PROLOGO
Arrogante.
Egoista.
Stronzo.
Mi definiscono così, le persone. E hanno completamente ragione – non mi sognerei mai di negarlo. Sono quel tipo di persona che nessuno oserebbe invitare a una festa di compleanno perché state certi – com’è certo che esistono i vampiri – che troverò qualcosa da poter rovinare.
O qualcuno.
Mia moglie lo sapeva bene quando ha deciso di sposarmi e ancora oggi mi chiedo se non avessi dovuto aspettare a farle la grande proposta – probabilmente non è stata una gentilezza che sia avvenuto tutto davanti ai suoi terribili, terribili genitori.
Morti... Forse avrei dovuto.
Forse era talmente sotto shock che avrebbe risposto di sì a qualsiasi cosa.
«Vuoi un cheeseburger fatto con la carne macinata della tua cara mammina?»
«Sì.»
«Vuoi che li faccia a pezzi più di quanto abbia già fatto?»
«Sì.»
«Vuoi morire e trascorrere l’eternità assieme a uno psicopatico con manie di grandezza?»
«Sì.»
E no, non gliel’ho chiesto in questo modo.
Non sono così pazzo. È stato molto più romantico – circostanze a parte.
Ma a parte mia moglie, la mia adoratissima moglie, nessuno mi ha mai visto e amato per quello che sono. E sì, sono davvero un pezzo di merda. E sì, tutti mi odiano. Perché a me piace la sincerità e adopero le bugie solo per divertimento, quando mi va. Perché a me piace l’adrenalina e sono curioso di natura – sono un ficcanaso, sì.
Non mi va che accada qualcosa senza che io lo venga a sapere.
Devo sapere se il ministro dei vampiri se la fa con lo stalliere – prima di sposarmi ci sarebbe stato un interesse sessuale nel volerlo sapere, mentre ora mi preme di più prendere per il culo il Signor Austerità. Devo sapere se la famiglia di streghe più potente del mondo è solo un agglomerato di donne spaventose con il solo obiettivo di farsi di tutto... e tutti. È una questione di principio.
Per questo, quando succede qualcosa di grosso nel mondo sovrannaturale, io lo so.
So che i Rainsworth hanno un problemino con la linea di successione: nessuna delle loro amorevoli figlie ha ereditato il gene α e stanno tutti una merda per questo motivo.
È piacevole litigare con loro quando sono così giù. Mi ricorda che c’è chi sta peggio di me.
So che la signorina Deena Donovan ha un segreto per il quale molte persone la vorrebbero morta ma personalmente la trovo quasi adorabile – quasi. Non sono ancora abbastanza pazzo da interessarmi a delle streghette in età adolescenziale.
Sono troppo vecchio per queste cose.
E so – croce sul cuore – quante ragazze si è portato a letto mio figlio. Non tantissime – lui ha preso dalla mamma e ci tiene ai sentimenti. Ecco, forse lui è l’unica parte di me a non essere una merda.
Forse. Chi può dirlo.
Conclusione: io so tutto. Non sapere le cose mi fa arrabbiare.
E mi fa arrabbiare venirle a sapere da Lui. Perché, se c’è una sola cosa che può irritare uno psicopatico con manie di grandezza che non ha pietà nemmeno per i genitori della sua amata sposa, è Lui.
Ma questa è una storia che sono certo non interessi a nessuno. Il legame che c’è tra me e il principe della Luce, tra la creatura più bella che sia mai stata vista camminare su questa terra – sono io – e il pezzo di stronzo fumante... deve rimanere dov’è, chiuso in uno scrigno di rovere decorato da rubini tanto scuri dal sembrare lacrime di sangue cristallizzato.
Non sto scherzando, lo scrigno c’è davvero. Non è un modo di dire.
È nella mia camera da letto, vicino alla cosa che più amo al mondo.
Ma bando alle ciance... Lui che si fa beffe di me rivelandomi una notizia tanto scottante!
Ridicolo.
Irritante.
Pezzo di merda.
«Stai perdendo colpi, Bathory.»
Il colpo te lo do in testa. O sul cazzo. In testa e sul cazzo, brutto stronzo. Lo odio tantissimo ma visto che l’universo non sa che farsene di un mondo popolato soltanto da scarafaggi, non solo mi ha donato una bellezza e una sensualità senza pari – vi sfido a dire il contrario – ma mi ha fatto pure paziente.
