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Autore: katyjolinar    29/05/2005    7 recensioni
Ragazzi questa ff affronta un argomento molto delicato, anche se dal titolo non sembra... si parla di pedofilia... Un nuovo incarico per CH: una bambina deve essere protetta perchè è il testimone chiave di un processo per pedofilia. Cosa succederà? Riuscirà Ryo a proteggerla?S: – Avete mai sentito parlare del processo a Erik Nakura? R: – Quello incriminato per sfruttamento della prostituzione? S: – Sì. Ma sono venute fuori nuove prove per incriminarlo anche per pedofilia…
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Famiglia Saeba'
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Famiglia Saeba

Famiglia Saeba

Eccoci finalmente all’ultimo capitolo…

Ora vedremo chi ha preso Mary, anche se credo che l’abbiate già capito che è quel gran figlio di… (meglio farle dire a Ryo certe cose, ma ci siamo capiti…) di Erik Nakura.

Purtroppo non ho fatto la descrizione di quell’uomo, perché ogni volta che ci provavo mi veniva da vomitare, perché certe persone non le sopporto… già mi sorprendo su come ho fatto a inventarmi un personaggio del genere, ma per fortuna compare di persona solo in questo capitolo.

Vi avverto che c’è un’immagine un po’ turbante di un tentativo di violenza. Io l’ho censurata meglio che potevo, ma non prendetevela con me se dopo vi trovate con le lacrime agli occhi, o in bagno a vomitare. State tranquilli che la violenza non riesce, perchè viene bloccata prima.

Vabbè: eccovi il capitolo finale!

Capitolo 14

 

Ryo sfrecciò per le strade di Tokio, poi prese la tangenziale fino a Yokoama. Voleva raggiungere la figlia il più presto possibile.

Quando arrivò a scuola era già quasi ora dell’uscita studenti.

Vide Ryoichi che stava uscendo, e gli andò incontro. Anche il ragazzo lo vide.

Ryoichi: – Signor Saeba… come mai è qui? Che succede?

Ryo: – Ti stavo per fare la stessa domanda… un’ora fa mia figlia ha attivato la trasmittente che aveva addosso. Sai dirmi niente?

Ryoichi: – No, signore. Non vedo Mary dall’intervallo. Ci eravamo dati appuntamento qui davanti per l’uscita.

Ryo: – Hai notato nulla di strano?

Ryoichi: – No, però…

Ryo: – Però…?

Ryoichi: – Non so se può esserle utile, ma durante l’intervallo sua figlia mi ha detto che si sentiva osservata da stamattina, quando è entrata a scuola.

Ryo si preoccupò ancora di più.

Ryo: – Cazzo… l’hanno trovata… – poi si rivolse a Ryoichi – Tu torna a casa tua. Me la cavo da solo.

Ryoichi: – Vorrei rendermi utile in qualche modo…

Ryo lo guardò, serio, poi con tono di comando disse:

Ryo: – Ryoichi, questo non è né un film né un videogioco. Può essere pericoloso, quindi vai a casa. Ti prometto che, non appena trovo mia figlia, ti faccio chiamare.

Ryoichi: – Va bene, signor Saeba. Come vuole lei…

Il ragazzo corse via. L’uomo tornò alla macchina e prese il palmare. Con la penna puntò alcune icone sul piccolo schermo. Poco dopo comparve una mappa, all’interno della quale lampeggiava un puntino rosso: la posizione attuale di Mary.

Ryo: – Bene, non è molto lontana da qui.

 

L’avevano legata e imbavagliata, e poi l’avevano caricata su un furgone.

Mary continuava a dimenarsi, cercando di allentare le corde, per liberarsi. I suoi occhi non lasciavano trasparire alcuna emozione (eh, sì… è proprio figlia di RyoNdA), ma lei aveva paura. Aveva paura di quegli uomini, di quell’uomo.

La ragazza lo aveva riconosciuto alla prima occhiata: quante volte, in quegli otto anni, si era svegliata in piena notte, urlando e piangendo, in preda a quell’incubo? E tutte le volte mamma e papà erano accorsi a calmarla, a dirle che era stato solo un brutto sogno, e che ora c’erano loro a proteggerla. Ma quell’incubo ritornava, l’incubo della sua infanzia: Erik Nakura, l’uomo che le aveva dato la vita, ma che le aveva rubato la fanciullezza.

