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Autore: Dance    26/09/2009    1 recensioni
La mia storia incomincia ... proprio all'inizio. Prima che i nostri pirati entrino nella Rotta Maggiore faranno una sosta(forzata) su un'isola che pare il mondo abbia dimenticato e dove i propri abitanti altro non sono che prigionieri nella loro patria natale. Chi scenderà in campo ad aiutare una ragazza, unica ribelle di un popolo oppresso, il cui compito è proteggere un albero parlante, che difende l'isola da migliaia di anni? Spero di avervi incuriosita!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nami, Nuovo personaggio, Roronoa Zoro, Sanji, Usop
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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UN DURO ADDIO - OTTO ANNI FA

Parte III

 

Fujiko era scomparsa.

Non si trovava al lago, non era al villaggio, non era a casa. Non era nemmeno dall’Albero Parlante, perché se Traido la cercava significava che non c’era. O almeno cosí Ama suppose.

Dov’era sua sorella?

“Forse aveva da fare ... ” fece Shika, in cima ad una barca, in pessime condizioni, che stava costruendo assieme al fratello.

Che i gemelli avessero la passione delle navi e il mare, era cosa abbastanza evidente, visto che passavano la metà delle loro giornate a spilluccicare i relitti delle navi che arrivavano sulla costa e l’altra metà a creare modellini di navi di ogni grandezza. La più grande che avevano creato, una volta, poteva portare uno solo dei bambini, ma siccome era stata creata con legni di seconda scelta, rottami navali e altri oggetti che nessun carpentiere esperto avrebbe mai toccato, si inabissò dopo essersi staccato cinque metri dalla costa.

Si erano impuntati di creare una barca che potesse portare loro e Ama a veleggiare sul mare. Anche se sapevano che Ama non voleva vedere il mare, quell’infinita distesa d’acqua senza fine.

Mi i gemelli non smettevano mai di sperare. Anche perché era la promessa che si erano scambiati un giorno lontano sulla spiaggia:

“Un giorno veleggeremo le onde del mare noi tre assieme! Lo promettiamo? Avremo una ciurma di pirati con noi e solcheremo il mare con una barca che costruiremo!”

“Ce la faremo?”

“Certo che ce la faremo!”

“E tu Ama verrai con noi!”

“IO?”

“Sì! E sarai il vicecapitano!”

“E chi sarà il capitano?”

“Io!”

“NO, IO!”

“Facciamo un giorno per uno, fratello?”

“Affare fatto!”

E così quella promessa campata in aria da tre bambini rimase fino ad allora. E Shika e Tika avrebbero fatto di tutto per mantenerla!

“E quella maledetta nuvola di fumo … si è avvicinata!” gemette Ama, guardando in lontananza il fumo che, aveva notato si era avvicinato più di quanto ricordasse.

“In effetti è anomala …” commentò Tika, arrivando in quel momento con delle travi sotto il braccio. “Shika, perché non molliamo tutto e torniamo a casa per oggi? Io sono stanco e potremmo approfittarne per aiutare Ama a trovare Fujiko-san”

Shika alzò le spalle:

“Ok. Ma in cambio lavi tu i piatti.”

“Ma l’ho fatto ieri!” si imbroncò il bimbo. Shika stava per replicare, ma Ama fu più sventa.

“Andiamo, per favore!” strillò, tirando per il braccio Tika e ponendo fine alla discussione tra i gemelli.

 

  *          *             *

 

Nel villaggio c’era agitazione. La gente correva qua e là. Le madri richiamavano i figli nelle case. Gli anziani si aiutavano a vicenda per proteggersi e gli uomini avevano preso bastoni e qualche arma rudimentale (magari qualche utensile da campagna) e rispondevano alla chiamata di Fujiko che, armata del suo immenso ventaglio, era ferma sul molo. Aspettava, con lo sguardo truce e preoccupato rivolto verso il mare e il fumo che si avvicinava inesorabilmente.

“Sorella!” gridò Ama non appena la vide.

La Bella sembrò risvegliarsi da uno stato di trance e si voltò verso la voce che la chiamava:

“Amarante!” la ragazza accolse la sorellina tra le braccia. “Che ci fai qui Ama?” chiese preoccupata, allontanando la piccola da lei.

“Non ti trovavo più …” mormorò la bimba con un senso di colpevolezza nella voce. Fujiko allungò il collo oltre la sorellina e vide Shika e Tika che facevano “ciao-ciao” con la manina verso la Guardiana.

“FUJIKO-SAMA! LA NUVOLA SI AVVICINA!” gridò un uomo, indicando la nuvola di fumo che si faceva sempre più grande e minacciosa.

I gemelli la guardarono strizzando gli occhi:

“Shika …”

“Sì?”

“Non ti sembra …”

“Sì.”

“… assomiglia ad una nave.”

Fujiko si voltò di scatto verso di loro, facendo brillare al sole i suoi capelli biondi e i ricami della sua casacca.

“Come?”

“Il fumo … assomiglia ad una nave …” mormorò Shika.