Grazie, mamma.
Non gli ho risposto come avrei dovuto. Ho fatto la persona matura: l’ho cacciato fuori da casa mia e mi sono messo a cercare.
Sfortunatamente per i miei genitori non sono mai stato il tipo dedito allo studio. Ho aperto a malapena un paio di libri ma non li ho letti veramente – il culo di mia moglie è sempre stata una grande fonte di distrazione per me ed è colpa sua se non sono riuscito a concentrarmi!
Per cui, ho cominciato a cercare altrove.
E con altrove intendo... in giro, in mezzo alle persone normali, in mezzo agli umani. Già. A dispetto di quello che la gente può pensare di me, io ho un debole per gli umani. Li trovo... adorabili.
Ne ho addirittura sposata una, cazzo!
Che poi, non credono alla nostra esistenza ma a quella di Dio sì e non ho ancora capito se siano ipocriti o semplicemente stupidi!
Se c’è una cosa che so sugli umani è che credono solo a quello che vogliono credere. Sono deboli: non sono in grado di cavarsela da soli, piangono, si disperano... sono creature imperfette che si aggrappano alla vita più di chiunque altro.
Danielle era una di queste e l’ho sposata non soltanto per il culo – elemento che ha comunque fatto la sua parte – ma anche perché ha osato fare quello che nessuna creatura sovrannaturale aveva mai avuto il coraggio di fare: rispondere male a mia madre.
Detta così sembra una stronzata. Ma rispondere male a Elizabeth Bathory, l’allora somma capa della famiglia Bathory, era – ed è – un suicidio premeditato. E tutto per dei motivi che non staremo qui a questionare perché non interessano a nessuno.
Gli umani sono deboli, sì, ma nelle situazioni più disperate riescono a tirar fuori una forza che ha dell’incredibile.
Ed è proprio perché amo gli umani che mi sono messo a cercare in mezzo a loro. Ho cercato. Ho cercato tantissimo – al punto che persino mio figlio, a cui di solito non importa un fico secco se sono vivo o morto, mi ha chiesto perché mi stia affannando tanto.
È ovvio, no?
C’è una cosa che voglio trovare.
Un diamante grezzo. Qualcuno in grado di fare quello che medito di fare da un po’.
Qualcuno che riesca a starmi dietro.
Qualcuno da utilizzare. Qualcuno che possa aiutarmi.
A un certo punto penso di averlo anche trovato, un diamante.
È in un sudicio vicolo di Manhattan e indossa dei leggings sportivi, scarpe da ginnastica e una vecchia felpa scolorita. Sembra non mangi decentemente da anni. Non è in formissima, è pallida e malaticcia. Ha i capelli scuri appiccicati sulla fronte e sul collo.
Né brutta, né bella. Ma forse è il contesto a giocarmi strani scherzi.
Ah, già. Sta morendo.
Ha una ferita da arma da taglio all’addome e ha già perso tantissimo sangue.
«Fai davvero schifo, sai?» Probabilmente, qualsiasi altra persona sana di mente chiamerebbe un’ambulanza. E la polizia. Ma io non sono qualsiasi persona e di certo non sono sano di mente.
Tanto più che ad avermi colpito non è tanto lo stato in cui è lei... ma lo stato in cui è lui.
L’uomo che fino a pochi istanti prima ha tentato di aggredirla ha la gola squarciata, aperta in due da una linea obliqua. È morto annegato nel suo stesso sangue.
Beh, peggio per lui.
Gli occhi tornano sull'autrice dello scempio. Da così vicino riesco a sentire su di lei il riprovevole odore del fumo di sigaretta mischiato a quello di olio bruciato. Un mix terribile e disgustoso.
«Ehi,» le pungolo un piede con la punta della scarpa. «Che hai intenzione di fare?»
Il cuore rallenta. L'aria manca. Riesce a mettermi a fuoco.
Ha un'espressione spaventata adesso che si è accorta della mia presenza. Che carina.
«Se vuoi morire, mi sta bene. Ti lascerò morire in questo posto puzzolente e ripugnante come la miserabile che sei.» Ha la forza di sbuffare quello che nella sua testa sono sicuro sia un insulto rivolto alla mia esimia persona. «Scommetto che avevi intenzione di farla finita presto, vero? L'ho capito subito. Sembra tu sappia cosa sia la violenza. L'hai già sperimentata, mocciosetta?»
