UN DURO ADDIO - OTTO ANNI FA
Parte III
Fujiko era
scomparsa.
Non si
trovava al lago, non era al villaggio, non era a casa. Non era nemmeno
dall’Albero Parlante, perché se Traido la cercava significava che non c’era. O
almeno cosí Ama suppose.
Dov’era sua
sorella?
“Forse aveva
da fare ... ” fece Shika, in cima ad una barca, in pessime condizioni, che
stava costruendo assieme al fratello.
Che i
gemelli avessero la passione delle navi e il mare, era cosa abbastanza
evidente, visto che passavano la metà delle loro giornate a spilluccicare i
relitti delle navi che arrivavano sulla costa e l’altra metà a creare modellini
di navi di ogni grandezza. La più grande che avevano creato, una volta, poteva
portare uno solo dei bambini, ma siccome era stata creata con legni di seconda
scelta, rottami navali e altri oggetti che nessun carpentiere esperto avrebbe
mai toccato, si inabissò dopo essersi staccato cinque metri dalla costa.
Si erano
impuntati di creare una barca che potesse portare loro e Ama a veleggiare sul
mare. Anche se sapevano che Ama non voleva vedere il mare, quell’infinita
distesa d’acqua senza fine.
Mi i gemelli
non smettevano mai di sperare. Anche perché era la promessa che si erano
scambiati un giorno lontano sulla spiaggia:
“Un giorno veleggeremo le onde del
mare noi tre assieme! Lo promettiamo? Avremo una ciurma di pirati con noi e
solcheremo il mare con una barca che costruiremo!”
“Ce la faremo?”
“Certo che ce la faremo!”
“E tu Ama verrai con noi!”
“IO?”
“Sì! E sarai il vicecapitano!”
“E chi sarà il capitano?”
“Io!”
“NO, IO!”
“Facciamo un giorno per uno,
fratello?”
“Affare fatto!”
E così
quella promessa campata in aria da tre bambini rimase fino ad allora. E Shika e
Tika avrebbero fatto di tutto per mantenerla!
“E quella
maledetta nuvola di fumo … si è avvicinata!” gemette Ama, guardando in
lontananza il fumo che, aveva notato si era avvicinato più di quanto
ricordasse.
“In effetti
è anomala …” commentò Tika, arrivando in quel momento con delle travi sotto il
braccio. “Shika, perché non molliamo tutto e torniamo a casa per oggi? Io sono
stanco e potremmo approfittarne per aiutare Ama a trovare Fujiko-san”
Shika alzò
le spalle:
“Ok. Ma in
cambio lavi tu i piatti.”
“Ma l’ho
fatto ieri!” si imbroncò il bimbo. Shika stava per replicare, ma Ama fu più
sventa.
“Andiamo,
per favore!” strillò, tirando per il braccio Tika e ponendo fine alla
discussione tra i gemelli.
*
* *
Nel
villaggio c’era agitazione. La gente correva qua e là. Le madri richiamavano i
figli nelle case. Gli anziani si aiutavano a vicenda per proteggersi e gli
uomini avevano preso bastoni e qualche arma rudimentale (magari qualche
utensile da campagna) e rispondevano alla chiamata di Fujiko che, armata del suo
immenso ventaglio, era ferma sul molo. Aspettava, con lo sguardo truce e
preoccupato rivolto verso il mare e il fumo che si avvicinava inesorabilmente.
“Sorella!”
gridò Ama non appena la vide.
La Bella
sembrò risvegliarsi da uno stato di trance e si voltò verso la voce che la
chiamava:
“Amarante!”
la ragazza accolse la sorellina tra le braccia. “Che ci fai qui Ama?” chiese
preoccupata, allontanando la piccola da lei.
“Non ti
trovavo più …” mormorò la bimba con un senso di colpevolezza nella voce. Fujiko
allungò il collo oltre la sorellina e vide Shika e Tika che facevano
“ciao-ciao” con la manina verso la Guardiana.
“FUJIKO-SAMA!
LA NUVOLA SI AVVICINA!” gridò un uomo, indicando la nuvola di fumo che si
faceva sempre più grande e minacciosa.
I gemelli la
guardarono strizzando gli occhi:
“Shika …”
“Sì?”
“Non ti
sembra …”
“Sì.”
“…
assomiglia ad una nave.”
Fujiko si
voltò di scatto verso di loro, facendo brillare al sole i suoi capelli biondi e
i ricami della sua casacca.
“Come?”
“Il fumo …
assomiglia ad una nave …” mormorò Shika.
Fujiko si
voltò di nuovo verso il mare e scrutò minacciosa e agguerrita il fumo-nave.
Aprì il suo
ventaglio:
“Oooooh …
ragazzi … mettetevi al riparo …” sussurrò appena Ama rivolta ai gemelli che,
frastornati e abbagliati da quella visione, non si mossero.
LAME DI
SCIROCCO!
Gridò Fujiko
e dal ventaglio, migliaia di raffiche di vento caldo si infransero sul fumo,
dissipandolo.
