Serena acchiappa le cuffie sulla scrivania e se le mette intorno al collo, dà una spinta con i piedi per terra per far girare la seduta della poltroncina verso la decina di schermi accesi della sua postazione.
Ore 19.00 circa
Serro le dita sui pantaloni. Di nuovo Logan?
XVI. Tae Maeda
[Dalle osservazioni del dottor Havel]
Quando l’energia sprigionata da certi emersi entra in contatto con componenti meccaniche, ne altera il funzionamento alla stregua di un parassita.
Nove spenti attaccati al muro, disposti come una tastiera del telefono ed etichettati con i codici progressivi delle chimere, tre accesi davanti a lei con decine di tab aperte. Quando Glenn sarà in posizione vedremo la sua visuale dallo schermo due.
Il diffusore accanto alla tastiera scrocca, sparge una nuvoletta alla fragranza di limoni freschi e menta. Storce il naso. «Allen deve smettere di lasciare la sua roba in giro.»
Incrocio le braccia. «Lo sai che non è nella condizione per venirselo a riprendere.»
Serena alza le cuffie sulle orecchie, acchiappa il mouse e sposta una finestra grigia con lo stemma degli operativi nello schermo secondario. «Siediti, dai.» Avvicina una delle poltroncine ergonomiche accanto a sé. «E chiedigli di passare al sandalo, sandalo è buono. Mi sento in un frutteto.»
L’odore non è così male.
Mi siedo accanto a lei. Se è quella che ha coperto anche i turni di Allen da quando è stato messo sotto investigazione, non lo dà a vedere.
«Linea collegata, applicativi…» Passa il cursore sulle finestre. «Fa strano non avere da ridisporle per diverse volte di fila.»
Lo schermo numero due si accende, mostra l’auditorium illuminato da faretti ai muri. Ondeggia verso destra: i poliziotti in borghese sono sparpagliati per le poltroncine e membri dello staff corrono sullo sfondo. Staranno aggiustando gli ultimi dettagli.
«E anche la visuale dagli occhiali è perfetta.» Serena sposta il microfono vicino alle labbra. «Glenn, fammi il favore di salire alla postazione del fonico, oggi mi farai da telecamera su gambe quindi non fare troppi movimenti repentini.»
La visuale si stabilizza, a ogni passo che fa per risalire la scaletta il tremolio è minimo.
Serena si sporge verso lo schermo. «Coso, non intendevo di essere impeccabile. Come fai a camminar–»
Ci sfacciamo contro il pavimento, fissiamo le piastrelle scure e le mani costellate di graffietti di Glenn.
Quel poveretto! «Stai bene!?»
Senza cuffie non posso nemmeno sentire una sua risposta. Il ragazzo dello staff riempie la visuale, sbraita e agita le braccia. Non c’è una persona che non se la prenda con gli altri di questi tempi, ma infierire su un ragazzino…
Serena mi lancia uno sguardo in tralice, copre il microfono. «Se si aspetta di essere così bastardo impunemente…»
«Serena.»
«Non faccio nulla, ma voglio sapere come si chiama.» Spulcia delle cartelle fino a tirare fuori un pdf con i nominativi dei membri dello staff, un paio di click e apre la pagina privata di non so quale social network. Un selfie del ragazzo dello staff con il viso coperto da una spruzzata di brufoli fa bella mostra di sé. «Strano, un nerd che non ha una ragazzina anime come propic.»
Capisco la legittima indignazione, ma ho paura di cosa potrebbe fare se sfruttasse quei dati.
L’ha doxxato in nemmeno trenta secondi.
La visuale dello schermo racchiude l’intera platea dell’auditorium, stanno proiettando la registrazione amatoriale del viso di una donna. Chissà chi è.
Serena si mette una mano alla cuffia e si sporge verso la voce. Un prompt in basso alla sua postazione segnala il collegamento con un’altra linea. «Non c’è traccia di Logan?» sussurra. «È scomparso?»
