A Laura e Valentina. Grazie con tutto il cuore.
My Gravity – Jared and Kim
Sospirai
tristemente, passandomi una mano tra i capelli. Ero seduta sul letto
della
camera 211, quella che, per tutta la durate delle due settimane di
stage, mi
avrebbe ospitato al Washington College.
Annie e Mary, stese accanto a me, mi accarezzavano
comprensive. Perché
non aveva ancora chiamato?
Aprii
per l’ennesima volta lo sportellino del mio nuovo cellulare
ultimo modello –evidente
prova della pazzia del mio ragazzo-,
ma lo richiusi immediatamente con uno sbuffo: nessun messaggio, nessuna
chiamata persa. Cominciavo seriamente e preoccuparmi.
Mary
sospirò esausta, strappandomi il cellulare di mano.
“Basta, Kim. Non vi vedete
da appena sette ore, vi siete scambiati messaggi fino ad appena tre ore
fa e
sai che sta bene. Non è che sia andato in guerra o in
missione per la CIA. È a
La Push, le probabilità che gli sia successo qualcosa,
tenendo conto anche
della stazza del ragazzo in questione, sono meno di zero. Sei
ridicola.”
Certo.
Ridicola. Il mio ragazzo stava solamente dando la caccia ad una vampira
spietata ed assetata di sangue ed altri sette di loro abitavamo a pochi
chilometri da lui, dopotutto. Magari l’aveva incontrata
mentre era di ronda,
solo, e sbruffone com’era aveva pensato di poterla uccidere
da solo ma no, non
era proprio il caso di essere preoccupata.
“Oh,
Mary. Mi manca già così tanto.”
sospirai disperata, accasciandomi sulla sua
spalla con un gemito; da quel 18 Febbraio Jared ed io non ci eravamo
mai
lasciati. Non per più di qualche ora, almeno: Jared era
sempre con me, come
un’ombra piacevole e protettiva. Mi sentivo stranamente
indifesa senza la sua
massiccia presenza a proteggermi costantemente, stringermi al suo
corpo,
scaldarmi con il suo calore. Per la prima volta sentivo davvero freddo,
dopo
quasi quattro mesi.
Annie
mi accarezzò i capelli, comprensiva. “Kimmie,
negli ultimi tre mesi ti abbiamo
a malapena vista: Jared”, gemetti improvvisamente al suo
nome, ma Annie
continuò imperterrita, “Ti ha monopolizzato. Ora,
so che sei innamorata di lui
da sempre, ma puoi concederci un po’ della nostra amica? Solo
per queste due
settimane puoi stare con noi e dimenticarti, si fa per dire certo, di
lui? Ci
manchi, Kim.” concluse sofferente.
Annie
e Mary erano le uniche due amiche che avessi mai avuto. Loro
c’erano state
sempre –anche quando ero un rifiuto sociale scartato da tutti
e non l’adorata-fidanzata-intoccabile-di-sua-santità-Jared-Padalechi.
Mi avevano voluto bene sempre ed io mi stavo comportando malissimo nei
loro
confronti, ma Jared… Beh, Jared era semplicemente Jared ed
io non riuscivo
davvero a fare a meno di lui, ora che potevo godermelo sempre, ad ogni
ora del
giorno. Inoltre l’imprinting non gli permetteva di starmi
lontano abbastanza a lungo
da riuscire a frequentare le mie amiche, ma sapevo che, se ne avessi
avuto
bisogno, Jared si sarebbe fatto da parte immediatamente, senza un
lamento né
una parola, anzi: mi avrebbe accompagnato lui stesso da loro, avrebbe
organizzato la nostra giornata e quasi portata da loro in braccio. Il
problema
era che io non ne avevo davvero più bisogno.
Trasalii
al pensiero della brutta persona che ero diventata. Loro non meritavano
questo
trattamento.
Premetti
delicatamente sul bottoncino rosso ed il cellulare si spense con la
solita,
allegra musichetta; reprimendo lo sconforto, la paura e la nostalgia,
mi voltai
verso Annie sorridente.
“Facciamo
il giro del campus?”
Giorno
1 – Jared POV
Dannazione,
dannazione, dannazione, dannazione, dannazione.
Jared,
smettila. Ti
stai deconcentrando. Devi stare attento a Bell-
Ringhiai
infuriato, voltandomi verso Jacob mostrando i denti
Finisci il
nome di
quella e giuro, giuro Jacob, che ti stacco una zampa. Lo giuro, Jacob.
Basta, Jared. È
nostro compito, lo sai .Sam
interruppe la nostra lite, ma io non avevo finito.
