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Autore: Darty    10/05/2025    4 recensioni
Oscar è al Comando dei Soldati della Guardia. In missione per conto del Generale Bouillé, dopo l'attacco al faubourg Saint Antoine, deve attraversare in compagnia di Alain, Gerard e ... André, la foresta di Brocéliande. Ma piove, piove, piove proprio tanto e pure a catinelle e quindi ...
Genere: Avventura, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Soldati della guardia metropolitana di Parigi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Gocce.

Sottile e rumorosa, scendeva la pioggia.

Oscar chiuse gli occhi, alzò il volto al cielo ed inspirò l’aria profumata.

Così diversa dall’aria stagnante di Parigi, le pareva che dalle foglie fradice evaporasse linfa vitale.

Con le ginocchia affondate nel sottobosco morbido di torba, erano assisi in cerchio intorno ad alcune delle pietre della fontana di Barenton. I cappucci dei loro mantelli, calati sul volto, a ripararli a malapena dalle intemperie.

André strinse fra le dita della mano sinistra una zolla muschiosa. In Bretagna aveva pianto il suo primo vagito. Non troppo lontano da lì. Non vi aveva più fatto ritorno. Prima e dopo. Dopo c’era stata Oscar, solo Oscar.

Alain, scettico, fissava Vivianne che, impugnando una sottile verga di legno di nocciolo, descriveva nella pozza d’acqua più grande spirali sempre più ampie.

Lasalle, che ne osservava i gesti incantato, spalancò la bocca, sussultando per la sorpresa, quando la pozza si fece tersa e limpida.

Nonostante la pioggia battente, le gocce d’acqua non la tangevano più.

Ad André sembrò tale e quale agli specchi di Versailles, quando il sole al crepuscolo li trasformava in voragini buie, prima che la luce delle candele infrangesse l’incantesimo.

Oscar aprì gli occhi. André le serrò la mano.

“Fate come il vostro compagno”, ordinò Vivianne.

Lasalle strinse la mano sinistra di Alain che riluttante afferrò quella di Vivianne. Vivianne cercò quella sinistra di André, ancora umida di terra e timidamente Gerard accolse nella sua la mano sottile di Oscar.

Un vapore acqueo del colore delle foglie in autunno turbinò sulla superficie.

Il vapore assunse il sembiante di una pignatta fumante. Nell’ultimo quarto in basso una favilla divenne un fuoco e poi un focolare. Odore di resina e timo.

Seduta di fronte a quello, una figura in bianco e nero piano piano trovò sostanza. Una giovane donna, dal volto pallido ed il ventre rotondo, portava il lutto. La visione si espanse ancora. Un bimbetto dai capelli color carota, con una manciata di lentiggini sul naso e le guance mocciose di pianto le tirava le gonne. La donna l’ignorò. Rabbrividì nelle spalle. Si allungò verso il fuoco.

Le sclere arrossate dei suoi occhi riempirono la pozza.

Il vapore turbinò di nuovo. Carminio. Un tizzone rovente rotolò ai suoi piedi, adesso il fuoco ne divorava le vesti.

“No, no, no!” Urlò Lasalle. Ed in quello parve che fosse il bimbetto ad urlare.

Ruppe la catena, le mani a soffocare i singhiozzi.

La nebbia si dissolse.

“Mi dispiace molto, Gerard. Era tua madre?” domandò Vivianne.

Alain si levò in tutta la sua statura.

“Balorda di una strega!”

“Cosa diavolo…?” esclamò Oscar, mentre André si faceva vicino per confortarlo.

“Non importa Alain, non preoccupatevi Comandante. È il mio primo ricordo. Ed anche quello più tremendo. Avevo quattro anni. So che mio padre era appena morto, travolto da un carro, anche se di lui non rammento nulla.  Quel giorno l’orlo della veste di mia madre prese fuoco, ma io riuscì, non so come, a versarle addosso l’acqua di quella pignatta, che spense il fuoco ma le ustionò le gambe. Però guarì ed i gemelli, i miei fratelli, sono nati in buona salute. Solo che ancora adesso me ne faccio un cruccio, perché potevo ucciderla.”

Poi si rimirò il palmo delle mani. La cicatrice delle sue, di ustioni. Serrò i pugni.

“Invece l’hai salvata”, lo corresse André.

“Cosa abbiamo visto?” l’interrogò Oscar. “Quale droga ci avete somministrato?” l’incalzò.

“Nulla di tutto questo. Vi prego, tornate a sedervi”.

Vivianne riprese la verga. Di nuovo la mosse nell’acqua.

