Era il 1989. Si chiamava Gabriele e lei lo adorava.
Lui era lì, ogni giorno, e ogni giorno Sara sperava che quell’incontro di sguardi e quello scambio delicato di sorrisi, si trasformassero in altro.
Fu così per cinque anni consecutivi, nonostante le evidenze. Lei aspettava, lui faceva la sua vita.
Era interessato ad un'altra, lo sapeva, ma una parte di lei si era convinta che quegli attimi condivisi portassero con sé altro.
E la sua sconfinata fede nei confronti di questo “amore impossibile” era stata alla fine in parte premiata. Alla fine del Liceo, nel pieno della di lui crisi di coppia, era riuscita a condividere con Gabriele momenti intimi e dolci, dai quali era emerso chiaramente che un legame tra loro esisteva, reale e tangibile.
Magari in un altro tempo, in un'altra realtà, avrebbero potuto essere di più. Ma Sara aveva chiaro di essere una seconda scelta. Condividevano un sentimento reciproco, ma non era abbastanza significativo affinché lui la scegliesse. Alla fine del Liceo il povero e confuso Gabriele aveva deciso che, dopo la rottura con la sua prima ragazza, non si sarebbe buttato nuovamente un un'altra storia importante. Lasciando, di fatto, Sara con l'amaro in bocca dopo aver avvena assaporato il tanto agognato oggetto dei suoi desideri.
In quel momento, quando aveva definitivamente compreso, non aveva potuto fare a meno di convincersi che nulla di lei fosse abbastanza interessante per il genere umano maschile.
E questo pensiero e questa constatazione l'avevano accompagnata per molto tempo anche in seguito. Non era mai la prescelta e, qualora venisse scelta, veniva poco dopo lasciata. Era forse lei ad essere sbagliata. L’inadeguatezza l’aveva tormentata a lungo.
Rielaborando i ricordi di quegli anni, da adulta, continuava spesso a farsi la stessa domanda. Alla quale spesso rispondeva con una spiegazione semplice: nessuna delle persone incontrate, fino ad un certo momento della sua vita, era quella giusta.
Si era sposata abbastanza giovane. Erano passati quasi vent'anni ed era ormai consapevole che neppure il marito, probabilmente, rappresentava realmente la persona giusta per lei. Quella che poteva completarla, o stimolarla, o sorprenderla. Una cosa era certa, però: per lui non aveva mai rappresentato una seconda scelta, tutt’altro. E tutto ciò forse, Sara, non l’aveva mai davvero apprezzato.
Si erano amati, certamente, molto e in modo intenso per alcuni anni, ma troppe differenze caratteriali li avevano portati, nel tempo, a continui scontri, alla lunga logoranti e insostenibili.
Per queste ragioni, probabilmente, con il passare degli anni i picchi di nostalgia si erano fatti intensi ed erano emersi più frequentemente. Ripensando troppo spesso a momenti passati a cui le sembrava di voler assolutamente tornare per modificare il susseguirsi degli eventi. Sebbene, nella maggior parte dei casi, si accontentasse di un tuffo nel passato tramite cuore e immaginazione.
Ed era in quei momenti che accadeva, che riaffioravano involontariamente alcuni piccoli istanti del passato, fotografie dei suoi quindici anni.
*1989*
- “Buongiorno bionda!” - quel sorriso…aveva istantaneamente pensato Sara, percependo nitidamente il rossore sulle sue guance e quella sensazione di paralisi mentale.- “Buongiorno a te!” - rispose tentando l’impossibile per celare l’imbarazzo.
- “Compito in classe” - osservò Gabriele, indicando con un cenno del capo il vocabolario di Latino.
- “Eh sì!” -
- “Allora a ricreazione ti devi rilassare, usciamo in cortile, ok?” -
- “ Sì, dai, buona idea!” -
Anche quel giorno non era riuscita a fornire maggiori spunti alla loro conversazione, la timidezza la sovrastava realmente. Si sentiva una vera idiota impacciata.
Anche Gabriele era timido, lei lo sapeva e questo la faceva sentire tutto sommato a suo agio. Era sicuramente per questa ragione che quegli incontri mattutini, ben prima dell’arrivo di tutti gli altri compagni, erano diventati un rito senza che neppure se ne fossero resi conto. Insieme, anche nei loro silenzi lunghi minuti interi, probabilmente riuscivano a percepirsi l’un l’altra.