NO! Non
è nostro
compito, Sam! Il nostro compito è proteggere gli abitanti di
La Push!
E anche quelli di
Forks.
Sbuffai
tra i denti Quelli normali, intendevo.
E Bella cosa
sarebbe? Jacob
ringhiava tra i denti, ma non mi importava.
Quella
è solo una
stupida che ha fatto amicizia con dei succhiasangue ed ora ne paga le
conseguenze.
Jacob
ringhiò infuriato e subito Paul mi fu accanto
RITIRA QUELLO CHE HAI DETTO!
PERCHÉ
DOVREI?
COS’È LEI PER ME? Dovresti essere solo tu a farle
la guardia, Jacob. Non sono
cose che mi riguardano, dannazione! Che muoia pure! Ruggii,
mettendomi in posizione
d’attacco: alla mia destra Paul fece lo stesso. Sapevo che
era d’accordo con
me, dato che di Bella-amica dei
succhiasangue–Swan gli importava ancor meno di me,
se possibile.
Indietro,
tutti e
tre.
L’ordine di
Sam fu pacato, ma subito sentimmo le nostre gambe piegarsi contro la
nostra
volontà e di colpo la piccola radura fu di nuovo silenziosa.
Jared,
stanotte sei
di ronda a casa di Bella. La proteggerai, perché questo
è il nostro compito. Era un
ordine: sentii il cuore
farmi male e guaii disperato, abbassando le orecchie.
Sam, per
favore. Lo
supplicai, pensando
a Kim, Devo chiamarla, devo. Non posso
farne a meno, Sam. Ti prego. È la prima volta che
è lontana.
Mi dispiace,
Jared,
ma questo è un ordine. È il tuo turno.
Abbassai
la testa sconfitto. Mi sarei messo a piangere, ma ci tenevo a
conservare un po’
della mia dignità. Grazie,
stronzo.
Vaffanculo, Bella Swan. Ringhiai verso Jacob, cominciando a
correre verso
casa Swan, il patetico rimorso di Jacob, il dispiacere di Paul,
l’amara
consapevolezza di Sam nella testa.
Corsi
più veloce che potevo, mentre sentivo i miei fratelli
–usare questa parola riferendomi a Jacob mi sembrava
stupido, adesso- sparire uno alla volta. Proprio della dannata
amichetta dei
vampiri si doveva innamorare, Jacob? Se non fosse stato per lui avrei
dovuto
semplicemente fare il mio solito giro serale di La Push, mentre ora mi
sarebbe
toccato stare sotto casa di quella per tutta la notte. Non mi avrebbe
nemmeno
dato così fastidio, Bella mi stava simpatica, dopotutto, e
non volevo certo che
morisse, se non avessi promesso a Kim di chiamarla. Avevo dovuto quasi
supplicarla di andare a quell’importante stage organizzato
dal college e Kim
aveva acconsentito solo a patto che la chiamassi ogni, singolo giorno,
a
qualsiasi ora. Avevo promesso, dannazione.
Mentre
stavo accucciato sotto la finestra di Bella, stava studiando, tutto era
tranquillo, sentii Paul avvicinarsi.
Jared,
amico, mi
dispiace. Disse
più gentile del solito, ma infondo era il mio migliore
amico, ogni tanto poteva
pure comportarsi come tale e non come un licantropo perennemente
incazzato.
Dopotutto eravamo anche dei semplici ragazzi, no?
Paul
grugnì in approvazione Se vuoi
posso
sostituirti.
No, eri di
ronda la
notte scorsa. Hai bisogno di dormire.
Sono sicuro che sta
bene, Jared. Kim è in gamba, dopotutto.
Sospirai.
Se almeno Harrison non fosse con lei.
Non dovresti
preoccuparti di questo, è pazza di te. E poi le amichette
inseparabili non la
molleranno un attimo.
Lo spero, Paul.
Giorno
2 – Kim Pov
“…
E poi le ho detto che no, non mi andava di uscire con lei.”
Non
aveva chiamato. Non aveva chiamato.
“Kim?”
Perché
non aveva chiamato?
“Kim,
mi stai ascoltando?”
Oddio,
se gli fosse successo qualcosa…
All’improvviso
mi sentii pizzicare dolcemente la guancia e mi ricordai che non ero
sola, in
quella stanza. Mi voltai verso Alex arrossendo e scusandomi, pregando
che
almeno lui non si arrabbiasse con me. Avevo bisogno delle poche persone
veramente amiche, mentre ero lontana da lui.
“Sei
sovrappensiero, dolcezza?” chiese sorridente.