“Ripristiniamo la catena”, ingiunse, posando lo strumento in grembo.

Questa volta la nebbia salì bianca e leggera, fragrante di fiori di lavanda e poi si colorò di un rosa scuro. Riccioli castani mossi dalla brezza.

“Diane…”

Una fanciulla si volse e sorrise, sorrise anche con i suoi occhi nocciola, dorati e gioiosi, all’indirizzo di Alain.

“E’ così che vuoi ricordarla Alain?”, bolle d’acqua risalirono gorgoglianti, “O preferisci questo?”

L’orlo di una veste bianca oscillava. Profumo greve di gelsomino e fiori appassiti. Un soldato di spalle con un fazzoletto rosso al collo tagliava una corda e accoglieva le spoglie di un corpo esangue fra le sue braccia. Il rosa si mutò in cipria e poi il volto della fanciulla perse ogni colore e si dissolse.

Ora Alain, tremante e a capo chino, stava piangendo. Senza un gemito. Stringeva più forte la mano di Gerard. Sentiva ribrezzo a stringere ancora quella di Vivanne. Ma trovò il coraggio e parlò.

“Va bene, ma vi crederò solo quando mi farete vedere anche il grugno, il nome ed il titolo di quel maledetto nobilastro, il vile che le ha spezzato il cuore”.

 “Il vostro Comandante ha preteso una prova. Ora tocca a lei. A lei e André. E guai a chi infrangerà questa catena.”

* * *

Oscar si pentì. Si pentì di quanto aveva preteso. Perché Oscar non credeva alle premonizioni, agli incantesimi ed alle stregonerie.

Il loro precettore, suo e di André, citava Cartesio tutte le volte in cui i due fanciulli mostravano la loro intelligenza, brillante, ma impaziente: “La prima regola era di non accettare mai nulla per vero, senza conoscerlo evidentemente come tale: cioè di evitare scrupolosamente la precipitazione e la prevenzione; e di non comprendere nei miei giudizi niente più di quanto si fosse presentato alla mia ragione tanto chiaramente e distintamente da non lasciarmi nessuna occasione di dubitarne.”[1]

Oscar non credeva all’imponderabile.

Tuttavia, almeno una volta aveva dovuto ricredersi. Quando André le aveva spiegato, con il tono offeso di un innocente e l’attenzione guardinga di un colpevole, che, se aveva disobbedito all’ordine di non muoversi dalla postazione che assediava il convento abbandonato di Saverne, era perché aveva distintamente udito la sua voce chiamarlo.

Quella notte in cui era stata aggredita e sopraffatta da Nicolas de La Motte, come una inetta si crucciava, aveva invocato il nome di André. Questo lo ricordava assai bene. Non aveva richiamato l’attenzione dei soldati della sua guarnigione, non avendo fiato per urlare, mentre La Motte gli artigliava il collo. Rischiava di morire ed il suo cuore non aveva riservato alcun palpito per Fersen, né si era affidato alla misericordia di Dio. La fame d’aria e di vita l’aveva attanagliata ed il nome di André era affiorato alle sue labbra. La notte al Faubourg de Saint Antoine le avrebbe rivelato la verità, che era verità già allora.

“André, André!”. Un sussurro flebile, un filo di voce, che lui e solo lui aveva udito. Come era stato possibile?

Si rammentò dei dubbi di Cartesio: Io supporrò, dunque, che vi è un certo cattivo genio, non meno astuto e ingannatore che possente, che ha impiegato tutte le sue energie per ingannarmi[2].

Sospirò.

Aveva dunque domandato a Vivianne quali prove avesse a dimostrazione di quell’affermazione - “perché da Penn-ar-Bed non fareste più ritorno” - e quella, per tutta risposta, invece di raccontargli di intrighi e spie, gli aveva indicato il fitto del bosco.

Adesso erano tutti lì, increduli e sopraffatti da quelle visioni, intorno alla fontana di Barenton.

“Cosa ci sarà mai di così speciale qui?” aveva esordito Alain prima che l’impensabile si palesasse alla loro vista, “qualche pietra scabra e muschiosa. A Parigi, anche l’ultima delle lavandaie dell’ile st. Louis ha di meglio”.

“Le  sue acque curano il mal d’amore”. Vivianne l’aveva affermato con sicumera, rivolgendosi ad André: “coraggio, dona alla fontana la spilla che chiude il tuo mantello e troverai pace dalla tua follia.”

Ma anche André si era ritrovato a pensare a Cartesio[3]. La fontana poteva farlo disamorare, ma non mancano dolcezze nell'amare qualcuno, anche senza osare e dichiararlo[4] e se l’effetto fosse stato quello opposto, lui non avrebbe mai sopportato di vivere nella consapevolezza che l’amore di Oscar fosse solo il frutto di un incantesimo.