Muove le labbra ma ciò che scivola fuori è poco più che un rantolo infastidito, come quello di chi vorrebbe lamentarsi ma non ne ha le forze perché sta morendo.
Un ghigno si fa strada sulle mie, di labbra. «Trova la forza per dirmelo, ragazzina, e ti farò vivere.»
Lei serra gli occhi e manda giù a fatica un grumo di sangue e saliva. Le spalle si muovono piano e l'ennesimo rantolo scivola dalla sua lingua.
Mi piego leggermente in avanti ma stando attendo a non sporcare il mio completo gessato. «Non ho capito. Potresti ripetere?»
Vedo alcune lacrime raccogliersi nell'angolo del suo occhio destro. «Fan-cu...lo.»
Il mio sorriso si fa più aperto e vistoso. «Oh, sul serio?» Mi sembra quasi di vederla annuire impercettibilmente e con dolore. «D'accordo, allora.»
Senza fretta la prendo in braccio come fosse una bambola di pezza. La appoggio al muro, reggendola per le braccia. Ha gli occhi appannati dalla paura e dalla confusione, come se tutta la rabbia mostrata prima non fosse mai esistita – quella con cui, dopo essere stata pugnalata, ha sgozzato il porco che voleva stuprarla.
Forse crede che voglia finire il lavoro iniziato da quel bastardo. Anch'io lo penserei, al posto suo. Tanto più che decido di accostare le labbra al suo orecchio. «Mi piaci, ragazzina. E scommetto che tu possa essere più utile da viva che da morta.» Tenta di spingermi via ma non ne ha le forze. Delicatamente – sì, lo so, devo essere stato posseduto da un’anima buona e non me ne sono accorto – sfilo il tessuto della giacca dalla sua presa mentre la tengo schiacciata al muro con una mano sola. «Ma lascia che ti dica un’ultima cosa.»
Non sono neanche sicuro che mi senta. Sta chiudendo gli occhi, il cuore ha smesso di battere e l'ultimo suo respiro è intrappolato tra le sue labbra schiuse.
«Farà un male cane.»
E la mordo.
Gentili lettori, vi presento Horace.
Sì, lo so, è tanto dolce. Al prossimo capitolo ^^
Rosy
Stronzo.
Mi definiscono così, le persone. E hanno completamente ragione – non mi sognerei mai di negarlo. Sono quel tipo di persona che nessuno oserebbe invitare a una festa di compleanno perché state certi – com’è certo che esistono i vampiri – che troverò qualcosa da poter rovinare.
O qualcuno.
Mia moglie lo sapeva bene quando ha deciso di sposarmi e ancora oggi mi chiedo se non avessi dovuto aspettare a farle la grande proposta – probabilmente non è stata una gentilezza che sia avvenuto tutto davanti ai suoi terribili, terribili genitori.
Morti... Forse avrei dovuto.
Forse era talmente sotto shock che avrebbe risposto di sì a qualsiasi cosa.
«Vuoi un cheeseburger fatto con la carne macinata della tua cara mammina?»
«Sì.»
«Vuoi che li faccia a pezzi più di quanto abbia già fatto?»
«Sì.»
«Vuoi morire e trascorrere l’eternità assieme a uno psicopatico con manie di grandezza?»
«Sì.»
E no, non gliel’ho chiesto in questo modo.
Non sono così pazzo. È stato molto più romantico – circostanze a parte.
Ma a parte mia moglie, la mia adoratissima moglie, nessuno mi ha mai visto e amato per quello che sono. E sì, sono davvero un pezzo di merda. E sì, tutti mi odiano. Perché a me piace la sincerità e adopero le bugie solo per divertimento, quando mi va. Perché a me piace l’adrenalina e sono curioso di natura – sono un ficcanaso, sì.
Non mi va che accada qualcosa senza che io lo venga a sapere.
Devo sapere se il ministro dei vampiri se la fa con lo stalliere – prima di sposarmi ci sarebbe stato un interesse sessuale nel volerlo sapere, mentre ora mi preme di più prendere per il culo il Signor Austerità. Devo sapere se la famiglia di streghe più potente del mondo è solo un agglomerato di donne spaventose con il solo obiettivo di farsi di tutto... e tutti. È una questione di principio.
Per questo, quando succede qualcosa di grosso nel mondo sovrannaturale, io lo so.