Fujiko si voltò di nuovo verso il mare e scrutò minacciosa e agguerrita il fumo-nave.

Aprì il suo ventaglio:

“Oooooh … ragazzi … mettetevi al riparo …” sussurrò appena Ama rivolta ai gemelli che, frastornati e abbagliati da quella visione, non si mossero.

LAME DI SCIROCCO!

Gridò Fujiko e dal ventaglio, migliaia di raffiche di vento caldo si infransero sul fumo, dissipandolo.

E dopo l’intera isola che era presente sul molo, trattenne il fiato: un nave di pirati, una nave dalle vele rosso scarlatto e dal jolly roger minaccioso, con barba e capelli rossi che circondavano il teschio come intrecciati tra di loro e una lancia e un’ascia al posto delle ossa, avanzava sulle onde del mare. E su di essa, la ciurma, sventolando armi e gridando come ossessi, si preparavano a fare razzia:

“I PIRATI!”

“I PIRATI!! CI SONO I PIRATI!!”

Il panico di diffuse in poco tempo, come una macchia d’olio.

Ama si aggrappò alla sorella e quest’ultima, avvertendo la sua presenza, si voltò verso di lei:

“Ama, vai da nostro padre e nascondetevi nella foresta. Porta con te anche i gemelli, ma andate a nascondervi! Non fatevi trovare!”

Ama annuì spaventata ma non riuscì a lasciare la presa sull’abito della sorella maggiore. Fujiko avvertendo la paura della bambina, si accucciò per raggiungere la sua altezza e guardarla negli occhi color miele:

“Ama, quale è la seconda regola dei Guardiani dell’Albero?”

“La seconda regola … il Coraggio.” Mormorò la bimba, incerta. Fujiko sorrise e le accarezzo i capelli. Poi l’abbracciò:

“Ama tu hai tanto coraggio dentro di te. Non lasciare che la paura guidi le tue azioni. Abbraccia il coraggio e allora sarai libera!” le sussurrò all’orecchio.

“Fujiko …” gemette la bambina.

“SHIKA! TIKA! PORTATE MIA SORELLA AL SICURO!”

“FUJIKO!” gridò Ama, quando sentì i gemelli che la portavano via dal molo con forza.

 

  *          *             *

 

“State pronti alla battaglia. Non vengono con intenzioni amichevoli, quindi non lasciatevi intenerire. Tenete gli occhi aperti. E per la miseria, che qualcuno vada a cercare Traido!” Fujiko mandava ordini a destra e a manca, mentre, con la coda dell’occhio vedeva la sorella portata via dai gemelli. “Avrò bisogno del vostro aiuto, gente. Non posso farcela da sola.”

“Ti aiuteremo, Fujiko-sama”

Ma il cuore della Guardiana era pesante. Se solo Traido, il secondo Guardiano, fosse stato lì, si sarebbe sentita più al sicuro. Ma non era lì e nessuno sapeva sapere dove si fosse infrascato.

Ed ora lei doveva pensare alla sicurezza dell’isola, dell’Albero, ma soprattutto di sua sorella.

 

  *          *             *

 

“Lasciatemi! Per tutti i mari lasciatemi andare da mia sorella!”

“Non essere sciocca, Ama!” sbraitò il vecchio Tortus, che si era aggiunto, assieme ai suoi cuccioli sperduti, ai gemelli e alla figlioletta. “Se Fujiko ha detto di nascondersi, dovete farlo!”

“Dovete? Perché? Cosa farà lei, Tortus-san?” chiese Shika, fermando di botto la sua corsa e facendo ruzzolare a terra, per la sorpresa, il fratello:

“Io? Io non lascerò mia figlia combattere da sola!” tuonò l’ex Guardiano, agitando sopra la testa un bastone nodoso e mettendosi il suo miglior elmetto di tartaruga. “Gemelli, portate Ama al sicuro e non fatevi scoprire per nulla al mondo!”

“CHE COSA?! NO!” gridò la bambina. “Perché tutti devono combattere e io non posso fare nulla! Ho dei poteri e conosco le tecniche di combattimento dei Guardiani! Posso combattere!”

“Sei sicura di quello che dici? Credi davvero che un pesciolino rosso potrebbe vincere contro degli squali?” chiese criptico Tortus.

“Non voglio che la paura mi soffochi!” strillò la piccola “Io non sono una vigliacca!”

Tortus sorrise e accarezzò la testa di Ama:

“Lo so bene. Nessun portatore di un Frutto del Diavolo avrebbe sfidato, con il tuo stesso coraggio, il mare, per recuperare una pianta che avevi creato con amore. Ma non è una questione di coraggio o vigliaccheria, Ama. Non puoi usare i tuoi poteri perché ti stancherebbero in poco tempo. E a quel punto saresti solo un impiccio.”

Il vento si alzò forte, soffiando tra i capelli rossi della bambina e Tortus si guardò intorno.

“Fujiko ha iniziato ad usare il suo ventaglio. Devo fare presto.”

Affidò i cuccioli ai tre bambini e scomparve tra gli alberi.