Sbuffai.
“Non chiamarmi così, Alex. Sai che Jared non lo
sopporta.”
Il
sorriso gli si congelò sulle labbra e corrugò le
sopracciglia. “Non mi pare che
lui sia qui, adesso.”
Fu
peggio di un pugno allo stomaco: ricordare che Jared non era
lì, ricordare che
era passato più di un giorno dall’ultima volta che
l’avevo sentito fu davvero
doloroso, tanto che sentii le lacrime salirmi agli occhi.
Alex
mi diede una piccola botta sulla testa, a portata di mano, dato che mi
sovrastava di almeno venti centimetri –non abbastanza,
confrontati agli
avvolgenti quaranta centimetri di Jared- e sorrise di nuovo.
“Basta
piangere, Kim. Sono sicuro che starà bene, purtroppo.
Avrà avuto da fare.”
Non
capiva che era proprio questo il punto: quando si trattava di me, Jared
non
aveva mai da fare. Solitamente, io venivo prima di tutto;
improvvisamente
capii: mi stavo comportando come una bambina gelosa delle attenzioni
del
proprio ragazzo. Magari voleva solo un po’ di tempo libero da
passare con i
suoi amici, senza doversi preoccupare della sua piagnucolona
ragazza-imprinting. Avrebbe avuto ragione: sopportarmi non doveva
essere
facile.
Con
un sospiro misi il cellulare in silenzioso e lo infilai nella borsa,
decisa a
non tirarlo fuori per almeno due ore.
Giorno
2 – Jared Pov
Dai Jared,
porta
pazienza, è quasi finita. Tra poco il succhiasangue
sarà qui, preleverà la sua
adorabile fidanzatina e tu potrai andare a casa e chiamare Kim, sentire
la sua
voce, scusarti, parlarle e assicurarti che Harrison le stia lontano. Un
piano
perfetto.
Perché
il succhiasangue non arrivava? Non vedeva l’ora di rivederla?
Se la amava
almeno la metà di quanto io amavo Kim si sarebbe dovuto
muovere.
Ecco,
lo sentii: un Volvo argentata accostò sul vialetto di casa
Swan ed Edward
Cullen scese dall’abitacolo in tutto il suo fetore, ghignando
per i miei
pensieri, forse. Cominciai a correre verso La Push, mentre in
lontananza sentii
un Grazie che solo grazie ai miei
sensi più sviluppati avevo potuto percepire.
Certo, certo. Risposi
mentalmente: sapevo che
poteva sentirmi.
Corsi
più veloce che potevo ed in un attimo fui a La Push. Sentivo
che Paul stava
terminando il giro ed era talmente stanco che i suoi pensieri mi
apparivano
come un grande e confuso buco nero.
Paul,
svegliati. La
succhiasangue è ancora in giro, sai? Se la lasci entrare a
La Push Sam non sarà
contento. Pensai,
ma non avevo tempo di fermarmi a svegliarlo personalmente: avevo
bisogno di
sentire la sua voce, di sentire che stava bene ed era felice.
Appena
riuscii a scorgere la mia casa tra le fronde mi trasformai, indossando
il più
velocemente possibile i pantaloncini che tenevo legati alla caviglia.
Il mio
cervello, la mia mente ed il mio cuore invocavano una sola cosa: Kim, ed io avevo intenzione di
assecondarli, pensai precipitandomi nella mia stanza
–passando per la finestra,
naturalmente.
Afferrai
alla svelta il cellulare sul mio comodino e digitai immediatamente il
suo
numero, che conoscevo perfettamente a memoria.
Uno
squillo.
Due
squilli.
Tre
squilli.
…
…
…
…
Dieci
squilli. Dannazione, dov’era? Sentii la preoccupazione ed il
terrore montare
spontanei, uniti alla nostalgia. Perché non rispondeva?
Attaccai.
Cazzo.
Giorno
3 – Kim Pov
Dieci
chiamate. Dieci dannatissime chiamate alle quali io non avevo risposto.
Perché
ero stata così stupida? Sicuramente Jared stava morendo di
preoccupazione, in
quel momento, terrorizzato dall’idea che potessi essere
morta, ferita o
qualcosa del genere. Eppure non rispondeva al telefono, dato che
probabilmente
era di ronda. Perché il destino si stava accanendo con
così tanto impegno
contro di noi?
Per
l’ennesima volta scagliai il cellulare sul letto
–non ero proprio in grado di
fare scenate, lanciarlo sul muro e poi costringere i miei genitori o
Jared a
comprarne uno nuovo- e affondai il viso tra le mani. Alex e Mary, al
mio
fianco, sospirarono, uno infastidito, l’altra dispiaciuta.