Quell’uomo ora stava di fronte a lei, e la guardava.

Erik: – Oltre che coraggiosa sei anche testona! Non hai ancora capito che da qui non si scappa?

Il furgone iniziò a muoversi.

 

Il puntino rosso si sdoppiò. Un punto lampeggiava nella stessa posizione, mentre l’altro si stava muovendo: attivando una microspia, si era attivata anche l’altra, automaticamente. Probabilmente avevano fatto salire la ragazza su un mezzo di trasporto, e avevano abbandonato il suo zaino da qualche parte.

Ryo salì in macchina e si diresse nella direzione in cui, sul palmare, compariva il puntino fermo. Quando arrivò, scese dalla monovolume, che aveva comprato dopo la nascita di Miki, perché la Mini era troppo piccola per la sua famiglia, e si guardò intorno: si trovava in un prato, dietro la scuola. In un angolo, vicino al muro di cinta, vide, in mezzo all’erba, qualcosa di rosso; si avvicinò per vedere meglio: era lo zaino della figlia. Lo prese e tornò in macchina, ma notò che era troppo pesante per contenere solo libri, e inoltre si sentiva uno strano rumore provenire dal suo interno.

Aprì lo zaino e trovò diverse bottiglie, piene di sostanze chimiche, assieme a delle scatoline con dei solidi strani, probabilmente pezzi di metalli alcalini e pastiglie di soda o potassa (la soda caustica e la potassa caustica, formula chimica NaOH e KOH, per uso chimico, sono confezionate in piccole pastigliette di pochi milligrammi, e sono difficili da distinguere l’una dall’altra sostanza, se non per la loro forza corrosiva, perché la potassa è più forte, e quindi più pericolosa… in questo caso Mary aveva preso la potassa… scusatemi per la lezioncina di chimica, ma non ho resistito… NdA). Guardò le bottiglie, sulle quali c’erano scritti dei nomi; li lesse: “acido muriatico, vetriolo, varechina, acido di sviluppo per fotografia…”, tutti nomi comuni di sostanze come “acido cloridrico, acido solforico, acido perclorico, acido nitrico…” (in realtà non mi ricordo quale sia il nome comune dell’acido nitrico, ma so che veniva usato per lo sviluppo delle fotografie da pellicole in bianco e nero, così l’ho chiamato acido di sviluppo per fotografia. NdA). Tipico di Mary: anche se conosceva i nomi scientifici, preferiva sempre usare i vecchi nomi comuni o quelli commerciali, anche se erano in disuso.

Rimise tutto dentro lo zaino, che posò, con cura, sul sedile del passeggero. Disattivò la microspia, per non confondere i due segnali, e seguì quello della trasmittente posizionata sulla divisa della figlia.

 

Il furgone si era fermato. Mary venne presa di peso da un nerboruto individuo e venne portata all’interno di un capannone.

La ragazza non si dimenava più: era inutile agitarsi, avrebbe solo peggiorato le cose. Venne adagiata su una branda; Erik le si avvicinò, e fece per toglierle il bavaglio.

Erik: – Guai a te se strilli, altrimenti potrebbe succederti qualcosa di molto brutto.

Non appena fu libera di parlare, Mary disse, con tono calmo, che non lasciava trasparire alcuna emozione, quasi con aria di sfida, guardando negli occhi l’uomo che aveva di fronte:

Mary: – Lurido porco bastardo! La pagherai! Mio padre ti sta già dando la caccia. (scusate la “finezza” delle parole di Mary… NdA)

Nakura scoppiò in una sonora risata.

Erik: – Tuo padre? Intendi quel rammollito che si diverte a fare l’investigatore, ma che invece non è altro che un incapace amministratore? Mi avevano detto che otto anni fa ti avevano affidato a City Hunter… non era meglio restare con lui? Quel Ryo Saeba non mi sembra proprio in grado di proteggerti, visto che sono riuscito a trovarti così facilmente.

Questa volta fu Mary a scoppiare a ridere. Uno degli uomini che erano con Erik fece per darle un ceffone, ma lui lo bloccò.

Erik: – No! Non rovinare un visetto così carino. Piuttosto uscite fuori a fare la guardia, voglio parlare da solo con Yoko.

