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Autore: _Princess_    29/09/2009    33 recensioni
La disarmava, questo era il fatto. La lasciava indifesa.
“Su, vuota il sacco.” Le intimò, senza alcuna pietà verso il suo essere così disperatamente persa in lui.
Kuu osò voltare il viso verso il suo, incontrando così i suoi occhi sorridenti, e il suo cuore saltò un battito.
Quegli occhi…
Non si sarebbe mai abituata alla loro imperscrutabile profondità, alla bellezza infinta che traspariva da quel suo sguardo mite, un misto di luci e ombre che faceva venire i brividi, che cancellava ogni capacità di respiro, di raziocinio.
Li amava, quegli occhi, così come amava l’anima che vi stava dietro.
Ed era orribile pensarci. Era orribile amare tanto qualcosa che non sarebbe mai stato alla sua portata, ed anche peggio era essere pienamente consapevole che non sarebbe mai riuscita a farsene una ragione.
[Sequel di The Truth Beneath The Rose]
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Heart Of Everything' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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I've dreamt so long I cannot dream anymore

(Anywhere, Evanescence)

 

***

 

‘PRISTINE BLUE: HARD ROCK & PIANOFORTE DAL CUORE DI BERLINO’

Sono stati definiti la promessa 2010 del rock tedesco ed eletti come Miglior Artista Emergente agli Echo Awards, ma loro non si lasciano impressionare da questo successo così inatteso. Kuu e Kaaos (foto), voce-pianoforte e seconda voce-chitarra dell’ormai celeberrimo duo Pristine Blue, sono due amici di vecchia data (22 anni lei, 24 lui). Fanno musica insieme fin da quando andavano alle elementari, ma il vero punto di svolta della loro vita risale a tre mesi fa, al lancio del loro singolo di debutto, Skies Can Cry. La scoperta del loro talento si deve all’etichetta Universal (che già ha regalato al mondo una perla teutonica di cui oggi nessuno può più fare a meno: i Tokio Hotel) e alla loro grintosissima manager, Griet Schliemann, che ha subito saputo fiutare il loro talento e il loro enorme potenziale.

“Siamo felici di vedere che il pubblico tedesco apprezza il nostro stile,” ci racconta la bella Kuu, seduta assieme all’avvenente Kaaos sul divanetto della sua suite all’****** Hotel, in assoluta tranquillità. “Sappiamo che il nostro genere non è esattamente pane per tutte le bocche, ma siamo molto soddisfatti dei responsi che stiamo ricevendo, e contiamo di promuovere l’album anche in Europa, appena uscirà.”

La data di uscita del loro primo album, A Broken Guitar Can’t Play Lovesongs, preceduta da un lancio in grande stile dal singolo, è prevista per il 31 di gennaio e migliaia di fans sono già in trepidante attesa. Più di ventimila copie sono già state prenotate e ora l’aspettativa ruota tutta attorno ad un’unica, grande speranza: l’annuncio di un concerto. Per il momento, però, i ragazzi preferiscono saggiamente concentrarsi su un passo per volta.

“Come ci si sente a firmare un contratto con la casa discografica che vanta di aver lanciato la band tedesca – e forse addirittura europea – più famosa ed amata al mondo?”

“Ne siamo molto lusingati ed orgogliosi,” risponde subito Kaaos, con la sua voce profonda. “Apprezziamo molto i Tokio Hotel. Li abbiamo seguiti fin dai primissimi esordi, e Kuu era una di quelle ragazzine che si accalcano davanti ai palchi e urlano isteriche ai loro concerti.” (ride)

Kuu ride. Lei e Kaaos sembrano perfettamente a proprio agio, perfino quando le domande si fanno più indiscrete.

“Corre voce che voi due siate romanticamente coinvolti…”

“Sono solo pettegolezzi,” chiarisce Kuu con disinvoltura. “Siamo cresciuti insieme, siamo praticamente fratello e sorella, non c’è niente di più che una bella amicizia tra di noi.”

Kaaos annuisce ma non aggiunge altro.

È strano da credere che un ragazzo e una ragazza così affascinanti riescano a passare una vita intera insieme senza innamorarsi, ma i Pristine Blue non si stancano mai di smentire le insedabili voci sulla loro presunta relazione segreta. Alcuni ritengono che…

Bill si arrese. Non ce la faceva a concentrarsi sugli articoli. C’erano i Tokio Hotel in copertina, ma dentro c’era un servizio gigantesco tutto dedicato ai Pristine Blue, in confronto al quale quello su di lui e gli altri sembrava invisibile.

Il fascino della novità.

C’era un poster nella pagina centrale, una foto del duo presa da qualche photoshoot: Kaaos vestito in modo molto trendy, seduto su una poltrona antica di broccato rosso, le gambe accavallate, una mano sotto al mento, gli occhi che guardavano in alto verso Kuu, una mano sulla sua schiena. Sembrava un modello, alto e magro com’era. Kuu, invece, era in piedi accanto a lui, di tre quarti, con un lungo abito scarlatto profondamente scollato sulla schiena, una gamba nuda sollevata per appoggiarsi al bordo della poltrona di Kaaos, delle decolleté nere stretta attorno alle caviglie da un cinturino. I capelli corti e biondi, le lentiggini sul piccolo naso sottile e sugli zigomi, l’espressione impertinente, gli occhi ambrati puntati dritti nell’obiettivo, mentre la sua mano puntava sotto al suo mento una pittoresca e bellissima pistola in argento lavorato.

