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Autore: KissMe    24/09/2009    4 recensioni
Chiusi la cerniera della sacca che conteneva i miei pochi stracci, tutto quello che mi era rimasto dopo sei anni di reclusione. Il mio sguardo automaticamente andò a quella piccola finestrella, posta a pochi centimetri dal soffitto che solitamente fissavo per ore, come se il mio sguardo potesse sciogliere quelle robuste sbarre di metallo. Le mie labbra si incurvarono in un leggero sorriso che però assomigliava più ad una smorfia, tanto era il tempo che non lo facevo. Di lì a poco avrei riacquistato la libertà e quella finestra , che rappresentava il mio unico sguardo sul mondo esterno, sarebbe stata un lontano ricordo. Cosa succederebbe se Nicholas si ritrovasse a dover esaudire la richiesta di un carcerato sconosciuto? Cosa succederebbe se poi arrivasse al punto di mettere in pericolo se stesso per ritrovare una ragazzina scomparsa? Leggete e Scoprirete.
Genere: Romantico, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Kidnapped Cinderella


2.

Era ormai tarda sera quando terminai il mio frugale pasto, una semplice zuppa di legumi che però mi sembrava la più buona sulla faccia della terra. Colpa di quei miscugli indefiniti e grigiastri che mi toccava mangiare dietro le sbarre. Non alzai mai lo sguardo dal mio piatto per timore di incrociare gli sguardi accusatori di chi stava in quella squallida sala da pranzo di un Motel fuori città. Probabilmente nemmeno mi degnavano di uno sguardo, ma io sentivo comunque addosso il peso dei loro pensieri e di una colpa che, seppur non mia, avevo imparato a sopportare. Lasciai andare il cucchiaio nel piatto e, senza preoccuparmi di essere silenzioso, scostai la sedia e mi diressi verso la mia stanza. Nel chiudermi la porta alle spalle mi sentii più calmo e rilassato, troppo tempo chiuso da solo in una cella, mi faceva sentire la libertà come se fosse un'ulteriore costrizione. Sbuffai stancamente buttandomi di peso sul letto cigolante e dalla coperta consunta, erano ore ormai che mi arrovellavo la mente su quello che mi aveva raccontato quel carcerato e la testa era sul punto di scoppiarmi, ma non potevo fare a meno di pensarci. Tolsi la fotografia dalla tasca dei jeans e rimasi a fissarla a lungo come mi era già capitato diverse volte in quella giornata...l'avevo osservata talmente tanto da ricordare ogni singolo lineamento, ogni singolo ricciolo, ogni particolare del suo viso. Sospirai, sapevo già dal principio che sarebbe stata un'impresa impossibile, ma volevo mantenere la mia parola e fare almeno un tentativo, perciò voltai la fotografia per poter leggere il numero di telefono scritto chiaramente sul retro. Per quanto squallido fosse quel Motel, fortunatamente aveva un telefono o sarei dovuto uscire a cercarmi una cabina telefonica e mi sarebbe costato quasi quanto la camera. Afferrai la cornetta senza curarmi dell'orario, infondo a Buenos Aires doveva essere pomeriggio tardo. In fretta composi il numero e lasciai squillare diverse volte prima che una voce acuta e un po' starnazzante mi rispose
-Bianca?-
chiesi e in quel momento mi pentii di non aver pensato prima a cosa le avrei detto, daltronde per lei ero un emerito sconosciuto e avrebbe potuto prendere il tutto come uno scherzo di cattivo gusto. Come sospettavo la donna mi rispose un po' confusa
-Sì sono io...piuttosto chi è lei?-
-Non mi conosce, mi chiamo Nicholas Rivera e chiamo per conto di suo marito-
Dall'altro capo del telefono seguì un lungo silenzio che non ebbi il coraggio di interrompere, le lasciai metabolizzare la notizia con calma
-Che...che cosa vuole? -
Mi chiese la donna con evidente incertezza e preoccupazione nella voce. Inspirai profondamente cercando le parole più adatte per spiegarle la faccenda
-Non si allarmi, non c'è nulla di cui deve preoccuparsi, al contrario io la voglio aiutare-
Sentii che prese fiato per parlare, ma la interruppi immediatamente
-La prego di lasciarmi parlare poi potrà obbiettare tutto quello che le pare. Suo marito mi ha raccontato la triste vicenda della vostra famiglia e mi ha supplicato di ritrovare la bambina che vi è stata sottratta dieci anni fa. Non le assicuro che potrò riuscirci, ma farò tutto il possibile...ho solo bisogno che lei mi aiuti-
Quando nominai la figlia sentii un singhiozzo sommesso della donna segno che il dolore di quella perdita era ancora vivido in lei esattamente come nel marito
-Mia figlia è morta, così come suo fratello...mio marito è ormai un pazzo delirante e lei non dovrebbe dargli retta! Mi lasci in pace una volta per tutte-
Esclamò lei con la voce incrinata e assurdamente acuta tanto da indurmi a scostare la cornetta dall'orecchio. Mi passai una mano sul viso esasperato, avevo bisogno di un posto dove andare e dovevo convincere quella donna a tutti i costi