So che i Rainsworth hanno un problemino con la linea di successione: nessuna delle loro amorevoli figlie ha ereditato il gene α e stanno tutti una merda per questo motivo.
È piacevole litigare con loro quando sono così giù. Mi ricorda che c’è chi sta peggio di me.
So che la signorina Deena Donovan ha un segreto per il quale molte persone la vorrebbero morta ma personalmente la trovo quasi adorabile – quasi. Non sono ancora abbastanza pazzo da interessarmi a delle streghette in età adolescenziale.
Sono troppo vecchio per queste cose.
E so – croce sul cuore – quante ragazze si è portato a letto mio figlio. Non tantissime – lui ha preso dalla mamma e ci tiene ai sentimenti. Ecco, forse lui è l’unica parte di me a non essere una merda.
Forse. Chi può dirlo.
Conclusione: io so tutto. Non sapere le cose mi fa arrabbiare.
E mi fa arrabbiare venirle a sapere da Lui. Perché, se c’è una sola cosa che può irritare uno psicopatico con manie di grandezza che non ha pietà nemmeno per i genitori della sua amata sposa, è Lui.
Ma questa è una storia che sono certo non interessi a nessuno. Il legame che c’è tra me e il principe della Luce, tra la creatura più bella che sia mai stata vista camminare su questa terra – sono io – e il pezzo di stronzo fumante... deve rimanere dov’è, chiuso in uno scrigno di rovere decorato da rubini tanto scuri dal sembrare lacrime di sangue cristallizzato.
Non sto scherzando, lo scrigno c’è davvero. Non è un modo di dire.
È nella mia camera da letto, vicino alla cosa che più amo al mondo.
Ma bando alle ciance... Lui che si fa beffe di me rivelandomi una notizia tanto scottante!
Ridicolo.
Irritante.
Pezzo di merda.
«Stai perdendo colpi, Bathory.»
Il colpo te lo do in testa. O sul cazzo. In testa e sul cazzo, brutto stronzo. Lo odio tantissimo ma visto che l’universo non sa che farsene di un mondo popolato soltanto da scarafaggi, non solo mi ha donato una bellezza e una sensualità senza pari – vi sfido a dire il contrario – ma mi ha fatto pure paziente.
Grazie, mamma.
Non gli ho risposto come avrei dovuto. Ho fatto la persona matura: l’ho cacciato fuori da casa mia e mi sono messo a cercare.
Sfortunatamente per i miei genitori non sono mai stato il tipo dedito allo studio. Ho aperto a malapena un paio di libri ma non li ho letti veramente – il culo di mia moglie è sempre stata una grande fonte di distrazione per me ed è colpa sua se non sono riuscito a concentrarmi!
Per cui, ho cominciato a cercare altrove.
E con altrove intendo... in giro, in mezzo alle persone normali, in mezzo agli umani. Già. A dispetto di quello che la gente può pensare di me, io ho un debole per gli umani. Li trovo... adorabili.
Ne ho addirittura sposata una, cazzo!
Che poi, non credono alla nostra esistenza ma a quella di Dio sì e non ho ancora capito se siano ipocriti o semplicemente stupidi!
Se c’è una cosa che so sugli umani è che credono solo a quello che vogliono credere. Sono deboli: non sono in grado di cavarsela da soli, piangono, si disperano... sono creature imperfette che si aggrappano alla vita più di chiunque altro.
Danielle era una di queste e l’ho sposata non soltanto per il culo – elemento che ha comunque fatto la sua parte – ma anche perché ha osato fare quello che nessuna creatura sovrannaturale aveva mai avuto il coraggio di fare: rispondere male a mia madre.
Detta così sembra una stronzata. Ma rispondere male a Elizabeth Bathory, l’allora somma capa della famiglia Bathory, era – ed è – un suicidio premeditato. E tutto per dei motivi che non staremo qui a questionare perché non interessano a nessuno.
Gli umani sono deboli, sì, ma nelle situazioni più disperate riescono a tirar fuori una forza che ha dell’incredibile.
Ed è proprio perché amo gli umani che mi sono messo a cercare in mezzo a loro. Ho cercato. Ho cercato tantissimo – al punto che persino mio figlio, a cui di solito non importa un fico secco se sono vivo o morto, mi ha chiesto perché mi stia affannando tanto.
È ovvio, no?
C’è una cosa che voglio trovare.
Un diamante grezzo. Qualcuno in grado di fare quello che medito di fare da un po’.