E dopo
l’intera isola che era presente sul molo, trattenne il fiato: un nave di
pirati, una nave dalle vele rosso scarlatto e dal jolly roger minaccioso, con
barba e capelli rossi che circondavano il teschio come intrecciati tra di loro
e una lancia e un’ascia al posto delle ossa, avanzava sulle onde del mare. E su
di essa, la ciurma, sventolando armi e gridando come ossessi, si preparavano a
fare razzia:
“I PIRATI!”
“I PIRATI!!
CI SONO I PIRATI!!”
Il panico di
diffuse in poco tempo, come una macchia d’olio.
Ama si
aggrappò alla sorella e quest’ultima, avvertendo la sua presenza, si voltò
verso di lei:
“Ama, vai da
nostro padre e nascondetevi nella foresta. Porta con te anche i gemelli, ma
andate a nascondervi! Non fatevi trovare!”
Ama annuì
spaventata ma non riuscì a lasciare la presa sull’abito della sorella maggiore.
Fujiko avvertendo la paura della bambina, si accucciò per raggiungere la sua
altezza e guardarla negli occhi color miele:
“Ama, quale
è la seconda regola dei Guardiani dell’Albero?”
“La seconda
regola … il Coraggio.” Mormorò la bimba, incerta. Fujiko sorrise e le accarezzo
i capelli. Poi l’abbracciò:
“Ama tu hai
tanto coraggio dentro di te. Non lasciare che la paura guidi le tue azioni.
Abbraccia il coraggio e allora sarai libera!” le sussurrò all’orecchio.
“Fujiko …”
gemette la bambina.
“SHIKA!
TIKA! PORTATE MIA SORELLA AL SICURO!”
“FUJIKO!”
gridò Ama, quando sentì i gemelli che la portavano via dal molo con forza.
*
* *
“State
pronti alla battaglia. Non vengono con intenzioni amichevoli, quindi non
lasciatevi intenerire. Tenete gli occhi aperti. E per la miseria, che qualcuno vada
a cercare Traido!” Fujiko mandava ordini a destra e a manca, mentre, con la
coda dell’occhio vedeva la sorella portata via dai gemelli. “Avrò bisogno del
vostro aiuto, gente. Non posso farcela da sola.”
“Ti
aiuteremo, Fujiko-sama”
Ma il cuore
della Guardiana era pesante. Se solo Traido, il secondo Guardiano, fosse stato
lì, si sarebbe sentita più al sicuro. Ma non era lì e nessuno sapeva sapere
dove si fosse infrascato.
Ed ora lei
doveva pensare alla sicurezza dell’isola, dell’Albero, ma soprattutto di sua
sorella.
*
* *
“Lasciatemi!
Per tutti i mari lasciatemi andare da mia sorella!”
“Non essere
sciocca, Ama!” sbraitò il vecchio Tortus, che si era aggiunto, assieme ai suoi
cuccioli sperduti, ai gemelli e alla figlioletta. “Se Fujiko ha detto di
nascondersi, dovete farlo!”
“Dovete?
Perché? Cosa farà lei, Tortus-san?” chiese Shika, fermando di botto la sua
corsa e facendo ruzzolare a terra, per la sorpresa, il fratello:
“Io? Io non
lascerò mia figlia combattere da sola!” tuonò l’ex Guardiano, agitando sopra la
testa un bastone nodoso e mettendosi il suo miglior elmetto di tartaruga.
“Gemelli, portate Ama al sicuro e non fatevi scoprire per nulla al mondo!”
“CHE COSA?!
NO!” gridò la bambina. “Perché tutti devono combattere e io non posso fare
nulla! Ho dei poteri e conosco le tecniche di combattimento dei Guardiani!
Posso combattere!”
“Sei sicura
di quello che dici? Credi davvero che un pesciolino rosso potrebbe vincere
contro degli squali?” chiese criptico Tortus.
“Non voglio
che la paura mi soffochi!” strillò la piccola “Io non sono una vigliacca!”
Tortus
sorrise e accarezzò la testa di Ama:
“Lo so bene.
Nessun portatore di un Frutto del Diavolo avrebbe sfidato, con il tuo stesso
coraggio, il mare, per recuperare una pianta che avevi creato con amore. Ma non
è una questione di coraggio o vigliaccheria, Ama. Non puoi usare i tuoi poteri
perché ti stancherebbero in poco tempo. E a quel punto saresti solo un
impiccio.”
Il vento si
alzò forte, soffiando tra i capelli rossi della bambina e Tortus si guardò
intorno.
“Fujiko ha
iniziato ad usare il suo ventaglio. Devo fare presto.”
Affidò i
cuccioli ai tre bambini e scomparve tra gli alberi.
“Andiamo,
presto!” strillò Tika, afferrando Ama per la manina e correndo nel bosco,
seguiti da Shika e da tutti i cuccioli.
“E dove
andiamo?” chiese Ama, ancora combattuta tra il rimanere e l’andare a combattere
con la sorella e Tortus.
“Andiamo
alla grotta dei cristallo. Dove ci sono i relitti delle navi che sono state
distrutte dalla Revers Mountain. Nessuno ne conosce l’esistenza.”