Era bella.

Era sensuale.

Era perfetta.

Bill aveva l’occhio allenato nel riconoscere un bell’aspetto costruito e uno naturale: benché fosse stata truccata da mani esperte, non era complicato capire che, anche in versione acqua e sapone, Kuu sarebbe stata comunque parecchio attraente.

Bill non sapeva bene che idea farsi su quei due: la loro musica gli piaceva molto, per quel poco che aveva sentito, e non era da lui essere così ipocrita da giudicare qualcuno dall’aspetto. Se era vero, da un lato, che la maggior parte dei cosiddetti ‘artisti’ dotati di una certa avvenenza erano solo delle macchine commerciali, era anche vero, dall’altro, che esistevano numerose eccezioni. Lui sentiva, senza false modestie, di esserne la prova. Chiuse la rivista RockIt e la lasciò perdere. Aveva ben altro per la testa.

Non stava più nella pelle: erano due settimane che aspettava con trepidazione quell’evento e stentava a credere che fosse finalmente giunto il momento: barbecue a casa Wolner.

L’idea piuttosto bizzarra di un barbecue in pieno gennaio era stata, senza troppe sorprese, di BJ. Bill ne era stato subito entusiasta, soprattutto perché sarebbe stata una cosa praticamente di famiglia: ci sarebbero stati, ovviamente, i padroni di casa, Vibeke e BJ, e poi Patrick, il manager di BJ, e Benjamin, David e Dunja, Natalie e suo figlio Eric, Georg, Nicole ed Emily, Gustav, e infine lui e Tom. Andreas, poi, in via del tutto eccezionale, li avrebbe raggiunti nel pomeriggio per la merenda.

Georg e Gustav erano usciti presto per andare a comprare qualcosa di buono da portare alla festicciola, per poi passare a prendere Nicole ed Emily alla stazione. Si sarebbero fermate ad Amburgo per qualche giorno, fino a che non fossero ripresi gli impegni mondani del gruppo.

Mentre Tom guidava verso casa Wolner, Bill gli sedeva accanto, fremente di entusiasmo, chiedendosi cosa ci si dovesse aspettare da una grigliata ad opera di un vegetariano. Probabilmente un sacco di verdure e tofu. Tutta roba che per lui e i ragazzi sarebbe stata pressoché iningeribile.

“Ti vuoi dare una calmata o ti devo dare una mazzata in testa?” gli sbottò contro Tom, frenando bruscamente ad un semaforo rosso.

“Cosa sto facendo?” chiese Bill, sentendosi ingiustamente accusato.

Tom gli scoccò un’occhiataccia in tralice, ripartendo.

“Sei tutto un’agitazione unica! Nemmeno stessimo andando a una festa privata di Nena, cazzo!”

“Che lagna che sei!” sbuffò Bill. “Adesso sono posso nemmeno essere felice di stare un po’ con i miei amici?”

“Ho capito, ma mi stai mettendo un’ansia addosso che non ti dico!”

“Scusa se sto squilibrando il tuo sensibile animo zen.” Lo scimmiottò Bill.

Tom, saggiamente, decise di non replicare. Accostò al marciapiede e sistemò la Cadillac nel posteggio con una manovra fluida e sicura, quindi spense il motore e tolse le chiavi.

“Chiudi il becco e scendi, che è meglio.” Intimò poi a Bill.

Scesero entrambi e Tom chiuse l’auto con un bip del piccolo telecomando.

“Oh, guarda,” esclamò Bill, individuando una zazzera bionda che emergeva da un’Audi nera. “C’è Benji!” Sollevò un braccio in aria, iniziando a sventolarlo. “Hey, Benji!”

Benjamin sollevò lo sguardo verso di loro e, dopo un attimo di sorpresa, sorrise.

“Ciao, ragazzi!”

Suonarono e il portone si aprì immediatamente. Salirono insieme con l’ascensore e percorsero il breve tratto di corridoio fino alla porta dei Wolner chiacchierando del più e del meno. Quando premettero il campanello, fu BJ ad aprire, e lo fece con un sorriso che avrebbe tranquillamente eclissato il sole.

“Benarrivati!” esclamò, gioviale e frizzante come suo solito. Si era fatto crescere il pizzetto e Bill la giudicava una scelta molto azzeccata: stava benissimo con la lunga coda bionda.

BJ si fece da parte per farli entrare e, passando, sia Benjamin che Tom, ridendo, gli posarono un bacio frettoloso sulla guancia, lasciando Bill alquanto perplesso.