“Andiamo, presto!” strillò Tika, afferrando Ama per la manina e correndo nel bosco, seguiti da Shika e da tutti i cuccioli.

“E dove andiamo?” chiese Ama, ancora combattuta tra il rimanere e l’andare a combattere con la sorella e Tortus.

“Andiamo alla grotta dei cristallo. Dove ci sono i relitti delle navi che sono state distrutte dalla Revers Mountain. Nessuno ne conosce l’esistenza.”

 

  *          *             *

 

Si sbagliavano di grosso. Dopo aver superato muri lisci come l’interno di una conchiglia, relitti di navi che facevano da ostacolo e altro ancora, Shika, Tika e Ama si trovarono di fronte ad una seconda nave pirata. Con lo stesso jolly roger della nave pirata che avanzava inesorabile verso il porto. Quella nella grotta era grande in doppio della nave del porto e c’erano anche più pirati al suo interno. Uno di questi, era alto almeno quanto un Gigante, pensò Ama, e non presagiva nulla di buono. Indossava una casacca rossa, un mantello blu e dei lunghi pantaloni. Portava sulla schiena un'ascia. Aveva una lunga e ispida barba rossa, era intrecciata in un'unica treccia che arrivava fino all'ombelico. Ama sentì la rabbia montare: quello doveva essere il capitano di quella bolgia di pirati, dal momento che tutti si toglievano il cappello al suo passaggio.

“Capitano Barbarossa” fece una voce gracchiante “il veleno è pronto.”

“Maneggiatelo con cura.” Rispose l’uomo chiamato Barbarossa. “Dobbiamo portarlo fuori dalla caverna. Solo allora lo libereremo nell’aria.”

“Mi chiedo per quale assurda ragione abbiamo dato retta a quel bamboccio …”

“Perché mi ha offerto su un piatto d’argento quello che voglio, navigatore. Ecco perché.”

“Allora perché usare il veleno?”

“Perché se gli abitanti e la Guardiana di cui ci ha parlato il ragazzo dovessero opporre resistenza, lo useremo per far cambiare loro idea. E ora basta parlare! Muoversi uomini! Prendiamoci l’Elisir dell’Immortalità!”

“L’Elisir! Cercano l’Elisir dell’Albero Parlante!” squittirono Shika e Tika.

“Calma ragazzi! Dobbiamo avvertire mia sorella e tutti gli altri di quello che abbiamo scoperto! Altrimenti tra pochi minuti saremo alla loro mercé!” soffiò Ama verso i gemelli. La bambina si portò le mani alla testa e pensò intensamente. “Ragazzi, tornate indietro e avvisate Fujiko … io provo a fermarli.”

“CHE COSA VUOI FARE?” sussurrarono i due ragazzi, con voce isterica.

“Fate come ho detto, ragazzi! Tornate al porto! Impedirò a quei pirati di invaderci!”

“AMA, NO!” ma la bimba era già scomparsa saltellando sui legni delle navi.

Il suo corpo era immune dai veleni. Lo aveva constatato lei stessa: dopo qualche tempo che aveva mangiato il Frutto Linfa-Linfa, si era punta con le spine di una pianta rampicante, chiamata Sonno Senza Fine, perché nelle sue spine risiedeva una sostanza tossica che faceva cadere in un sonno eterno chiunque venisse punto. Ma lei no. La sua linfa la proteggeva dai veleni di qualunque genere.

Se aveva fortuna, poteva utilizzare la sua linfa per eliminare quel veleno.

Ce la poteva fare. Guardò i pirati: il veleno fu portato sul ponte. Era all’interno di una specie di giara, molto grande, trascinata su un carro. Da lì in poi l’avrebbero portata dovuta portare a mano, perché non esisteva una passaggio sicuro. O almeno non uno che loro potessero conoscere.

“Dov’è il passaggio?” chiese il capitano Barbarossa a qualcuno alle sue spalle che era appena arrivato sul ponte, assieme al gruppo di pirati che portava il carro con il veleno.

Ama aguzzò la vista e la prima cosa che riconobbe fu una casacca dai disegni dorati e tortuosi come rami di albero.

Poi vide una testa piena di dreadlocks scuri.

Trattenne il fiato. Era Traido.

“Prima ribadiamo i punti del nostro accordo.” Ama lo sentì parlare, ma la sua voce le sembrava lontana. Come se fosse ovattata.

“Solo la Guardiana che è ancora fedele alla sua causa può portarvi all’Albero dell’Elisir. Pertanto non dovrete ucciderla. E anche dopo che vi ha condotto laggiù, non dovrete torcerle un capello. Non deve morire.”

“Va bene.”

“E anche gli altri abitanti. Non fare loro del male. Se ti limiterai a minacciarli, Fujiko farà qualunque cosa per proteggerli …”

Barbarossa lo guardò male.

“… quindi non hai bisogno del veleno.”

“Non mi fido mai del primo pivello che mi offre ciò che voglio con troppa facilità. Il veleno verrà trasportato fuori e se succederà qualcosa alla mia ciurma, non esiterò ad utilizzarlo avvelenando l’aria. Posso trovare questo fantomatico Albero dopo che avrò raso al suolo la foresta.”

