava la sciarpa della sua vecchia divisa.

“Scusa il ritardo, stavo parlando con il professor Paciock,” la informò, mentre accorciava la distanza che li separava.

“Nessun problema, Cory mi ha avvisata. Quindi Neville ti aveva preso in ostaggio?” scherzò.

“Non proprio, no, ma temevo che l’avrebbe fatto. Non mi abituerò mai davvero, sai, a tornare qui e a parlare con i miei ex professori quasi... sì, quasi fossero dei vecchi amici. Mai,” dichiarò scandendo con sicurezza l’ultima parola, stranito. “Vedo che abbiamo avuto la stessa idea,” aggiunse poi, guardando la sua sciarpa.

“Già. Sembra di essere tornati ai tempi della scuola, solo che siamo decisamente degli studenti fuori corso,” scherzò.

“Sì, decisamente,” concordò Cecil, avvicinandosi di più per darle un bacio. “Vogliamo andare?” le chiese, prendendola per mano.

Emily annuì.

Tornare a Hogsmeade in quelle occasioni era sempre un’esperienza piacevole. A lei era capitato molte volte di accompagnare gli studenti in gita. Altre ancora si era recata al villaggio con i colleghi dopo il lavoro.

E poi casa loro era a Hogsmeade, anche se in una zona più isolata e lontana dal centro vero e proprio della cittadina, perciò l’attraversava a piedi molto spesso.

Se per Emily uscite di piacere di quel tipo capitavano ogni tanto, per Cecil non era così perché era sempre molto impegnato.

Di solito non era mai libero dal lavoro quando lei accompagnava lì gli studenti, o quando usciva a bere con i colleghi.

Se lui ed Emily potevano trascorrere del tempo insieme sceglievano dei posti diversi, anche se talvolta gli era capitato di andarla a prendere a Hogwarts, quindi anche lui passava per la cittadina.

Questa volta, però, stavano uscendo dal castello praticamente insieme agli studenti, e un pomeriggio di quel tipo non capitava loro da prima del diploma. Un pomeriggio tutto per loro, da trascorrere proprio lì.

Quel giorno lui non era atteso al lavoro, ecco perché avevano deciso di rimanere in zona quasi fossero ancora degli ragazzini.

L’aria frizzante, carica dell’entusiasmo dei giovani, era davvero piacevole, e con Cecil al suo fianco lo diventava ancora di più. Ogni angolo della cittadina le riportava alla mente episodi vissuti insieme da poter rievocare.

“Come sta andando Cory a scuola?” le chiese Cecil, dopo un po’ che passeggiavano.

“Se la cava abbastanza bene in ogni materia, ma è un gran chiacchierone. I miei colleghi mi hanno confermato che è impossibile riuscire a farlo stare in silenzio,” rivelò Emily, facendo sorridere il suo compagno che doveva essersi aspettato una risposta simile, conoscendo il fratello.

“Sai, penso che sia meraviglioso il fatto che lui e la figlia di Julie siano stati smistati nella stessa casa. Sembra che sia destino,” commentò lui, riferendosi alla ragazzina che aveva la stessa età di Cory.

Loro si vedevano spesso, perciò i due erano diventati presto molto amici.

“Già. Chissà se un giorno noi e Blue ci imparenteremo tramite loro,” buttò lì Emily.

Era solo una sua fantasia, però la faceva sorridere.

“Però...” continuò, con una nota di malinconia nella voce, “vedere che sono cresciuti così in fretta mi fa sentire un po’ vecchia.”

“Non dirlo neanche per scherzo,” ribatté Cecil, prendendo il suo viso tra le mani.

Le sue guance fredde si scaldarono subito sotto il suo tocco gentile, mentre lei si perdeva nel suo sguardo. E poi degli schiamazzi la distrassero, quindi si voltò leggermente in direzione di un vicolo vicino.

Individuò degli studenti e notò il colore verde argento delle loro sciarpe.

“Scusa, devo vedere che succede,” dichiarò, mentre Cecil annuiva e la lasciava libera dalla sua presa.

Scattò in direzione del vicolo con passo veloce, seguita da lui a poca distanza.