“Tu non lo baci il norvegese?” gli disse BJ, serioso, dopo aver chiuso la porta, indicandosi il petto. Solo allora Bill notò che il grembiule che portava sopra alla maglia rossa aveva stampata sopra la scritta ‘Kiss the Norseman’.

“Oh.” Bill ebbe un momento di esitazione, ma alla fine elaborò il concetto, e rise divertito. “Sì, hai ragione!” E si allungò appena per dare il proprio contributo, sfiorando la guancia di BJ con le labbra.

“Lo voglio anch’io un grembiule così!” esclamò la voce lontana di Vibeke.

Bill la vide apparire dalla cucina, con indosso un vestito nero e viola che sembrava provenire direttamente da un romanzo vittoriano. Le stava bene, però.

Non appena si accorse di lei, Tom la raggiunse e le afferrò possessivamente i fianchi con un sogghigno furbo.

“Te ne regalo io uno bello: ‘Touch me and my Kaulitz kills you’. Ti piace?”

Vibeke gli avvolse languidamente le braccia attorno al collo.

“Adorabile.” Sussurrò, poco prima di baciarlo.

“Prendetevi una stanza, voi, due, ci sono dei minorenni, qui!”

Bill si voltò mentre si sfilava il cappotto: dalla sala da pranzo aveva appena fatto capolino Georg, con una tartina in mano e un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro. Si sentiva un coro di voci provenire dalla stanza alle sue spalle.

“Hey, com’è che il mio follettino non mi è ancora saltato in braccio?” si chiese Bill, preoccupato. In genere Emily impiegava cinque secondi netti a fiondarglisi al collo, quando arrivava.

“Mi sa che stavolta devi andartela a cercare.” Gli disse Georg. Bill non lo aveva notato subito, ma aveva un’aria tesa e stanca. “Ha fatto amicizia con Eric.”

Bill ci rimase molto male: era la prima volta da sempre che Emily non gli correva incontro festante. Le aveva anche portato un delizioso krapfen che aveva tenuto da parte solo per lei.

“Hey, non si saluta più lo zio Bill, adesso?” gridò, portandosi le mani ai lati della bocca.

Bastò un niente: un attimo prima non c’era, un attimo dopo Emily era tra le sue braccia e lo baciava a pioggia sulle guance e sul naso.

“Ah, ora sì che si ragiona!” miagolò Bill, soddisfatto.

Dopo il suo urlo, erano spuntati anche Natalie, Gustav, Patrick e Nicole.

“Ho un regalo per te.” Disse Bill ad Emily, dopo averla messa giù per salutare gli altri. Prese il piccolo sacchetto dalla tasca del proprio cappotto e glielo porse. “vedrai che buono!”

“Che cos’è?” domandò Emily, sbirciando curiosa dentro al pacchettino.

“È un krapfen ai lamponi.”

Emily, però, anziché gioire e ringraziarlo, come lui si era aspettato, fece una faccia perplessa.

“Lamponi?” Si voltò verso Nicole, smarrita. “Che cos’è lamponi?”

Nicole si avvicinò e le sorrise materna.

“Raspberries, honey.”

“Oh, I see!” Gli occhi di Emily si illuminarono all’istante. Lamponi… Thank you, Bill!”

“Prego!” rispose Bill, compiaciuto, poi si chinò e le porse una guancia. “Non me lo merito un bacione?”

Felice, Emily gli prese il viso tra le sue manine e gli schioccò un bacio sonoro.

“Mamma, lo devo mangiare dopo, vero?” chiese poi a Nicole.

“Puoi assaggiarne un pezzetto, se vuoi.” Le fu concesso. “Il resto però dopo pranzo.”

Emily fissò brevemente il grosso dolce sul fondo del sacchetto, poi tornò a guardare la madre:

“Ne do un pezzettino a tutti?”

A Bill si sciolse il cuore, anche se una parte di lui non aveva potuto fare a meno di pensare ‘No, l’ho preso per te, è un regalo solo tuo!’. Ma si trattenne dal dirlo, intenerito da quel pensiero così altruista che lui, al suo posto, difficilmente avrebbe avuto.

“È un regalo di Bill per te,” intervenne però Georg. “È giusto che lo mangi tu. Noi abbiamo tante altre cose buone.”

Emily sorrise raggiante; richiuse accuratamente il sacchettino e lo andò a posare in un angolo, accanto al telefono del salotto.

“Lo mangio per merenda!” annunciò allegramente, come a voler rassicurare Bill. “Adesso torno a giocare con Eric!”

“È amore.” Commentò Natalie, guardandola con affetto mentre la piccola le passava accanto trotterellando.

“Nemmeno per sogno!” la contraddisse subito Bill. “Emily è innamorata solo di me!”

“Attenzione, gente, fate largo, l’ego di Bill sta di nuovo traboccando!” lo prese in giro Tom, seduto sul divano con Vibeke avvinghiata addosso.

Bill gli rispose con una linguaccia.

