Il Guardiano
Van era riuscito a prevedere cosa sarebbe successo un istante prima che quel colpo venisse sparato, gettandosi così su Alys e trascinando entrambi per terra, e fu un bene, visto che quel colpo distrusse la parete della grotta, che crollò emettendo un suono orribile. Se c’erano Rockeal nei paraggi, era alquanto impensabile che non li avesse sentiti nessuno.
Con la coda dell’occhio vide Sjel afferrare Argenthea e portarsi contro una delle pareti di roccia, lasciandola dietro il masso. Bene così.
Non molto bene il fatto che l’ingresso era letteralmente crollato davanti ai loro occhi, bloccando ogni via d’uscita, ad eccezione di un piccolo spiraglio in alto che a malapena faceva entrare luce.
«Merda» Imprecò. Come avrebbero fatto gli altri ad andarsene?
Sentì Alys sotto di lui alzare la testa e chiedere: «Cosa diamine è?!» Ma non sentì bene il resto, visto che il cuore gli martellava nelle orecchie così forte da sovrastare ogni altro suono.
Si alzò da Alys, e aiutò lei a sua volta a tirarsi su, tenendo gli occhi ben puntati su quell’affare. E così ebbe modo di studiarlo per bene: quella che a prima vista gli era sembrata una roccia un po’ liscia in realtà era metallo, un metallo scuro e lucente, che gli ricordava l’acciaio quando veniva lasciato troppo al sole. Era stato un idiota a non accorgersene prima, lui che lavorava al porto!
Al tempo stesso, però, sapeva che quella roba non era acciaio, ma sinceramente in quel momento non aveva voglia di pensare a che cosa potesse essere, non con un affare del genere a tentare di fargli il culo.
Su quel metallo, le venature violacee partivano dalla grande apertura simile ad un occhio viola, per poi diramarsi lungo tutta quella superficie sferica, e in quel momento apparivano più smorte e spente, rispetto a qualche secondo prima.
Ma non ebbe il tempo di pensare a cosa potesse significare quell’ultimo dettaglio, perché quella cosa si puntò sulle sue zampe di ragno, ed emettendo un suono orrido, ne sollevò una che, simile ad una frusta, scattò verso di lui.
Fece appena in tempo a spingere Alys di nuovo via dalla traiettoria e a saltare indietro, che quella specie di tentacolo si abbatté al suolo, provocando uno squarcio. Vanyan non fece nemmeno in tempo a pensare di averla scampata, che una seconda zampa si mosse, di nuovo, costringendolo a saltare per mettersi fuori tiro. Quella seconda volta non fu così fortunato: sentì un rumore di stoffa che si strappava, e una sensazione umida alla coscia, laddove il sangue caldo aveva iniziato a scorrere, macchiandogli i pantaloni.
Prima ancora di rendersi conto per bene della cosa, una terza frusta lo prese in pieno, nell’addome, e la botta fu così forte da togliergli il fiato, e fargli a malapena notare di essere stato scaraventato contro la parete della grotta, neanche fosse un pallone con cui giocavano dei bambini. Nelle orecchie gli giunse l’urlo di Alys, forse lo stava chiamando, ma non ne era sicuro.
Decisamente stava andando tutto troppo veloce.
Strinse i muscoli più che poté per attutire l’impatto, ma, nonostante ciò, sentì l’urto riverberargli fin dentro le ossa, e nel cranio. Crollò in ginocchio, rimettendo una bile giallastra sul pavimento. Aveva la vista sfuocata, i suoni che gli arrivavano ovattati, eppure non sentiva dolore, cosa che non sapeva fosse buona o no.
Alzò a malapena la testa verso quella roba, il cui occhio stava diventando di nuovo luminoso, proprio come prima. Van ansimò, rendendosi conto di non avere abbastanza coordinazione per saltare via, in quel momento, e il colpo fu sparato verso di lui… per poi venire deviato da uno scudo di ghiaccio che Alys, saltatagli davanti, aveva creato.
Il colpo si infranse contro il tetto di roccia, con un rumore spaventoso: polvere e pezzi di roccia piovvero dall’altro, finendogli tra i capelli, e qualcuno gli fece anche un taglio sulle mani, anche se quantomeno era ancora vivo.
Van approfittò di quel momento di pausa per rialzarsi di scatto, pulirsi la bocca, e riprendere fiato in vista del nuovo incontro contro quel coso.
«A noi due, bestione del cazzo» Disse.
La zampa-tentacolo scattò di nuovo, ma stavolta era pronto: si gettò per terra, sentendo la ghiaia pungergli la schiena, e poi si rialzò, anche più agguerrito e pronto di prima.
«Alys» Disse all’Iceal vicino a lui: «Ho capito una cosa» E schivò un secondo attacco di quel tentacolo.
«Quel coso non può sparare il suo raggio di continuo, ha bisogno di una pausa. E durante quella pausa attacca con quelle fruste. Se riusciamo a mozzargli quegli affari, avremo più campo libero»
«Idea geniale» Commentò lei, non senza una punta di sarcasmo: «Però dobbiamo arrivare, a quelle zampe»
Le rivolse un mezzo sorriso: «A questo ci penso io» Disse, e si gettò in mezzo ai tentacoli.