Quando fu abbastanza vicina vide che due studenti avevano svuotato a terra il contenuto della borsa di un terzo, che adesso rimaneva immobile a farsi prendere a palle di neve. Erano tutti quanti Serpeverde e non si stupiva di averli sorpresi in una situazione simile.

Chiamò i due bulletti per nome e quelli sobbalzarono, interrompendo immediatamente il loro assalto.

“Mi costringete a togliere 20 punti a Serpeverde, a testa. E lo riferirò al preside! Siete fortunati che vi ho beccati io e non il professor Brodie!” aggiunse, mentre i due ragazzini già la superavano per darsela a gambe.

Quando sul loro cammino incapparono in Cecil, sobbalzarono di nuovo mentre lui li squadrava in modo freddo. Superarono anche lui sussurrando qualcosa riguardo al fatto che un auror li aveva visti, e corsero via più in fretta di prima.

“Va tutto bene?” chiese Emily al terzo studente, chinandosi per spazzare via la neve dai suoi vestiti.

Con un incantesimo ripulì anche il suo materiale scolastico e lo fece tornare all’interno della borsa, che gli riconsegnò.
Il ragazzino annuì freneticamente, sembrando scosso.

“Non è la prima volta che ti trattano male, vero?” indagò Emily, al che lui abbassò lo sguardo ed evitò di rispondere.

Quando rialzò il viso verso di lei, aveva gli occhi velati dalle lacrime.

“Dicono che non è giusto che io sia un Serpeverde, perché i miei genitori sono babbani...” rivelò con voce tremante.

Emily inspirò a fondo. Se finalmente i termini razzisti erano stati debellati, i pregiudizi ancora non lo erano del tutto e questo le faceva davvero male. Sia perché combatteva per cancellarli da anni, sia perché lei stessa ne era stata vittima ai tempi della scuola.

“La vedi la mia sciarpa? Anche io sono stata smistata in Serpeverde,” gli disse, cercando le parole più giuste da rivolgergli. “E anche io come te sono nata babbana. Si dice che Salazar Serpeverde fosse per la purezza del sangue, e i Serpeverde come me e te sono molto rari... ma ci siamo. Ci sarà un perché, non trovi anche tu?”

Inizialmente confuso, il ragazzino l’ascoltò e annuì con più convinzione.

“Se succede ancora qualcosa di simile, chiama aiuto. Rivolgiti a noi insegnanti il prima possibile, intesi? Se non ti fidi del professor Brodie, vieni da me, oppure vai dal tuo insegnante preferito. Non importa se è di un’altra casa. È molto importante, hai capito?”

“Sì, signorina Lewis,” rispose, sembrando finalmente calmo.

“Bene,” gli disse, dandogli poi una breve carezza sulla testa. “Torna dai tuoi amici adesso, a quei due ci penso io.”

Mentre il ragazzino si avviava in fretta verso il centro di Hogsmeade, Emily tornò rivolta verso Cecil.

“Scusa, so che siamo arrivati ai Tre Manici di Scopa ormai, ma devo parlare subito con Brodie. Ci vorrà solo un minuto,” gli assicurò.

“Nessun problema,” rispose lui, accennando un sorriso. “E poi, in realtà avevo in mente un altro posto...”

 
Il professor Brodie poteva fare molta paura quando lo voleva, ed era in grado di prendersela anche con chi non aveva alcuna colpa, sempre che si trattasse di uno studente di Serpeverde. Questa volta però i due ragazzini di colpe ne avevano eccome, perciò non ci fu niente di strano nel vedere che gli ordinava di tornare al castello, promettendo loro un’adeguata punizione.

Dopo aver assistito a quella scena insieme, Cecil prese Emily per un braccio e la condusse lungo una vietta secondaria e poco affollata. Curiosa, lei lo seguì senza fiatare e si sorprese molto quando il suo compagno si fermò proprio davanti a una vetrina che conosceva bene. Quella di Madama Piediburro.

“Non ci credo,” sussurrò, mentre varcava la porta d’ingresso che lui le stava tenendo aperta.

La sala da tè era proprio come Emily la ricordava, lo capì percorrendone ogni angolo con lo sguardo.

Seguì Cecil fino a uno dei tavoli più in fondo, dove sarebbero rimasti abbastanza lontani dalla vetrina e, con un po’ di fortuna, non avrebbero attirato gli sguardi dei pochi studenti presenti.