Traido strinse i pugni arrabbiato:

“Fai come vuoi. Ma ricordati di distruggere l’Albero, una volta che avrai ottenuto quello che vuoi. Così sarò finalmente libero.”

Barbarossa sghignazzò.

“E non potevi farlo tu, molto tempo prima?”

“Datti una mossa a fare quello che devi fare, altrimenti perderai solo altri uomini al porto.”

    *          *             *

Assurdo.

Assurdoassurdoassurdoassurdoassurdoassurdoassurdoassurdoassurdo!

Traido era un Guardiano. Era un amico di sua sorella.

Perché li aveva traditi? E soprattutto perché non portava lui stesso i pirati dall’Albero, se era davvero d’accordo con loro?

Cosa doveva fare, ora? Contò nella mente i pirati presenti e constatò che erano una ventina. Doveva pensare a come fare per immobilizzarli: non poteva rischiare di liberare il veleno contenente nella giara.

Sentì che uno dei suoi piedini veniva solleticato. Si voltò e a terra vide un germoglio sgualcito e pestato di edera velenosa, di quelle rampicanti. Ne toccò le foglie con delicatezza come fosse stato un uccellino agonizzante. L’edera si arrampicò lungo le sue dita. Ama alzò gli occhi dalla piante verso gli uomini, poi tornò sulla piantina.

Ho bisogno del tuo aiuto, Edera Velenosa.

Pensò nella sua testa ed improvvisamente, dopo aver liberato un poco della sua linfa, la pianta, da piccola che era prese a crescere, fino a diventare così lunga e resistente, che Ama poté vedere le sue radici quasi circondavano l’intera caverna. La bimba calò lungo una parete, stretta dall’edera e protetta dalle foglie. Mimetizzandola.

Portami vicino ai pirati.

La pianta obbedisce e con grazia l’accompagna, passandola da un ramo ad un altro. E quando Ama fu abbastanza vicina ai pirati in cammino verso l’uscita, chiude gli occhi.

In un attimo le radici dell’edera velenosa escono dal terreno infrangendosi sui pirati, stringendoli, avvolgendoli come serpenti e bloccando le ruote del carro dove era si trovava il veleno. Bloccando i movimenti degli uomini che, urlando, vengono trascinati all’interno del terreno.

“SIAMO ATTACCATI!” urla qualcuno e sguaina una spada. Ma le radici dell’edera si fanno più vicine e agguerrite.

Ama, nascosta delle foglie, poteva vedere gli uomini che cercavano di tagliare i rami e le radici della pianta e sentire il dolore dell’edera come se fosse stato suo.

“So chi c’è dietro a tutto questo … ” mormorò Traido avanzando con il suo spadone e facendo fatica ad evitare gli attacchi della pianta. Gli occhi del ragazzo si puntarono su una specie di bozzolo dell’edera, all’interno del quale scorse le gli occhi, simili a pagliuzze dorate, di un bambina che conosceva bene.

“Fai largo ragazzino!” berciò il Capitano Barbarossa, agguantando le radici della pianta e sradicandole da terra con tutta la forze che possedeva.

Ama sentì gemere la pianta e venire trascinata con essa dalla forza bruta del capitano de pirati, finoa che non si ritrovò completamente separata dalla pianta che ancora si muoveva nelle enormi mani del pirata che l’aveva separata dal terreno. Ama invece rotolò a terra, con i capelli intrecciati dalle foglie e dai piccoli germogli dell’edera, con le braccia avvolte da alcuni rami della pianta che non erano stati sradicati.

In pochi minuti, Ama vide il piarata Barbarossa gettare la pianta nel mare e rivolgere uno sguardo alla bambina a terra. Ora che lo guardava bene, Ama si accorse che quell’uomo era cresciuto molto di più da quando l’aveva visto all’inizio … prima sembrava un uomo molto grande. Ora sembrava un gigante.

“Chi diavolo sei piccoletta?” abbaiò l’uomo, puntandole addosso un dito.

“Ti rispondo io per lei.” Fece svelto Traido. “È la sorella della Guardiana.”

Barbarossa spostò lo sguardo da Traido verso la bambina che rantolava a terra furiosa, e poi si allargò in un ghigno pericoloso e malvagio.

“Bene. Una ragione in più per fare in modo che la Guardiana faccia quello che voglio. Prendetela!”

Dei pirati, tra cui Traido, afferrarono la bambina per le braccia:

“LASCIAMI! LASCIAMI! TRAIDO, SEI UNO SPORCO TRADITORE …”

“Falla star zitta, Traido altrimenti la sentiranno tutti.” Commentò Barbarossa, camminando di fronte a tutti e uscendo finalmente dalla grotta. Non c’era nessuno in giro: i gemelli non erano riusciti a far venire lì gli abitanti.  Ama fissò con astio Barbarossa. I rametti rampicanti di edera che erano ancora arrotolati intorno alle braccia, alle caviglie e al collo, presero a muoversi. Erano troppo piccole e Ama aveva usato troppa linfa precedentemente. Ora era stanca, ma combatteva contro il sonno per evitare che i pirati raggiungessero sua sorella. La sua unica speranza era che i gemelli avessero raggiunto il porto e l’avessero avvisata. Ma ora doveva agire, doveva fare qualcosa.