Ad Alys non l’aveva detto, ma aveva un dubbio: come faceva quella cosa a sapere esattamente dove si trovava lui? C’era qualcuno che lo manovrava? Era un burattino tenuto in piedi da qualche strano potere? Se fosse stato così, si sarebbe trattato di qualcosa che Vanyan non conosceva.
Ma poi si disse che non poteva esserci qualcuno di umano, dato che stava attaccando solo lui, e nemmeno considerava Alys, Argenthea o Sjel; quindi, a quel punto doveva per forza star seguendo una cosa, una traccia…
Poi comprese: «ALYS! È IL CALORE!» Gridò, afferrando una di quelle zampe, dandosi lo slancio, e atterrando davanti al mostro.
Doveva essere per forza così: il corpo di un Fireal è più caldo del normale, in più stava saltando per tutta la grotta.
Scattò rapido sui piedi, muovendosi fuori dalla portata dei colpi, e lanciando una fiammata contro il bestione. Fiammata che non ebbe nessun effetto. Merda, era resistente al calore.
L’unica soluzione era fare come gli avevano insegnato all’Accademia: non stare mai realmente fermo, confondere l’avversario, e tenersi sempre pronto. Era stanco, ma non aveva altra scelta, se voleva cavarsela.
Cercava di guardare quel gigantesco occhio davanti a sé: viola, profondo, coperto da uno strato di velo liquido, traslucido, nemmeno si trattasse di un occhio vero.
Un occhio vero…
Di colpo, gli venne un’idea. Folle, ma poteva funzionare.
Da lontano, gli giunse la voce di Alys: «Van, cosa fai? Vattene via da lì!» Stava urlando, ma Vanyan fece finta di non sentirla. Con quell’idea in testa, niente poteva fermarlo.
… Si accorse troppo tardi del tentacolo, e stavolta, nonostante fosse saltato via per evitare di farsi sfondare l’addome, lo prese al fianco destro. Il sangue schizzò sulla nuda pietra, con forza, ma ancora una volta il ragazzo non sentì nulla.
Qualunque forza lo stesse tenendo in piedi, la ringraziò, e cercò di approfittarne per quanto possibile. Sapeva non sarebbe durato a lungo.
Quando il secondo colpo arrivò, non si fece cogliere impreparato: corse più velocemente che poté contro la parete di roccia, e la usò come appoggio per darsi la spinta e saltare, per poi atterrare sulle mani su di un’altra roccia, e darsi di nuovo la spinta.
Era uno di quei trucchi che aveva imparato all’addestramento dell’Accademia, e ammetteva di essersi divertito a provarlo anche dopo che non ci era andato più.
Sfruttando la spinta, fece una rotazione a mezz’aria, poi, tenendo le dita ben tese dinanzi a sé, scagliò un getto di fuoco contro quel mostro, proprio nell’esatto momento in cui l’occhio si illuminava, pronto a sparare quel getto di energia un’altra volta, e lo centrò nell’occhio, stavolta usando un trucco appreso al Buco: “centrali negli occhi, e anche quelli più grossi vanno a terra.” E lì sotto funzionava, quasi sempre almeno.
E, per una buona dose di fortuna, funzionò anche quella volta: il mostro emise un verso terrificante, poi crollò all’indietro, colpito da rinculo del suo stesso colpo.
Poi, il ragazzo scattò come una molla, correndo dietro la roccia dove si erano nascosti Sjel, Alys e Argenthea. Fu proprio Alys a girarsi verso di lui: «Ma cosa ti è saltato in mente?! Potevi farti uccidere!» Sussurrò, carica di rabbia. Rabbia a cui lui rispose con una banale alzata di spalle: «Però ha funzionato»
Poi, prima che potesse ricominciare con la paternale, disse: «Ascoltate, quel coso è come un occhio. Se lo centriamo, deve ricominciare a caricare prima di sparare. Se lo rompiamo, abbiamo vinto»
«Dici bene, se lo rompiamo… Il che significa scansare quelle fruste, e agire in tempo» Controbatté Alys.
«Alys, sul serio, quando la smetterai di criticare quello che faccio?!» Stava iniziando ad esasperarsi.
«Quando la smetterai di proporre cose suicide!» Fu la risposta.
«Ragazzi, cerchiamo di non litigare» Sjel entrò nella conversazione: «Quell’affare si risolleverà da un momento all’altro» Per una volta, Van fu costretto a dargli ragione.
«Ascoltate un attimo» Riprese Vanyan, e quella volta catturò l’attenzione di tutti: «Qualunque cosa sia quella, una cosa è certa: riconosce il calore, ecco perché mi seguiva, e probabilmente nemmeno sa che siamo più di uno. Sfrutteremo questa sua debolezza per attaccarlo» Alys parve capire cosa intendesse: «No, non pensarci nemmeno!»
«Cosa?» Sjel, invece, pareva perplesso.
«Vuole fare da esca mentre noi attacchiamo quel coso. È follia!»
«Hai idee migliori?! Sono proprio curioso di saperle!» La sua pazienza era al limite, e quella bestia si stava rialzando, di nuovo.
«Anche io voglio partecipare!» S’intromise Argenthea, al che Vanyan rispose: «Non è un gioco da bambini, Argenthea!»