“Perché mi hai portata qui?” gli chiese, con un sorriso sulle labbra impossibile da trattenere.

“Ecco, ho pensato che fosse meglio tardi che mai. Ho fatto male?” chiese, rivolgendole uno sguardo incerto.

“No, anzi lo apprezzo moltissimo,” ammise, appoggiando una mano sulla sua da sopra il tavolo.

La proprietaria, che non sembrava invecchiata affatto, chiese loro cosa volessero bere, perciò diedero una rapida occhiata alle proposte e ordinarono.

“So che sei già stata qui con Matt, ma io in effetti non ti ci avevo ancora portata,” disse Cecil, riprendendo parola mentre aspettavano.

“Già e ci tenevo a quei tempi, ma a dire la verità non ci pensavo più da un bel po’. Comunque... hai avuto una bellissima idea. Non me l’aspettavo proprio.”

Cecil sorrise.

Anche lui era a suo agio in quell’ambiente, come ci si poteva aspettare. Quando erano ancora studenti, però, probabilmente sarebbe stato diverso. Forse si sarebbe sentito in imbarazzo anche solo a varcare la soglia di quel luogo che sembrava pensato apposta per le coppiette.

Magari non avrebbero passato un pomeriggio piacevole, entrambi tesi e imbarazzati.

Adesso invece era tutto diverso. Stavano insieme da più di dieci anni, dopotutto.

“Prima, con quel ragazzino di Serpeverde, sei stata fantastica,” le disse Cecil, riportando il suo pensiero a ciò che era successo nel vicolo.

“Ho solo fatto il mio dovere. Sarebbe stato bello se qualcuno lo avesse fatto per me, quando avevo la sua età... Ma i professori erano sempre altrove e io non capivo che era il caso di chiedere aiuto...” abbassò il tono, presa da una leggera malinconia. “Anzi, ora che ci penso, quella volta in cui siamo stati beccati da Brodie poi lui mi ha portata dalla professoressa McGranitt, e lei mi ha fatto un discorso simile...”

Per quanto non si conoscessero bene, lei le mancava molto. Era stata una grande donna.

“È stata la cosa più giusta. Tu sai cosa può succedere quando gli insegnanti non guardano, non mi stupisce che voglia impedirlo.”

Emily annuì e il suo sguardo venne attirato dalla proprietaria, che li raggiunse con tè e pasticcini colorati. La ringraziarono e lei li lasciò soli, a gustarsi quelle bontà.

“C’è dell’altro, però,” continuò Cecil. “Mi sei sembrata anche molto materna...”

“Materna?” sollevò un sopracciglio e avvolse la sua tazza con le mani. “Capisco... Può darsi. In un certo senso, i miei studenti sono tutti dei figli, anche se può sembrare strano, forse.”

“No, non mi sembra strano. Soprattutto perché abbiamo stabilito di non volere dei figli. Volevo solo dire che potresti essere un’ottima madre.”

“Grazie... suppongo,” rispose lei, appena prima di assaggiare un primo sorso di tè.

La miscela che aveva scelto era molto saporita e piacevole, fu come un’esplosione di gusto.

“Aspetta, perché siamo qui oggi? Per caso ci hai ripensato e volevi parlarne? Sai che io voglio concentrarmi sul lavoro, e credevo che anche per te fosse lo stesso...”

Cecil tossicchiò, del tè gli era andato di traverso.

Mentre si asciugava le labbra con un fazzoletto di stoffa, Emily gli si fece più vicino studiandolo con uno sguardo indagatore.

Se l’intenzione del ragazzo era quella, lei non avrebbe saputo come reagire. Non voleva avere figli e ne era convinta. Lui stesso non era mai sembrato interessato anche se forse vedendo crescere Cory poteva aver cambiato idea.

In realtà, da tempo avevano fatto una specie di accordo. Nel loro lavoro, poteva capitare di incontrare dei bambini o dei ragazzi orfani. Se avessero incontrato qualcuno in difficoltà, qualcuno a cui si sarebbero affezionati davvero, e si sarebbero sentiti pronti ad adottarlo, allora sarebbero stati entrambi propensi a considerare quell’opzione.