-Mi ascolti Bianca, capisco il suo dolore e capisco anche che ricordarle quello che è accaduto anni fa può sembrare crudele da parte mia, ma si fermi a pensare un attimo...nessuno ha mai visto effettivamente quella ragazzina morta e non credo che lei da madre voglia veramente lavarsene le mani se pensa che c'è una possibilità, seppure remota, che un giorno lei possa rivederla. Magari sono dieci lunghi anni che lei attende di ritornare dalla sua famiglia e ha solo bisogno che qualcuno la trovi...oppure, come dice lei, sarà morta davvero, ma se lei getta la spugna non saprà mai la verità-
Incrociai le dita pregando di aver smosso un po' la sua convinzione. Un altro silenzio seguì il mio discorso mentre probabilmente Bianca rifletteva sulle mie parole. Alla fine udii un sospiro rassegnato
-Che cosa vuole che faccia?-
chiese e io sentii un grosso nodo alla bocca dello stomaco sciogliersi improvvisamente
-Suo marito mi ha assicurato che lei poteva fornirmi il denaro necessario per un biglietto aereo da Barcellona a Buenos Aires e l'ospitalità nella sua casa per il tempo necessario alle mie ricerche-
-Nient'altro?-
Non saprei dire se quella domanda aveva una vena sarcastica oppure mi voleva chiedere effettivamente se necessitavo di altro. Feci mente locale e scossi la testa per poi rendermi conto che non poteva vedermi
-Solo questo-
asserii rigirandomi la fotografia tra le mani
-Bene. Le offrirò quello che mi ha chiesto e niente di più, ma non si aspetti che io partecipi a questo gioco delirante. Mi dica dove si trova e nel giro di qualche giorno le farò avere quello che le serve-
Era andata, da quel momento iniziava la mia odissea verso un qualcosa che non sapevo quanto sconvolgente e pericoloso sarebbe stato. Fornii alla donna tutti i dati necessari e ci congedammo con un secco arrivederci senza dilungarci troppo in chiacchiere. Riattaccai pesantemente la cornetta e mi sedetti sul bordo del letto, le mani tra i capelli e la testa china, iniziai a riflettere su cosa avrei fatto una volta arrivato a Buenos Aires, ma troppi pensieri mi si affollavano nella mente e mi rendevano confuso. Quella faccenda mi stava ossessionando, forse anche più del padre di Antonella, senza nemmeno accorgermene la stavo facendo diventare una questione personale...e pensare che all'inizio ero certo che avrei rifiutato. Sfregai di nuovo le mani sul viso e avvertii la barba pungere un po' troppo...era giunto il momento di rendermi anche esteriormente un uomo libero visto che così conciato potevo sembrare al massimo un latitante. Andai in bagno ed aprii l'acqua calda, non avrei saputo ricordare l'ultima volta che avevo fatto una doccia calda. Nel frattempo mi tolsi i jeans e la polo nera e un po' sformata che indossavo, lasciai cadere tutto a terra compresi i boxer e finalmente mi misi sotto il getto d'acqua bollente. Faceva freddo quella sera e le gocce d'acqua che scorrevano sul mio corpo mi tolsero dal torpore rinvigorendomi. Rimasi sotto il getto finchè terminai l'acqua calda e, riluttante, ma obbligato, uscii dalla doccia avvolgendomi, dalla vita in giù, in un asciugamano giallastro che un tempo doveva essere bianco. Lo specchio scheggiato era del tutto appannato e potevo solo vedere la mia sagoma confusa. Mi frizionai i capelli con un altro asciugamano schizzando qualche gocciolina attorno a me per poi togliere la condensa d'acqua dallo specchio passandoci sopra con una mano. Era la prima volta in quel giorno che vedevo il mio riflesso e mi feci paura da solo per quanto apparivo sconvolto, scavato e stanco. Ci misi meno di quello che credevo a farmi la barba, ma venne comunque molto accurata come solo io sapevo fare, già da ragazzino mi dicevano tutti che avevo le mani d'oro. Assonnato mi rimisi i boxer e una maglia grigia che usavo come pigiama per poi gettarmi sotto le coperte pronto a cadere tra le braccia di Morfeo in un sonno profondo e senza sogni come ero abituato a fare...ma mi sbagliavo.

SPAZIO DELL'AUTRICE:

Per la gioia dei miei lettori (esagerata!!!!) eccomi con un altro capitolo...sempre introduttivo...sempre noioso...ma comunque essenziale. Dal prossimo prometto che sarà meno monotono. Intanto ringrazio chi l'ha messa tra le preferite e le seguite e spero di non deludervi andando avanti. Un grazie di cuore a nami_pazza e Ilary_Divina che hanno positivamente recensito il mio primo capitolo...lo so anche a me è dispiaciuto far morire Fabio, ma volevo rendere più tragica la storia e poi era un personaggio "scomodo" cioè non sapevo come inserirlo nella storia non se mi spiego. Su Anto non vi svelo niente, ma credo che quando la farò entrare in scena la riconoscerete subito...mentre a Nicholas ci vorrà un po' più di tempo eh (Mica tanto sveglio ù.ù). Un Beso

KissMe
  
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