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Autore: michi88    21/09/2009    5 recensioni
Probabilmente fu quello che mi convinse a dare un'ultima occhiata. Mi piegai per avvicinarmi di più al cadavere. Avevo intravisto qualcosa. < Ma che diavolo... > Se la mia teoria era corretta e quindi quel poveretto era morto dissanguato...no, non era possibile. Troppo piccoli per essere la causa della morte...non poteva essere... Due fori. Piccoli e abbastanza ravvicinati. Sul collo, all'altezza della vena giugulare. Sicuramente fu quello che vidi che mi convinse a prendere parte a quel caso.
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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< Allora? Cosa mi rispondi? >
Rimasi a fissare lo scempio che avevo davanti ancora qualche istante, poi mi decisi.
< D'accordo, Mike. Domattina passerò in centrale: fammi trovare pronti i fascicoli dei precedenti casi che presentano queste caratteristiche. Mi raccomando, non tralasciare nulla. Ho bisogno di tutte le informazioni in vostro possesso. >
< Benissimo! Sapevo che non ci avresti abbandonati! > Fece all'improvviso uno slancio che aveva tutta l'aria di un tentativo di abbraccio, ma una mia occhiata lo fece desistere. Camuffò il tutto con un gesto di apparente euforia.
Afferrai la valigetta e mi diressi alla macchina.
< Ora che fai? Vai subito a casa di tuo padre? > No, Mike. Non ci vengo a bere qualcosa con te.
< Si, sono distrutta. E' stata una giornata interminabile. >
Con la coda dell'occhio lo vidi annuire. Poi la sua espressione mi fece intuire che stava pensando a qualcosa da dire. Meglio mettere fine a quell'inutile cozzare di neuroni.
< Allora a domani, Mike. Buonanotte > Aprii il baule del mio Mercedes GLK 220 CDI per posare la valigetta.
Maledetto mio padre e le sue manie sulla sicurezza. "Bells, è una macchina robusta e resistente. Fammi contento, se devi comprarne una compra questa. E' per la tua sicurezza!"
Robusta e resistente. Come no... era un mostro, ecco cos'era!
Mancava solo il lanciarazzi, il sedile eiettabile e la voce di Kitt ed ero pronta per uno spin-off di Supercar.
Mentre guidavo a velocità sostenuta verso casa di mio padre, ripensai al cadavere. Quei fori. Perchè fargli quei due segni? Che fosse stato accidentale? No, troppo precisi e netti per essere una ferita da colluttazione.
D'altro canto come era possibile che fossero proprio quei due fori la causa del decesso? Troppo, troppo piccoli.
Eppure non avevo riscontrato nessun'altra ferita sul corpo dell'uomo. Che non fosse morto per dissanguamento? No, di quello ero certa.
E allora cosa diavolo significavano?