Emily ci ripensò e si domandò se non fosse successo, se Cecil non avesse incontrato qualcuno che era stato capace di risvegliare in lui un istinto paterno. Tutto, però, sarebbe stato così improvviso, perché lui non le aveva dato alcun segnale prima di quel momento.

“No, mi hai frainteso,” rispose lui, scuotendo la testa. “Volevo solo che questo fosse l’appuntamento che hai sempre sognato, e che io non ho mai avuto il coraggio di darti.”

Emily si lasciò andare contro lo schienale della sedia, improvvisamente sollevata. La prospettiva di rivoluzionare la sua vita senza preavviso l’aveva preoccupata.

Non avrebbe fatto un passo indietro, se lui si fosse dichiarato intenzionato ad adottare un bambino. L’idea che volesse averne uno suo, invece, era stata la vera preoccupazione, perché non essere più d’accordo su quell’argomento avrebbe potuto mandare in crisi il loro rapporto, come era successo per altre coppie.

“Capisco... Ma non ce n’era bisogno, davvero,” gli disse, tornata serena.

Cecil accennò un sorriso.

“Hai reagito un po’ male, prima, o sbaglio? Temevi che volessi chiederti di ripensarci, e di fare un figlio insieme?” chiese, in un tono di voce che faceva sembrare stesse scherzando.

“Per un attimo l’ho creduto, sì,” ammise Emily a sguardo basso, cercando nuovamente di scaldarsi le mani con la sua tazza di tè.

“No, non ho cambiato idea e non volevo farti spaventare.”

Emily annuì, consapevole di aver fatto tutto da sola. Il suo pensiero aveva viaggiato troppo e si era fatta prendere dall’agitazione.

“Io lavoro tutto il giorno, a volte anche la notte, e anche tu sei sempre a Hogwarts. No, quando avremmo il tempo?” continuò lui, per poi assaggiare il suo tè. “Mangia tranquilla, è solo un appuntamento.”

Le sue parole bastarono a rassicurarla, così Emily lasciò perdere quel pensiero e si dedicò al cibo delizioso che aveva davanti. Assaggiò un pasticcino e poi un altro, accompagnando il tutto con il suo infuso buonissimo.

“Com’è andata la riunione degli insegnanti di questa mattina?” le chiese Cecil.

“Come al solito, non era niente di importante. Abbiamo fatto il punto della situazione su alcuni studenti problematici, che stiamo cercando di far diventare più coscienziosi. Ah, e poi Filius ha annunciato di essere alla ricerca di un nuovo custode, perché ormai Gazza è anziano e si è ampiamente meritato la pensione,” raccontò.

“Era ora,” commentò Cecil, divertito dalla sua scelta di parole.

Emily ormai parlava dei suoi colleghi chiamandoli per nome e anche Cecil ci aveva fatto l’abitudine. L’unica eccezione era Brodie, con il quale Emily non aveva mai legato anche se ce l’aveva solo con gli studenti.

“Sei felice?” le chiese lui dopo un po’, posando la sua tazza ormai vuota nel piattino.

La domanda la lasciò perplessa, ma la sua risposta non si fece attendere.

“Sì, molto. Finalmente abbiamo un po’ di tempo per noi e qui è tutto buonissimo. Non potrei desiderare di meglio.”

Cecil le sorrise teneramente e accarezzò la sua mano sinistra da sopra al tavolo, incurante del fatto che alcuni studenti curiosi ogni tanto mandavano occhiate nella loro direzione.

Emily li aveva notati ma non c’era alcuna malizia nei loro sguardi.

Un’altra cosa che aveva notato era il fatto che il suo compagno avesse ordinato poco e mangiato anche meno. Non era del tutto rilassato, non quanto lei almeno, eppure le aveva assicurato che non c’era motivo di preoccuparsi.

“Tu potresti avere di meglio, se lo volessi. Ti basta chiedere e io... farei qualsiasi cosa per te.”

Pronunciò quelle parole con una tale intensità da lasciarla senza fiato. Schiuse le labbra per rispondergli che aveva già tutto, ma lui riprese parola impedendoglielo.

“Emily, so che ti ho fatta penare eppure hai avuto una grande pazienza con me. Tu mi hai aspettato malgrado tutto e così mi hai reso l’uomo più felice del mondo.”