«E nemmeno da persone con istinti suicidi, Vanyan!»
«Io lo farei provare. Se lui ha preso quella botta ed è in grado di ragionare, magari riesce» Osservò Sjel, una mano sul mento.
Alys si girò verso di lui: «Non lo incoraggiare, Sjel!»
Vanyan si era stancato di stare ad ascoltare; saltò dalla roccia, e si trovò davanti al mostro, che si era rialzato e lo osservava, sbattendo quel grande occhio viola verso di lui. Lo vide illuminarsi, di nuovo, poi venire centrato con precisione da un coltello scagliato da un punto dietro di lui, e quindi ribaltarsi, esattamente come prima. Sjel comparve al suo fianco: tra le dita aveva altri due di quelli.
«Sei davvero pazzo come immaginavo…» Osservò lui, ridacchiando. Non sembrava realmente turbato dalla situazione.
Come Van aveva sospettato, quel coso non sembrava aver nemmeno visto Sjel, ma, una volta rialzatosi aveva ricominciato a puntare quel suo grande occhio viola contro di lui.
E quel che era peggio, quella volta era stato al tappeto per meno tempo, e se quel tempo avesse continuato ad accorciarsi, sarebbero stati problemi. Doveva tirarlo giù, e in fretta.
Quasi non si accorse del fatto che Alys era vicino a lui, reggendo una specie di bastone a due mani, interamente fatto di ghiaccio. Bastone che aveva entrambe le punte acuminate.
«Il tuo piano non mi piace per nulla, sappilo» Disse, lapidaria, eppure, Vanyan nonostante tutto le fu grato per avergli comunque dato retta.
Ma non aveva tempo di pensare a certe cose: sentiva il fiato corto, il fianco che gli pulsava a ritmo del cuore, e la testa stretta in una morsa.
Pur sapendo che una cosa del genere l’avrebbe lasciato a terra, rivestì di fuoco le sue mani, e le chiuse a pugno. Poi si lanciò contro il mostro, che fece a sua volta scattare i tentacoli contro di lui.
Per qualche istante, il mondo sembrò andare al rallentatore: riusciva a seguire perfettamente le traiettorie di quelle cose, e a centrarle.
Ma doveva fare attenzione, il dolore al fianco era atroce, sentiva i polmoni in fiamme, e il cuore era sul punto di scoppiare. La gamba, inoltre, era indebolita dalla ferita di poco prima, ma, nonostante ciò, provò a calciare un’appendice del mostro.
Il contraccolpo con il metallo fu così forte da mandargli brividi di dolore lungo la schiena, ma il ragazzo non si arrese, e percorse in poche falcate lo spazio che lo separava dalla grande testa sferica di quel mostro, per poi colpire quella superficie.
E fu in quel momento che si accorse che la testa, al contrario di quelle appendici, non era fatta di metallo, ma…
«OSSO DI DRAGO?! MA CHE CAZZO-!» Fece appena in tempo ad urlare, mentre le fiamme sulle sue mani si spegnevano, prima che un tentacolo lo centrasse nel mezzo del petto. Ma stavolta non fu sbattuto contro la roccia, bensì quell’appendice gli si avvolse intorno al torace, tenendolo stretto a sé. Vanyan imprecò mentalmente, sentendo esplodere il dolore delle ferite, il cuore gli martellava nel petto così forte da far schizzare sangue tutto intorno.
Osso di drago? Come facevano a creare un’intera macchina di osso di drago?!
Il problema vero era che non aveva tempo di pensarci, perché vide la luce illuminarsi sul fondo del grande occhio. In preda al panico, colpì ripetutamente con i pugni i tentacoli del mostro, salvo poi rendersi conto che era tutto inutile.
Sarebbe davvero morto lì? Era davvero quella la sua fine?
… No.
Vanyan non aveva intenzione di crepare in quel posto, e nemmeno di lasciare che quel mostro inseguisse Alys, Argenthea o Sjel.
Perché, lui ne era certo, una volta che fosse morto avrebbe puntato a loro.
Fu quell’ultima consapevolezza a fargli provare una rabbia come non ne aveva mai avuta prima; lui non poteva lasciarla vinta a quel mostro, e non avrebbe perso altre persone, non di nuovo.
Di colpo, sentì una scarica di energia attraversarlo da capo a piedi, e, preda di un istinto che nemmeno lui riusciva a spiegarsi, afferrò quelle appendici di metallo, e lingue di fuoco cominciarono ad apparire tra le sue mani.
Sentì, confusamente, la voce di Alys, la voce di quella ragazza che gli gridava qualcosa, ma lui non sentiva. Non sentiva più nulla, nemmeno il dolore. Nulla, a parte la sua rabbia. Una rabbia così intensa, che le fiamme dalle sue mani divennero bianche, poi blu, e illuminarono la grotta a giorno.
Grazie a ciò, il qualunque metallo fosse si sciolse, in resti fumanti sul pavimento della grotta, mentre Vanyan si gettava sul mostro.
Non sapeva bene dove avesse trovato di nuovo la sua energia, ma in quel momento non gli importava. Niente era importante, in realtà. Solo l’urgenza di spaccare qualunque cosa fosse quella.