«Cosa significa che è scomparso?»
Serena agita la mano per farmi abbassare la voce. «Tae, stai buona o devo farti allontanare.»
Dà un colpo alla tastiera e recupera la finestra con l’applicativo degli operatori Kaiser, seleziona una casella di testo. Il ticchettare dei tasti sommerge i suoni del centro di comando.
Durante il trasferimento in automobile dal blocco C alla stazione di polizia, il sospettato Logan Dexter è stato strappato alla sua scorta. Auto ritrovata nel parcheggio del supermarket, guidatore svenuto e legato nel baule.
Presumibile attacco della Parata.
Testimonianze dell’operativo parla dell’attacco di una donna dai capelli argentei, presumibilmente intorno ai 40-50 anni.
Guardiana preservalo, ha già subito troppo in questi giorni e nemmeno sa di Jaiden. Solo perché la Parata non ha ucciso fino ad ora, non significa che non lo farà mai.
Mi mordo l’unghia del pollice. Capelli argentei… La Parata è già apparsa con quell’aspetto almeno una volta, chissà perché la scelta di ripeterlo. Hanno un numero limitato di volti che possono usare?
Serena esita, pare ascoltare la persona dall’altro lato della linea. «Capisco quello che dici, ma rispettare segreti aziendali quando ci sono in gioco vite è stupido.» Sbatte la mano sul tavolo. «Non fare lo scemo, non si abbandona una persona solo perché è sospetta.»
Fumo riempie la visuale dello schermo numero due.
Flash di luce illuminano i dettagli dell’auditorium, una rossa con i capelli legati in una coda e gli occhiali in bilico sul naso sale sul palco. Stringe il braccio in una morsa sotto il collo una persona, gli punta una pistola alla tempia.
È troppo lontana per vedere dettagli più nitidi.
Serena riattiva il microfono. «Aspetta a muoverti.»
Glenn è il solo tester lì in mezzo.
Non dovrebbe essere lì da solo.
Sto diventando pazza o il mondo è uscito di testa?
La Parata si fa dare un microfono e parla, il sorriso sulle labbra è degno di una sadica. Fa cenno di avvicinarsi a Glenn.
In basso allo schermo appare la scritta ATTIVAZIONE CHIMERA 02, lo schermo si spegne. La telecamera del casco ha priorità di transmissione, starà sovrascrivendo il segnale degli occhiali. Il display sfarfalla, la donna diventa talmente nitida che posso vederle il sopracciglio sinistro spaccato in due. La pistola, coperta di scanalature e scritte lungo tutta la canna, sembra un blaster da videogame fantasy.
Non ha senso che sia riuscita a introdurla nella sala. Hanno rovesciato interamente l’auditorium e c’era un metal detector all’entrata, non è sensato che siano riusciti a entrare armati!
Glenn inquadra altri due membri della Parata disposti sulle scale dell’auditorium che puntano le armi sulla folla, un uomo ben piazzato e un ragazzo con un fisico asciutto ed esile. Sono in tre in totale.
Perché abbiamo dato per scontato che fossero solo due? Chi ha suggerito che fossero solo due!?
Serena prende un respiro. «Allontanala dal palco. Se togli il pericolo per i civili, tutti avranno meno pensieri. E poi, Tae…» Si gira verso di me.
Glenn si getta contro di lei che gli punta la pistola in faccia, spara un raggio di accecante. La linea salta.
«No!» Tendo le mani allo schermo, ma non si riaccende. Scintille argentee danzano agli angoli della mia visuale, mi sfrego gli occhi.
«Non tentennare, vai da lui!» Serena trattiene un’imprecazione. Mi afferra la maglia e mi gira a forza. «Ora! Al diavolo Havel! Non può affrontare questa cosa da solo.»
Giro i tacchi e corro verso le scale che portano fuori dal centro di comando. «Chimera 06, attivazione.» Maledetti comandi vocali.