Con la mano libera estrasse qualcosa da una tasca dei pantaloni.

Un attimo dopo aveva scostato la sedia e si era inginocchiato. Tutto era successo così in fretta e all’improvviso che Emily si sentiva confusa e sopraffatta.

Ma era anche commossa, il cuore le batteva all’impazzata per l’emozione come se fosse tornata un’adolescente.

E anche Cecil era commosso, glielo leggeva nello sguardo e lo sentiva nella sua voce carica di emozione.

“Voglio assicurarmi che anche tu ti senta la donna più felice del mondo, e voglio che tutti quanti lo sappiano,” continuò, rivelando nella scatolina di velluto che aveva in mano un anello sottile color oro, impreziosito da una piccola ed elegante pietra rossa. “Emily... Mi faresti l’onore di sposarmi?”

Tremante, lei si alzò in piedi seguendo l’istinto.

“N-non siamo troppo vecchi per questo?” ribatté, in un tono scherzoso che le uscì rotto dall’emozione.

“Non dirlo neanche per scherzo,” rispose lui, trattenendo una risata scaturita forse dalla tensione. “Non devi accettare per forza, se lo vorrai non cambierà niente. Però credo che adesso siamo pronti, come non lo siamo mai stati... Ed è ciò che desidero dal profondo del cuore.”

“Sì, certo che voglio sposarti!” esclamò, versando delle lacrime che non aveva sentito formarsi nei suoi occhi.

Cecil scattò in piedi e le diede un lungo bacio, stringendola a sé con la mano libera. Emily intrecciò le braccia dietro al suo collo, incurante del piccolo pubblico di studenti che stavano applaudendo e fischiando per festeggiarli.

Solo quando si separarono si resero conto di aver attirato un po’ troppa attenzione e si imbarazzarono entrambi, quindi Emily invitò tutti quanti a ignorarli. Probabilmente la notizia si sarebbe diffusa presto per i corridoi di Hogwarts, così velocemente che l’indomani a scuola sarebbe stata sommersa di domande.

Senza ulteriori indugi Cecil le mise l’anello al dito, pagò per la consumazione e, tenendola per mano, la portò di nuovo nelle fredde strade di Hogsmeade, forse per togliersi dall’impiccio.

Emily però si sentiva leggera e non le importava di aver dato spettacolo. Era certa, anzi, che non importasse nemmeno a lui, perché sul viso aveva un sorriso raggiante.

“Sai, stamattina sono andato da tuo padre a chiedergli la tua mano. Ho voluto fare tutto per bene,” rivelò, facendola ridere.

“È un’usanza un po’ vecchia, ma apprezzo davvero il pensiero. Lui sarà stato sorpreso, immagino.”

“Sì, assolutamente, ma mi ha dato la sua benedizione,” confermò. “L’anello invece era di mia madre, me l’ha dato mia nonna.”

“Pensavo che tua nonna mi odiasse,”commentò Emily dopo un istante di silenziosa sorpresa, ancora con il sorriso sulle labbra, rievocando le rare volte in cui aveva incontrato la donna, in occasione delle riunioni di famiglia indette per festeggiare qualche ricorrenza.

“Lei odia tutti, in realtà, però pare che ti abbia segretamente approvata da un pezzo,” raccontò. “Quell’anello è un cimelio di famiglia che viene tramandato di generazione in generazione. Dopo la morte di mia madre è tornato a mia nonna in attesa che potesse diventare, ecco, della persona che avrei sposato. Quando gliel’ho chiesto, è stata un po’ fredda ma era chiaro che fosse tutta una scena, perché non ha avuto niente da ridire.”

Emily lo ascoltò con attenzione, notando come avesse nominato la madre con serenità. Conosceva tutta la storia ormai, ma lui ne parlava di rado, perciò fu felice di non sentire più l’antica nota di tristezza nella sua voce. Per questo decise di non commentare, anzi di concentrarsi sull’argomento vero e proprio della conversazione.

Dopotutto, non poteva ancora credere che avesse fatto tutto quello per lei. Che le avesse fatto la proposta, e che si sarebbero sposati davvero. Era successo tutto così all’improvviso che le sembrava un sogno, qualcosa di incredibile ma allo stesso tempo di bellissimo.