Fu avvolto completamente da lingue di fuoco, e saltò, aggrappandosi a quella struttura di ossa di drago davanti a lui. La artigliò, con dita di acciaio, sentendo il nucleo illuminarsi e pulsare sotto di lui.
«FAMMI VEDERE CHE SAI FARE, BASTARDO!» Gli urlò, il sangue gli premeva nella testa, la luce del nucleo era accecante.
Avvolse le gambe attorno all’osso, tenendosi stretto, ed iniziò a prendere a pugni il nucleo. Alys gridò di nuovo, forse il suo nome, e stava urlando anche Argenthea, e anche Sjel, mentre colpiva il centro con una violenza sempre crescente, e a ogni colpo sentiva la sua rabbia aumentare.
Il fuoco sulle sue mani aveva ormai assunto una sfumatura violetta, mentre il nucleo pulsava sotto ogni colpo.
«Fammi vedere che sai fare! Fammelo vedere!» Ormai urlava come un ossesso.
Da ultimo, sollevò entrambe le mani verso l’alto: una fiamma comparve sui suoi palmi, anch’essa di colore blu, e la scagliò con tutte le forze verso il centro di quel nucleo. Il contraccolpo lo fece tremare fin dentro le ossa, ma fu utile: dopo un ultimo, disperato sfarfallio, la luce in fondo a quella cosa si spense di colpo, e il mostro crollò all’indietro, sulla nuda roccia.
Vanyan, ancora aggrappato, si ritrovò seduto su quella cosa ormai senza vita, ansimante.
Qualunque cosa gli avesse dato la forza di agire, ormai era sparita, estinta come le fiamme del ragazzo, senza più energie, che si accasciò e cadde all’indietro, venendo sorretto in tempo da Alys e Sjel.
Con la coda dell’occhio vide Sjel afferrare Argenthea e portarsi contro una delle pareti di roccia, lasciandola dietro il masso. Bene così.
Non molto bene il fatto che l’ingresso era letteralmente crollato davanti ai loro occhi, bloccando ogni via d’uscita, ad eccezione di un piccolo spiraglio in alto che a malapena faceva entrare luce.
«Merda» Imprecò. Come avrebbero fatto gli altri ad andarsene?
Sentì Alys sotto di lui alzare la testa e chiedere: «Cosa diamine è?!» Ma non sentì bene il resto, visto che il cuore gli martellava nelle orecchie così forte da sovrastare ogni altro suono.
Si alzò da Alys, e aiutò lei a sua volta a tirarsi su, tenendo gli occhi ben puntati su quell’affare. E così ebbe modo di studiarlo per bene: quella che a prima vista gli era sembrata una roccia un po’ liscia in realtà era metallo, un metallo scuro e lucente, che gli ricordava l’acciaio quando veniva lasciato troppo al sole. Era stato un idiota a non accorgersene prima, lui che lavorava al porto!
Al tempo stesso, però, sapeva che quella roba non era acciaio, ma sinceramente in quel momento non aveva voglia di pensare a che cosa potesse essere, non con un affare del genere a tentare di fargli il culo.
Su quel metallo, le venature violacee partivano dalla grande apertura simile ad un occhio viola, per poi diramarsi lungo tutta quella superficie sferica, e in quel momento apparivano più smorte e spente, rispetto a qualche secondo prima.
Ma non ebbe il tempo di pensare a cosa potesse significare quell’ultimo dettaglio, perché quella cosa si puntò sulle sue zampe di ragno, ed emettendo un suono orrido, ne sollevò una che, simile ad una frusta, scattò verso di lui.
Fece appena in tempo a spingere Alys di nuovo via dalla traiettoria e a saltare indietro, che quella specie di tentacolo si abbatté al suolo, provocando uno squarcio. Vanyan non fece nemmeno in tempo a pensare di averla scampata, che una seconda zampa si mosse, di nuovo, costringendolo a saltare per mettersi fuori tiro. Quella seconda volta non fu così fortunato: sentì un rumore di stoffa che si strappava, e una sensazione umida alla coscia, laddove il sangue caldo aveva iniziato a scorrere, macchiandogli i pantaloni.
Prima ancora di rendersi conto per bene della cosa, una terza frusta lo prese in pieno, nell’addome, e la botta fu così forte da togliergli il fiato, e fargli a malapena notare di essere stato scaraventato contro la parete della grotta, neanche fosse un pallone con cui giocavano dei bambini. Nelle orecchie gli giunse l’urlo di Alys, forse lo stava chiamando, ma non ne era sicuro.
Decisamente stava andando tutto troppo veloce.
Strinse i muscoli più che poté per attutire l’impatto, ma, nonostante ciò, sentì l’urto riverberargli fin dentro le ossa, e nel cranio. Crollò in ginocchio, rimettendo una bile giallastra sul pavimento. Aveva la vista sfuocata, i suoni che gli arrivavano ovattati, eppure non sentiva dolore, cosa che non sapeva fosse buona o no.
Alzò a malapena la testa verso quella roba, il cui occhio stava diventando di nuovo luminoso, proprio come prima. Van ansimò, rendendosi conto di non avere abbastanza coordinazione per saltare via, in quel momento, e il colpo fu sparato verso di lui… per poi venire deviato da uno scudo di ghiaccio che Alys, saltatagli davanti, aveva creato.