Tutte sciocchezze si disse. E lo disse.

Basta fandonie Vivianne, perché siamo qui?

Ignaro, di quanto fosse in errore.

 

* * *

Adesso toccava a loro due. Ad uno di loro due.

Un altro giro, nello stesso senso, come per le visioni di Gerard e Alain, secondo il percorso del sole, da est a ovest.

Il ramo di nocciolo disegnava spire sempre più sottili, finché la superficie si fece specchio immoto e le mani si unirono nuovamente.

Una carrozza rossa intorno ad un rondò. La luce incerta dei lampioni che si rifletteva verdognola sul selciato bagnato.

Nella pozza, in un vortice, la carrozza si rovesciò. Due divise blu separate a forza dalla folla.

Il lezzo dei vicoli di Parigi aggredì le loro narici. Pane raffermo, rape bollite, liquami, stracci e disperazione. 

Oscar vedeva sé stessa con gli occhi di André, le labbra che mute imploravano che lo si lasciasse andare, che non era un nobile.

Una visione per uno di loro due? No, per loro due insieme.

André vedeva sé stesso con gli occhi di Oscar. Le labbra mute che urlavano che non si separasse da lui.

Ma la folla era crudele ed impietosa.

André fece per alzarsi ad abbracciarla.

Con inusitata forza Vivianne lo bloccò. “Non spezzare la catena”, gli intimò Vivianne.

Oscar vide quello che gli era accaduto. Pestato e percosso, aveva invocato senza tregua il suo nome, menando calci e pugni solo per cercare di raggiungerla, finché non l’aveva vista più. Una bastonata al capo aveva posto fine alla sua coscienza, finché non si era trovato legato, con un cappio che oscillava sopra la sua testa. Anche allora l’aveva cercata, senza trovarla.

Il bosco taceva intorno a loro.  Ma la bocca di André urlava in silenzio il nome di Oscar.

André vide Oscar battersi a colpi d’elsa e poi la polvere sollevata dalla cavalleria, Fersen che la trascinava in salvo, semisvenuta. Sospirò per il sollievo, anche se tutto era già accaduto. Poi vide lei riscuotersi. La disperazione sul suo volto ferito e le labbra a disegnare parole inattese “Lasciatemi, il mio André è in pericolo!”

Frullo di mille ali. La quiete del bosco violata.

Oscar l’aveva urlato quell’ordine, stringendo più forte la mano del suo André. Ed infine aveva pianto. Da quanto tempo non piangeva più?


* * *

I nostri peggiori ricordi. I più dolorosi. Non è questa la prova che vi ha chiesto il Comandante”.

Vivianne ridacchiò.

Credereste alle mie predizioni, senza una dimostrazione dei miei poteri?”

Alain alzò le spalle, poi annodò più stretto il suo fazzoletto rosso.

Faceva freddo. Quelle fronde grondanti pioggia, quel verde cupo che assorbiva piuttosto che rifrangere la luce, perfino il profumo delle prime ginestre l’opprimevano, facendogli rimpiangere le taverne di Parigi, i tavoli unti e traballanti, la birra un po’ rancida, il sudore dell’oste e la fragranza dolciastra delle fanciulle sfiorite.

La verità è che tutto quello che stava accadendo l’aveva costretto a fermarsi a riflettere.

Si sentiva solo. Perché era, solo.

I suoi compagni erano l’unica famiglia che gli era rimasta ed André, il suo amico fraterno André, se la passava male. Quando Oscar fosse morta, giacché se quella malattia era davvero tisi, la tisi non perdonava, André, dopo averla accudita e protetta fino all’ultimo dei suoi respiri, avrebbe trovato l’occasione giusta per farla finita.

Per un attimo si cullò nel ricordo dell’illusoria aspettativa che l’aveva confortato: prima che Diane gli confidasse che era innamorata e stava per sposarsi, aveva sperato che André …. Diane non sarebbe morta e André di sicuro l’avrebbe fatta felice. Che stupidaggini. André non avrebbe mai guardato altre donne che non fossero il Comandante. Provava rancore, ed allo stesso tempo ammirazione, per quello.

Solo. Nessuno lo aspettava a Parigi. Neppure la morte.

Quella vecchia poteva predire il futuro, come aveva letto i loro tormenti?

Accidenti a voi, Vivianne, è mezzogiorno passato. Ho fame!”