*
* *
Si
sbagliavano di grosso. Dopo aver superato muri lisci come l’interno di una
conchiglia, relitti di navi che facevano da ostacolo e altro ancora, Shika,
Tika e Ama si trovarono di fronte ad una seconda nave pirata. Con lo stesso
jolly roger della nave pirata che avanzava inesorabile verso il porto. Quella
nella grotta era grande in doppio della nave del porto e c’erano anche più
pirati al suo interno. Uno di questi, era alto almeno quanto un Gigante, pensò
Ama, e non presagiva nulla di buono. Indossava una casacca rossa, un mantello
blu e dei lunghi pantaloni. Portava sulla schiena un'ascia. Aveva una lunga e
ispida barba rossa, era intrecciata in un'unica treccia che arrivava fino
all'ombelico. Ama sentì la rabbia montare: quello doveva essere il capitano di
quella bolgia di pirati, dal momento che tutti si toglievano il cappello al suo
passaggio.
“Capitano
Barbarossa” fece una voce gracchiante “il veleno è pronto.”
“Maneggiatelo
con cura.” Rispose l’uomo chiamato Barbarossa. “Dobbiamo portarlo fuori dalla
caverna. Solo allora lo libereremo nell’aria.”
“Mi chiedo
per quale assurda ragione abbiamo dato retta a quel bamboccio …”
“Perché mi
ha offerto su un piatto d’argento quello che voglio, navigatore. Ecco perché.”
“Allora
perché usare il veleno?”
“Perché se
gli abitanti e la Guardiana di cui ci ha parlato il ragazzo dovessero opporre
resistenza, lo useremo per far cambiare loro idea. E ora basta parlare!
Muoversi uomini! Prendiamoci l’Elisir dell’Immortalità!”
“L’Elisir!
Cercano l’Elisir dell’Albero Parlante!” squittirono Shika e Tika.
“Calma
ragazzi! Dobbiamo avvertire mia sorella e tutti gli altri di quello che abbiamo
scoperto! Altrimenti tra pochi minuti saremo alla loro mercé!” soffiò Ama verso
i gemelli. La bambina si portò le mani alla testa e pensò intensamente.
“Ragazzi, tornate indietro e avvisate Fujiko … io provo a fermarli.”
“CHE COSA
VUOI FARE?” sussurrarono i due ragazzi, con voce isterica.
“Fate come
ho detto, ragazzi! Tornate al porto! Impedirò a quei pirati di invaderci!”
“AMA, NO!”
ma la bimba era già scomparsa saltellando sui legni delle navi.
Il suo corpo
era immune dai veleni. Lo aveva constatato lei stessa: dopo qualche tempo che
aveva mangiato il Frutto Linfa-Linfa, si era punta con le spine di una pianta
rampicante, chiamata Sonno Senza Fine, perché nelle sue spine risiedeva una
sostanza tossica che faceva cadere in un sonno eterno chiunque venisse punto.
Ma lei no. La sua linfa la proteggeva dai veleni di qualunque genere.
Se aveva
fortuna, poteva utilizzare la sua linfa per eliminare quel veleno.
Ce la poteva
fare. Guardò i pirati: il veleno fu portato sul ponte. Era all’interno di una
specie di giara, molto grande, trascinata su un carro. Da lì in poi l’avrebbero
portata dovuta portare a mano, perché non esisteva una passaggio sicuro. O
almeno non uno che loro potessero conoscere.
“Dov’è il
passaggio?” chiese il capitano Barbarossa a qualcuno alle sue spalle che era
appena arrivato sul ponte, assieme al gruppo di pirati che portava il carro con
il veleno.
Ama aguzzò
la vista e la prima cosa che riconobbe fu una casacca dai disegni dorati e
tortuosi come rami di albero.
Poi vide una
testa piena di dreadlocks
scuri.
Trattenne
il fiato. Era Traido.
“Prima
ribadiamo i punti del nostro accordo.” Ama lo sentì parlare, ma la sua voce le
sembrava lontana. Come se fosse ovattata.
“Solo
la Guardiana che è ancora fedele alla sua causa può portarvi all’Albero
dell’Elisir. Pertanto non dovrete ucciderla. E anche dopo che vi ha condotto
laggiù, non dovrete torcerle un capello. Non deve morire.”
“Va
bene.”
“E
anche gli altri abitanti. Non fare loro del male. Se ti limiterai a
minacciarli, Fujiko farà qualunque cosa per proteggerli …”
Barbarossa
lo guardò male.
“…
quindi non hai bisogno del veleno.”
“Non
mi fido mai del primo pivello che mi offre ciò che voglio con troppa facilità.
Il veleno verrà trasportato fuori e se succederà qualcosa alla mia ciurma, non
esiterò ad utilizzarlo avvelenando l’aria. Posso trovare questo fantomatico
Albero dopo che avrò raso al suolo la foresta.”
Traido
strinse i pugni arrabbiato:
“Fai
come vuoi. Ma ricordati di distruggere l’Albero, una volta che avrai ottenuto
quello che vuoi. Così sarò finalmente libero.”
Barbarossa
sghignazzò.
“E
non potevi farlo tu, molto tempo prima?”