Il colpo si infranse contro il tetto di roccia, con un rumore spaventoso: polvere e pezzi di roccia piovvero dall’altro, finendogli tra i capelli, e qualcuno gli fece anche un taglio sulle mani, anche se quantomeno era ancora vivo.
Van approfittò di quel momento di pausa per rialzarsi di scatto, pulirsi la bocca, e riprendere fiato in vista del nuovo incontro contro quel coso.
«A noi due, bestione del cazzo» Disse.
La zampa-tentacolo scattò di nuovo, ma stavolta era pronto: si gettò per terra, sentendo la ghiaia pungergli la schiena, e poi si rialzò, anche più agguerrito e pronto di prima.
«Alys» Disse all’Iceal vicino a lui: «Ho capito una cosa» E schivò un secondo attacco di quel tentacolo.
«Quel coso non può sparare il suo raggio di continuo, ha bisogno di una pausa. E durante quella pausa attacca con quelle fruste. Se riusciamo a mozzargli quegli affari, avremo più campo libero»
«Idea geniale» Commentò lei, non senza una punta di sarcasmo: «Però dobbiamo arrivare, a quelle zampe»
Le rivolse un mezzo sorriso: «A questo ci penso io» Disse, e si gettò in mezzo ai tentacoli.
Ad Alys non l’aveva detto, ma aveva un dubbio: come faceva quella cosa a sapere esattamente dove si trovava lui? C’era qualcuno che lo manovrava? Era un burattino tenuto in piedi da qualche strano potere? Se fosse stato così, si sarebbe trattato di qualcosa che Vanyan non conosceva.
Ma poi si disse che non poteva esserci qualcuno di umano, dato che stava attaccando solo lui, e nemmeno considerava Alys, Argenthea o Sjel; quindi, a quel punto doveva per forza star seguendo una cosa, una traccia…
Poi comprese: «ALYS! È IL CALORE!» Gridò, afferrando una di quelle zampe, dandosi lo slancio, e atterrando davanti al mostro.
Doveva essere per forza così: il corpo di un Fireal è più caldo del normale, in più stava saltando per tutta la grotta.
Scattò rapido sui piedi, muovendosi fuori dalla portata dei colpi, e lanciando una fiammata contro il bestione. Fiammata che non ebbe nessun effetto. Merda, era resistente al calore.
L’unica soluzione era fare come gli avevano insegnato all’Accademia: non stare mai realmente fermo, confondere l’avversario, e tenersi sempre pronto. Era stanco, ma non aveva altra scelta, se voleva cavarsela.
Cercava di guardare quel gigantesco occhio davanti a sé: viola, profondo, coperto da uno strato di velo liquido, traslucido, nemmeno si trattasse di un occhio vero.
Un occhio vero…
Di colpo, gli venne un’idea. Folle, ma poteva funzionare.
Da lontano, gli giunse la voce di Alys: «Van, cosa fai? Vattene via da lì!» Stava urlando, ma Vanyan fece finta di non sentirla. Con quell’idea in testa, niente poteva fermarlo.
… Si accorse troppo tardi del tentacolo, e stavolta, nonostante fosse saltato via per evitare di farsi sfondare l’addome, lo prese al fianco destro. Il sangue schizzò sulla nuda pietra, con forza, ma ancora una volta il ragazzo non sentì nulla.
Qualunque forza lo stesse tenendo in piedi, la ringraziò, e cercò di approfittarne per quanto possibile. Sapeva non sarebbe durato a lungo.
Quando il secondo colpo arrivò, non si fece cogliere impreparato: corse più velocemente che poté contro la parete di roccia, e la usò come appoggio per darsi la spinta e saltare, per poi atterrare sulle mani su di un’altra roccia, e darsi di nuovo la spinta.
Era uno di quei trucchi che aveva imparato all’addestramento dell’Accademia, e ammetteva di essersi divertito a provarlo anche dopo che non ci era andato più.
Sfruttando la spinta, fece una rotazione a mezz’aria, poi, tenendo le dita ben tese dinanzi a sé, scagliò un getto di fuoco contro quel mostro, proprio nell’esatto momento in cui l’occhio si illuminava, pronto a sparare quel getto di energia un’altra volta, e lo centrò nell’occhio, stavolta usando un trucco appreso al Buco: “centrali negli occhi, e anche quelli più grossi vanno a terra.” E lì sotto funzionava, quasi sempre almeno.
E, per una buona dose di fortuna, funzionò anche quella volta: il mostro emise un verso terrificante, poi crollò all’indietro, colpito da rinculo del suo stesso colpo.
Poi, il ragazzo scattò come una molla, correndo dietro la roccia dove si erano nascosti Sjel, Alys e Argenthea. Fu proprio Alys a girarsi verso di lui: «Ma cosa ti è saltato in mente?! Potevi farti uccidere!» Sussurrò, carica di rabbia. Rabbia a cui lui rispose con una banale alzata di spalle: «Però ha funzionato»
Poi, prima che potesse ricominciare con la paternale, disse: «Ascoltate, quel coso è come un occhio. Se lo centriamo, deve ricominciare a caricare prima di sparare. Se lo rompiamo, abbiamo vinto»
«Dici bene, se lo rompiamo… Il che significa scansare quelle fruste, e agire in tempo» Controbatté Alys.