Oscar si sciolse a malincuore dal tepore dell’abbraccio in cui André la custodiva. André ne asciugò le lacrime con un fazzoletto di cotone candido (ma come è possibile che quest’uomo conservi un fazzoletto fresco di bucato in mezzo a tutto questo fradicio parapiglia, si domandò Oscar, senza invero stupirsene).

Gerard, rincuorato, si disse che tutto quel male non era venuto a nuocere. Che con quel gesto maldestro sua madre l’aveva salvata. E che il loro Comandante amava André almeno quanto André amava il loro Comandante.  Proprio tanto.

Ancora un poco di pazienza. Suvvia. Sedetevi.

Un altro giro del ramo di nocciolo, questa volta in senso inverso, da occidente a levante.

Le nubi in cielo si diradarono e le cortecce degli alberi intorno a loro scintillarono ai raggi del sole alto sull’orizzonte.

Prima però un avvertimento.  Quando leggo il passato, tutto mi si presenta chiaro ed aperto anche nei singoli avvenimenti temporali, se coloro le cui mani si stringono non chiudono le loro anime al mio scandaglio, e non posso assolutamente errare.

Alain sbuffò “e come si farebbe ad evitare ‘sto scandaglio?”

Vivianne l’ignorò e proseguì.

Al contrario, la verità sulle cose future non deve essere delineata come sicura in tutti i suoi aspetti.”   

Non deve o non può?” l’interrogò André.

Non deve”, replicò severa Vivianne, “perché esiste il libero arbitrio. Poniamo che una veggente, tale e quale a me, predica ad Alain che il tal giorno, mentre è di ronda, lui ed il suo cavallo precipiteranno nella Senna.”[5]

“Mi vuole bene, la megera”, ironizzò Alain, stringendo con forza la fibbia di metallo della sua cintura.

 “Alain, che crede alla premonizione …”

“Anche no …”, l’interruppe Alain.

“Dicevo … Alain, che crede alla premonizione, quel giorno non esce dalla caserma. L'evento non si verifica. Non si può verificare. Manca quindi qualsiasi prova sulla veridicità della premonizione.”

“E come farei a contravvenire ad un ordine e a non uscire dalla caserma? Eppure, l’ha conosciuta la nostra Comandante!”

Oscar lo fulminò con lo sguardo. Strappò un sorriso ad Alain che si decise a tacere.

“Poniamo invece che il nostro Alain non creda alla profezia. Se ne va in giro per Parigi, ma presta una particolare attenzione mentre conduce la sua cavalcatura, soprattutto lungo i punti e le strade che costeggiano le rive della Senna, proprio per dimostrare che la premonizione non esiste. Nella Senna ci finisce ugualmente. La premonizione si è avverata.”

“Ma se l’'incidente non si verifica ...” intervenne André. “Ciò potrebbe dipendere da un errore della veggente così come  dalla particolare attenzione che Alain ha posto mentre cavalcava?”

“Appunto.  Impossibile saperlo.” Rispose Vivianne.

 “Eppure la mia libera scelta, di uscire o meno di ronda, di credere o meno alla premonizione, ha influito … avrebbe influito sul mio destino.

Si è trattato addirittura di vita o di morte”, si intromise Gerard.

Oh, amici miei, nella Senna non si deve per forza annegare. Il mio cavallo ed io sappiamo nuotare, eh

 “L'esempio dimostra che se l'evento previsto è inevitabile è pur sempre possibile limitarne gli effetti”, disse Oscar.

Vivianne annuì. “E’ così Comandante: l’insegnano anche alla Accademia militare, suppongo.

“Sedetevi. In cerchio”, ordinò, “ma all’inverso di prima”.

Poi, aiutandosi con il ginocchio, spezzo in due la verga, lanciandola lontano.

Si rimboccò le maniche e chinandosi in avanti iniziò ad agitare con le dita l’acqua della fontana.

Le mani si strinsero.

Gli spruzzi divennero onde, la frescura profumò di salsedine.

Non più solo immagini e odori. Questa volta anche nuovi suoni li avvolsero, mentre la foresta di Broceliande lentamente svaniva ed il canto melodioso delle cinciarelle si mutava nel garrito stridulo dei gabbiani.
 
 
 

 


[1] Cartesio, Discorso sul Metodo, 1637

[2] Cartesio, Meditazioni metafisiche,  1641.

[3] Caro lettore,  forse non è un caso, ma la dimostrazione di quanto questi due siano uniti.

[4] Citazione attribuita a Cartesio, forse, senza fonte

[5] Mi sono liberamente ispirata a Nostradamus - Le profezie - Carlo Patrian, 1978

  
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