Presa dai miei pensieri quasi non mi resi conto di essere arrivata davanti a casa di mio padre, a Forks.
Mio padre era il capo della polizia di quel paesino sperduto nei meandri dello stato di Washington. Tremiladuecentoventuno anime. Una media annuale di trecentoquarantacinque giorni di pioggia. Circa cinquantasei miglia da Port Angeles.
Oddio, mi mancava già il mio maledetto laboratorio.
Scesi dall'auto e attraversai il vialetto mentre frugavo nella borsa alla ricerca della mia copia delle chiavi.
Finalmente la ricerca ebbe esito positivo, così entrai.
< Charlie? Sei in casa? > In risposta solo il silenzio più assoluto. Poi dal piano superiore sentii un tonfo e una colorita imprecazione.
Sorrisi scuotendo la testa e, dopo aver appoggiato le mie cose sul divano del salotto, raggiunsi l'origine di quel trambusto.
Non appena mi affacciai alla porta della camera di mio padre, la scena che mi si presentò davanti mi lasciò interdetta.
Una sedia giaceva capovolta sul pavimento ai piedi del letto e accanto ad essa c'era uno scatolone, il cui contenuto - più che altro fogli - era sparpagliato a terra.
In mezzo a tutto quel casino un Charlie dolorante che si massaggiava il fondoschiena.
< Maledettissima accozzaglia di legno... che cosa... ma porca di una... >
< Charlie? > Al mio richiamo divertito, il testone corvino di mio padre si voltò con uno scatto nella mia direzione. Dopo un primo momento di confusione, dovuto probabilmente alla sorpresa di vedermi lì a quell'ora e soprattutto senza preavviso, si rimise in piedi e si spolverò i pantaloni.
< Bells! Che sorpresa...come mai da queste parti? > Nonostante tentasse di non darlo a vedere, la sua espressione imbarazzata mi fece capire che non fosse entusiasta di essersi fatto beccare da me ad imprecare contro una sedia da cui - logicamente - era caduto da solo, senza che questa potesse avere una qualche responsabilità.
< Come se non lo sapessi... > Gli lanciai un'occhiataccia piuttosto eloquente. Era stato proprio lui, insieme al suo caro amico Stan a fare il mio nome per quelle indagini. Non gli avrei risparmiato una bella lavata di capo, ma in quel momento mi premeva conoscere la ragione che lo aveva portato ad inveire contro una sedia, mentre si massaggiava il lato B.
< Si può sapere che stavi facendo in piedi su quella sedia, Charlie? >
< Papà... - fu il suo turno di lanciarmi un'occhiataccia, ma si riprese subito. Probabilmente si stava rassegnando all'idea che l'avrei continuato a chiamare principalmente con il suo nome di battesimo - non stavo facendo nulla, volevo solo prendere una cosa nello scatolone sopra l'armadio. Tutto qua. > Si chinò a raccogliere il contenuto della scatola che si era rovesciato in seguito alla caduta e io andai ad aiutarlo.
< E di preciso cosa stavi cercando? > Tra le mani mi ritrovai tutti libretti di istruzioni di elettrodomentici.
< Ma niente, cercavo le istruzioni di quella stramaledetta trappola che non vuole saperne di funzionare! > Ridacchiai quando lo sentii sbuffare e tornare a lanciare maledizioni contro gli oggetti inanimati della casa.
< Ancora il forno? > Non riuscivo proprio a smettere di ridacchiare e per questo mi beccai un'altra occhiata storta.
< No...stavolta è la lavatrice > Lo disse talmente a bassa voce che lo sentii solo perchè avevo un buon udito. Stavo per rimettermi a ridere, ma mi costrinsi a non farlo, un po' per non metterlo ulteriormente in imbarazzo, un po' per non infastidirlo.
< Senti, che ne dici se alla lavatrice ci penso io domani e ora invece non scendiamo di sotto così mi preparo qualcosa? Non tocco cibo da stamattina, tu hai cenato? > Rimisi i libretti nello scatolone per poi spostarlo con un piede verso l'armadio.
< Veramente ancora no. Sono tornato venti minuti fa dal lavoro. > A proposito di lavoro..
< Bene, allora andiamo giù che ti cucino qualcosa e nel frattempo mi racconti un po' cosa vi ho fatto di male, a te e a Stan, per meritarmi tutte queste attenzioni da parte vostra! > E così prendendolo sottobraccio e ignorando i suoi borbottii imbarazzati, scendemmo le scale diretti in cucina.