Dieci minuti dopo, arrivarono anche Dunja e David, e la compagnia fu al completo. Dopo un po’, Bill lasciò i vari gruppetti a chiacchierare e uscì sulla terrazza a vedere cosa stava facendo BJ. Lo trovò affaccendato davanti alla piastra del barbecue, rivoltando delicatamente sottilissime fette di zucchine, melanzane e della roba gialla che sembravano patate.

Proprio in quel momento il suo stomaco decise di mettersi a brontolare. Fu solo per quello che BJ si accorse di lui e si voltò.

“Spii i segreti dello chef, eh?”

Bill rabbrividì. La terrazza era ben protetta dal vento grazie alla folta siepe che correva lungo il bordo, ma faceva comunque un bel freddo, anche se c’era il sole. Dal barbecue, però, proveniva un piacevole tepore, così si avvicinò, occhieggiando sospettosamente quella montagna di verdura.

“Tranquillo,” disse BJ, iniziando ad ammucchiare le patate dorate in un piatto. “C’è anche roba per voi carnivori.”

Bill si portò le mani sulla pancia affamata, decisamente risollevato.

“Ah, meno male.”

“Dobbiamo mettere un po’ di muscoli su queste ossa!” Rise BJ, punzecchiandolo con un dito tra le costole.

Bill si ritrasse, senza riuscire a trattenere un risolino. Soffriva da morire il solletico.

“Allora,” riprese BJ. “Pronto per il nuovo tour?”

Bill annuì, ma con poca convinzione.

“Benji e David dicono che sarà una novità, rispetto ai precedenti, ma non ci hanno ancora rivelato i dettagli. Mi chiedo cos’abbiano in mente.”

“Be’, tra un paio di mesi siete on the road, quindi lo scoprirete presto, no?”

Bill si appoggiò con la schiena al muro lì accanto, finendo per trovarsi di fronte a BJ.

“Sono felice di tornare a esibirmi, ma non nego che un po’ mi stavo abituando alla vita casalinga.” gli confidò.

BJ non spostò la propria attenzione dal grill, ma sorrise.

“Eppure è già qualche mese che state girando per l’Europa, tra trasmissioni e interviste.”

“Sì, ma alla fine torniamo sempre a casa. Con il tour sarà diverso. Vai via a marzo e torni a settembre… C’è una bella differenza.”

“Lo so.” Sospirò BJ. Bill lo vide stranamente abbacchiato. Non gli ci volle nemmeno molto per rendersi conto del perché.

“Ti portiamo via Vibeke, vero?” Gli fece quasi male chiederlo.

L’espressione di BJ era serena, ma velata di rassegnazione.

“Non siamo mai stati lontani per più di quarantott’ore. Sarà strano non vederla per mesi.”

Bill immaginò di essere al suo posto, di essere costretto a stare interi mesi senza Tom. ‘Che pacchia!’, fu l’istintivo pensiero che gli sovvenne, ma poi si sentì immediatamente gelare: restare separato da Tom così a lungo era al di là di ogni sua concezione. Sarebbe impazzito, nel migliore dei casi, o morto di nostalgia. Due persone nate insieme non erano fatte per vivere distanti.

“Lo so che non è normale che io e lei siamo così morbosamente attaccati,” aggiunse BJ, quasi a volersi giustificare. “Abbiamo quasi ventiquattro anni, sarebbe ora di tagliare il cordone ombelicale…”

“Ma io ti capisco benissimo!” lo rassicurò Bill, accorato. “Io e Tom siamo nella stessa identica situazione. Siamo anche stati fortunati a trovare un lavoro che ci ha unito anche più di prima.”

Il viso vagamente adombrato di BJ si alleggerì dolcemente:

“È bello vedere come vi guardate, anche quando siete arrabbiati.”

Bill batté inespressivamente le ciglia.

“Perché, come ci guardiamo?”

BJ sorrise, e gli sembrò un bambino da quanto quel sorriso gli appariva spontaneo e sincero.

“Come se foste l’uno l’ossigeno dell’altro.”

Ecco, pensò Bill, mentre il suo cuore sussultava. Questa era la definizione che ho sempre cercato e non sono mai riuscito a trovare.

Era esattamente così che era, per lui e Tom: erano aria e vita reciproche, e solo chi si sentiva come loro avrebbe potuto capire.

“Be’, lo siamo, in fondo.”

“So che avrete cura della mia piccola stronza, e che la stresserete quanto basta per non farle sentire troppo la mia mancanza.”

“Faremo tutti del nostro meglio!” promise Bill. “Ma tu verrai a trovarci, vero?” si volle assicurare poi. “Insomma, qualche giorno di vacanza te lo puoi prendere, no? Ti fai un paio di tappe con noi, ogni tanto, così siamo contenti tutti. Io e Tom ci siamo portati dietro Andreas per un po’, nei tour scorsi, non vedo perché non possiamo farlo anche con nostro cognato!”

BJ emise una breve risata sommessa.

“Tecnicamente sarei il cognato di Tom.” Lo corresse, strizzandogli un occhio. “Io e te saremmo… Concognati, suppongo si dica, no?” Corrugò lievemente le sopracciglia, incerto. “Tipo consuoceri, ma cognati.”