 

Il segnale si era fermato. Ora si trovava nella vecchia zona industriale di Yokoama. Mary non era molto distante da lui, probabilmente era all’interno di un capannone, lì intorno.

Notò un furgone; le sue labbra si incurvarono in un sorriso: bingo! Aveva trovato il covo di Erik Nakura.

Parcheggiò poco distante. Prese la pistola, inserì il caricatore e vi avvitò il silenziatore, poi restò un attimo a pensare: i reattivi che Mary aveva preso potevano essergli utili. Aprì lo zaino e prese la bottiglia dell’acido muriatico. Ne travasò un po’ in una provetta, segnandolo con il pennarello. Poi prese un’altra provetta e ne bucò il tappo con un coltello che aveva con sé; cercò nella macchina e trovò dei laccetti per le scarpe, provenienti da chissà dove. Ne prese uno abbastanza lungo, lo intrise di etere etilico e lo infilò nel buco che aveva procurato nel tappino, poi versò dell’etere di petrolio dentro la provetta, perché l’etere etilico non bastava per lo scopo, e riavvitò il tappino(di nuovo: NON PROVATECI, è altrettanto pericoloso che costruire una bomba alla nitroglicerina, infatti questa è una bomba incendiaria rudimentale, meglio conosciuta come molotov. Reperita iuvantNdA). Infine si mise le provette in tasca, facendo attenzione a non versare il contenuto.

Uscì dalla macchina poi, lentamente, senza farsi vedere né sentire, si diresse verso il capannone dove, probabilmente, era stata rinchiusa la sua bambina. A una quindicina di metri di distanza vide il cancello aprirsi e uscirne tre uomini armati.

Ryo si nascose meglio che poteva, poi prese la provetta-molotov e la poggiò lì vicino. Sparò alla miccia, per farla accendere, poi corse, avvicinandosi di più ai tre uomini.

Dopo pochi secondi la provetta esplose, attirando l’attenzione delle guardie. Ryo prese la mira e sparò: una di loro si accasciò a terra, morto, colpito alla testa; gli altri due uomini erano confusi, perché non si aspettavano un cecchino. Il nostro eroe colse l’occasione e sparò al secondo, poi si avvicinò di più al terzo, arrivandogli alle spalle. Con un calcio lo disarmò, poi gli saltò addosso e lo pestò.

Dopo poco lo prese per il bavero e gli puntò la pistola alla testa, chiedendogli, con voce arrabbiata:

Ryo: – Ora mi dici dov’è mia figlia, oppure raggiungerai i tuoi amici all’Inferno.

Guardia: – Ma tu chi sei?

Ryo: – Sono il padre di Mary, ma tu puoi chiamarmi City Hunter. Allora, dov’è mia figlia? – chiese, ancora più arrabbiato, premendo la pistola alla tempia dell’uomo.

La guardia era terrorizzata: non si aspettava di trovarsi di fronte a uno dei più famosi sweeper del Giappone, un killer dalla mira infallibile, quale era City Hunter. Balbettò:

Guardia: – È… è dentro il capannone, con Nakura.

Ryo: – Grazie mille. Ora fatti un sonnellino. – Detto questo gli diede un pugno, facendolo svenire.

 

Dopo che i tre uomini se ne furono andati, Erik si avvicinò alla ragazza e, prendendola per i capelli, perché lo guardasse negli occhi, le chiese:

Erik: – Allora, Yoko. Mi dici cosa c’è di tanto divertente?

Mary lo guardò con aria di sfida. Nonostante fosse spaventata a morte, non aveva perso il suo sangue freddo.

Mary: – Primo: io mi chiamo Mary, non Yoko. Il nome che mi hai dato tu l’ho rinnegato nel momento in cui sono stata adottata. Secondo: sei così preso dalla tua vendetta che non ti è passata neanche dall’anticamera del tuo minuscolo cervello l’idea che, dal momento che da piccola sono stata affidata a City Hunter, mio padre, Ryo Saeba, potrebbe essere lui. In questo momento ti starà sicuramente dando la caccia.

Erik: – Se questo è un tentativo per spaventarmi, non ci sei riuscita.

Le tirò un ceffone, poi la buttò violentemente sulla branda, bloccandola con il suo peso. Iniziò a strapparle i vestiti: stava per violentarla.

Mary chiuse gli occhi, ormai pronta al peggio, al fatto che il suo peggior incubo stava per diventare nuovamente realtà.