Qualsiasi cosa …

Guardò l’edera velenosa attorno al suo collo e ai suoi polsi …

L’edera … poteva usare la linfa dell’edera per scatenare il pandemonio! L’edera è urticante, avrebbe fermato per un po’ i pirati giusto in tempo per raggiungere sua sorella!

Strinse i pugni e si concentrò: sentì l’edera avvizzire. E la linfa di quest’ultima generarsi intorno a lei come un vortice.

Uno dei pirati che la bloccavano gridò e allontanò le mani dalla bambina per guardarsele terrorizzato: erano piene di bolle e vesciche. La linfa dell’edera funzionava.

“Cosa succede?!” gridò il capitano Pirata, giusto un attimo prima di essere investito da una nuvola di polvere linfatica altamente urticante.

Nuvola di Linfa Velenosa.

La bimba cadde a terra e si guardò intorno: i pirati gemevano a terra torcendosi dal dolore lancinante delle piaghe. Anche Barbarossa era stato colpito in pieno. Ma a differenza degli altri sopportava stoicamente il dolore e agguantò le bambina per i capelli tirandola su alla sua altezza:

“Sei una vera piantagrane, piccoletta! Da dove nasce questo tuo potere? Hai mangiato anche tu un Frutto del Diavolo?”

Che significa “anche tu”?

Barbarossa mostrò la mano destra che si ingigantì a dismisura, mentre il resto del corpo rimase di una forma pressappoco normale:

“Ho mangiato il Frutto del Diavolo Size-Size, e da allora posso ingrandire o diminuire qualunque parte del mio corpo, rendendomi piccolo come uno scarafaggio o possente e forte più di un Gigante!”

“Allora scendi alla mia altezza, ciccione, così ti faccio vedere quanto sono rompiscatole!” strillò la piccola, dimenandosi e ingoiando la paura alla vista di quella mano che poteva schiacciarla in un attimo.

Barbarossa rise:

“Portami dalla Guardiana, e a nessuno della tua gente verrà fatto del male.”

“MAI!”

“Voglio l’Elisir dell’Immortalità non sarà un topolino come te a fermarmi.”

“NON ESISTE QUESTO ELISIR!” strillò la piccola. “IL NOSTRO ALBERO NON PRODUCE NESSUN ELISIR DEL GENERE! TRAIDO TI HA MENTITO!” era intenzionata a fermarli, anche con una bugia. Era intenzionata a farla pagare a Traido per aver tradito la sua fiducia.

Il pirata guardò Traido. Questi deglutì:

“Sta mentendo Red Jolly, l’Elisir esiste.”

“Chiamami Barbarossa. Nessuno deve sapere il mio vero nome.” Abbaiò il pirata.

“NON HO MENTITO! L’ELISIR NON C’É. IL NOSTRO ALBERO GENERA SOLO UNA LINFA CHE RENDE IL TERRENO FERTILE E CHE FA MUOVERE LE PIANTE! NON ESISTE L’ELISIR!”

Poi una forte raffica di vento si abbatté su di loro e nello stesso istante Fujiko apparve sguainando il suo ventaglio. Insieme a lei i gemelli, Tortus, i cuccioli e alcuni abitanti dell’isola.

“Lasciate andare Amarante!” strillarono i gemelli, all’unisono.

Barbarossa fissò la giovane ragazza bionda che lo guardava con odio:

“Tu sei la Guardiana, giusto? Portami l’Elisir dell’Immortalità o la tua cara sorellina non vivrà ancora a lungo.” Sibilò, stringendo i capelli di Ama, che ormai lacrimava per il dolore.

“L’Elisir che cerchi non esiste!” strillò Shika. “È solo una leggenda!”

“Io credo alle leggende e non credo a voi. Portatemi dal vostro Albero o farò gettare il topolino nell’acqua di mare!”

“NO! L’ACQUA NO!” strillò la bambina, terrorizzata fino alle ossa.

Furono gli alberi a reagire. Allungarono le radici fino ai pirati e li bloccarono come era successo poco avanti con la pianta di edera.

A quella vista anche Amarante reagì, rilasciando altra linfa velenosa dell’edera che riempì l’intero braccio di Barbarossa di piaghe, che, lanciando un grido di dolore, la lasciò andare.

“Ama!” Fujiko non perse tempo e l’avverrò al volo.

“Sorella! Traido ha guidato fino a qui i pirati! Ci ha venduti! Vuole distruggere l’Albero!” ansimò la piccola.

“COSA?!”

Poi il grido di Barbarossa squarciò l’aria.

“Se non mi darete l’Elisir con le buone, lo farete perché costretti!” si avvicinò al carro contenente il veleno.