< Quindi pensi di accettare l'incarico? > Mi guardò attentamente, bevendo un sorso di vino.
Avevamo finito di cenare da poco e ora parlavamo del caso che mi aveva portata lì. Io nel frattempo stavo mettendo in ordine la cucina.
Prima di rispondere scossi la testa ma un sorrisino fece capolino sulle mie labbra: avevo passato l'ultima mezzora a chiedergli perchè tutte le volte che si presentava un caso complicato e misterioso, in cui nessuno sembrava riuscire a capire nulla, io venivo sempre messa in mezzo. Il più delle volte, tra l'altro, si trattava di casi ben lontani dalla mia sfera di competenza.
Tuttavia ogni santa volta ricevevo in risposta un sorriso e frasi tipo " Ma, figlia mia, tu sei molto brava nel tuo lavoro e per questo hai la stima di molti colleghi e quella delle forze dell'ordine. Stan ha molta fiducia nelle tue capacità. E io come lui " oppure " Non dirmi che questo caso non ha solleticato nemmeno un po' la tua proverbiale curiosità! Bells, sei mia figlia e ti conosco: non resisteresti, devi sempre trovare la verità e svelare i misteri che trovi sulla tua strada. Lo faccio per farti un favore! "
Come no! Volevano il mio aiuto per risolvere l'ennesima mattassa aggrovigliata che nessun altro era riuscito a districare.
Tornai alla conversazione lasciata in sospeso.
< Tanto sai già la risposta.... comunque si, ho deciso di accettare. Domani verrò con te in centrale a prendere i fascicoli. > Non mi lasciai sfuggire il sorriso soddisfatto di mio padre, nonostante avesse tentato di nasconderlo portandosi la mano chiusa a pugno davanti alla bocca.
< Bene. Bene, mi fa piacere. Sono sicuro che tu, come al solito, riuscirai a far luce su tutta la faccenda. >
Subito l'immagine di quei due piccoli buchi sul collo del poveretto trovato morto tornò alla mia mente.
< Non lo so, papà. Ho l'impressione che questa volta ci sia qualcosa di diverso. Temo sarà più complicato del previsto... > Ero talmente assorta che a fatica udii la domanda di mio padre.
< Che intendi? Hai già scoperto qualcosa? > Il suo volto pensieroso mi ridestò.
< No, ancora nulla. Solo una cosa che mi ha dato da riflettere. Ti spiace se ne parliamo domani? Sono molto stanca e vorrei riposarmi: ho l'impressione che la giornata di domani non sarà affatto più facile di questa. Anzi... >
< No, certo hai ragione. Coraggio, vai a dormire. La tua stanza è sempre lì ad aspettarti > Mi sorrise e io ricambiai per poi dargli la buonanotte e salire le scale.
Arrivata nella mia vecchia stanza, non mi guardai nemmeno intorno. La stanchezza mi arrivò addosso tutta insieme, così mi spogliai in fretta, indossando poi dei pantaloni grigi di una tuta e una maglietta viola che presi in un cassetto. Mi fiondai in bagno a lavare i denti per poi tornare in camera e mi buttai a peso morto sul comodo lettone.
< La doccia domattina... > Ero talmente stanca che, mentre biascicavo quella promessa fatta a me stessa, avevo già gli occhi socchiusi.
E, nonostante non riuscissi a levarmi dalla testa quei due maledetti fori, il sonno prese il sopravvento e così in pochi minuti mi addormentai.