Mary: – PAPÀ… AIUTAMI, TI PREGO… PAPÀ… – urlò, in preda al panico, mentre le lacrime le scendevano copiose dagli occhi.

L’uomo le sfiorò la coscia, e sentì qualcosa.

Erik: – Cosa nascondi qui sotto? – alzò la gonna e vide la pistola, che la ragazza teneva ancora con sé. La prese e gliela puntò alla testa. – Puttanella! – urlò – Ryo Saeba troverà una bella sorpresa, quando arriverà, se è veramente City Hunter, come dici tu.

Mary aveva la vista annebbiata dalle lacrime, ma riuscì a vedere chiaramente una sagoma di un uomo, dietro il suo aggressore. Nonostante non ci vedesse bene, riconobbe il suo papà.

Ryo era appena entrato nel capannone, quando aveva sentito la figlia urlare e chiedere il suo aiuto. Aiutato dal fatto che le urla della ragazza facevano eco nell’ampio stanzone, si avvicinò a Erik, senza essere sentito, fermandosi alle sue spalle.

Aprì la boccetta dell’acido cloridrico (sarebbe l’acido muriatico che aveva preso dallo zaino della figlia, assieme all’occorrente per costruire il molotov. Scusate la molteplicità di nomi, ma non volevo usare sempre gli stessi, tanto nome comune e nome scientifico sono sinonimi. NdA), e ne versò il contenuto sulla schiena del malvivente.

L’uomo urlò per il dolore (l’acido cloridrico fa un male tremendo, credetemi, e se è concentrato può provocare ustioni di secondo grado sulla pelle. NdA), e Ryo lo sollevò da sopra la ragazza, liberandola dal peso.

Mary piangeva ancora, mentre guardava suo padre che pestava Nakura, in preda a un raptus d’ira.

Notò a terra qualcosa, che non riusciva a distinguere, a causa delle lacrime che le scendevano copiose. Cercò di mettere a fuoco e riconobbe la Colt Python 357 Magnum del padre, che poco prima era in mano a Nakura.

Mentre i due uomini se le davano ancora di santa ragione, Mary si alzò in piedi e raccolse la pistola da terra. Con mano ferma prese la mira meglio che poteva, a causa della vista annebbiata. Subito dopo sparò i sei colpi in successione.

Erik cadde a terra, morto, colpito da sei proiettili. Mentre Ryo era illeso.

Mary cadde in ginocchio, ancora con la pistola in mano, e scoppiò di nuovo in pianto. Il padre le si avvicinò e si sedette a terra, accanto a lei. La abbracciò, facendole poggiare la testa sul petto, e la strinse a sé, passandole una mano tra i capelli, in modo paterno, sussurrandole parole rassicuranti, per calmarla.

Ryo: – Piccola, non piangere. Ora è tutto finito. Quell’uomo non potrà più farti del male. Ci sono qui io, bambina bella. Papà non ti lascia sola.

In quel momento gli venne in mente quel giorno di otto anni prima, quando lei era ancora Yoko Nakura, la bambina spaventata che gli era stata affidata da Saeko, e lui non era ancora suo padre, ma stava per diventarlo; quel giorno che l’aveva portata via da scuola, per proteggerla. Era stato nel momento in cui aveva tranquillizzato la piccola, quando era tornato a casa, che aveva completamente abbattuto il muro che circondava il suo cuore, accettando fino in fondo di amare ed essere amato, sia come amante, per Kaori, a cui si era dichiarato qualche giorno prima, sia come padre, per la bambina che aveva accolto in casa e per i futuri figli.

Mary: – Papà… Erik è morto? – la ragazza era sotto shock.

Ryo: – Sì, tesoro. È morto.

Mary: – L’ho… l’ho ucciso io?

Ryo: – No, piccola. È stato un lavoro di squadra.

Mary gli sorrise, poi si alzarono e si diressero all’esterno.

Arrivati alla macchina, la ragazza volle restituire la pistola a Ryo, ma lui non la volle riprendere.

Ryo: – È tua. Te la sei meritata. E poi un membro della mia squadra deve avere sempre un’arma con sé.

Mary non capì, e chiese spiegazioni con lo sguardo.

Ryo: – Benvenuta nella squadra di City Hunter, figlia mia. D’ora in poi sarai parte attiva del gruppo.