Qualcuno che riesca a starmi dietro.
Qualcuno da utilizzare. Qualcuno che possa aiutarmi.
A un certo punto penso di averlo anche trovato, un diamante.
È in un sudicio vicolo di Manhattan e indossa dei leggings sportivi, scarpe da ginnastica e una vecchia felpa scolorita. Sembra non mangi decentemente da anni. Non è in formissima, è pallida e malaticcia. Ha i capelli scuri appiccicati sulla fronte e sul collo.
Né brutta, né bella. Ma forse è il contesto a giocarmi strani scherzi.
Ah, già. Sta morendo.
Ha una ferita da arma da taglio all’addome e ha già perso tantissimo sangue.
«Fai davvero schifo, sai?» Probabilmente, qualsiasi altra persona sana di mente chiamerebbe un’ambulanza. E la polizia. Ma io non sono qualsiasi persona e di certo non sono sano di mente.
Tanto più che ad avermi colpito non è tanto lo stato in cui è lei... ma lo stato in cui è lui.
L’uomo che fino a pochi istanti prima ha tentato di aggredirla ha la gola squarciata, aperta in due da una linea obliqua. È morto annegato nel suo stesso sangue.
Beh, peggio per lui.
Gli occhi tornano sull'autrice dello scempio. Da così vicino riesco a sentire su di lei il riprovevole odore del fumo di sigaretta mischiato a quello di olio bruciato. Un mix terribile e disgustoso.
«Ehi,» le pungolo un piede con la punta della scarpa. «Che hai intenzione di fare?»
Il cuore rallenta. L'aria manca. Riesce a mettermi a fuoco.
Ha un'espressione spaventata adesso che si è accorta della mia presenza. Che carina.
«Se vuoi morire, mi sta bene. Ti lascerò morire in questo posto puzzolente e ripugnante come la miserabile che sei.» Ha la forza di sbuffare quello che nella sua testa sono sicuro sia un insulto rivolto alla mia esimia persona. «Scommetto che avevi intenzione di farla finita presto, vero? L'ho capito subito. Sembra tu sappia cosa sia la violenza. L'hai già sperimentata, mocciosetta?»
Muove le labbra ma ciò che scivola fuori è poco più che un rantolo infastidito, come quello di chi vorrebbe lamentarsi ma non ne ha le forze perché sta morendo.
Un ghigno si fa strada sulle mie, di labbra. «Trova la forza per dirmelo, ragazzina, e ti farò vivere.»
Lei serra gli occhi e manda giù a fatica un grumo di sangue e saliva. Le spalle si muovono piano e l'ennesimo rantolo scivola dalla sua lingua.
Mi piego leggermente in avanti ma stando attendo a non sporcare il mio completo gessato. «Non ho capito. Potresti ripetere?»
Vedo alcune lacrime raccogliersi nell'angolo del suo occhio destro. «Fan-cu...lo.»
Il mio sorriso si fa più aperto e vistoso. «Oh, sul serio?» Mi sembra quasi di vederla annuire impercettibilmente e con dolore. «D'accordo, allora.»
Senza fretta la prendo in braccio come fosse una bambola di pezza. La appoggio al muro, reggendola per le braccia. Ha gli occhi appannati dalla paura e dalla confusione, come se tutta la rabbia mostrata prima non fosse mai esistita – quella con cui, dopo essere stata pugnalata, ha sgozzato il porco che voleva stuprarla.
Forse crede che voglia finire il lavoro iniziato da quel bastardo. Anch'io lo penserei, al posto suo. Tanto più che decido di accostare le labbra al suo orecchio. «Mi piaci, ragazzina. E scommetto che tu possa essere più utile da viva che da morta.» Tenta di spingermi via ma non ne ha le forze. Delicatamente – sì, lo so, devo essere stato posseduto da un’anima buona e non me ne sono accorto – sfilo il tessuto della giacca dalla sua presa mentre la tengo schiacciata al muro con una mano sola. «Ma lascia che ti dica un’ultima cosa.»
Non sono neanche sicuro che mi senta. Sta chiudendo gli occhi, il cuore ha smesso di battere e l'ultimo suo respiro è intrappolato tra le sue labbra schiuse.
«Farà un male cane.»
E la mordo.
Gentili lettori, vi presento Horace.
Sì, lo so, è tanto dolce. Al prossimo capitolo ^^
Rosy