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Autore: Nina Ninetta    26/09/2024    5 recensioni
Anita è una studentessa di 16 anni che vive un profondo disagio sociale e se ne sta fin troppo spesso per conto proprio. Completamente sola, all’inizio del terzo anno, si trasforma nella vittima perfetta di un gruppetto di bulli che la vessa con dispetti e insulti di ogni genere. Il peggiore fra tutti, secondo Anita, è Stefano: un ragazzo scaltro e intelligente che sa usare fin troppo bene le parole, cosa in cui anche lei è brava! Qualsiasi altra persona, al posto di Anita, si sarebbe lasciata avvilire da questa situazione, ma non lei, poiché non si sente affatto sola, c’è il suo migliore amico a darle man forte: ȾhunderWhite! Un ragazzo con cui chatta ormai da tempo e che ha conosciuto in rete, su un sito per giovani scrittori come lo sono loro! Sebbene vivano nella stessa città, Torino, non si sono mai incontrati di persona, fin quando ȾhunderWhite non sente il desiderio di vederla dal vivo...
Questa storia partecipava alla challenge “Gruppo di scrittura!” indetta da Severa Crouch sul forum “Writing Games - Ferisce più la penna”
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Ȼapitolo Ⱦrenta

Dopo Madrid”



Alessia spalancò la porta della camera di Anita con la sua solita energia.
«Alzati, muoviti!» Le ordinò, sollevando la vecchia persiana di plastica che si arrotolò con uno sferragliare disturbante. Il raggi luminosi di metà giugno sferzarono la penombra nella quale la stanza era stata immersa fino a quel momento, prima che la più giovane delle Lentini vi portasse aria e luce. Proprio quest'ultima si mise le mani sui fianchi e rimase pochi secondi ad aspettare un qualsiasi cenno di vita da parte della sorella maggiore, la quale se ne stava nascosta sotto le coperte – nonostante fosse già estate – fingendosi morta.
«Anita, devi alzarti!» Alessia provò a scoprirla, ma trovò l'ardua resistenza dell'altra.
«Oggi Stefano parte», fu il lamento che si levò da uno spiraglio tra lei e le lenzuola. I singhiozzi le strozzarono la voce in gola e riprese a piangere, dopo aver trascorso una notte a non fare altro. Si era addormentata all'improvviso, senza neanche rendersene conto, più per la stanchezza che sonno vero.


Dopo la gita a Madrid, i due mesi che li separavano dall'inevitabile partenza di Stefano per l'America erano praticamente volati. Di comune accordo, avevano deciso di tenere nascosta la loro storia ai compagni di scuola. A dire il vero, era stata la stessa Anita a chiedere a Stefano di non renderla pubblica, preferiva rimanere nell'ombra, restare la solita Anita Lentini, introversa e solitaria. Si sarebbero goduti la loro relazione in gran segreto, fingendo di non sopportarsi come avevano sempre fatto.
Non l'avrebbero ammesso l'uno all'altra, ma questo doppio gioco li eccitava e divertiva in modo particolare. Quando capitava che si scontrassero nei corridoi della scuola, attenti che nessuno fosse nei paraggi, Stefano la trascinava in un angolo remoto della rampa di scale e le rubava qualche bacio fugace, dandosi appuntamento nel pomeriggio per studiare insieme. E, in effetti, studiavano davvero, tanto che i loro voti a scuola non erano mai stati così alti: essendo entrambi già molto bravi, stimolarsi a vicenda dal punto di vista didattico diede i suoi frutti. In classe facevano sembrare tutto come una gara: le interrogazioni, i compiti scritti, le alzate di mano per rispondere alle domande poste dai professori.
Ovviamente, dopo il dovere non mancava mai il piacere. Stefano aveva avuto ragione: dopo le prime volte, per Anita quel momento intimo era diventato una letizia totalizzante. Eppure, gli attimi che preferiva venivano dopo, quando restavano abbracciati sotto la coperta, a chiacchierare del più e del meno, a fantasticare su un futuro insieme che – probabilmente – non si sarebbe mai avverato; magari mentre fuori pioveva e dentro il mondo sembrava perfetto.
Si erano trasformati in Ⱦhunder e Storm senza neanche accorgersene.