Mary: – Vuoi dire che potrò seguirti in missione?

Ryo sorrise.

Ryo: – Sì, Mary. Anche se avrei preferito che questo giorno venisse il più tardi possibile. Non avrei voluto che ti sporcassi le mani così giovane. Ma ormai è successo, e comunque l’hai fatto per difesa.

Mary: – Grazie papà.

 

Un’ora dopo erano davanti a casa.

Appena entrarono, Kaori, Miki e Umi corsero loro incontro.

Umi: – Finalmente siete arrivati… ci stavamo preoccupando. Volevo quasi passare a Yokoama per sapere qualcosa…

Mary abbracciò Kaori, felice di poter rivedere la madre.

Mary: – Mamma, è tutto finito… Erik è morto.

La donna guardò il marito, in cerca di spiegazioni.

Ryo: – Stava per fare del male alla nostra bambina, ma l’ho fermato in tempo. Mary ha sparato e lo ha mandato dove si merita di stare: all’inferno.

Lo sguardo di Kaori si incupì: sapeva che da quel momento la vita della figlia non sarebbe stata più la stessa, perché aveva ucciso un uomo, anche se quello era l’uomo che le aveva rubato l’infanzia.

Kaori: – Mary… tesoro, come ti senti? Stai bene?

Mary: – …Non lo so… è strano…

Subito dopo svenne.

Quando si risvegliò si trovò sdraiata sul divano, con i genitori e gli zii tutti intorno a lei…

Kaori: – Stai tranquilla, piccola. È tutto passato.

Mary: – Mamma… ho ucciso un uomo…

Ryo: – Era per questo che avrei voluto che succedesse il più tardi possibile. Il primo uomo che uccidi è quello che ti lascia il segno più profondo. Te lo ricorderai per tutta la vita, e a volte lo sognerai di notte, ma alla fine ci farai l’abitudine, e non ci penserai più. Ma se uccidi un uomo quando sei molto giovane, la ferita che ti crea questo fatto farà molta fatica a cicatrizzarsi, soprattutto se affronti questa fatica da sola.

Kaori: – Ryo ha ucciso il primo uomo che era molto più giovane di te…

Ryo: – … e solo da una decina d’anni sono riuscito a liberarmi del suo fantasma. E se non fosse stato per tua madre, a quest’ora sarei ancora in preda ai rimorsi.

Kaori: – Stai tranquilla che ti staremo vicini finchè non l’avrai superato, e anche dopo.

Mary li guardò, un po’ tranquillizzata dalle loro parole.

Mary: – Mamma, ho avuto tanta paura…

Kaori: – Lo so, tesoro. Anche io e papà…

Mary: – Papà? Pensavo che non avesse paura di niente…

Ryo: – Stellina, non sono un superuomo. Anche io ho avuto paura di perderti.

Mary li abbracciò, sorridente.

Mary: – Mamma, papà, vi voglio tanto bene!

 

Qualche giorno dopo, al Cat’s Eye.

Erano tutti al locale, per passare un po’ di tempo insieme.

Mary era al piano di sopra, nell’appartamento di Miki, assieme a Mikako, la sua migliore amica. Si erano rifuggiate lì per stare un po’ in pace e per chiacchierare tranquille.

Avevano la radio accesa. Il radiocronista aveva appena dato la notizia del ritrovamento del cadavere di Erik Nakura, colpito da sei proiettili, tutti colpi mortali: per ucciderlo ne sarebbe bastato uno, ma il suo assassino probabilmente voleva essere sicuro che fosse morto, il suo assassino era sicuramente un cecchino. Non era stato detto dove lo avevano trovato, per motivi di sicurezza.

Mikako: – Certo che è proprio strano… chissà chi è stato…

Mary: – Chiunque sia stato, non ha fatto un gran danno, anzi ha fatto un piacere all’umanità!

Mikako: – Hai ragione! Gente così perfida non dovrebbe esistere. Rubare l’innocenza a un bambino è già la cosa più crudele del mondo, figuriamoci se quel bambino è la propria figlia… Ma credo che ora, ovunque sia, dato che è scomparsa 8 anni fa, Yoko Nakura vivrà più tranquilla. Tu dove pensi che sia ora? Alla tv avevano detto che viveva a Shinjuku, da piccola…

Mary: – Non lo so… ma si dice che prima del processo sia stata affidata a City Hunter… (lo sa eccome!!! Ma non può mica dire apertamente che lei è parte di City Hunter…)

Mikako: – Il Mitico City Hunter!