“Datti
una mossa a fare quello che devi fare, altrimenti perderai solo altri uomini al
porto.”
*
* *
Assurdo.
Assurdoassurdoassurdoassurdoassurdoassurdoassurdoassurdoassurdo!
Traido
era un Guardiano. Era un amico di sua sorella.
Perché
li aveva traditi? E soprattutto perché non portava lui stesso i pirati
dall’Albero, se era davvero d’accordo con loro?
Cosa
doveva fare, ora? Contò nella mente i pirati presenti e constatò che erano una
ventina. Doveva pensare a come fare per immobilizzarli: non poteva rischiare di
liberare il veleno contenente nella giara.
Sentì
che uno dei suoi piedini veniva solleticato. Si voltò e a terra vide un
germoglio sgualcito e pestato di edera velenosa, di quelle rampicanti. Ne toccò
le foglie con delicatezza come fosse stato un uccellino agonizzante. L’edera si
arrampicò lungo le sue dita. Ama alzò gli occhi dalla piante verso gli uomini,
poi tornò sulla piantina.
Ho bisogno del
tuo aiuto, Edera Velenosa.
Pensò
nella sua testa ed improvvisamente, dopo aver liberato un poco della sua linfa,
la pianta, da piccola che era prese a crescere, fino a diventare così lunga e
resistente, che Ama poté vedere le sue radici quasi circondavano l’intera
caverna. La bimba calò lungo una parete, stretta dall’edera e protetta dalle
foglie. Mimetizzandola.
Portami vicino
ai pirati.
La pianta
obbedisce e con grazia l’accompagna, passandola da un ramo ad un altro. E
quando Ama fu abbastanza vicina ai pirati in cammino verso l’uscita, chiude gli
occhi.
In un attimo
le radici dell’edera velenosa escono dal terreno infrangendosi sui pirati,
stringendoli, avvolgendoli come serpenti e bloccando le ruote del carro dove
era si trovava il veleno. Bloccando i movimenti degli uomini che, urlando,
vengono trascinati all’interno del terreno.
“SIAMO
ATTACCATI!” urla qualcuno e sguaina una spada. Ma le radici dell’edera si fanno
più vicine e agguerrite.
Ama,
nascosta delle foglie, poteva vedere gli uomini che cercavano di tagliare i
rami e le radici della pianta e sentire il dolore dell’edera come se fosse
stato suo.
“So chi c’è
dietro a tutto questo … ” mormorò Traido avanzando con il suo spadone e facendo
fatica ad evitare gli attacchi della pianta. Gli occhi del ragazzo si puntarono
su una specie di bozzolo dell’edera, all’interno del quale scorse le gli occhi,
simili a pagliuzze dorate, di un bambina che conosceva bene.
“Fai largo
ragazzino!” berciò il Capitano Barbarossa, agguantando le radici della pianta e
sradicandole da terra con tutta la forze che possedeva.
Ama sentì
gemere la pianta e venire trascinata con essa dalla forza bruta del capitano de
pirati, finoa che non si ritrovò completamente separata dalla pianta che ancora
si muoveva nelle enormi mani del pirata che l’aveva separata dal terreno. Ama
invece rotolò a terra, con i capelli intrecciati dalle foglie e dai piccoli
germogli dell’edera, con le braccia avvolte da alcuni rami della pianta che non
erano stati sradicati.
In pochi
minuti, Ama vide il piarata Barbarossa gettare la pianta nel mare e rivolgere
uno sguardo alla bambina a terra. Ora che lo guardava bene, Ama si accorse che
quell’uomo era cresciuto molto di più da quando l’aveva visto all’inizio …
prima sembrava un uomo molto grande. Ora sembrava un gigante.
“Chi diavolo
sei piccoletta?” abbaiò l’uomo, puntandole addosso un dito.
“Ti rispondo
io per lei.” Fece svelto Traido. “È la sorella della Guardiana.”
Barbarossa
spostò lo sguardo da Traido verso la bambina che rantolava a terra furiosa, e
poi si allargò in un ghigno pericoloso e malvagio.
“Bene. Una
ragione in più per fare in modo che la Guardiana faccia quello che voglio.
Prendetela!”
Dei pirati,
tra cui Traido, afferrarono la bambina per le braccia:
“LASCIAMI!
LASCIAMI! TRAIDO, SEI UNO SPORCO TRADITORE …”
“Falla star
zitta, Traido altrimenti la sentiranno tutti.” Commentò Barbarossa, camminando
di fronte a tutti e uscendo finalmente dalla grotta. Non c’era nessuno in giro:
i gemelli non erano riusciti a far venire lì gli abitanti. Ama fissò con astio Barbarossa. I rametti
rampicanti di edera che erano ancora arrotolati intorno alle braccia, alle
caviglie e al collo, presero a muoversi. Erano troppo piccole e Ama aveva usato
troppa linfa precedentemente. Ora era stanca, ma combatteva contro il sonno per
evitare che i pirati raggiungessero sua sorella. La sua unica speranza era che
i gemelli avessero raggiunto il porto e l’avessero avvisata. Ma ora doveva
agire, doveva fare qualcosa.