Quando a fine maggio si era tenuta la festa di fine anno scolastico per salutare gli alunni dell'istituto Ferraris che quell'anno si sarebbero diplomati, Stefano Parisi aveva stupito tutti (o quasi...) invitandola a ballare con lui.
Anita se ne stava in piedi, puntellandosi con una spalla contro il muro della palestra – il luogo prescelto che ogni anno veniva allestito per ospitare la cerimonia di saluto –, in compagnia di Barbara e Giulia. Le due amiche stavano discutendo fra loro riguardo a un episodio di una serie tv in voga fra gli adolescenti in quel periodo, ma Anita aveva la testa da un'altra parte. Lei aveva sempre la testa da un'altra parte... per questo motivo, quando Stefano le si era piazzato davanti con il suo metro e ottanta di altezza, allungadole una mano, lei era letteralmente caduta dalle nuvole.
«(Che stai facendo?)» Gli aveva sussurrato fra i denti, lanciando occhiate di sottecchi a Barbie e Giulia, le quali avevano smesso di parlottare fra loro e stavano osservando la scena a bocca aperta. Anche altri ragazzi della loro classe avevano interrorro ciò che stavano facendo per capire cosa stesse succedendo.
Che Stefano Parisi avesse in serbo un ultimo scherzo per la malcapitata Anita Lentini?
«Ti sto invitando a ballare», era stata la semplice risposta di lui, come se fosse la cosa più naturale del mondo, dopo anni di screzi agli occhi dei presenti.
«(Ci vedranno tutti)», Anita aveva preso a torturarsi le mani.
«E allora? È solo un ballo, Lentini!» Stefano l'aveva presa il polso e scollata dal muro della scuola.
«Stefano!» La voce di Barbara Scala era echeggiata dura e severa, con una chiaro biasimo nel tono. Lui l'aveva guardata mentre la sua ex scuoteva la testa, a ordinargli di non farlo.
«Pensa per te, Barbie!»
Barbara Scala strinse i pugni. Era gelosia quella che provava? Davvero temeva che fra quei due potesse nascere qualcosa? E a che pro, visto che Stefano fra una quindicina di giorni sarebbe salito su un aereo che l'avrebbe portato dall'altra parte dell'oceano? Ciò nonostante, aveva trascorso gli ultimi mesi a osservarli e sebbene continuassero a battibeccare, i loro litigi erano cambiati, a volte ricordavano i bisticci fra innamorati.
«E tu accetti anche? Dopo tutto quello che ti ha fatto e detto?» Barbara aveva cambiato interlocutrice, chianando il capo per rivolgersi direttamente ad Anita. Quest'ultima aveva voltato la testa, cosa avrebbe dovuto dire? Confessare la loro relazione? In fondo, Stefano non si era mai detto contrario a quell'eventualità. Le aveva spiegato i motivi che all'inizio l'avevano convinto a non rivelare agli altri di loro due: l'aveva fatto per difenderla. E, alla fine, Anita si era persuasa che fosse la scelta migliore.
Ma adesso?
Mentre pensava a tutte quelle cose, Stefano aveva già preso in mano le redini della situazione: senza lasciarla andare – la stretta dal polso era scesa fino alla mano – si era accostato a Barbara, parlandole a una spanna dal viso, in modo che gli altri non sentissero, dicendole che anche loro avrebbero potuto ballare insieme se avessero voluto. Aveva guardato Giulia, accennando un sorrisetto sghembo:
«Nessuno sospetterebbe di voi due. Siamo a una festa, un po' brilli... abbiamo tutti il diritto di divertirci.»
Giulia Mazza per poco non era saltata al collo di Stefano, pronta a sbranarlo, ma Barbara era stata più veloce di lei e l'aveva fermata, senza distogliere lo sguardo da quello irriverente del compagno di classe. Si erano guardati qualche altro secondo ancora, poi lui aveva augurato loro buon proseguimento di serata e con Anita si erano allontanati.
«Quelle due stanno insieme?» Gli aveva chiesto quest'ultima, mentre si muovevano verso il centro della pista.
«Sì, non te ne eri accorta?»
«Ma... insieme insieme
Stefano le aveva fatto fare un mezzo giro per trovarsela di fronte e passarle le mani sui fianchi, lei intanto aveva alzato le braccia per intrecciargli le mani dietro la nuca.
«Insieme insieme» aveva ripetuto lui, sorridendole.
«Wow!» Era stata l'affermazione finale di Anita, poi si erano goduti la serata, non come una coppia, ma come amici di vecchia data.
«Da quando Stefano e la Lentini sono così in confidenza?» Si era chiesto Mirko ad alta voce, osservando l'amico ridere e ballare con Anita. Fabio non aveva risposto. «Sembrano una coppietta» era stato il commento finale.