Subito sentii le
mani delicate di Annie accarezzarmi i capelli nel tentativo di
confortarmi.
“Kim,
tesoro, tu sei stata molto impegnata in questi giorni, probabilmente lo
è anche
lui. Devi smettere di preoccuparti.” mi disse con voce dolce,
ma io non risposi
e mi limitai a scuotere la testa affranta. Improvvisamente sentii
un’altra
stretta, maschile e ferrea, afferrarmi il braccio e strattonarmi con
decisione
in piedi; alzai lo sguardo sorpresa ed incontrai gli occhi di Alex,
furenti e
irritati.
“Senti,
Kim. Ho cercato di fartelo capire in tutti i modi, ma tu non sembri
capirlo,
anzi, molto probabilmente non vuoi capirlo. Tu mi piaci, ti voglio
bene, sono
innamorato di te. Vedila come vuoi, dannazione, ma smettila, ti prego,
smettila
di parlare di quello ogni giorno, ogni minuto, ogni ora. Non riesco,
non sono
capace, di vederlo riflesso nei tuoi occhi anche quando non
c’è.” prese fiato
per un attimo ed io con lui. Sentivo il respiro mozzo ed il cuore
battere
frenetico nel petto; il ritmo era del tutto simile a quello causato
dalla
presenza di Jared – e questo, questo,
mi spaventò a tal punto che sentii la terra mancarmi sotto i
piedi.
Alex
chiuse un attimo gli occhi e quando gli riaprì erano dolci,
diversi
“Naturalmente so che ami lui, Kim, lo so, non devi
preoccuparti. Non ti sto
dicendo di scegliere me e lasciarlo, ma ti prego: puoi fare a meno di
nominarlo
ogni cinque secondi? Puoi smettere di sembrare una morta che cammina
solo
perché non lo senti da due miseri giorni? Puoi farlo,
Kim?”
Annuii
debolmente, troppo terrorizzata e imbarazzata per parlare, e Alex
uscì dalla
porta senza parlare.
Sentivo
Mary borbottare che se lo aspettava, che era fin troppo strano il fatto
che non
fosse esploso prima; Annie trillava qualcosa sulle bellissime ed
estremamente
romantiche parole di Alex ed il mio cuore non la smetteva di battere
furiosamente nel mio petto.
Sentivo
l’unico ruolo che finora avevo ricoperto in modo quasi
perfetto, quello di
imprinting di Jared, stringermi improvvisamente addosso come una
camicia troppo
stretta, tanto da non permettermi di muovere le braccia a mio
piacimento.
Sospirai
tristemente e, dopo aver spento il cellulare, mi lanciai
all’inseguimento di
Alex.
Giorno
3 – Jared Pov
“EMBRY,
PER FAVORE!”
“Non
posso mamma, davvero. Scusami, la prossima volta ci
sarò.”
“EMBRY,
TI PROIBISCO DI USCIRE! OGGI STARAI A CASA!”
“Non
posso.”
“SMETTILA
DI RIPETERLO!”
“Mi
dispiace, mamma.”
“SE
ESCI DA QUELLA PORTA ORA NON TORNARE PIÙ, EMBRY!”
“…”
“…”
“Vado,
mamma.”
Vidi
Embry uscire di casa tremante e accigliato, mentre sua madre non la
smetteva di
urlare. Si trasformò velocemente e cominciò a
correre accanto a me verso casa
Swan: sentivo tutti i suoi pensieri, il suo rimorso ed il dispiacere
nei
confronti della madre.
Sentii
di avere due possibilità: tornare a casa e chiamare
finalmente Kim, sentire la
sua meravigliosa voce ed assicurarmi che stesse bene, oppure accollarmi
anche
il turno di Embry, aiutando uno dei miei fratelli.
Il mio cuore, la
mia anima ed il mio corpo,
ovviamente, mi indicavano la prima, lucente e giusta direzione,
spingendomi
verso quella strada con forza, senza darmi possibilità di
scampo. Sembrava
quasi un obbligo, ma non ne sentivo il peso: diversamente dagli ordini
di Sam,
a questo volevo ubbidire.
Tuttavia
il mio cervello diceva che no, la direzione giusta era
un’altra: diceva che Kim
sicuramente stava bene, che forse non mi aveva risposto
perché voleva un po’ di
spazio e che Embry, invece, aveva bisogno di me adesso.
Embry, torna
a
casa. Ci penso io. Parla con tua madre.