Mikako aveva una vera venerazione per la coppia di sweepers, anche se non si conoscevano le loro vere identità, e invidiava l’amica, perché viveva nel loro stesso quartiere. Era un altro membro del City Hunter Fan Club, assieme a Mary (che però conosceva le loro vere identità, dato che ne era la figlia, anche se nessuno lo sapeva… NdA).

Mary: – Già. Può darsi che sia rimasta con loro… lo sai cosa si dice in giro, negli ultimi due anni?

Mikako: – No. Cosa?

Mary: – Che, oltre alla coppia, si sia unita a loro una terza persona, una ragazza della nostra età, e si dice che sia la loro figlia. Può darsi che sia lei. C’è chi dice che i due si siano sposati, perché qualcuno ha visto le fedi alle loro mani, e inoltre, a volte, pare che la donna fosse incinta, quando si faceva vedere. (è troppo forte Mary che fa finta di non essere chi è veramente, e che trasforma le cose che conosce in prima persona in leggende e dicerie metropolitane, facendo finta di non sapere nulla… NdA)

Mikako: – Peccato che siano solo dicerie di quartiere, delle leggende metropolitane…

Mary: – Tutte le leggende hanno un fondo di verità! – Disse, con un sorrisetto furbo, ma senza farlo vedere all’amica.

Dopo un po’ la ragazza si alzò e prese un CD dalla mensola del salotto dei baristi. Guardò un attimo la copertina, poi si girò verso l’amica e le chiese:

Mary: – Mikako, ti piace la musica italiana?

Mikako: – Sì, Mary. Molto!

Mary: – Conosci un po’ di italiano?

Mikako: – Sì, abbastanza.

Mary: – In questo vecchio CD di mia zia c’è una canzone, che 10 anni fa era molto famosa. Fino a poco tempo fa non riuscivo mai ad ascoltarla per intero, ma qualche giorno fa è successa una cosa che mi ha fatto cambiare. Credo che questa canzone, all’inizio, descriva perfettamente ciò che la piccola Yoko avrà provato da bambina…

Inserì il CD nello stereo e lo accese.

Mary...è andata via l'hanno vista piangere correva nel buio di una ferrovia notti di sirene in quella periferia si dice che di tutti noi ha un po' nostalgia ma lei se ne è andata Mary....

Si sente sola Mary ora ha paura Mary l'ho vista piangere poi chidere una risposta al cielo Mary e ora il suo sguardo non mente ha gli occhi di chi nasconde alla gente gli abusi osceni del padre ma non vuol parlarne Mary e cela i suoi dolori in un foglio del diario che ora ha tra le mani e guardando vecchie foto chiede aiuto ad una preghiera sui polsi i segni di quegli anni chiusi in una galera la madre che sa tutto e resta zitta ora il suo volto porta i segni di una nuova sconfitta e l'ho vista girar per la città senza una meta dentro lo zaino i ricordi che le han sporcato la vita tradita da chi l'ha messa al Mondo e in secondo sul suo corpo i segni di un padre che per Mary adesso è morto è stanca Mary non ha più lacrime ed ora chiede al destino un sorriso

chiuso in un sogno la sera ma....

dicono che Mary se n'è andata via l'hanno vista piangere correva nel buio di una ferrovia sanno che scappava notti di sirene in quella periferia non bastava correre si dice che di noi tutti abbia un po' nostalgia ma lei se n'è andata MARY CHE CAMMINA SU SENTIERI PIù SCURI STAI CERCANDO SORRISI SINCERI OLTRE I MURI DI QUESTA CITTà OH MARY CAMMINANDO SU SENTIERI PIù SCURI SUL DIARIO SEGRETO SCRIVEVI quella bestia non è mio papà ora ripenso a quando mi parlavi in lacrime dicevi questa vita non la cambio ma ci sto provando sto pregando ma sembra inutile e abbracciandomi dicesti tornerò....