Qualsiasi
cosa …
Guardò
l’edera velenosa attorno al suo collo e ai suoi polsi …
L’edera …
poteva usare la linfa dell’edera per scatenare il pandemonio! L’edera è
urticante, avrebbe fermato per un po’ i pirati giusto in tempo per raggiungere
sua sorella!
Strinse i
pugni e si concentrò: sentì l’edera avvizzire. E la linfa di quest’ultima
generarsi intorno a lei come un vortice.
Uno dei
pirati che la bloccavano gridò e allontanò le mani dalla bambina per
guardarsele terrorizzato: erano piene di bolle e vesciche. La linfa dell’edera
funzionava.
“Cosa
succede?!” gridò il capitano Pirata, giusto un attimo prima di essere investito
da una nuvola di polvere linfatica altamente urticante.
Nuvola di
Linfa Velenosa.
La bimba
cadde a terra e si guardò intorno: i pirati gemevano a terra torcendosi dal
dolore lancinante delle piaghe. Anche Barbarossa era stato colpito in pieno. Ma
a differenza degli altri sopportava stoicamente il dolore e agguantò le bambina
per i capelli tirandola su alla sua altezza:
“Sei una
vera piantagrane, piccoletta! Da dove nasce questo tuo potere? Hai mangiato
anche tu un Frutto del Diavolo?”
Che significa “anche tu”?
Barbarossa
mostrò la mano destra che si ingigantì a dismisura, mentre il resto del corpo
rimase di una forma pressappoco normale:
“Ho mangiato
il Frutto del Diavolo Size-Size, e da allora posso ingrandire o diminuire
qualunque parte del mio corpo, rendendomi piccolo come uno scarafaggio o
possente e forte più di un Gigante!”
“Allora
scendi alla mia altezza, ciccione, così ti faccio vedere quanto sono
rompiscatole!” strillò la piccola, dimenandosi e ingoiando la paura alla vista
di quella mano che poteva schiacciarla in un attimo.
Barbarossa
rise:
“Portami
dalla Guardiana, e a nessuno della tua gente verrà fatto del male.”
“MAI!”
“Voglio
l’Elisir dell’Immortalità non sarà un topolino come te a fermarmi.”
“NON ESISTE
QUESTO ELISIR!” strillò la piccola. “IL NOSTRO ALBERO NON PRODUCE NESSUN ELISIR
DEL GENERE! TRAIDO TI HA MENTITO!” era intenzionata a fermarli, anche con una
bugia. Era intenzionata a farla pagare a Traido per aver tradito la sua
fiducia.
Il pirata
guardò Traido. Questi deglutì:
“Sta mentendo
Red Jolly, l’Elisir esiste.”
“Chiamami
Barbarossa. Nessuno deve sapere il mio vero nome.” Abbaiò il pirata.
“NON HO
MENTITO! L’ELISIR NON C’É. IL NOSTRO ALBERO GENERA SOLO UNA LINFA CHE RENDE IL
TERRENO FERTILE E CHE FA MUOVERE LE PIANTE! NON ESISTE L’ELISIR!”
Poi una
forte raffica di vento si abbatté su di loro e nello stesso istante Fujiko
apparve sguainando il suo ventaglio. Insieme a lei i gemelli, Tortus, i
cuccioli e alcuni abitanti dell’isola.
“Lasciate
andare Amarante!” strillarono i gemelli, all’unisono.
Barbarossa
fissò la giovane ragazza bionda che lo guardava con odio:
“Tu sei la
Guardiana, giusto? Portami l’Elisir dell’Immortalità o la tua cara sorellina
non vivrà ancora a lungo.” Sibilò, stringendo i capelli di Ama, che ormai
lacrimava per il dolore.
“L’Elisir
che cerchi non esiste!” strillò Shika. “È solo una leggenda!”
“Io credo
alle leggende e non credo a voi. Portatemi dal vostro Albero o farò gettare il
topolino nell’acqua di mare!”
“NO! L’ACQUA
NO!” strillò la bambina, terrorizzata fino alle ossa.
Furono gli
alberi a reagire. Allungarono le radici fino ai pirati e li bloccarono come era
successo poco avanti con la pianta di edera.
A quella
vista anche Amarante reagì, rilasciando altra linfa velenosa dell’edera che
riempì l’intero braccio di Barbarossa di piaghe, che, lanciando un grido di
dolore, la lasciò andare.
“Ama!”
Fujiko non perse tempo e l’avverrò al volo.
“Sorella!
Traido ha guidato fino a qui i pirati! Ci ha venduti! Vuole distruggere
l’Albero!” ansimò la piccola.
“COSA?!”
Poi il grido
di Barbarossa squarciò l’aria.
“Se non mi
darete l’Elisir con le buone, lo farete perché costretti!” si avvicinò al carro
contenente il veleno.
“NO!” gridò
Ama, ma fu tutto inutile. Il pirata aprì l’ampolla, si coprì la faccia e lasciò
uscire una polvere, che entrando in contatto con l’aria diventava una terribile
nuvola nera, tossica, che penetrava le narici impedendo la respirazione. In
pochi minuti la zona dove si trovavano tutti fu invasa dal veleno ed in altri
pochi minuti la nube di propagò per tutta l’isola, avvelenando l’aria e facendo
crollare a terra le persone. Solo Ama, ancora stretta tra le braccia di Fujiko,
non sorbiva effetti del veleno.