Embry
scosse la testa con decisione No, Jared,
hai bisogno di Kim.
Non ha
risposto e
nemmeno richiamato. Vuole un po’ di spazio. Dissi con
sicurezza, cercando di convincere lui e me
stesso.
Grazie,
fratello. Rispose
infine, cominciando a
correre verso casa.
Certo, certo.
Osservai
la sua schiena allontanarsi e già me ne pentii. Kim! Kim!, urlava il mio cuore:
sicuramente non sarei riuscito a
farlo tacere.
Giorno
4 – Kim Pov
Era
strano camminare fianco a fianco con Alex, come se non fosse successo
nulla,
come se le sue parole non avessero significato niente. Non lo amavo e
mai
l’avrei amato, questa era la mia unica certezza, ma non
volevo che soffrisse.
Sapevo fin troppo bene cosa significasse amare qualcuno e non essere
ricambiati: ricordavo con dolorosa precisione le lunghe nottate passate
a
piangere per Jared e di certo non ero il tipo di persona che amava
infliggere
pene agli altri. Per questo, avevo deciso di accontentarlo e di evitare
di
parlare di Jared, di nominarlo, di pensarci e soprattutto di chiamarlo.
Gli
avevo mandato un messaggio, questo sì, rassicurandolo sulle
mie perfette
condizioni di salute e ribadendo, superfluamente, i miei sentimenti per
lui
aggiungendo un timido “Ti amo” alla fine.
Jared
non aveva risposto e questo non fece che rafforzare la mia ipotesi:
aveva
bisogno di un po’ di spazio. Pochi giorni di lontananza da me
sicuramente gli
avevano sicuramente fatto capire che ero semplicemente una seccatura;
probabilmente si stava divertendo molto insieme al resto del branco ed
io non
avevo intenzione di disturbarlo oltre. Sapevo bene quanto Jared mi
amasse, di
questo ne ero certa, ma capivo anche il suo bisogno di spazio.
Peccato
che questa consapevolezza portasse con se il dolore più
intenso che avessi mai
provato.
“Alex,
sono stanca.” gli dissi debolmente, cercando di evitare che
la mia voce
tremasse troppo “Vorrei riposare un po’.”
“Certo,
Kim, ti accompagno in camera.” rispose immediatamente Alex,
sorridendomi
luminosamente.
Il
cellulare, nella borsa, non squillava, ed io mi sentivo affogare.
Giorno
4
– Jared Pov
Ciao,
Jared. Stai bene?
Non sei
stato ferito, vero? Mi spaventa non averti sentito. Dimmi che stai
bene, ti
prego.
Io sto bene. Il
campus è accogliente, pulito e divertente. Annie e Mary,
proprio come avevi
loro chiesto, non mi mollano un attimo ed incredibilmente non mi sono
ancora
rotta niente.
Mi manchi, Jared.
Spero tu stia bene. Ti amo.
Il
mio cellulare, insieme a quell’SMS mai letto, era rimasto sul
comodino per
quasi due giorni, mentre, a chilometri di distanza, la battaglia tra
Cullen,
licantropi e neonati era cominciata, esplosa e finita vittoriosamente.
Ed
io, mentre leggevo le sue parole tremanti –anche a distanza,
senza vederla né sentirla,
sapevo riconoscere le sue lacrime dietro quelle parole- piangevo con
lei,
rendendomi di non poterla certo chiamare ora, alle quattro di notte.
La
mattina non era così lontana, pensai sedendomi distrutto sul
letto, ed io,
nonostante le cinque ore e più di battaglia, senza contare
le oltre quaranta
ore passate senza dormire, non avevo intenzione di addormentar-
Troppo tardi.
Giorno
5 – Kim Pov
“Kim,
Kim, Kim, KIM!”
Mi
voltai scioccata da tutte quelle urla e vidi Annie correre verso di me,
sbracciandosi e urlando per attirare la mia attenzione. Era buffissima,
con i
capelli rossi che rimbalzavano sulle sue spalle e le guancie
rossissime, e mi
scappò un sorriso divertito.
Si
fermo a pochi centimetri da me, sorridendomi apertamente.
“L’ho incontrato.”
Corrugai
le sopracciglia. “Chi?”
“L’amore
della mia vita.”
Sentii
il mio cuore stringersi alla parola amore, ma lo ignorai.
“Davvero? E chi è,
Annie?”
Annie
sospirò felice e gli occhi le si illuminarono. “Si
chiama Joshua, frequenta il
secondo anno qui ed è bellissimo. Mi ha chiesto di uscire a
cena, Kim! Devi
assolutamente aiutarmi a decidere cosa mettere. Sono in
panico!”