Per quel che ne sapeva Bill, poteva anche essere, ma non ci avrebbe messo la mano sul fuoco. Non che gli importasse granché della grammatica, comunque.

“Non ne ho la più pallida idea.” Ammise, un po’ imbarazzato. Ci si sarebbe aspettato che un madrelingua fosse in grado di dare delucidazioni linguistiche a uno straniero. “Comunque il punto è che puoi venire a trovarci quando vuoi.”

Lo sguardo di BJ si riempì di gratitudine e affetto.

“Non mancherò.” Promise. “Bene,” raccolse le ultime verdure dalla piastra e le sistemò su un altro piatto. “Mi daresti una mano a portare di là questa roba? Così qualche uomo di buona volontà può venire a grigliare i vostri pezzi di cadaveri innocenti.”

Qualcosa si aggrovigliò spiacevolmente nelle viscere di Bill, facendolo sentire colpevole come mai era stato, di fronte a un pezzo di carne. Per lui le bistecche erano sempre state solo bistecche, cibo, e gli animali erano sempre stati animali; due concetti ben scissi da un preciso muro di confine che adesso BJ gli stava scuotendo con un certo senso di rimorso.

“Credo che mi sia appena passato l’appetito.” Mormorò, vergognoso, afferrando il piatto di patate che gli veniva porto. Chissà che cosa pensavano le persone come BJ e Vibeke, e come Nicole, di quelli come lui.

Probabilmente quello che io penserei di un cannibale, rifletté, terrorizzato.

Eppure sia Nicole che Vibeke stavano con due discreti consumatori di carne, quindi non potevano avere un concetto troppo negativo di loro.

Bill si voltò tentennante verso BJ e lo scoprì a sorridergli gentilmente mentre si incamminavano verso la porta-finestra che portava al salotto.

“Scusami, davvero.” Gli disse BJ, con sincero pentimento. “Non voleva essere un’accusa o…”

“Vibeke dice sempre che quella roba alternativa che mangiate voi è buonissima,” lo interruppe Bill, senza riflettere. “Dici che potrebbe piacermi?”

Era impazzito. non gli sarebbe mai piaciuto niente di quelle strane cose di soia che si mangiavano loro, e lo sapeva. Avrebbe finito col vomitare nel piatto, come del resto già gli era capitato altre volte, e fare una figuraccia. Ma ormai il danno era fatto.

“Provar non nuoce.” Lo appoggiò BJ, in tono entusiastico.
”Intendi ‘Tentar non nuoce’?”

“Sì, giusto.” BJ gli aprì la porta a vetri e gli cedette educatamente il passo. “Ogni tanto ho qualche defaillance con il tedesco.”

“Dovresti sentire me con l’inglese.”

“Le lingue non sono mai state il mio forte.”

“Non si direbbe!” esclamò Bill, accorato. “Per essere qui da solo quattro anni, tu e Vibeke sembrate dei madrelingua.”

Attraversarono il salotto affollato, schivando per un pelo Emily ed Eric che, sotto agli sguardi deliziati delle madri, si rincorrevano ovunque, e portarono tutto il sala da pranzo, rimasta deserta.

“Tutto merito di nonna Hjordis.” Gli confidò BJ. Posò il piatto sul tavolo e si pulì le mani nel grembiule. “Sai, lei è stata crocerossina durante la guerra. Ha imparato il tedesco sul campo, dai soldati. È stata lei a insegnarlo a mio padre, e poi a me e Vibeke.”

Bill lo imitò, rimasto a bocca aperta.

“La vostra è proprio una famiglia stupefacente!”

BJ rise.

“Facciamo del nostro meglio.”

Bill annuì, poi tacque per qualche secondo, osservando l’amico che, con gesti esperti, condiva, mescolava e ridisponeva le pietanze sopra i vassoi che c’erano in tavola. Il corso di cucina aveva senz’altro fatto il suo dovere.

“Non viene il tuo nuovo ragazzo?” domandò a un certo punto, senza un perché.

La testa bionda di BJ si sollevò e si girò a guardarlo ridente.

“Certo che mia sorella è davvero una bella pettegola! E poi Dom non è propriamente il mio ragazzo. Usciamo insieme, tutto qui.” Una piccola scrollata di spalle. “Comunque no, oggi non c’è. Ha delle gare a Kempten.”

L’associazione automatica con la parola ‘gare’ era ‘sport’, termine che a Bill non piaceva nemmeno un po’, a meno che non si trattasse di una partita a pingpong o a biliardino, entrambe attività che la maggior parte della gente avrebbe definito ‘sport’ solo in una barzelletta.

“Che cosa fa?”

“Pallanuoto.” Il volto di BJ si illuminò. “Dovresti vedere che fisico! Ovviamente non mi piace solo perché è un bel ragazzo, però… Diciamo che non guasta.”