“NO!” gridò Ama, ma fu tutto inutile. Il pirata aprì l’ampolla, si coprì la faccia e lasciò uscire una polvere, che entrando in contatto con l’aria diventava una terribile nuvola nera, tossica, che penetrava le narici impedendo la respirazione. In pochi minuti la zona dove si trovavano tutti fu invasa dal veleno ed in altri pochi minuti la nube di propagò per tutta l’isola, avvelenando l’aria e facendo crollare a terra le persone. Solo Ama, ancora stretta tra le braccia di Fujiko, non sorbiva effetti del veleno.

“FUJIKO! SHIKA! TIKA! TORTUS!” tutti stavano cadendo intorno a lei, cadendo sotto l’influsso malefico del veleno.

Chiuse gli occhi per impedire alle lacrime di uscire.

Maledetti pirati!

MALEDETTI!

Maledetto Red Jolly Barbarossa e maledetto Traido!

Ma non avrebbe lasciato che tutto andasse in malora, nossignore! Doveva agire. E lasciò che il suo potere prendesse il sopravvento.

Aprì leggermente le palpebre, rivelando i lucenti occhi ambrati, persi, senza pupilla. Dalle mani, cominciò a levarsi la sua polvere di linfa che si avvolgeva come un mulinello intorno alla sua piccola figura. La bocca si muoveva impercettibilmente. La pelle risplendeva come i raggi di sole. La polvere d’oro continuava ad avvolgerla come un tornado d’aria e infine, gridando, esplose, infilandosi ovunque, nelle radici degli alberi, nei vestiti, nelle bocche delle persone e nei loro nasi.

Respiro di Vita.

Ama fu scossa da un tremito e, esausta e senza fiato, cadde in ginocchio. Intorno a lei la nube tossica si era dissipata e la gente ricominciava a riprendersi, sconvolti.

Perfino Barbarossa rimase stupito da quell’evento. Poi ringhiò rabbioso come non mai:

“Prendete la bambina, uomini! E gettatela in mare se necessario!”

Ama strabuzzò gli occhi e vide tantissimi uomini andarle incontro. Furiosi.

E il vento intervenne di nuovo:

“AMA, FUGGI!” gridò Fujiko, brandendo il suo ventaglio e scagliando raffiche di vento taglienti come colpi di spade.

Corse, Amarante, corse nel bosco, con i rami che si spostavano al suo passaggio e si richiudevano dietro di lei per fermare i suoi inseguitori. Sentiva le loro grida dietro di se, ad un soffio dalle orecchie.

Sentiva le gambe perdere forza, sentiva il sonno prenderla come una morsa.

Sentiva gli effetti del suo potere, usato troppo a lungo.

Sentiva il vento dietro di sé. Forte, impetuoso eppure delicato.

Il vento, dalle mani soffici, voleva sollevarla, come se fosse stato un uccellino che batteva le ali per la prima volta.

Mangia il bocciolo di edera, Figlia dell’Albero.

Una voce nella sua testa. Come quando era tornata indietro dalla morte per annegamento.

La voce degli alberi.

Mangialo e il vento ti solleverà.

Afferrò il bocciolo, attorcigliato intorno ai suoi capelli. Lo ingoiò.

E in un attimo il suo corpo fu scosso dal solletico. Un solletico che faceva male. Che ti costringeva a ridere dal dolore.

Il suo corpo divenne incorporeo.

Sentiva il vento che la sollevava e le attraversava le carni.

Ama guardò il suo stesso corpo scomparire e diventare una nuvola di foglie d’edera e polvere di linfa. Vide i suoi inseguitori, sgomenti di paura, allontanarsi dalla sua vista.

Il vento la sollevava con le sue mani soffici. La faceva volare in alto, oltre gli alberi.

Ama vide che tutta l’isola era stata avvolta dalla nube tossica. Non poteva risanare l’aria, ora. Non sapeva nemmeno come aveva fatto poc’anzi.

Il sonno si fece più forte. Era impossibile resistergli. Era stanca.

Pregò che il vento non l’abbandonasse e la lasciasse in un luogo sicuro.

E poi venne il buio.  

    *          *             *

“… capisco la tua preoccupazione ma non abbiamo altra scelta. Non posso lasciare che la gente del villaggio muoia a causa del veleno. E non posso neanche permettere che quel maledetto pirata ti raggiunga e prenda l’Elisir.”

La voce di Fujiko.

Sorella …

Non posso permettere che tu ne vada di mezzo, Guardiana.

Chi … a chi appartiene questa voce imperiosa che sento nella mia testa?

“Devo farlo, Albero.”

Deve sempre esistere un Guardiano.

“Scegli uno dei bambini dell’isola. Qualcuno degno di questo compito ci sarà.”

La piccola che hai portato con te.

“NO! MIA SORELLA NO!”

Fujiko … perché hai paura?

Perché è ancora tutto buio?

È l’unica bambina rimasta. Gli altri giovani sono stati catturati dai pirati.

Ricordati che io riesco a vedere quello che succede sull’isola grazie agli alberi del bosco.