Sorrisi.
“Hai già in mente qualcosa?”
“Pensavo
ad una gonna, ma forse sarebbe meglio un vestito! No anzi, un paio di
jeans…”
Annie
cominciò ad incamminarsi trasognata verso la sua camera ed
io la segui, un po’
titubante. Avevo lasciato la borsa ed il cellulare nella mia camera, ma
decisi
che, dopotutto, non mi sarebbe servito. Jared non avrebbe chiamato.
“…
Vive a New York, Kim, ti rendi conto? Finalmente andrò via
da La Push!” esclamò
entusiasta Annie.
Cercai
di riportarla con i piedi per terra. “Non esagerare con la
fantasia, Annie,
siete solo al primo appuntamento!”
Lei
sospirò. “Parli bene, tu. Tu e Jared vi sposerete
sicuramente! Non hai questo
tipo di problemi. Io devo seriamente cominciare ad impegnarmi per non
rimanere
zitella!”
Era
così sicura a proposito di me e Jared? Era questa
lì impressione che davamo?
Quei cinque giorni senza di lui mi avevano riempito di dubbi e
insicurezze. Non
sapevo se, con il tempo, qualcosa sarebbe cambiato, ma non volevo
nemmeno
pensarci. Se mi fossi ritrovata sola, senza Jared al mio fianco, cosa
avrei
potuto fare? Ormai mi ero abituata a lui, al suo calore, al suo amore.
Per
quanto sapessi di non meritare la sua adorazione non potevo immaginare
la mia
vita senza.
“Non
lo so più, Annie. Non chiama e non risponde alle mie
chiamate.” Sospirai
tristemente. Oltre alla nostalgia cominciavo ad essere seriamente
preoccupata:
c’era pur sempre una vampira a cui stavano dando la caccia.
Poteva essergli
capitato qualcosa, poteva essere ferito. Non riuscivo a pensare
all’ipotesi
peggiore.
“Dai,
Kim. Si vede lontano un miglio che è innamorato perso di te.
Anche se,
sinceramente, i suoi sentimenti sono cambiati davvero rapidamente. Di
colpo,
oltre ad entrare nella cricca di La Push e crescere in modo mostruoso,
si è
anche innamorato perdutamente di te. È davvero
strano.” Disse pensierosa,
portandosi un dito sotto il mento.
Sentii
subito che dovevo cambiare discorso per proteggere il segreto di Jared
e degli
altri ragazzi. Annie non doveva cominciare ad interessarsi alla storia
mia e di
Jared, o si sarebbe accorta che, in effetti, c’erano molto
punti oscuri.
“Annie, non mi hai detto di che colore sono i capelli di
Joshua…”
Annie
sorrise di nuovo. “Oh, hai ragione! Allora, sono castani, ma
con una strana
sfumatura rossiccia…”
Giorno
5 – Jared Pov
Rispondi,
rispondi, rispondi, rispon-
“Pronto?”
Oh.
Oh, no. Ti prego no. No, no, no, no, no,
no, no, no, NO!
“Harrison?”
ringhiai, senza preoccuparmi
di controllare la voce. Non riuscivo a pensare.
“Padalechi,
meglio tardi che mai!” esclamò allegro, ignorando
la mia rabbia.
Mi
sfuggì un altro ringhio. “Che
cazzo ci
fai al telefono?”
“Squillava
ed io ho risposto!” disse semplicemente, fingendo di non
capire la mia domanda.
“È
IL TELEFONO DI KIM, PEZZO DI MERDA!” scoppia, urlandogli
contro tutta la mia
rabbia accumulata, sentendo il mio corpo iniziare a tremare.
Scoppiò
a ridere per nulla intimorito. “Oh, giusto. Beh lo ha
dimenticato in camera.
Ero venuto a cercarla e tu hai chiamato proprio in quel momento.
Mi
calmai immediatamente. Per un attimo avevo immaginato tutti i peggiori
scenari
possibili.
“Bene,
Harrison, Grazie dell’informazione. Ora vai a cercarla e
passamela.” Ordinai,
passandomi stancamente una mano tra i capelli. Le venticinque ed oltre
ore di
sonno non avevano alleviato la stanchezza dovuta alla battaglia.
“No,
non credo che lo farò.”
Sospirai
pesantemente, appoggiando la fronte sul pugno chiuso ermeticamente.
“Harrison,
è stata davvero una lunga
settimana.