Il mattino seguente, dopo la doccia tanto agognata e una veloce colazione, io e Charlie uscimmo di casa e lo seguii fino alla centrale con la mia auto.
Avevo moltissimi ricordi legati a quel posto, sin da quando ero una bambina. Passavo più tempo lì che a casa e probabilmente quello aveva influito molto sulle mie scelte di vita.
Quando arrivammo scesi dall'auto ed entrai insieme a mio padre nella piccola stazione di polizia.
Più o  meno era rimasto tutto invariato dai tempi in cui portavo le treccine e venivo coccolata e presa in braccio dai colleghi di papà.
< Charlie, buongiorno! Oh, ma chi vedo?! Isabella!! > Finn, l'amico storico e collega di mio padre da sempre, mi venne incontro a braccia aperte non appena mi vide.
< Finn! E' bello rivederti! > Gli sorrisi sincera ricambiando l'abbraccio in cui mi cinse vigorosamente. Dopo avermi baciata sulla fronte mi lasciò andare.
< Anche per me è un piacere, piccola. Non ci vediamo da mesi ma sei sempre più bella! Ad una ragazza giovane come te si può ancora chiedere...quanti anni hai ora? >
< Ne ho compiuti 25 due mesi fa, il 13 settembre. > Sorrisi, divertita.
< Una splendida giovane donna, i miei complimenti Charlie. Devi esserne molto orgoglioso! > Si rivolse a mio padre che, da quando eravamo entrati, ci fissava sorridendo ad ogni scambio di battute. A quell'ultima frase iniziò a grattarsi imbarazzato la nuca. Mio padre era fatto così...nessuno dei due in effetti si sentiva a suo agio in situazioni di questo tipo, soprattutto se si trattava del nostro rapporto padre-figlia.
Tuttavia mi rivolse uno sguardo pieno di affetto e ammirazione.
< Si. Lo sono davvero. > Non riuscii ad impedirmi di sorridere felice e lusingata.
< Capo Swan, ha chiamato Jedediah Palmer..dice che.. > Un ragazzo entrò nella stanza per poi bloccarsi non appena ci vide.
Doveva avere la mia età, al massimo qualche anno in meno, ma era decisamente... imponente.
Alto almeno un metro e ottantacinque, capelli neri corti e occhi vispi e accesi, un corpo scolpito dai muscoli. Tuttavia il suo viso ancora infantile rivelava la sua reale età.
Nel complesso un bel ragazzo.
< Oh, Jacob! Vieni, ti presento mia figlia Isabella. Bells, questo è Jacob Black, un recente quanto promettente acquisto della centrale! >
Mi voltai verso il ragazzo con un sorriso e allungai una mano verso di lui per completare le presentazioni.
Tuttavia lui sembrava imbabolato. Continuava a fissarmi con gli occhi quasi spalancati, mentre teneva tra le mani dei fogli che andavano via via stropicciandosi sotto la sua presa ferrea.
Sempre con la mano a mezz'aria lanciai un'occhiata interrogativa a mio padre che distolse lo sguardo dal viso di Jacob, guardandomi e alzando le spalle come a dirmi che nemmeno lui ci capiva molto.
Tornai a guardare il ragazzo-statua e feci per abbassare la mano quando lui con uno scatto in avanti la afferrò, muovendola su e giù freneticamente.
< E' un piacere conoscerla, signorina Swan. E' davvero un onore. La seguo sempre, sa? Cioè...intendo nel suo lavoro...non è che io la pedini o cose del genere! Insomma, seguo sempre le notizie che la riguardano....in ambito lavorativo, s'intende!... La trovo fantastica...professionalmente!! ...Io... >
< Quello che il nostro Jake sta tentando di dire è che ti ammira molto come antropologa forense e segue con attenzione le notizie su di te. Sai...dopo quella storia sei diventata famosa e tutti qui a Forks leggono i quotidiani di Port Angeles. Sono molto orgogliosi che tu sia originaria di qui. > Mio padre mi sorrise comprensivo, mentre Jacob finalmente mollò la presa, restituendomi la mano un po' indolenzita, e abbassando il capo dall'imbarazzo. Povero...
Quella storia. Già. Mi perseguita da due anni oramai.
Probabilmente Charlie notò il mio sguardo assorto perchè volle distrarmi, cominciando a chiedere di Mike per avere i fascicoli.
< Oh, allora Bella hai deciso di darci una mano! Meraviglioso, meraviglioso! Con te al nostro fianco sarà tutto più facile! > Sorrisi dell'entusiasmo del vecchio Finn, ma mi sentii a disagio a causa dello sguardo di quel ragazzo, Jacob. Sebbene non lo stesso guardando, sentivo i suoi occhi puntati addosso come dei fari.
Fortunatamente l'arrivo di Mike portò la mia attenzione altrove.
< Buongiorno capo Swan! Bella, è bello rivederti. > Si, si. Basta ciarlare Mike. Dio, quanto è lecchino!
< Mike > Non sorrisi, meglio rimanere neutri con Mike Newton. Anche solo uno stupido sorriso ed ecco che si immagina già fiori d'arancio e pargoli al seguito.
< Newton, hai portato i fascicoli? > chiese Charlie.
< Si, sono tutti qui. Se vuoi Bella puoi venire nel mio ufficio a studiarli. > Levati subito quel sorrisino da quella faccia da schiaffi che ti ritrovi.
< No, preferisco cominciare subito. Andrò nei luoghi dei ritrovamenti e leggerò i fascicoli uno ad uno sul posto. >
Feci per salutare i presenti, mentre afferravo i fascicoli dalle mani di Mike, quando una voce bassa e impacciata attirò l'attenzione di tutti.
< A proposito del caso... > Quattro teste si voltarono contemporaneamente verso l'origine di quella voce e ci ritrovammo a fissare un Jacob un tantino intimorito.
< Che c'è, Black? > Mike. Il solito arrogante.
< Ecco... prima, quando sono entrato, era per dire al capo Swan che ha chiamato Jedediah Palmer, il proprietario dell'officina, giù vicino al molo. >
< E...?! > Sbottò Mike irritato dalle pause che prendeva il suo sottoposto.
< Mike, se magari lo lasci finire riusciremo a scoprire qualcosa, che dici? > Mike mi guardò sbuffando per poi acconsentire, mentre Jacob mi rivolse uno sguardo colmo di gratitudine. Povero, mi faceva pena vederlo mortificato, da Mike per di più!
< Dicevo... pare che ci sia un'altra vittima. Palmer l'ha trovata ad una trentina di metri dalla sua rimessa. >
Tutti ci gelammo sul posto. Un'altra. E a pochissimo di distanza dall'altra vittima. Maledizione!
< Vado subito. Devo accertarmi di una cosa. > Chissà se...
< Vengo con te, Bells. Newton, vieni anche tu. >
< Si, capo. >
< Vi aspetto fuori. > Detto questo uscii dalla centrale, non prima di aver salutato Finn e l'agente Black.
Quello sguardo continuava a mettermi a disagio.