O perlomeno, lei certamente sentiva di percepire molte cose. Non aveva idea di cosa percepisse davvero Gabriele, il quale di tanto in tanto faceva qualche stupida battuta, probabilmente per rompere il ghiaccio, spesso un po’ goffo e impacciato a sua volta. Altre volte si lanciava in qualche esternazione sopra le righe, stimolato anche dalle nefaste quanto fisiologiche influenze di altri compagni, ma era chiaro come il sole che quell’atteggiamento non gli apparteneva.
Non era mai volgare, Gabriele. Non in sua presenza. Ma eravamo alla fine degli anni ottanta, con i novanta in arrivo. Neppure i ragazzi erano volgari.
Gabriele le riservava persino, seppur di rado, qualche gesto di tenerezza: un buffetto, una carezza…
Ma lei non era mai stata capace di ricambiare, neppure di sfuggita. Mantenendo un distacco che, seppur non desiderato, risultava evidente. Inoltre non aveva mai nulla da dire e non trovava parole per instaurare una qualunque conversazione. Pur avendo il cuore e la mente piene di pensieri e sentimenti.
Ecco, penserà che sono muta e non ci sia nulla di interessante da scoprire. Questo era il suo pensiero ricorrente.
Ma a quei tempi avevano appena quindici anni, una vita davanti e nessuna esperienza che potesse sostenerli in quegli attimi teneri e imbarazzanti. E in quegli anni, differentemente da oggi, gli adolescenti non avevano stimoli né capacità di destreggiarsi. Molti di essi erano chiusi nel loro piccolo mondo, la famiglia, la scuola, una piccola cerchia di amici. Non esistevano canali di comunicazioni tra loro ad eccezione della tradizionale linea telefonica. E mettersi in contatto, fuori scuola, era un ostacolo per molti insormontabile. Sara era certamente più chiusa di molti altri, e con molte più limitazioni familiari.
Ma le giornate trascorrevano inesorabili, tutto sommato sempre uguali, e i mesi passavano, così come gli anni.
*1992*
E quel giorno di aprile del 1992, erano state gettate le basi per i primi cambiamenti importanti.
Era arrivato un invito per la festa di compleanno della loro compagna di classe, Federica. A Sara non interessava davvero nulla di Federica, a mala pena si rivolgevano la parola. Ma quella festa sembrava promettere grandi cose, o grandi occasioni avrebbero potuto presentarsi, se non altro nella sua testa da sognatrice, per non dire distaccata dalla realtà.
Non aveva sospettato nulla, mai. Neppure la sua amica più vicina, la sua compagna di banco Giorgia le aveva mai accennato nulla in merito ai movimenti di coppia in corso. I quali avrebbero attirato l’attenzione di molti quella sera.
Un litigio, l’amico Alessandro che faceva da mediatore, una probabile riappacificazione e, infine, un fidanzamento riuscito.
Queste erano le conclusioni a cui Sara era giunta, perlomeno osservando fatti e indizi. Ma la sola cosa chiara era che, dal giorno successivo, Gabriele e Chiara stavano insieme.
Oooh, finalmente, era ora... sussurrava qualcuno.
Non ci credo….si lamentava qualcun'altra.
per molti giorni non riuscì a darsi pace. Non l’aveva capito e, in un certo senso, si sentiva presa in giro. Persa com’era negli inutili scambi di sguardi, non si era mai resa conto che Chiara aveva concretizzato ciò in cui lei si era cullata per tutto l’anno e anche per i precedenti. Aveva vissuto ne suo mondo senza vedere oltre, un mondo parallelo lontano dalla realtà. Una realtà che, era evidente, non prevedeva la sua presenza, inutile e anonima, nella quale avrebbe convissuto per i successivi anni scolastici e anche in seguito.
La festa di Federica era stata un successo per alcuni, quindi, e un totale fiasco per altri. Sicuramente anche per Federica la quale, ne era certa, aveva per Gabriele la stessa sua cotta. Aveva persino giocato la carta del bel vestito e della location di livello fare colpo, senza risultati. Era una magra consolazione, certamente.
Era la primavera del 1992. Freddy Mercury era morto da pochi mesi, Hanno ucciso l’Uomo ragno imperversava nelle radio e sarebbe diventato il singolo dell’estate. Nessuna delle ragazze perdeva una puntata di Beverly Hills e Dylan McKay troneggiava sulle pareti di molte camerette.
Il suo Dylan, però, aveva scelto la sua Brenda e non ce ne era stato più per nessuna.