Ho bisogno di sentire Kim. Passamela.” Ripetei, cercando
disperatamente di non
trasformarmi: avrei distrutto la mia camera e buona parte di tutto il
piano
superiore.
Lo
sentii sbuffare. “Oh, come mi dispiace Padalechi, che la tua
sia stata un lunga settimana. Beh,
la mia è una lunga vita.
Non sono figo come te, non
ho i tuoi amici, non ho la tua fama e, soprattutto, non ho la ragazza
che amo.
Ti sei permesso si portarmela via così, da un giorno
all’altro, senza curarti
che ci fosse qualcuno, accanto a lei, che la amava da sempre. A te
è bastato un
giorno. Dio, quanto ti odio. Mi hai portato via Kim, Padalechi, quindi
no, non
credo che te la passerò, adesso.”
Non
potei trattenermi dallo scoppiare a ridere. Harrison diceva di amare
Kim? Non
sapeva nemmeno cosa significasse quella parola. Se avesse conosciuto
l’intensità dei miei sentimenti di certo non
avrebbe mai detto di amarla.
“Senti,
Harrison, non me ne frega un cazzo dei tuoi sentimenti. Voglio solo
Kim, ora.”
“Ti
ho appena detto, Padalechi, che non te la passerò. Questa
è la mia occasione
per lottare e la sfrutterò. Ho intenzione di provarci fino
in fondo e sai cosa
intendo. Ciao, Padalechi.”
“HARRISON,
NON OSARE..!”
Troppo
tardi. Aveva riagganciato e con ogni probabilità spento il
telefono.
Ebbi
appena il tempo di buttarmi fuori dalla finestra prima di trasformarmi.
Toccai
a terra già a quattro zampe, incurante della
possibilità di essere visto,
lanciandomi nella foresta. Ero stanco, triste ed incazzato come mai
nella mia
vita e se l’unica persona che avrebbe potuto alleviare la mia
sofferenza era a
Washington, sarei andato lì. Che Sam, il branco e Bella Swan
andassero a
fanculo.
Giorno
6 – Kim Pov
Controllai
distrattamente l’orologio: l’una e un quarto di
mattina. La festa era durata
parecchio, ma io non mi ero per nulla divertita.
Mi
sedetti su una panchina, avendo cura di non sciupare il bel vestito blu
notte
che Annie mi aveva gentilmente prestato. Lontana da tutto
–musica, colori, Alex-
potevo finalmente concedermi il
lusso di pensare indisturbata a Jared.
Con
la mente ripercorsi i suoi capelli cespugliosi e soffici, tra cui amavo
immergere le mani e cercare di riordinarli. Scelsi lungo la fronte
liscia e
troppo spesso corrugata dalla preoccupazione o dalla stanchezza,
passando sulle
sopracciglia folte e ben delineata fino ad arrivare agli occhi che
tanto amavo,
del marrone più caldo che avessi mai visto. Ripensai alle
emozioni che sapevano
darmi semplicemente posandosi su di me e rabbrividii di piacere,
permettendo
che mi invadessero fino in fondo, toccando il mio cuore.
Tracciai
ad occhi chiusi i tratti del suo viso con attenzione: il naso dritto,
le
guancie magre ma morbide, la mascella squadrata e spesso tesa, il collo
nervoso
e le spalle ampie e muscolose. Pensando al
suo fisico perfetto, ai suoi muscoli che si tendevano
perfettamente
sotto la pelle, sentii le guancie andare a fuoco.
Il
ricordo del suo sorriso brillante, malizioso, divertito o dolce che
fosse, mi
riempì gli occhi di lacrime. Improvvisamente capii che
quello che credevo di
aver provato per la dichiarazione di Alex non era niente, niente.
L’amore che
solamente il ricordo di Jared portava con se era sufficiente a farmi
girare la
testa dall’emozione. La lontananza non aveva scalfito il mio
sentimento con
lui, quell’amore che ormai provavo da tanti, troppi anni.
Allontanarmi da Jared
era andare contro me stessa e lottare contro tutto ciò in
cui credevo.
Nonostante avessi appena diciotto anni ero sicura che non sarei mai
riuscita ad
amare qualcuno con la stessa distruttiva intensità,
così forte da farmi male.
“
Kim.”
Sorrisi
ad occhi chiusi: riuscivo perfino a sentire la sua voce, roca e decisa,
come se
fosse vera.
“
Kim.”, ripetè la voce di Kared.
Stavolta
aprii gli occhi, circospetta. E poi mi sentii svenire.
Era
lì davvero. Jared.
Ci
fissammo a lungo, senza parlare né muoverci. Non riuscivo a
distogliere i miei
occhi dai suoi e le mie gambe si rifiutavano di muoversi.