I bracciali scroccano, supero la porta che dà sul corridoio.
L’elmo mi ricopre la testa, pianto la mano sul tasto per chiamare l’ascensore. Per il bene di Glenn non devo farmi prendere dal panico, ma rimpiango non poter uscire sfondando un muro. Le porte scorrevoli si aprono talmente lente da sembrare immerse nella melassa.
Mi ci getto dentro.
Il nome Leyven Serena si accende sotto Chimera 02. «Mi prenderò le responsabilità di averti mandato, concentrati solo sul parare le chiappe a quel povero ragazzo.»
Due minuti per uscire dall’ala di contenimento, uno per uscire dagli edifici Kaiser, cinque minuti di volo per raggiungere l’auditorium. Ogni secondo conta e non posso permettermi di esitare.
Atterro sul tetto dell’auditorium e scatto verso la porta per entrare nell’archivio. «Non è meglio sfondare il muro?»
«Tae, è la terza volta che lo chiedi– sigh. Cerchiamo di non allertarli della tua presenza, abbiamo perso ogni visuale dell’evento. Colpirli a tradimento è la nostra unica possibilità.»
L’anta è appoggiata, qualcuno l’ha lasciata aperta o qualcuno è passato da qui dentro. Hanno evitato la polizia volando? Non è possibile.
Tiro la porta verso di me, i cardini cedono e rimane a penzoloni attaccata solo per la parte inferiore.
Il nome di Glenn si illumina, caccia un gemito di dolore e tossisce. «Che stai facendo?»
Corro per le stanze, raggiunte le scale mi getto oltre la balaustra in caduta libera. Devo solo attraversare il corridoio del camerino e sarò arrivata.
Un lampo di luce accecante illumina l’oscurità sotto di me. Il proiettile mi raggiunge la gamba. Le unità esagonali si arricciano e allontanano come repulse, il colpo perfora la pelle e mi manda un’ondata di calore dritta fino al petto. Crollo a terra, butto le mani per sorreggermi ma sbatto il mento.
Il contraccolpo mi scuote.
Le icone dello schermo vengono attraversate da una distorsione e si spengono, mi lasciano nel buio del corridoio per raggiungere l’auditorium. I meccanismi e i sostegni che facevano sembrare l’armatura così leggera ora mi pesano addosso come un macigno.
Devo alzarmi comunque.
I piedi di una figura si fermano a un soffio dal mio viso. La bocca del blaster che stringe diffonde ancora piccole stille di luce.
Me lo punta contro il viso.
Sto bene.
Spingo le mani a terra, gli esagoni freschi si appoggiano sulla pelle e si ricompattano. Il dolore è passato, qualsiasi cosa sia ha dato fastidio solo per la botta. «Stai scherzando?»
«Che razza di scherzi hai subito per pensare che questo lo sia?» Preme il grilletto, la detonazione mi assorda. Con tintinnii metallici le unità esagonali si ritraggono per lasciar passare il dardo, il sapore di ruggine mi riempie la bocca.
La testa mi va a fuoco: fiori di fuoco colorati sbocciano nella mia visuale, il fischio alle orecchie si trasforma nel morbido battito delle ali di un uccello.
L’uomo fa un passo indietro e accende la luce, ha gli occhi dorati nascosti da ciuffetti di capelli lisci e grigi. Dà un paio di colpetti di indice sulla pistola, avvicina l’orecchio per ascoltarla. Se c’è un modo per riconoscerlo tra la folla, mi assicurerò di imprimermelo addosso.
Scrolla le spalle e infila l’arma nel fodero attaccato alla cintura. «Ancora sveglia, Quaglia?»
Gli esagoni si ricompattano nell’elmo, non c’è traccia di danni ma la linea è scollegata. Il bruciore al petto si ravviva. «Che ci guadagnate da questa sceneggiata?»