Fu un commento che fece sentire Bill stranamente a disagio. Non era da lui sentirsi inadeguato, in nessun contesto: aveva consapevolezza delle proprie doti e dei propri limiti e raramente veniva colto impreparato da qualche osservazione. Quello di BJ, poi, era stato un commento così spontaneo e leggero che era impossibile prenderlo come una goffa gaffe, ma lo aveva colto alla sprovvista. Gli era sempre piaciuta la propria immagine, era sempre stato un narcisista e vanitoso, ma in quanto a fisico vero e proprio sapeva che non c’era storia: quattro ossa su un metro e novanta di statura non era esattamente un bel vedere. Nulla che una persona sana di mente avrebbe commentato con ‘Dovresti vedere che fisico!’.

Non che gli fosse mai importato di avere una corporatura atletica – si piaceva così com’era – ma i confronti estetici stuzzicavano sempre la sua competitività.

“È più bello di me?” buttò lì, con casualità, pur conscio che fosse una domanda ben poco ortodossa e anche piuttosto imbarazzante, per un ragazzo. Ma si dava il caso che il ragazzo in questione fosse BJ, e non uno qualunque, perciò la risposta che gli giunse fu semplicemente l’ennesimo sorriso aperto.

“Oh, Bill, nemmeno dio in persona potrebbe essere più bello di te.”

Bill dovette fare sforzi non indifferenti per trattenere qualsivoglia manifestazione di trionfo. Chiamò in causa tutta la dignità di cui disponeva e sfoderò una discreta nonchalance:

“Ho sempre apprezzato la tua incorruttibile sincerità, sai?”

“Non lo metto in dubbio.” Ridacchiò BJ. “Vieni, andiamo a prendere la roba da bere.”

Bill lo seguì verso la cucina. Non appena aprirono la porta, prima ancora di entrare, si resero conto che la stanza non era vuota: appoggiati al bancone, proprio di fronte al lavello, c’erano Tom e Vibeke. Non si capiva bene dove finisse uno e iniziasse l’altra, dato che erano abbracciati molto stretti, immersi in un bacio che, a vedersi, era la cosa più dolce e romantica del mondo. Evento più unico che raro, per i loro standard.

“Oh, ma guardali, quei due!” bisbigliò BJ, nascosto dietro alla porta socchiusa. “Fanno tanto gli spacconi, ma sono due cuori di panna!”

Bill si appoggiò alla sua spalla per vedere meglio: Tom aveva una mano sulla nuca di Vibeke e con l’altra le sfiorava il fianco, mentre lei gli teneva le braccia attorno al collo.

“Hai mai visto qualcosa di più adorabile?” sospirò.

“Forse sì.” BJ si girò per un attimo, le labbra appena incurvate. “Ma ciò non toglie che sono una bella coppia di teneroni, se ci si mettono. Hey, piccioncini!” Esclamò all’improvviso, spalancando la porta. Tom e Vibeke sussultarono e si voltarono di scatto. “Se avete finito di amoreggiare, metà del pranzo è pronto! Ci vuole un’anima pia che si occupi della metà non vegetariana, perché il sottoscritto se ne chiama fuori.”

Tom, che dava loro le spalle, affondò pigramente il viso nel petto di Vibeke.

“Io sto bene qui.” Mugolò.

“Chiedi a Gud,” disse allora Vibeke, ridendo, mentre Tom le si strusciava addosso come un gatto trascurato. “A lui piace cucinare.”

Bill non fu affatto sorpreso: scollare quei due nei loro momenti di buona era impossibile.

“Vieni, Bill, lasciamo i nostri Orsetti Pomicioni alle loro occupazioni,” gli disse BJ, arretrando, ma prima si rivolese un’ultima vota a Vibeke e Tom: “Voi due, ricordatevi soltanto che siamo a un barbecue di famiglia, non una convention di pornostar. Abbiate rispetto per la mia cucina.”

E ciò detto, li lasciarono nuovamente soli.

A Bill, però, era rimasto dell’amaro in bocca. Voleva bene a Tom, si era sempre augurato che un giorno trovasse una ragazza come Vibeke, che sapesse renderlo felice e lo apprezzasse per l’idiota che era, ma c’erano volte in cui non riusciva a soffocare l’invidia che si sentiva germogliare dentro.

Negli ultimi due anni lui e i ragazzi avevano avuto l’occasione di conoscere veramente solo due ragazze, e nessuna di quelle due era stata per lui, non perché non si fossero innamorate di lui, ma perché non sarebbero mai andate bene per lui.

Più ci pensava, più Bill se ne convinceva: non esisteva una ragazza che potesse essere per lui quello che Nicole e Vibeke erano per Georg e Tom, e se esisteva, lui non avrebbe mai avuto la fortuna di incontrarla.

 

***

 

La mano di lui le sfiorava la guancia con devozione, mentre lei, la testa chinata, sorrideva timidamente nel rispondergli. Una serena intimità traspariva dai loro gesti, dagli sguardi che si scambiavano, perfino mentre lei scuoteva debolmente la testa senza guardarlo e sussurrava qualcosa che portò la fronte di lui a corrugarsi accigliatamente.

Erano anime gemelle, chiunque sarebbe stato d’accordo. Anche guardando Nicole divincolarsi dalla stretta che Georg aveva sul suo braccio e voltargli le spalle per lasciare rapidamente la stanza.