“Mia sorella è ancora piccola …”

Ma so che le hai insegnato i rudimenti dei Guardiani.

“Ti prego … se la scegli non sarà mai libera.”

Ama aprì gli occhi e vide: vide un albero maestoso, più che centenario, dal volto umano e dalla chioma maestosa. Sua sorella, inginocchiata ai suoi piedi. I rami e le radici di quell’albero erano grandi come Ama non ne aveva mai viste. Le foglie, erano di un delicato color oro e rame. C’erano fiori, simili ai fiori di loro, che facevano cadere sulla terra un sottile e morbido polline bianco che assomigliava a neve. Non esistevano alberi così. Quello era unico.

Era l’Albero Parlante, l’Albero dell’Elisir dell’Immortalità.

L’Albero della Vita.

E risplendeva di luce e di vita.

La sua corteccia, aveva un aspetto umano. Sembrava che la sua corteccia fosse un volto umano.

Era posto su una piccola isoletta, al centro di un enorme lago.

Dov’era quel posto? Dove si trovava? Non esisteva un luogo come quello sulla loro isola.

La libererò, quando il pericolo che sta dilagando su quest’isola sarà finito.

E quando ci sarà un altro Guardiano che prenderà il suo posto, come hai fatto con tuo padre.

La voce dell’Albero non era udibile nelle orecchie. Solo nella testa. Solo chi si spingeva vicino all’Albero poteva sentirne la voce. Ama si alzò a fatica e si avvicinò alla sorella.

“Essere Guardiani è una maledizione, non un privilegio.” La sentì singhiozzare.

La libererò. Te lo prometto, Guardiana Fujiko.

E la proteggerò. So quanto la ami.

Ora è tempo di salutarla. Non possiamo più aspettare.

Altrimenti la gente dell’isola morirà avvelenata.

“Sorella …” Ama avvicinò una manina sulla spalla di Fujiko. La ragazza allontanò lo sguardo da lei e chiuse gli occhi. Si passò una mano sul volto.

“Ama … devo darti una cosa che mi appartiene e che oramai devi avere tu.”

“Fujiko cosa …”

Si sfilò, da sopra la testa, la sua casacca bianca ricamata, rimanendo in reggiseno. Poi si slacciò la collana con il suo frammento di pietra verde e la dette ad Ama che afferrò tutto questo titubante.

“Ama … non potrò più proteggerti d’ora in poi …” sussurrò Fujiko tristemente. “… dovrai … dovrai imparare e vivere senza di me … sorellina …”

“Fujiko …” Ama ora stava piangendo.

“Ascoltami Ama: so che non potrai capire quello che ti sto per dire … ma io devo farlo. Ho chiesto all’Albero di risanare l’aria dell’isola. Così che la gente si possa salvare dal veleno. È il mio desiderio. E ho chiesto all’Albero di realizzarlo.”

“Ma … Fujiko …”

“C’è un prezzo da pagare, per questo. Ed è troppo alto.”

“FUJIKO, NO!” gridò la bimba, abbracciando i fianchi della sorella.

“CHE NE SARÁ DI ME?!” era egoista e lo sapeva. Ma non voleva che sua sorella se ne andasse a quella maniera. Non voleva che l’abbandonasse.

Fujiko le strinse le spalle:

“Sai … una volta Tortus mi disse che c’è un tempo nella vita in cui i figli devo imparare a camminare con le loro gambe. Per te è precoce, ma quel tempo è giunto. Ama. Ti prego. Non piangere.” Sussurrò “La vita mi ha concesso la felicità di averti come sorella. E anche se il sangue non ci lega lo saremo per sempre, perché abbiamo dormito nello stesso letto, abbiamo condiviso lo stesso cibo e abbiamo pianto quando ce n’era bisogno. Ora devi camminare da sola. Non potrò più tenerti per mano.”

“Fujiko …”

“Promettimi, che non ti caccerai troppo nei guai. Che sarai sempre la bimba allegra che corre scalza per i boschi. Promettimi che un giorno sarai libera come il vento. Promettimi che sarai libera anche per me.”

“Ti prego … sorella …” Ama sollevò il voltò sulla sorella e la vide piangere senza vergogna e senza fare nulla per impedire alle lacrime di scendere.

“Ti voglio tanto bene, Ama. Diventa eccezionale, perché so che lo sei di già. Ma dimostralo a tutti. Sii eccezionale”.

Dopodiché le lasciò le spalle e si diresse di spalle verso l’Albero. E Ama cadde a terra. Le gambe non la reggevano, ma non sapeva se per stanchezza o quello che stava succedendo.

“Sono pronta” disse Fujiko.

L’Albero prese a muovere le foglie e i rami, la sua corteccia si spostò dal tronco e un ramo raccolse una goccia di linfa bianca e melmosa che cadeva dalla sua corteccia. Fujiko prese quella goccia con le mani a coppa.

“Sarà doloroso?” chiese.

L’Albero mosse le frasche per negare. E Fujiko bevve la linfa bianca dell’Albero.

