Pile di tavoli e panchine sporgevano all’infuori delle ante della porta principale del locale. Più insegne indicavano che la taverna avesse smesso di funzionare da tempo. All’interno del locale sporgeva una tavola principale accompagnata da panchine in quercia e in pioppo. Un banco era posto armoniosamente sula sinistra. Resti e avanzi di cibarie ornavano la parte principale del banco centrale. Quando la porta all’ingresso scricchiolò come per lasciare intendere che ci fosse qualcosa o qualcuno, due vetri delle finestre, che erano sistemate sui lati delle pareti, sbatterono per un filo di vento intruso. 
Delle voci si facevano largo all’entrata del locale. Erano le cinque del pomeriggio quando un sole sornione filtrava dalla finestra di mezzo ed illuminava la sala, quando due ombre piuttosto eleganti facevano capolino nell’atrio. Due amanti di mezza misura entravano scambiandosi baci e carezze e pomiciando grezzamente. 
Si prendevano fortemente sul banco centrale della sala, come se quella azienda, ora che non era di nessuno fosse solo la loro. 
Nel tempo, questo locale ospitò molte coppie, e il significato e i motivi nativi della azienda si confusero con il sesso e le passioni dei nuovi che avevano stabilito tra quelle pareti, un vero e proprio nido della passione e del sesso.