Non credeva di desiderarlo così tanto, e invece...

“Wow... hai pensato proprio a tutto...” gli disse, commossa.

“Ho dovuto. Ci tengo che tu abbia il meglio e farò di tutto per dartelo.”

Emily rallentò il passo fino a fermarsi, costringendo Cecil a fare lo stesso. Il suo compagno, anzi il suo fidanzato, si voltò per rivolgerle uno sguardo smarrito.

“Io ho già il meglio,” sottolineò lei, senza smettere di guardarlo negli occhi. “Ero seria prima, quando dicevo di non desiderare altro. Quando sono con te sento di essere... completa,” aggiunse, avvicinandosi per posare una mano sulla sua guancia sinistra.

Cecil vi appoggiò sopra la propria, scaldando le sue dita ancora fresche a causa del freddo invernale. Anche il suo sguardo intenso non lasciò gli occhi di lei.

“Non sentirti in dovere di fare alcuno sforzo, perché non ce n’è bisogno. Io... sono davvero felice che ci sposeremo, non credevo di desiderarlo così tanto,” ammise, con il tono di voce condizionato dalla gioia che stava provando. “Tu sei stato il mio primo vero amico, mi hai aiutata spesso nel momento del bisogno e per te mi sono sentita spinta a fare anche cose stupide, per questo ti chiedo scusa...”

Cecil scosse la testa, ma non la interruppe.

“Tu sei il mio migliore alleato, il mio migliore amico... e io ti amo con tutta me stessa. Quindi, ti prego, non cambiare mai,” gli disse, sentendo che gli occhi le si inumidivano.  

L’auror si perse a guardarla ancora per un istante, in silenzio, quasi fosse rimasto a corto di parole dopo il suo breve monologo.

“Anche io con te mi sento completo,” rispose poi, spostando la sua mano per portarsela alla bocca.

Diede un bacio alle sue dita infreddolite facendole sentire calde, ed Emily avvertì che anche il suo petto si era scaldato.

“Io ti ho fatto penare ai tempi in cui frequentavamo Hogwarts, ma anche tu per me eri la migliore alleata. Ti sei messa in mezzo con quei bulli al primo anno per aiutare me e da allora ti hanno presa di mira, eppure hai continuato a starmi accanto. E mi hai difeso in tante altre occasioni... anche solo dagli sguardi degli altri, quando non trovavo il coraggio di rispondere. Col tempo mi hai fatto capire che, proprio come te, volevo essere in grado di aiutare gli altri, e in particolare volevo poterti proteggere. Anche se non ne hai mai avuto bisogno, lo so bene.”

Emily trattenne una risata scaturita dall’emozione e quel suono strozzato fece sorridere anche Cecil, che si fece silenzioso per un attimo.

“Ci ho messo tanto a capire quanto mi piacessi... e adesso i miei sentimenti sono diventati qualcosa di totalizzante. A volte penso che, continuando così, mi farai impazzire.”

“Cecil...” sussurrò con affetto Emily, accarezzandogli delicatamente le guance con entrambe le mani.

Stava seriamente per piangere adesso, mentre il suo fidanzato le parlava così apertamente.

“Voglio che tutti lo sappiano adesso. Voglio urlarlo al mondo!”

“Ti faccio notare che siamo appena scappati da una sala da tè per evitare gli sguardi degli studenti,” puntualizzò lei a mezza voce, commossa e divertita allo stesso tempo.

“Quello non conta,” ribatté Cecil, ridacchiando nervosamente. Aveva le guance rosse ormai, e pronunciò a sguardo basso le sue parole successive.
“Rendiamolo ufficiale e facciamo sapere a tutto il mondo quanto ci amiamo e quanto siamo felici insieme.”

Gli occhi di Cecil scintillarono di emozione quando lui li rialzò su di lei, ed Emily non si sorprese quando, un attimo dopo, la spinse lentamente indietro fino a farle toccare la parete con la schiena, intrappolandola tra le sue braccia.

La coinvolse in un bacio sempre più profondo, bisognoso, che le fece tremare le gambe.