“FUJIKO!
SHIKA! TIKA! TORTUS!” tutti stavano cadendo intorno a lei, cadendo sotto
l’influsso malefico del veleno.
Chiuse gli
occhi per impedire alle lacrime di uscire.
Maledetti
pirati!
MALEDETTI!
Maledetto
Red Jolly Barbarossa e maledetto Traido!
Ma non
avrebbe lasciato che tutto andasse in malora, nossignore! Doveva agire. E
lasciò che il suo potere prendesse il sopravvento.
Aprì
leggermente le palpebre, rivelando i lucenti occhi ambrati, persi, senza
pupilla. Dalle mani, cominciò a levarsi la sua polvere di linfa che si
avvolgeva come un mulinello intorno alla sua piccola figura. La bocca si muoveva
impercettibilmente. La pelle risplendeva come i raggi di sole. La polvere d’oro
continuava ad avvolgerla come un tornado d’aria e infine, gridando, esplose, infilandosi
ovunque, nelle radici degli alberi, nei vestiti, nelle bocche delle persone e
nei loro nasi.
Respiro di
Vita.
Ama fu
scossa da un tremito e, esausta e senza fiato, cadde in ginocchio. Intorno a
lei la nube tossica si era dissipata e la gente ricominciava a riprendersi,
sconvolti.
Perfino
Barbarossa rimase stupito da quell’evento. Poi ringhiò rabbioso come non mai:
“Prendete la
bambina, uomini! E gettatela in mare se necessario!”
Ama
strabuzzò gli occhi e vide tantissimi uomini andarle incontro. Furiosi.
E il vento
intervenne di nuovo:
“AMA,
FUGGI!” gridò Fujiko, brandendo il suo ventaglio e scagliando raffiche di vento
taglienti come colpi di spade.
Corse,
Amarante, corse nel bosco, con i rami che si spostavano al suo passaggio e si
richiudevano dietro di lei per fermare i suoi inseguitori. Sentiva le loro
grida dietro di se, ad un soffio dalle orecchie.
Sentiva le
gambe perdere forza, sentiva il sonno prenderla come una morsa.
Sentiva gli
effetti del suo potere, usato troppo a lungo.
Sentiva il
vento dietro di sé. Forte, impetuoso eppure delicato.
Il vento,
dalle mani soffici, voleva sollevarla, come se fosse stato un uccellino che
batteva le ali per la prima volta.
Mangia il bocciolo di edera, Figlia
dell’Albero.
Una voce
nella sua testa. Come quando era tornata indietro dalla morte per annegamento.
La voce
degli alberi.
Mangialo e il vento ti solleverà.
Afferrò il
bocciolo, attorcigliato intorno ai suoi capelli. Lo ingoiò.
E in un
attimo il suo corpo fu scosso dal solletico. Un solletico che faceva male. Che
ti costringeva a ridere dal dolore.
Il suo corpo
divenne incorporeo.
Sentiva il
vento che la sollevava e le attraversava le carni.
Ama guardò
il suo stesso corpo scomparire e diventare una nuvola di foglie d’edera e
polvere di linfa. Vide i suoi inseguitori, sgomenti di paura, allontanarsi
dalla sua vista.
Il vento la
sollevava con le sue mani soffici. La faceva volare in alto, oltre gli alberi.
Ama vide che
tutta l’isola era stata avvolta dalla nube tossica. Non poteva risanare l’aria,
ora. Non sapeva nemmeno come aveva fatto poc’anzi.
Il sonno si
fece più forte. Era impossibile resistergli. Era stanca.
Pregò che il
vento non l’abbandonasse e la lasciasse in un luogo sicuro.
E poi venne
il buio.
*
* *
“… capisco
la tua preoccupazione ma non abbiamo altra scelta. Non posso lasciare che la
gente del villaggio muoia a causa del veleno. E non posso neanche permettere
che quel maledetto pirata ti raggiunga e prenda l’Elisir.”
La voce di
Fujiko.
Sorella …
Non posso
permettere che tu ne vada di mezzo, Guardiana.
Chi … a chi appartiene questa voce
imperiosa che sento nella mia testa?
“Devo farlo,
Albero.”
Deve sempre
esistere un Guardiano.
“Scegli uno
dei bambini dell’isola. Qualcuno degno di questo compito ci sarà.”
La piccola
che hai portato con te.
“NO! MIA
SORELLA NO!”
Fujiko … perché hai paura?
Perché è ancora tutto buio?
È l’unica
bambina rimasta. Gli altri giovani sono stati catturati dai pirati.
Ricordati
che io riesco a vedere quello che succede sull’isola grazie agli alberi del
bosco.
“Mia sorella
è ancora piccola …”
Ma so che le
hai insegnato i rudimenti dei Guardiani.
“Ti prego …
se la scegli non sarà mai libera.”