Hysteria - Muse

Una volta fuori l'aria frizzante di novembre mi costrinse a stringermi nella giacca di pelle. Mancava poco più di un mese a Natale e il freddo pungente caratteristico di Forks già si faceva sentire. Le strade erano coperte da un sottile strato di ghiaccio.
Mi avvicinai all'auto fino a portarmi accanto alla portiera del posto di guida e tirai fuori le chiavi dalla borsa.
Quello che accadde pochi istanti dopo successe in un battito di ciglia senza darmi il tempo di reagire.
Un forte stridìo di gomme a pochi metri da dove mi trovavo mi fece voltare di colpo. Mi trovai gelata dalla paura mentre guardavo quel grosso furgoncino blu slittare sull'asfalto e dirigersi senza controllo verso di me.
Un unico pensiero.
Non riuscirò mai a spostarmi in tempo.
In un secondo qualcosa sfrecciò accanto a me, mi sentii afferrare bruscamente per la vita e trascinare a terra. Non riuscivo a staccare gli occhi dalla carrozzeria  del furgone che vedevo avvicinarsi sempre di più. Ma non successe tutto come nei film, niente slow-motion con la vita che ti passa davanti agli occhi come un collage di immagini sfocate.
Un battito d'ali, un sospiro. E tutto finì.
La fiancata del furgone si trovava ad una decina di centimetri dal mio viso.
Una mano era appoggiata alla portiera accartocciata.
Accartocciata. Come un sottile foglio di alluminio.
Lentamente alzai lo sguardo.
Due occhi. I più sorprendenti che avessi mai visto. Ambra e oro fusi a formare due pozze  profonde attraversate da piccole scaglie nere. Probabilmente fu a causa dello shock, ma mi sembrò di vederle sciogliersi come piccole gocce d'inchiostro, per poi espandersi lentamente fino a sostituire quel caldo e rassicurante colore ambrato.
Prima un campo di grano accarezzato dal sole... poi ali nere di rapace.
Il tutto era circondato da un viso perfetto. Una mascella squadrata e virile, un naso dritto, una bocca sottile e meravigliosa, capelli ramati e brillanti scomposti in ciocche magistralmente scompigliate. Un corpo snello ma terribilmente possente e virile che mi teneva stretta a sè in una morsa d'acciaio.
Restai a fissare quegli occhi che risposero prontamente al mio sguardo.
Quegli occhi.
Non saprei dire quanto passò dallo stridìo agghiacciante delle gomme sull'asfalto a quell'istante, ma ad un certo punto il mio salvatore sconosciuto lasciò la presa intorno alla mia vita, appoggiandomi delicatamente a terra e si rimise in piedi, poi dopo un'ultimo sguardo, tanto intenso da lasciarmi stordita, con un balzo agile e felino scavalcò il punto in cui il furgoncino e la mia auto erano accostati e sparì dalla mia vista.
Come se qualcuno avesse riattivato l'audio nella mia testa, le voci intorno a me esplosero, preoccupate, angosciate. Gridavano il mio nome.
< BELLS!!! BELLA!!! >
In un attimo mio padre mi fu accanto chiedendomi come stavo e se mi ero fatta male. Sbraitava contro il conducente del furgoncino che tentava invano di scusarsi con voce rotta, spiegando che non era riuscito a controllare il mezzo per via del ghiaccio. Urlava a Mike di chiamare un'ambulanza mentre i suoi colleghi si radunavano intorno a noi. Cercai di riprendermi e riacquistare la voce.
< Cha...Charlie. Non è necessario. Non serve l'ambulanza... > Faticai anche io a sentire le mie parole.
< Bells, non dire sciocchezze! Sei quasi finita schiacciata da un furgone! > Era agitato e gesticolava a destra e a manca. Tutti erano preda di una frenesia fatta di paura e preoccupazione.
< Papà - a quel richiamo parve calmarsi un attimo e si voltò verso di me - tranquillo, sto bene. Certo, se non fosse stato per quel ragazzo probabilmente ora non sarei qui a parlarti, ma come vedi invece va tutto bene. Mi sono solo presa un colpo. > Tentai di sorridere per rassicurarlo, ma il suo sguardo si fece confuso.
< Di che ragazzo stai parlando, Bells? Noi non abbiamo visto nessuno, tesoro. > Subito ricambiai il suo sguardo con uno altrettanto confuso.
< Che? Papà, come hai fatto a non vederlo?! Era qui fino ad un secondo prima che voi arrivaste...poi è corso via... > Ero certa di non essermelo immaginato. L'impronta della mano sulla fiancata ne era la prova.
< Bells...non vedo come sia possibile. Quando abbiamo sentito il trambusto ci siamo subito precipitati fuori. Non saranno passati più di trenta secondi! >
< Ma....ma guarda la portiera, Charlie!! L'impronta...come pensi che mi sia salvata?! >
Perchè ora mi guardavano tutti come se avessi detto di aver visto passare un elefante su un monociclo?!
< Tesoro, forse è meglio andare in ospedale. Devi essere un po' frastornata.. >
< O per l'amor del cielo, Charlie!! So quello che ho visto e non ho battuto la testa! Come spieghi quell'impronta, se no?! > Charlie si voltò verso il furgoncino e rimase a fissare l'ammaccatura per qualche istante, poi riportò l'attenzione su di me.
< Bells, probabilmente hai agito d'istinto e ti sei spostata quanto bastava per far sì che andasse a sbattere contro la tua auto. >
< Ma davvero?! E allora come spieghi il fatto che sulla mia auto non ci sia nemmeno un graffio?! >
Ah-ah! Ora si che non sapete come rispondere!!
Sorrisi soddisfatta nel vedere i loro volti perplessi.
Tuttavia l'euforia per quella piccola vittoria che era servita a provare la mia sanità mentale durò poco, perchè subito mi ritrovai a riflettere sull'assurdità di quella situazione.
Certo, quel ragazzo non me lo ero sognato, tuttavia....come diavolo era riuscito a fermare quel furgone, che al momento dell'impatto andava quantomeno a cinquanta chilometri orari, con una mano?!
Era decisamente...impossibile!
Allora come? Come?!
 