Le sembrò di essere tornata ai tempi della scuola, quando si erano baciati in un vicolo come quello, con trasporto proprio come quella volta. Adesso però erano più esperti, consapevoli di ciò che stavano facendo. Consapevoli dei loro sentimenti, che in quegli anni non avevano fatto altro che crescere, legandoli indissolubilmente.

“Mi sembra che siamo tornati ragazzini,” disse lui con aria divertita, allontanandosi giusto quanto bastava per permettergli di sfiorare il suo naso con la punta del proprio.

Avevano pensato la stessa cosa... eppure era tutto molto più speciale adesso.

“Mmh, volevo proporti di tornare subito a casa, ma allora forse dovremmo comprare delle caramelle per Blue, prima,” propose lei scherzosamente.

“Temo che per questa volta Blue dovrà farne a meno,” ribatté il suo fidanzato, avvicinando una mano per spostarle una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Perché non vedo l’ora di essere solo con te.”

Emily lo osservò ricambiando l’intensità del suo sguardo. Era certa che stesse per baciarla ancora, ma si stava trattenendo. Infatti non lo fece, anzi mise un altro po’ di distanza tra loro e le porse la mano destra per invitarla a seguirlo.

Lei gli prese la mano con la sua sinistra e diede una delicata stretta con cui voleva trasmettergli il profondo affetto che stava provando in quel momento, che le scaldava il petto e la rendeva entusiasta, impaziente, incapace di comunicare a parole i suoi sentimenti, non fino a fondo almeno. No, perché in quel momento sentiva che nessuna parola sarebbe bastata.  

“Dillo che in realtà temi che la voce si sia già sparsa, e vuoi evitare altre occhiate curiose,” lo provocò, mentre si beava di quelle sensazioni.

“Mi conosci bene,” ridacchiò lui.

Non smentì la sua affermazione, ma Emily sapeva che l’aveva detto solo per stare al gioco.

Lo osservò in silenzio per una manciata di secondi, ancora frastornata da tutto ciò che era successo in così poco tempo. Lui guardava avanti e aveva una certa aura di sicurezza. Era cambiato molto, negli anni, anche se restava fondamentalmente uguale.

Eppure era ancora più affascinante ai suoi occhi.

Emily si sentiva davvero fortunata.

Era grata di aver deciso di sedersi con lui sul treno, per il loro primissimo viaggio verso Hogwarts. Era iniziato tutto così, quando la fortuna o forse il destino li aveva fatti incontrare nella stessa cabina.

E da allora c’erano stati alti e bassi, ma Emily non si pentiva di niente.

“Scherzavo...” puntualizzò, perdendosi di nuovo nello sguardo che lui le rivolse. “Anche io voglio tornare subito a casa, per stare un po’ da sola con te,” aggiunse, e nella sua voce non c’era alcuna malizia, bensì tanta dolcezza.

“Allora... andiamo,” concordò lui, dando una breve stretta delicata alla sua mano.

“Andiamo,” ripeté Emily, rivolgendogli un altro sorriso.
 

 
-FINE-
 
 

 
Spazio di quella che scrive

Volevo che il capitolo finale fosse dedicato a loro due, e quindi eccoci qui. Spero che non sia stato troppo melenso, e che la storia vi sia piaciuta. Se vi va, ci terrei a leggere il vostro parere finale.

Avevo in mente tanti altri piccoli episodi con Emily e Cecil, ma alla fine ho deciso di fermarmi qui. Resteranno delle possibilità inesplorate, ma sono soddisfatta.

In particolare avrei pronto un ulteriore capitolo extra AU in cui Emily non dà mai confidenza al professor Fiery, e vediamo come si evolvono le cose a quel punto, e anche lavorativamente dopo Hogwarts. Però mi sono detta, perché rievocare qualcosa di spiacevole, e in più sconvolgere tutto quanto, con un capitolo ambientato in un universo alternativo? Quindi lo terrò per me, a meno che non me lo chiediate in tanti. Ma col senno di poi credo che non ce ne sia il bisogno.

La storia di Emily, Cecil, Blue e tutti i loro amici termina qui. Grazie per averla seguita fino alla fine, e un grosso grazie a chi ha continuato a sostenermi con delle recensioni. La pubblicazione è stata lunga e a volte sono mancata per qualche tempo, ma spero che per voi ne sia valsa la pena.


xx
PrimPrime.
   
 
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