Quello che Ama vide non poté mai dimenticarlo. Fujiko avanzare verso l’Albero e toccarne la corteccia ruvida. E poi un’esplosione bianca. La luce divenne troppo forte. La terra tremò. E quando Ama riaprì gli occhi, Fujiko non c’era più. Al suo posto era rimasto il polline dei fiori e un colpo di vento che accarezzò il volto umido della bambina.

    *          *             *

Ama si riprese dopo diverse ore di sonno.

Si era addormentata ai piedi dell’Albero. Incapace di pensare. Incapace di muoversi. Aveva un dolore lancinante al petto che non la lasciava respirare. Stringeva tra le mani la casacca di Fujiko, respirando il suo profumo.

Fujiko … non c’era più. Scomparsa nel polline dell’Albero.

Non aveva neanche più lacrime da piangere.

Non aveva neanche paura. Non provava niente. Solo rassegnazione.

L’Albero le aveva parlato. Le aveva detto che era la sua nuova Guardiana. Le aveva detto che doveva portare in un luogo al sicuro la gente del villaggio. In una montagna. Dove potevano vivere al sicuro. Li avrebbe protetti lui e i pirati non li avrebbero trovati.

Le aveva detto di dire a tutti di ignorare l’ubicazione dell’Albero.

Aveva detto di dire che l’Albero si era nascosto.

Aveva scoperto che i bambini e altre persone erano state catturate.

Shika e Tika erano tra questi. Perfino Mio, la sua rivale. Tutti catturati. Ora era davvero sola.

 Aveva scoperto che Barbarossa si era istallato nel loro vecchio villaggio e che furioso, aveva ordinato ai prigionieri di scavare all’interno nell’isola per trovare il suo Elisir. Secondo quello che aveva scoperto, Traido lo aveva convinto che l’Albero si era inabissato all’interno dell’isola e solo con una galleria nella terra, poteva sperare di trovarlo.

Traido ora era davvero un reietto, un traditore. Era morto, per lei. Il caro amico di sua sorella. Li aveva venduti. Lo odiava per questo.

Lo aveva affrontato una volta. Un giorno, che aveva deciso di scendere a liberare i prigionieri delle miniere. Lui era di guardia.

Era bravo a combattere e lo sapevano entrambi. E quando Ama fu alle strette, lo colpì con la mano aperta, sulla guancia sinistra. Liberò, in quell’occasione, una linfa velenosa, che gli bruciò la guancia, lasciandolo a terra dolorante e, in seguito, una cicatrice su tutta la gota, che gli scendeva lungo il collo, come una ragnatela.

Ogni volta, Ama spariva e tornava ai piedi dell’Albero, stremata.

Avvolta nella casacca della sorella, troppo grande per lei. E restava così, in silenzio.

Ed ogni giorno scendeva in guerra contro i pirati, per liberare la sua gente, un popolo oppresso che, saputo del sacrificio della sorella, anziché rispettarla, presero a discriminarla.

Solo Tortus e i cuccioli le erano ancora vicini.

Ma la verità era che vera Amarante era lontana da tutti loro, oramai.

E sarebbe tornata solo quando quell’incubo sarebbe finito.

Aveva dimenticato di essere stata una bambina allegra.

Aveva dimenticato la sua infanzia e velocemente era cresciuta ed era diventata una donna.

Era stato un duro addio.

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

OMMIODDIO NON CI POSSO CREDERE!!! Ben tre (3!) commenti!! Ragazze/i non so che dire! È un bel passo per una che vedeva (sempre con la morte nel cuore) un solo commento … ero certissima che la mia storia non piacesse (a parte yuki, è ovvio!!!).

Mi scuso per il ritardo indegno. A dire il vero non ho più scuse oramai … ma continuo a dire che mi dispiace … ^__^

Questo capitolo è stato DAVVERO difficile da mettere a parole … specie l’addio di Ama e Fujiko (e vi dirò … nemmeno mi soddisfa più di tanto!!) però alla fine l’ho spuntata.

Spero che vi piaccia, popolo!!

Ed ora via alle risposte:

YUKI689: bhè, il capitolo parla da solo, no? Ma non credere a tutto quello che si dice e a quello che faccio dire alla mia protagonista … ci sono grandi cambiamenti all’orizzonte!!! Per quanto riguarda i veri genitori di Ama … ancora non lo so … personalmente non saprei se farli apparire o no. Di sicuro non in questa storia … magari in una futura, se mi viene in mente qualcosa di carino/originale.^_^

MISSELE: cara misse, grazie per il commento, prima di tutto. E, lo so, non la continuo (per lo meno, non con frequenza) perché sono esageratamente professionista e perché quando le parole non escono dalla testa è difficile scrivere una storia, specie una complessa come questa. Perché, hai proprio ragione … ^^ … è ESAGERATAMENTE complessa … mai che faccia cose semplici, io! «------ amara autoironia…X°°°°°°D

MANGAFUN1: GRAZIE DEI COMPLIMENTI ^_^ mi rendi molto felice. E spero di vederti ancora tra le mie lettrici!! Beso!

  
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