«Alys, sul serio, quando la smetterai di criticare quello che faccio?!» Stava iniziando ad esasperarsi.
«Quando la smetterai di proporre cose suicide!» Fu la risposta.
«Ragazzi, cerchiamo di non litigare» Sjel entrò nella conversazione: «Quell’affare si risolleverà da un momento all’altro» Per una volta, Van fu costretto a dargli ragione.
«Ascoltate un attimo» Riprese Vanyan, e quella volta catturò l’attenzione di tutti: «Qualunque cosa sia quella, una cosa è certa: riconosce il calore, ecco perché mi seguiva, e probabilmente nemmeno sa che siamo più di uno. Sfrutteremo questa sua debolezza per attaccarlo» Alys parve capire cosa intendesse: «No, non pensarci nemmeno!»
«Cosa?» Sjel, invece, pareva perplesso.
«Vuole fare da esca mentre noi attacchiamo quel coso. È follia!»
«Hai idee migliori?! Sono proprio curioso di saperle!» La sua pazienza era al limite, e quella bestia si stava rialzando, di nuovo.
«Anche io voglio partecipare!» S’intromise Argenthea, al che Vanyan rispose: «Non è un gioco da bambini, Argenthea!»
«E nemmeno da persone con istinti suicidi, Vanyan!»
«Io lo farei provare. Se lui ha preso quella botta ed è in grado di ragionare, magari riesce» Osservò Sjel, una mano sul mento.
Alys si girò verso di lui: «Non lo incoraggiare, Sjel!»
Vanyan si era stancato di stare ad ascoltare; saltò dalla roccia, e si trovò davanti al mostro, che si era rialzato e lo osservava, sbattendo quel grande occhio viola verso di lui. Lo vide illuminarsi, di nuovo, poi venire centrato con precisione da un coltello scagliato da un punto dietro di lui, e quindi ribaltarsi, esattamente come prima. Sjel comparve al suo fianco: tra le dita aveva altri due di quelli.
«Sei davvero pazzo come immaginavo…» Osservò lui, ridacchiando. Non sembrava realmente turbato dalla situazione.
Come Van aveva sospettato, quel coso non sembrava aver nemmeno visto Sjel, ma, una volta rialzatosi aveva ricominciato a puntare quel suo grande occhio viola contro di lui.
E quel che era peggio, quella volta era stato al tappeto per meno tempo, e se quel tempo avesse continuato ad accorciarsi, sarebbero stati problemi. Doveva tirarlo giù, e in fretta.
Quasi non si accorse del fatto che Alys era vicino a lui, reggendo una specie di bastone a due mani, interamente fatto di ghiaccio. Bastone che aveva entrambe le punte acuminate.
«Il tuo piano non mi piace per nulla, sappilo» Disse, lapidaria, eppure, Vanyan nonostante tutto le fu grato per avergli comunque dato retta.
Ma non aveva tempo di pensare a certe cose: sentiva il fiato corto, il fianco che gli pulsava a ritmo del cuore, e la testa stretta in una morsa.
Pur sapendo che una cosa del genere l’avrebbe lasciato a terra, rivestì di fuoco le sue mani, e le chiuse a pugno. Poi si lanciò contro il mostro, che fece a sua volta scattare i tentacoli contro di lui.
Per qualche istante, il mondo sembrò andare al rallentatore: riusciva a seguire perfettamente le traiettorie di quelle cose, e a centrarle.
Ma doveva fare attenzione, il dolore al fianco era atroce, sentiva i polmoni in fiamme, e il cuore era sul punto di scoppiare. La gamba, inoltre, era indebolita dalla ferita di poco prima, ma, nonostante ciò, provò a calciare un’appendice del mostro.
Il contraccolpo con il metallo fu così forte da mandargli brividi di dolore lungo la schiena, ma il ragazzo non si arrese, e percorse in poche falcate lo spazio che lo separava dalla grande testa sferica di quel mostro, per poi colpire quella superficie.
E fu in quel momento che si accorse che la testa, al contrario di quelle appendici, non era fatta di metallo, ma…
«OSSO DI DRAGO?! MA CHE CAZZO-!» Fece appena in tempo ad urlare, mentre le fiamme sulle sue mani si spegnevano, prima che un tentacolo lo centrasse nel mezzo del petto. Ma stavolta non fu sbattuto contro la roccia, bensì quell’appendice gli si avvolse intorno al torace, tenendolo stretto a sé. Vanyan imprecò mentalmente, sentendo esplodere il dolore delle ferite, il cuore gli martellava nel petto così forte da far schizzare sangue tutto intorno.
Osso di drago? Come facevano a creare un’intera macchina di osso di drago?!
Il problema vero era che non aveva tempo di pensarci, perché vide la luce illuminarsi sul fondo del grande occhio. In preda al panico, colpì ripetutamente con i pugni i tentacoli del mostro, salvo poi rendersi conto che era tutto inutile.
Sarebbe davvero morto lì? Era davvero quella la sua fine?