Ama aprì gli
occhi e vide: vide un albero maestoso, più che centenario, dal volto umano e
dalla chioma maestosa. Sua sorella, inginocchiata ai suoi piedi. I rami e le
radici di quell’albero erano grandi come Ama non ne aveva mai viste. Le foglie,
erano di un delicato color oro e rame. C’erano fiori, simili ai fiori di loro,
che facevano cadere sulla terra un sottile e morbido polline bianco che
assomigliava a neve. Non esistevano alberi così. Quello era unico.
Era l’Albero
Parlante, l’Albero dell’Elisir dell’Immortalità.
L’Albero
della Vita.
E
risplendeva di luce e di vita.
La sua
corteccia, aveva un aspetto umano. Sembrava che la sua corteccia fosse un volto
umano.
Era posto su
una piccola isoletta, al centro di un enorme lago.
Dov’era quel
posto? Dove si trovava? Non esisteva un luogo come quello sulla loro isola.
La libererò,
quando il pericolo che sta dilagando su quest’isola sarà finito.
E quando ci
sarà un altro Guardiano che prenderà il suo posto, come hai fatto con tuo
padre.
La voce
dell’Albero non era udibile nelle orecchie. Solo nella testa. Solo chi si
spingeva vicino all’Albero poteva sentirne la voce. Ama si alzò a fatica e si
avvicinò alla sorella.
“Essere
Guardiani è una maledizione, non un privilegio.” La sentì singhiozzare.
La libererò.
Te lo prometto, Guardiana Fujiko.
E la
proteggerò. So quanto la ami.
Ora è tempo
di salutarla. Non possiamo più aspettare.
Altrimenti
la gente dell’isola morirà avvelenata.
“Sorella …”
Ama avvicinò una manina sulla spalla di Fujiko. La ragazza allontanò lo sguardo
da lei e chiuse gli occhi. Si passò una mano sul volto.
“Ama … devo
darti una cosa che mi appartiene e che oramai devi avere tu.”
“Fujiko cosa
…”
Si sfilò, da
sopra la testa, la sua casacca bianca ricamata, rimanendo in reggiseno. Poi si
slacciò la collana con il suo frammento di pietra verde e la dette ad Ama che afferrò
tutto questo titubante.
“Ama … non
potrò più proteggerti d’ora in poi …” sussurrò Fujiko tristemente. “… dovrai … dovrai
imparare e vivere senza di me … sorellina …”
“Fujiko …”
Ama ora stava piangendo.
“Ascoltami
Ama: so che non potrai capire quello che ti sto per dire … ma io devo farlo. Ho
chiesto all’Albero di risanare l’aria dell’isola. Così che la gente si possa salvare
dal veleno. È il mio desiderio. E ho chiesto all’Albero di realizzarlo.”
“Ma … Fujiko
…”
“C’è un
prezzo da pagare, per questo. Ed è troppo alto.”
“FUJIKO,
NO!” gridò la bimba, abbracciando i fianchi della sorella.
“CHE NE SARÁ
DI ME?!” era egoista e lo sapeva. Ma non voleva che sua sorella se ne andasse a
quella maniera. Non voleva che l’abbandonasse.
Fujiko le
strinse le spalle:
“Sai … una
volta Tortus mi disse che c’è un tempo nella vita in cui i figli devo imparare
a camminare con le loro gambe. Per te è precoce, ma quel tempo è giunto. Ama.
Ti prego. Non piangere.” Sussurrò “La vita mi ha concesso la felicità di averti
come sorella. E anche se il sangue non ci lega lo saremo per sempre, perché
abbiamo dormito nello stesso letto, abbiamo condiviso lo stesso cibo e abbiamo
pianto quando ce n’era bisogno. Ora devi camminare da sola. Non potrò più
tenerti per mano.”
“Fujiko …”
“Promettimi,
che non ti caccerai troppo nei guai. Che sarai sempre la bimba allegra che
corre scalza per i boschi. Promettimi che un giorno sarai libera come il vento.
Promettimi che sarai libera anche per me.”
“Ti prego …
sorella …” Ama sollevò il voltò sulla sorella e la vide piangere senza vergogna
e senza fare nulla per impedire alle lacrime di scendere.
“Ti voglio
tanto bene, Ama. Diventa eccezionale, perché so che lo sei di già. Ma
dimostralo a tutti. Sii eccezionale”.
Dopodiché le
lasciò le spalle e si diresse di spalle verso l’Albero. E Ama cadde a terra. Le
gambe non la reggevano, ma non sapeva se per stanchezza o quello che stava
succedendo.
“Sono
pronta” disse Fujiko.
L’Albero
prese a muovere le foglie e i rami, la sua corteccia si spostò dal tronco e un
ramo raccolse una goccia di linfa bianca e melmosa che cadeva dalla sua
corteccia. Fujiko prese quella goccia con le mani a coppa.
“Sarà
doloroso?” chiese.
L’Albero
mosse le frasche per negare. E Fujiko bevve la linfa bianca dell’Albero.
Quello che
Ama vide non poté mai dimenticarlo. Fujiko avanzare verso l’Albero e toccarne
la corteccia ruvida. E poi un’esplosione bianca. La luce divenne troppo forte.