Declaimer: i personaggi non mi appartengono, sono frutto della brillante mente di Stephanie Meyer. La storia non è scritta con alcuno scopo di lucro e con essa non intendo offendere nessuno. Ogni dettaglio è frutto di questa mente un po' strana. ^^

Allora, prima di tutto volevo ringraziare tutti quelli che hanno letto il primo capitolo. Ovviamente dovrò aspettare il riscontro del secondo per vedere se davvero non era solo curiosità iniziale la vostra...delusa poi da quello che ho "partorito" nel secondo.
Tuttavia spero che verrà apprezzato. Io l'impegno ce l'ho messo tutto! ^^
Non scrivo per ricevere recensioni o apprezzamenti, ma per il puro piacere di farlo. Perchè io adoro scrivere. E' qualcosa a cui non riesco a rinunciare. E' ovvio che sapere che a voi piace tanto quello che scrivo da volermelo far sapere mi riempie di gioia, ma non vi chiederò mai di farlo. Non vi "minaccerò" di smettere di postare solo perchè non riceverò un tot di recensioni, perciò non preoccupatevi, fatelo solo se ne avete voglia.
Io ne sarò felice e vi risponderò. ^^
Le canzoni che abbinerò mano a mano ai vari capitoli non hanno un nesso particolare con essi, non sempre almeno. Sono solo canzoni che adoro e che mi danno ispirazione.
Voglio ringraziare di cuore chi ha commentato il primo capitolo.

Myname89 : grazie mille cara! sono contenta che ti piaccia. Spero di non aver deluso le tue aspettative. Un bacio e grazie ancora.

Dod: Tesoro mio!! Che gioia sentirti! Sei sempre dolcissima, non manchi mai di lasciarmi un commento. Sei un po' di parte, ma so che sei sincera. Non avresti motivo di mentire.^^
         Non voglio deluderti perciò mi impegnerò al massimo in ogni capitolo, in ogni parola e in ogni sillaba. Sarai fiera di me!
         Grazie ancora, stellina! Un bacio grande grande!

Grazie mille anche a chi ha messo la storia nei preferiti:

kiakki94
kokochan
PATRIZIA70
__cory__


E grazie a chi l'ha messa tra le seguite:

bell
CHEWBE
chicchi
Lena89
mikkettina
Myname89
Shy88


Grazie. Grazie.
Solo una domanda: vorrei che mi diceste se i capitoli sono troppo lunghi o se vanno bene così.
Alla prossima.
Andy, per servirvi.
  
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