… No.
Vanyan non aveva intenzione di crepare in quel posto, e nemmeno di lasciare che quel mostro inseguisse Alys, Argenthea o Sjel.
Perché, lui ne era certo, una volta che fosse morto avrebbe puntato a loro.
Fu quell’ultima consapevolezza a fargli provare una rabbia come non ne aveva mai avuta prima; lui non poteva lasciarla vinta a quel mostro, e non avrebbe perso altre persone, non di nuovo.
Di colpo, sentì una scarica di energia attraversarlo da capo a piedi, e, preda di un istinto che nemmeno lui riusciva a spiegarsi, afferrò quelle appendici di metallo, e lingue di fuoco cominciarono ad apparire tra le sue mani.
Sentì, confusamente, la voce di Alys, la voce di quella ragazza che gli gridava qualcosa, ma lui non sentiva. Non sentiva più nulla, nemmeno il dolore. Nulla, a parte la sua rabbia. Una rabbia così intensa, che le fiamme dalle sue mani divennero bianche, poi blu, e illuminarono la grotta a giorno.
Grazie a ciò, il qualunque metallo fosse si sciolse, in resti fumanti sul pavimento della grotta, mentre Vanyan si gettava sul mostro.
Non sapeva bene dove avesse trovato di nuovo la sua energia, ma in quel momento non gli importava. Niente era importante, in realtà. Solo l’urgenza di spaccare qualunque cosa fosse quella.
Fu avvolto completamente da lingue di fuoco, e saltò, aggrappandosi a quella struttura di ossa di drago davanti a lui. La artigliò, con dita di acciaio, sentendo il nucleo illuminarsi e pulsare sotto di lui.
«FAMMI VEDERE CHE SAI FARE, BASTARDO!» Gli urlò, il sangue gli premeva nella testa, la luce del nucleo era accecante.
Avvolse le gambe attorno all’osso, tenendosi stretto, ed iniziò a prendere a pugni il nucleo. Alys gridò di nuovo, forse il suo nome, e stava urlando anche Argenthea, e anche Sjel, mentre colpiva il centro con una violenza sempre crescente, e a ogni colpo sentiva la sua rabbia aumentare.
Il fuoco sulle sue mani aveva ormai assunto una sfumatura violetta, mentre il nucleo pulsava sotto ogni colpo.
«Fammi vedere che sai fare! Fammelo vedere!» Ormai urlava come un ossesso.
Da ultimo, sollevò entrambe le mani verso l’alto: una fiamma comparve sui suoi palmi, anch’essa di colore blu, e la scagliò con tutte le forze verso il centro di quel nucleo. Il contraccolpo lo fece tremare fin dentro le ossa, ma fu utile: dopo un ultimo, disperato sfarfallio, la luce in fondo a quella cosa si spense di colpo, e il mostro crollò all’indietro, sulla nuda roccia.
Vanyan, ancora aggrappato, si ritrovò seduto su quella cosa ormai senza vita, ansimante.
Qualunque cosa gli avesse dato la forza di agire, ormai era sparita, estinta come le fiamme del ragazzo, senza più energie, che si accasciò e cadde all’indietro, venendo sorretto in tempo da Alys e Sjel.
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Alys aveva combattuto con ferocia, colpendo una delle braccia tentacolari con il bastone di ghiaccio, per deviare la loro traiettoria da Vanyan, quando aveva visto il mostro di metallo fermarsi, e aveva guardato il ragazzo dai capelli neri diventare una furia scatenata, qualcosa che nemmeno era più umano, generare fiamme di una temperatura che nemmeno credeva possibile per un Fireal e saltare sul mostro. Nemmeno il tempo di preoccuparsi e l’aveva visto colpire con ferocia il centro di quell’occhio, fino a quando l’essere non si era spento, crollando sul freddo pavimento con un fragore impressionante, poi Vanyan aveva spento le fiamme, perso le forze, si era accasciato all’indietro ed era scivolato giù.
Prima ancora di capire cosa stesse succedendo, si era precipitata a prendere il ragazzo, e ora lo teneva sdraiato e semicosciente. Anche Sjel era vicino a lui, sorreggendogli la testa, e per quanto Alys non nutrisse molta simpatia nei suoi confronti, lo lasciò fare.
Nessuna stupida antipatia contava in quel momento.
Anche Argenthea era corsa da lui, preoccupata, chiamando il suo nome, ma almeno anche lei stava bene.
Sembrava che Vanyan facesse sforzi immensi anche solo per respirare, almeno a giudicare da quanto si alzava il petto. La maglia di lana e i pantaloni, tutta roba che gli aveva dato Lord Shaffer, erano strappati e macchiati di sangue, e il sangue stesso continuava a scorrere dalle ferite per terra, simile ad uno strano rivolo color vino, e lì in mezzo c’erano le macchie scure dei lividi. I suoi capelli erano persino più disordinati del solito, e aveva il viso e gli occhi arrossati.
Chiedergli se si sentisse bene sarebbe stata una domanda oltremodo stupida: bastava guardarlo in faccia per capire che lo scontro contro quella dannata macchina di morte lo aveva prosciugato, molto più di quanto altri scontri non avessero fatto, ma, a prescindere da tutto, era un tipo veramente coriaceo, se era ancora vivo.