La terra tremò. E quando Ama riaprì gli occhi, Fujiko non c’era più. Al suo
posto era rimasto il polline dei fiori e un colpo di vento che accarezzò il
volto umido della bambina.
*
* *
Ama si
riprese dopo diverse ore di sonno.
Si era
addormentata ai piedi dell’Albero. Incapace di pensare. Incapace di muoversi.
Aveva un dolore lancinante al petto che non la lasciava respirare. Stringeva
tra le mani la casacca di Fujiko, respirando il suo profumo.
Fujiko … non
c’era più. Scomparsa nel polline dell’Albero.
Non aveva
neanche più lacrime da piangere.
Non aveva
neanche paura. Non provava niente. Solo rassegnazione.
L’Albero le
aveva parlato. Le aveva detto che era la sua nuova Guardiana. Le aveva detto
che doveva portare in un luogo al sicuro la gente del villaggio. In una
montagna. Dove potevano vivere al sicuro. Li avrebbe protetti lui e i pirati
non li avrebbero trovati.
Le aveva
detto di dire a tutti di ignorare l’ubicazione dell’Albero.
Aveva detto
di dire che l’Albero si era nascosto.
Aveva
scoperto che i bambini e altre persone erano state catturate.
Shika e Tika
erano tra questi. Perfino Mio, la sua rivale. Tutti catturati. Ora era davvero
sola.
Aveva scoperto che Barbarossa si era istallato
nel loro vecchio villaggio e che furioso, aveva ordinato ai prigionieri di
scavare all’interno nell’isola per trovare il suo Elisir. Secondo quello che aveva scoperto, Traido lo aveva
convinto che l’Albero si era inabissato all’interno dell’isola e solo con una
galleria nella terra, poteva sperare di trovarlo.
Traido ora
era davvero un reietto, un traditore. Era morto, per lei. Il caro amico di sua
sorella. Li aveva venduti. Lo odiava per questo.
Lo aveva
affrontato una volta. Un giorno, che aveva deciso di scendere a liberare i
prigionieri delle miniere. Lui era di guardia.
Era bravo a
combattere e lo sapevano entrambi. E quando Ama fu alle strette, lo colpì con
la mano aperta, sulla guancia sinistra. Liberò, in quell’occasione, una linfa
velenosa, che gli bruciò la guancia, lasciandolo a terra dolorante e, in
seguito, una cicatrice su tutta la gota, che gli scendeva lungo il collo, come
una ragnatela.
Ogni volta,
Ama spariva e tornava ai piedi dell’Albero, stremata.
Avvolta nella
casacca della sorella, troppo grande per lei. E restava così, in silenzio.
Ed ogni
giorno scendeva in guerra contro i pirati, per liberare la sua gente, un popolo
oppresso che, saputo del sacrificio della sorella, anziché rispettarla, presero
a discriminarla.
Solo Tortus
e i cuccioli le erano ancora vicini.
Ma la verità
era che vera Amarante era lontana da tutti loro, oramai.
E sarebbe
tornata solo quando quell’incubo sarebbe finito.
Aveva dimenticato
di essere stata una bambina allegra.
Aveva dimenticato
la sua infanzia e velocemente era cresciuta ed era diventata una donna.
Era stato un
duro addio.
ANGOLO DELL’AUTRICE:
OMMIODDIO NON CI POSSO CREDERE!!! Ben
tre (3!) commenti!! Ragazze/i non so che dire! È un bel passo per una che
vedeva (sempre con la morte nel cuore) un solo commento … ero certissima che la
mia storia non piacesse (a parte yuki, è ovvio!!!).
Mi scuso per il ritardo indegno. A dire
il vero non ho più scuse oramai … ma continuo a dire che mi dispiace … ^__^
Questo capitolo è stato DAVVERO
difficile da mettere a parole … specie l’addio di Ama e Fujiko (e vi dirò …
nemmeno mi soddisfa più di tanto!!) però alla fine l’ho spuntata.
Spero che vi piaccia, popolo!!
Ed ora via alle risposte:
YUKI689: bhè, il capitolo parla da solo, no? Ma non credere a tutto quello che si
dice e a quello che faccio dire alla mia protagonista … ci sono grandi
cambiamenti all’orizzonte!!! Per quanto riguarda i veri genitori di Ama …
ancora non lo so … personalmente non saprei se farli apparire o no. Di sicuro
non in questa storia … magari in una futura, se mi viene in mente qualcosa di
carino/originale.^_^
MISSELE: cara misse, grazie per il commento, prima di tutto. E, lo so, non la
continuo (per lo meno, non con frequenza) perché sono esageratamente
professionista e perché quando le parole non escono dalla testa è difficile
scrivere una storia, specie una complessa come questa. Perché, hai proprio
ragione … ^^ … è ESAGERATAMENTE complessa … mai che faccia cose semplici, io! «------
amara autoironia…X°°°°°°D
MANGAFUN1: GRAZIE DEI COMPLIMENTI ^_^ mi rendi molto felice. E spero di vederti
ancora tra le mie lettrici!! Beso!