Dopo
quella che mi parve un’eternità, finalmente il mio
corpo ripartì. Feci un primo
passo tremante, incerta come una bambina che compie i suoi primi passi.
Allungai un braccio verso di lui –il tremolio si era esteso
fino alle dita- e
sentii le lacrime pungermi gli occhi.
“Jared.”
mormorai.
L’attimo
dopo ero tra le sue braccia, l’unico posto in cui avessi mai
desiderato essere
in quei sei giorni scarsi, le mie labbra premute contro le sue nel
bacio più
disperato che ci fossimo mai dati.
Naturalmente
scoppiai a piangere.
Giorno
6 – Jared Pov
È
qui, è qui, sta
bene, mi vuole.
Mi
ripetevo questa mantra nella testa da più di dieci minuti,
ma non era facile
convincermene. Eppure Kim era tra le mie braccia, sana e salva. Sentivo
il suo
calore sulla pelle, le sue lacrime bagnarmi le guancie, la sua bocca
esitare
sulla mia con intensità. Strinsi tra le mani i suoi capelli,
affondando il viso
nell’incavo del suo collo e baciandole la spalla lasciata
nuda dal vestito.
Stavo
finalmente bene. La stanchezza, il
dolore e la rabbia di quei giorni erano evaporati come neve al sole
alla sola
vista di Kim. Il ricordo della battaglia e la preoccupazione per Jacob
erano
stati relegati in un angolo della sua mente, lontani ma presenti.
La
strinsi e la strinsi e
la strinsi per non so quanto tempo. Non volevo
staccarmi, non volevo parlare, non volevo respirare. Ricongiungersi era
meglio di
quanto pensassi: era emozionante più
dell’imprinting stesso.
Non
parlammo mai quella notte. Non c’era bisogno di scuse,
spiegazioni o frasi
d’amore. Tutto quello di cui avevamo bisogno in quel momento
eravamo noi
stessi.
Kim
era stata mia, lo era e lo sarebbe stata, così come il mio
cuore e la mia anima
le sarebbero sempre appartenuti. Di certo pochi giorni di lontananza o
un
semplice adolescente non avrebbero potuto fare niente contro il nostro
amore.
Il sentimento che ci univa era già oltre a tutti i problemi
adolescenziali. Era
uno scalino superiore, un tale livello di coinvolgimento e adorazione
che nemmeno
la morte avrebbe potuto spezzare. Ora sapevo che saremmo potuti stare
lontani
anche anni: il nostro amore eravamo noi stessi. Perderlo avrebbe voluto
dire
perdere la nostra identità.
Avrei
voluto dirle tante cose, urlarle che l’amavo, che mi era
mancata, che avevo
pensato a lei ogni secondo di lontananza.
Ma
le parole rimasero bloccate in gola, rimpiazzate dal peso che sentivo
sullo stomaco.
Ora che l’impellente e martellante bisogno di Kim erano stati
soddisfatti, fui
immerso da tutto quello che avevo accumulato quella settimana: la
lontananza da
Kim, Victoria e i neonati, i turni di guardia, la paura per la mia
famiglia, la battaglia, Jacob
ferito e quasi morto…
Mi
accasciai sulle ginocchia di Kim e piansi tutte le lacrime che mi
tenevo dentro
da giorni.
Può
essere felice, ma il più delle volte non lo è.
Nel nostro caso, esseri che di
umano avevano ben poco, probabilmente sarò più
difficile che per chiunque
altro.
Non
sarà stato sempre bello, né per me, né
per Quil, né per Sam. Sarà problematico
e strano, come lo può essere amare la persona perfetta per
noi contro la nostra
volontà.
Ma,
nonostante tutto, è più forte di noi.
Ehm.
Chiedo umilmente scusa, in ginocchio e cospargendomi i capelli di cenere. Non ho scuse per questo assurdo ritardo, se non che la mia ispirazione sembrava essersi spenta nel nulla. Nulla per mesi, mesi. Mi sono letteralmente strappata le parole dalla testa per scrivere questo capitolo. Non mi piace, ma spero piacerà a voi.
Ringrazio con tutto il cuore coloro che hanno recensito, messo nei preferiti e nelle storie seguite. Questo capitolo è solo per voi.
Spero non vi siate dimenticati di me e che siate ancora interessati a questo piccolo pezzetto d'amore che è la mia storia.
Chiedo scusa se non rispondo alle recensioni questa volta, ma la voglia di aggiornare è davvero troppa.
Baci,
Giuka.