Gustav non aveva sentito una sola parola. Li aveva solo osservati chiacchierare nella sala da pranzo vuota da un angolo del salotto, e anche se la conversazione non gli era parsa una delle più felici, aveva comunque invidiato quell’invisibile filo di collegamento perpetuo che li teneva insieme, e, sì, a volte vibrava pericolosamente.

Georg e Nicole, come tutte le coppie, avevano i loro problemi, aggravati, però, dalla difficile presenza di Emily. Il loro, però, era un rapporto maturo, profondo, diverso da quello di Tom e Vibeke: Georg e Nicole avevano avuto fin da subito la chiara consapevolezza di non avere modo e tempo per fare i fidanzatini tutti uscite e divertimento, ed era proprio la portata di questo sacrificio a dare a Gustav l’assoluta certezza che il sentimento che l’amico provava fosse amore vero. Non solo per Nicole. Georg si era innamorato, durante quel tour di ormai due anni prima, ma non semplicemente di una ragazza; Georg si era innamorato di una ragazza e della sua bambina, e da allora, nel bene e nel male, era sempre stato felice.

Era Tom, tuttavia, quello di loro a cui le cose andavano meglio: lui e Vibeke erano quasi sempre insieme, passavano la maggior parte delle loro giornate insieme a litigare e insultarsi, ma poi, alla fine, se ne stancavano, e si ritrovavano abbracciati da qualche parte a scambiarsi baci e coccole. Qualche volta avevano anche fatto finta di lasciarsi, per motivi variabilmente stupidi, ma non era mai durata più di qualche giorno. Erano strani ed incostanti, e forse il loro punto di forza era quello.

Perso nelle sue riflessioni, Gustav si rese conto che Georg gli si stava avvicinando solo quando questi gli fu praticamente accanto.

“Hey, tutto a posto?”

Appoggiato mollemente allo stipite della porta, Gustav lo occhieggiò interrogativamente:

“Uh?”

Georg si infilò le mani in tasca dei jeans e osservò con lui Emily ed Eric che giocavano a Memory sul tappeto. Li guardava con nostalgia, forse un po’ di tristezza. Qualcosa non andava, Gustav lo sentiva.
“Hai una faccia strana, da un po’,” gli disse qualche secondo dopo. “Va tutto bene?”

Le labbra di Georg si piegarono lentamente in un sorriso amarognolo mentre si voltava:

“Stavo per chiederlo io a te. Cosa ci fai qui in un angolo mentre tutti si divertono?”

Gustav scrollò le spalle.
“Guardo.”
“Cos’è che guardi?”
“Voi che vi divertite.”

Georg sollevò un sopracciglio con ironia:
“Certo. Perché divertirsi in prima persona quando si può benissimo stare a guardare gli altri che lo fanno al tuo posto?”

Gustav tacque. Non sapeva cosa dire e, anche sapendolo, non avrebbe comunque trovato un modo per dirlo. Non avrebbe nemmeno avuto senso farlo. Lui non era come Bill, non si lamentava delle cose che lo turbavano: lui cercava da solo la soluzione e, in caso, teneva duro. Sbagliava, lo sapeva, ma era fatto così.

“Luna di nuovo storta, eh?” fu il commento di Georg a quell’ostinato silenzio.

“Oggi pare di sì.” Bofonchiò Gustav, svogliato.

Gli dispiaceva essere così freddo con Georg. Era forse il suo amico migliore, ma proprio non gli andava di parlare, per il momento. Lui non avrebbe capito.
“Hey, eccovi qui!”

Si voltarono entrambi: Bill e BJ erano giunti alle loro spalle dalla cucina.
“Gustav, la regia mi dice che se c’è da grigliare bene delle bistecche, mi devo rivolgere a te.” disse BJ.

Gustav annuì. Non gli dispiaceva l’idea di distrarsi un po’.

“Certo, non c’è problema.”

“La roba è di là nel frigo. La piastra di fuori è pronta all’uso.”

Gustav lanciò una rapida occhiata a Georg, poi si incamminò.
“Allora vado.”
“Attento agli Orsetti Pomicioni!” gli gridò BJ. Lui e Bill scoppiarono a ridere; Georg li guardò stranito.

Gustav fece finta di niente.

Fece finta di niente anche quando, entrato in cucina, trovò Tom e Vibeke immersi in un bacio così affamato che pareva quasi che non si vedessero da mesi, quando invece si erano visti solo la sera prima. Ma sorrise, perché lui probabilmente si sarebbe comportato allo stesso modo, fosse stato in uno di loro.

Prese indisturbato la carne e le salsicce dal frigorifero ed uscì in fretta sulla terrazza. Fu lieto di trovare l’aria fredda ad accoglierlo; cominciava a sentirsi soffocare, in casa.

Lavorò con calma per una ventina di minuti. Ogni tanto Georg usciva a vedere come andavano le cose e portava dentro qualche piatto pieno. Dentro si erano già accomodati tutti attorno al tavolo e avevano iniziato ad assaggiare qualcosa. Gustav non aveva un grande appetito, quindi non c’era fretta di finire e rientrare.