E poi, era un’altra la domanda che gli frullava ostinatamente nella testa: «Come hai fatto?» Gli chiese, ma in realtà sapeva che era una domanda stupida anche quella, e infatti il ragazzo, ansimando, disse: «Non… non lo s-so… So solo che… volevo f-farlo a pezzi…»
«E l’hai fatto, ma non dovevi esagerare così» Lo rimproverò Alys, anche se non duramente come avrebbe voluto.
«Guarda che posso… posso alzarmi» Riprese lui, anche se aveva il viso contratto in un’espressione sofferente. E, non appena riuscì a mettersi seduto, ebbe un conato e si portò una mano alla bocca, tossendo. Alys vide piccole strisce rosse comparire tra le sue dita nella penombra della caverna.
«No, non puoi, adesso riposati» Gli disse, preoccupata. Vanyan cercò ancora una volta di mettersi in piedi, ma Alys non aveva nessuna intenzione di lasciarlo ad ammazzarsi da solo: lo prese e lo tenne fermo per le spalle, sperando fosse stanco abbastanza da non fare resistenza.
«Ascoltami, hai combattuto bene, seriamente, ma se continui così finirai per farti male da solo, e saresti solo un peso da dover proteggere, sarebbe stupido» Sperò che mettendogliela in quel modo lui decidesse di ascoltarla, e apparentemente fu così, visto che lo sentì abbandonarsi tra le sue braccia, con il fiato corto.
Certo, il problema era dove dovevano andare a riposarsi: l’ingresso era bloccato dalle macerie, e comunque fuori c’era troppa neve, neve che a lei non avrebbe dato fastidio, ma che avrebbe probabilmente ucciso Vanyan.
Dovevano trovare un posto nella grotta, per riposare, per forza.
Ma Vanyan non aveva probabilmente le forze per camminare, e lei probabilmente non aveva le forze per reggerlo; il combattimento contro quel mostro aveva fatto il suo.
E, a proposito del mostro…
Alys aveva sentito parlare vagamente di una cosa del genere, ma aveva anche sentito dire che non venivano più usati dai tempi della guerra contro gli Iceal, e quello lì, che giaceva a due passi da lei, non le sembrava esattamente inutilizzato.
Anche se moriva dalla voglia di andare lì e studiarlo, e magari prendere qualcosa che le sarebbe servito, non osava avvicinarsi ai suoi resti, non con Vanyan così vulnerabile. Se quell’affare non fosse stato realmente morto sarebbero stati problemi grossi, per lui.
Eppure, ne aveva realmente bisogno…
Poi, a sorpresa, Sjel si inginocchiò accanto al ragazzo, e gli mise due dita all’altezza del collo, proprio sotto il mento: di colpo, vide il respiro del ragazzo farsi più regolare, e il suo battito rallentare, poi Vanyan sgranò gli occhi: «Oh!» Disse, meravigliato, passandosi una mano sul viso e su tutto il corpo: «Mi sento… meglio. Grazie» Forse era la prima volta che sentiva Vanyan dire una cosa del genere.
«Di più non posso fare. Ora andiamo» Disse Sjel, sbrigativamente, spingendo Alys a chiedersi come avesse fatto. Ma non ebbe risposta.
A fatica, il ragazzo si alzò in piedi: per fortuna, il suo orgoglio non gli impedì di accettare aiuto da Alys; infatti, le passò un braccio sulla spalla, e si appoggiò a lei per camminare, mentre la ragazza pregava che non le franasse addosso: visto quanto pesava, non sarebbero riusciti a rialzarsi.
Una volta in piedi, iniziarono a camminare trascinandosi sul terreno, troppo stanchi anche per poter parlare, mentre Alys pregava che non incontrassero altri intoppi.
Il suo progetto era di tornare a prendere i pezzi di quella cosa.
Finalmente avrebbe risolto una parte della sua missione, e forse, per una volta, avrebbe ottenuto il plauso che si meritava.
Persa in quei pensieri, quasi non si rese conto di una piccola sporgenza, simile ad una radice, che strisciava sul terreno, ma poi la vide, e capì che quella era una radice, una radice che si muoveva.
Nemmeno il tempo di maledire gli eroi, che quella radice si avvolse intorno al suo corpo, forzandola a staccarsi da Vanyan, e, guardandosi in giro, vide che anche gli altri erano stati intrappolati.
Evidentemente sperare nella fortuna era troppo.
Angolo autrice
X: quanto hai intenzione di far soffrire i tuoi personaggi?
Elly: sì.
Bene, riusciranno a salvarsi anche questa volta? Intanto, facciamo gli auguri di buon compleanno al nostro Sjel, che ho celebrato anche su un post di Instagram.
Purtroppo non riuscirò a pubblicare il 3/10 quindi ci vediamo direttamente il 10/10.
Perdonatemi, ma ultimamente il tempo che ho per scrivere è davvero ridotto, e le cose non mi piace farle di fretta.
Fatemi sapere cosa ne pensate, scrivere le cartonate è figo, ma è una faticaccia, quindi ditemi se sta bene.
In ogni caso, ci vediamo presto (spero)
Alla prossima ❤️