«Oh, no, dovresti fare questo discorso con mia sorella. Io obbedisco e basta.»
Mi alzo, ha una corporatura parecchio simile alla mia ma è ben piazzato. Provare a passargli accanto nel corridoio stretto in cui siamo mi aprirebbe a brutti colpi alle spalle.
Fa scrocchiare le nocche, mi mostra i pugni alti davanti al viso. Indossa dei guanti con le nocche rinforzate da una placca di metallo lavorato, ma nulla di più. Il blaster deve probabilmente servire a disabilitare le armature, così lui ha una chance di vincere e io non ne ho nessuna.
Occhieggio la porta alla fine del corridoio, sono così vicina. Mi mordo il labbro. Glenn, per favore, allontanati da questo disastro.
Stringo i pugni, ma le lame di energia nemmeno appaiono. Ho perso ogni funzione.
L’uomo fa un ghigno. «Peccato, sarei stato curioso di vedere se me la posso cavare contro di voi a piena potenza.»
Gli sferro un pugno. Dà un colpo di braccio per deviarlo, l’altro mi arriva diretto alle costole. Tira un’altra scarica di quell’energia strana che mi manda a fuoco la pelle. Sputacchio saliva, mi tremano le gambe.
«Tre colpi e nemmeno una reazione, huh.» Si fa indietro di un passo. «Qualcuno non ti ha fatto mangiare la baccagemma.»
«Di che stai parlando?» La voce esce tremante e penosa, devo metterci tutta la mia concentrazione per non crollare.
«Lo capissi io fino in fondo.» Dà un colpetto sulla placca dei guanti, il metallo rilascia una scintilla di luce. «Gli emersi hanno poteri soprannaturali solo perché possiedono un’energia innata. Se un essere umano normale entra a contatto con la forma pura di questa energia, si sente rigenerato e leggermente più ottimista. La tecnologia comune, come ad esempio dei metal detector nuovi di zecca, ha problemi a percepirla perché non sono stati fatti per reggerla. E se voi chimere ci entrate in contatto, vi rivelate per i mostri in cui vi hanno trasformato.»
«Mostri?»
Mi arriva un pugno poderoso allo stomaco, gli esagoni si arricciano come dotati di vita propria.
Il fuoco nel petto crepita, mi manca l’aria.
Cado in ginocchio.
«Un po’ mi dispiace perché significa che qualcuno si è parecchio impegnato per proteggerti, ma ehi, non sprecare il suo buon cuore.» Si stringe il polso con l’altra mano. «Rimani a terra. Ci rovinerai un po’ i piani, ma eviterai di diventare uno di quei mostri scatenati che hai dovuto uccidere.»
Con questa armatura non riuscirò mai a procedere. «C06, disattivazione,» esalo.
Conto i secondi, appena gli esagoni si ritraggono devo scattare avanti.
Sei. «Ti sei arresa?»
Cinque. Quattro.
Si gratta la guancia, mugugna.
Tre. Due. Uno.
L’armatura mi rimane incollata addosso. Che potevo aspettarmi? Con tutte le funzioni disabilitate, che si disattivasse sarebbe stato troppo comodo. Sull’avambraccio si posa un uccello semitrasparente dal piumaggio folto e grigio. Lo Sval punta lo sguardo vacuo sulla Parata.
Sento nel petto quanto voglia cacciarlo dal suo territorio.
E pure io lo voglio.
[.note a margine]
_Alcor: intera trama progettata
Also _Alcor: lmao sai cosa sarebbe funny inserire?
Basically, le aggiunte che consideravo innocue fatte lungo la trama mi hanno sbilanciato molti dei beat emotivi che volevo inserire, quindi ho passato la settimana a riarrangiare la trama perché sia nuovamente coerente con i vari personaggi.
Possiamo dire ufficialmente che non so più in che direzione stiamo andando ma oh boy, sarà fun.