Da quella sera erano trascorse circa due settimane, la scuola era finita e la partenza di Stefano si era avvicinata inesorabile. Il ragazzo aveva provato a convincere i suoi genitori a lasciargli finire l'ultimo anno di scuola superiore lì, a Torino, promettendo ad entrambi che avrebbe raggiunto la madre in America dopo il diploma. Quando oramai sarebbe stato maggiorenne e quindi avrebbe potuto tranquillamente essere padrone di se stesso.
Sua madre gli aveva risposto di chiedere a suo padre se avesse cinque minuti della sua vita da dedicargli, preso com'era dai figli avuti da quella schifosa.
«Non posso restare a casa con Carmensita?» Aveva chiesto il ragazzo, speranzoso.
«No, perché lei si trasferirà a Milano dalla sorella che le ha già trovato un nuovo impiego.» Era stata la risposta della dottoressa Parisi, mentre sfogliava una rivista di gossip comodamente seduta nel sofà della camera da pranzo, fingendosi interessata agli utlimi flirt dei VIP.
Senza perdersi d'animo, Stefano aveva domandato a suo padre di pranzare insieme in un ristorantino del centro storico, sperando di intenerirlo e spingerlo a occuparsi di lui almeno per i prossimi mesi. Ma l'uomo era già arrivato all'appuntamento trafelato e portandosi dietro il più piccolo dei figli, una vera peste di quattro o forse cinque anni. O ne aveva già compiuti sei? Stefano non se lo ricordava. Gli aveva così avanzato la proposta di andare a vivere a casa sua fino al diploma, poi sarebbe partito per l'America (aveva mentito).
«Ne abbiamo già discusso, Stefano, devi stare con tua madre. Lucas, vieni qui!» L'uomo si era alzato per andare a recuperare il bambino, quindi era tornato al tavolo con il piccolo in braccio.
«Mi cercherò un lavoro, non graverò sulle spese, potrei anche fittarmi una stanza, come uno studente universitario, ho solo bisogno che tu dica a mamma che posso stare con te!»
«I soldi non sono un problema, lo sai. Non è quello...»
«E allora cos'è?» Stefano aveva iniziato a spazientirsi. Quello aveva scosso il capo, non avendo una vera risposta da dargli. «Papà, ti prego! Ho una ragazza, non voglio lasciarla!» Ecco, l'aveva detto! Alla fine aveva scoperto le carte in tavola e si era giocato il tutto per tutto. Sotto al tavolo aveva stretto i pugni, in attesa che lui capisse e comprendesse il proprio bisogno di restare a Torino.
Invece, il padre aveva abbozzato un sorrisetto cinico, mentre imboccava il figlio piccolo e gli puliva il muso sporco:
«Le ragazze vanno e vengono, sai quante ne avrai? Si cambiano le mogli...»
Stefano a quel punto aveva spinto indietro la sedia, facendola strusciare sul pavimeno di linoleum del locale. Restare anche solo altri cinque minuti con quell'uomo era inutile e controproducente.
«Un vero esempio di uomo da seguire, complimenti!»
Suo padre l'aveva osservato stranito, mentre Stefano si alzava.
«Dove vai?» Gli aveva chiesto.
«Lontano.»
«Ma non hai neanche finito l'antipasto!»
«I soldi non sono un problema, no?»
Uscito dal locale, il ragazzo si era acceso una sigaretta e aveva preso a camminare senza una meta per le vie della città. Aveva accettato il suo destino da tempo, da quando sua madre gli aveva riferito che a giugno si sarebbero trasferiti in America. L'ospedale in cui sarebbe andata a lavorare avrebbe voluto che fosse lì già a inizio anno, ma lei era riuscita a convincerli di prorogare l'inizio del contratto ai primi di luglio: non avrebbe permesso che suo figlio interrompesse l'anno scolastico a metà. Se si fosse trasferito a gennaio, tuttavia, sarebbe stato più facile per lui lasciare la sua città, i suoi amici, tutti...
Cosa rendeva quella separazione più dolorosa, adesso? Anita Lentini, ovviamente.
StormWhite,la sua tempesta bianca.
Le labbra gli si distesero in un sorriso dolce mentre pensava a lei, come gli accadeva sempre, ma lui non lo sapeva, era un riflesso incondizionato quello.
Passeggiò fino a raggiungere Piazza Castello, comprò un classico da una libreria storica da regalare ad Anita, senza considerare che quella sarebbe stata per lui l'ultima camminata in solitaria per le strade della sua città natale. Se ne sarebbe reso conto solo quando avrebbe osservato il cielo biancastro al di sopra delle nuvole, diretto in un Paese del tutto estraneo, sforzandosi invano di non commuoversi. Sua madre, seduta accanto a lui, avrebbe intrecciato le loro dita, evitando di parlare.


Alessia strappò letteralmente le coperte dal corpo di Anita, rannicchiata sotto di esse. Le ordinò di alzarsi, di vestirsi, di sciacquarsi il viso dalle lacrime, di mettere su un po' di colore con il fondotinta e il fard. In parole povere, a rendersi presentabile.
«A che cosa serve?!» Piagnucolò la maggiore delle due, mentre l'altra le cercava degli abiti decenti da farle indossare.
«Fabio passerà a prenderti fra dieci minuti. Quindici al massimo.»
«Per fare cosa, scusa?» Anita attizzò le orecchie, improvvisamente vigile.
«Per andare in aereoporto a salutare Stefano.» Alessia le sorrise, posandole in grembo uno shorts di jeans e una T-shirt bianca con dei fiori stampati sul petto. «Dai, muoviti!» La incitò e questa volta Anita non se lo fece ripetere due volte.


 
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Heilà!
Lo so, sono in ritardo di una settimana!
E mi dispiace tantissimo, poiché siamo proprio alle battute finali e non è da me non mantenere la parola data. Ma settembre si è dimostrato pesantuccio come al solito, non cose brutte, ma impegnative si :)
Non vi rubo altro tempo, e questa volta non vi darò alcun appuntamento, spero di riuscire a pubblicare se non fine settimana prossima, almeno entro la seconda di ottobre. 

Grazie per la comprensione e per essere qui, come sempre <3

Nina^^






 
  
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