hey guarda c'è Mary è tornata in stazione sai stringe la mano a due persone il suo bel viso ha cambiato espressione senza più gocce di dolore ora la bacia il sole bacia il suo uomo e la bimba nata dal suo vero amore con quel suo sorriso che da senso a tutto il resto protetto da un mondo sporco che ha scoperto troppo presto ha un'anima ferita un'innocenza rubata sa che è la vita non una fiaba ma ora Mary è tornata una fata cammina lenta ma sembra che sia contenta, attenta una sfida eterna aspetta ma non la spaventa era altrove e suo padre ora ha smesso di vivere Mary fissa la sua lapide versare lacrime è impossibile

Si chiedono ma è Mary quella in fondo alla via??è riuscita a crescere tornata con il giorno in quella ferrovia fresca di rugiada parla di sè Mary senza nostalgia stanza ormai di piangere lei sa quanto dura questa vita sia ma lei l'ha cambiata Mary camminando su sentieri più scuri hai trovato sorrisi sinceri oltre i muri di questa città oh Mary camminavi su sentieri più scuri sul diario segreto scrivevi quella bestia non è mio papà...

Nel frattempo che le due ragazze ascoltavano la canzone, erano entrati nella stanza Ryo e Kaori, il primo con Yami in braccio, che giocherellava con il cicciotto. Erano saliti a vedere cosa stessero facendo, e per invitare Mikako a bere un tè con loro, ma vedendole assorte ad ascoltare il CD, si sedettero sul divano, accanto alla figlia.

Entrambi conoscevano bene quella canzone, e sapevano che la straordinaria somiglianza tra la storia della canzone e l’infanzia della ragazza avrebbe mandato a breve in crisi la figlia. Kaori la abbracciò, mentre Ryo le mise una mano sulla spalla; si aspettavano un pianto, che questa volta non arrivò: l’esperienza di qualche giorno prima l’aveva cambiata, rendendola più forte. Mary sorrise, e disse:

Mary: – È tutto finito, mamma. Ora non ho più paura di Erik, perché non può più farmi del male.

Mikako assisteva alla scena: aveva capito tutto. Sorrise:

Mikako: – Yoko, hai trovato una famiglia fantastica!

Mary: – Non chiamarmi con quel nome: è dal giorno in cui sono stata adottata che non voglio più essere chiamata così, neanche da chi mi conosce da prima dell’adozione, cioè i miei genitori e gli zii.

Mikako: – Va bene, Mary. – poi guardò la coppia. Ryo si era irrigidito, dopo le parole della figlia – Signor Ryo, signora Kaori, tranquillizzatevi: sia l’identità di vostra figlia che la vostra sono al sicuro. Non potrei mai rivelare l’identità di City Hunter, e mettere così in pericolo il mio idolo e la sua famiglia.

Kaory: – Grazie, Mikako.

Ryo: – Sei una brava ragazza, Mikako. Ora andiamo di sotto. Zia Miki ha preparato il tè per tutti, e ci sta aspettando!

Si alzarono e, sorridenti, scesero al bar.

 

FINE

 

Finalmente è terminata!

Forse come finale non è gran chè, e avrei potuto benissimo terminarlo alla sezione prima di questa, con lo scampato pericolo e il ritorno a casa, ma volevo inserire la canzone che mi ha ispirato la ff, e che mi ha dato lo spunto per il nuovo nome della bambina.

Ho una mezza intenzione di fare una continuazione, perché, anche se a prima vista non sembra, ho lasciato in sospeso un piccolo particolare: come ha fatto Erik a rintracciare la ragazza, nonostante lei abbia cambiato nome?

Ora ci penserò a scriverla, naturalmente esami permettendo!

Ringrazio tutti quanti per aver letto e recensito la storia.

Un altro ringraziamento va ai prof di chimica organica, sostanze organiche naturali e materiali inorganici: se le loro lezioni non fossero state così noiose, forse l’ispirazione non mi sarebbe venuta…

Forse l’ispirazione sarà anche dovuta al fatto che lo stabile dell’università dove vado io, è lo stesso identico stabile dove ha studiato e si è laureato uno dei più importanti scrittori moderni, (sarebbe Primo Levi…), e probabilmente il suo spirito mi ha guidato… No, dai, sto scherzando!

Comunque l’ho riletta per intero, e a volte mi stupisco di come ho fatto a scrivere un “capolavoro” del genere… non sembra neanche mia…

Vabbè! Ciao ciao! Alla prossima!

katyjolinar

   
 
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