Aveva appena tolto l’ultima braciola dalla griglia quando si accorse che Benjamin e David si stavano dirigendo verso di lui, seguiti da dei perplessi Bill, Georg e Tom.

Aveva tutta l’aria di essere una riunione improvvisata. Gli sarebbe solo piaciuto saperne il motivo.

“Mi devo preoccupare?” disse, quando furono tutti usciti e David ebbe chiuso la porta finestra dietro di sé.

“Vorremmo saperlo anche noi.” Gli rispose Georg.

Benjamin e David si occhieggiarono l’un l’altro con aria indecisa. La questione doveva essere seria.

“Breve e rapida comunicazione di servizio.” Annunciò David, stranamente composto. “Se la prima domanda è ‘Perché adesso?’, la risposta è ‘Perché ci sono tutti quelli che dovrebbero saperlo’. Ora, per favore, prima ascoltate, poi commentate.”

Gustav era interessato e preoccupato al tempo stesso. Date le premesse, non poteva che essere una questione di lavoro, ma non capiva quel ‘Perché ci sono tutti quelli che dovrebbero saperlo’.

“Ragazzi,” Benjamin si appoggiò al bordo del parapetto, squadrandoli con attenzione. “Per il nuovo tour stiamo pensando di professionalizzare un po’ le cose.”

Il nuovo tour?, Gustav capiva sempre meno. Cosa c’entra con la gente che c’è oggi? E che cosa vuol dire ‘professionalizzare’?

Tom aggrottò le sopracciglia, confuso ed anche un po’ offeso.

“Perché, fino ad adesso come sono state?”

“Siete affermati, ormai,” lo ignorò Benjamin. “Avete la vostra posizione consolidata in vetta alle classifiche di tutto il mondo, siete popolari e molto richiesti, è il momento di passare al livello successivo.”

“E sarebbe?” indagò Georg, un barlume di curiosità degli occhi.

Benjamin inspirò, come faceva quando sapeva che ciò che stava per dire non sarebbe stato benaccolto, e così fece David.

“Farvi affiancare da un gruppo esordiente fisso che apra i concerti del prossimo tour.” Disse tutto d’un fiato. “Tutti quanti.”

L’espressione di orrore puro che apparve sul volto di Bill riassumeva perfettamente quello che tutti e quattro pensavano.

“Oddio, starai scherzando, spero!”

“Non li vogliamo dei mocciosi sul groppone!” protestò Tom vivacemente.

David sospirò, roteando gli occhi pazientemente.

“Ho parlato di un gruppo emergente, non di bambini.”

“E a chi stareste pensando?” si informò Gustav, cauto.

Benjamin esitò a rispondere, e questo fu un segno preoccupante. La conferma a quel sospetto impiegò meno di un secondo ad arrivare:

“Pensiamo che i Pristine Blue siano perfetti.”

Gustav ci rimase di sasso. Gli tornò alla memoria la serata degli Echo, dove li aveva incontrati per la prima volta. Gli erano sembrati così diversi dai Tokio Hotel, così seri e superbi. Non gli riusciva di immaginarsi un intero tour assieme a loro.

A livelli commerciali, l’espediente avrebbe senz’altro sortito degli effetti più che positivi: già si figurava l’esplosione di interesse che avrebbe suscitato una simile notizia. I Tokio Hotel, ormai veterani a pieni diritti della scena musicale mondiale, e i Pristine Blue, la nuova, sfavillante proposta del rock tedesco, belli, talentuosi e promettenti. Era una bomba mediatica dall’innesco fin troppo semplice per non essere fatta esplodere. La stampa e la TV avrebbero avuto di che banchettare con una ragazza in tournée con cinque ragazzi, di cui uno si vociferava che fosse il suo amante segreto.

Ci doveva essere il fiuto della Universal per gli affari d’oro, sotto a quell’idea.

Cosa?” Bill era scattato sull’attenti ed aveva piantato le mani sul tavolo, ed ora fissava il loro manager incredulo. “Benji, tu scherzi, vero? Dimmi che scherzi, per favore!”

“Sono in gamba e acclamati da tutti,” intervenne David, con una calma severa. “E il loro sound accompagnerebbe bene il vostro: duro ma ingentilito da toni soft.”

“Io con quelli non ci suono,” borbottò Bill, ormai già entrato in modalità ‘capricci a profusione’. “Kuu si crede la regina della terra, con tutte quelle arie che si dà…”

“Già, chissà chi mi ricorda…” Mormorò Georg, beffardo.

“E Kaaos è uno sbruffone tale da poter competere con Tom!” completò Bill, facendo dignitosamente finta di niente.

“Fratello, gradirei che tu la piantassi di parlare come la mia ragazza.” Berciò Tom, allungandogli un calcio agli stinchi.

“Se mi chiami ‘fratello’, sei tu che parli come la tua ragazza!”

“Ragazzi,” sospirò David, con il tono di chi era sull’orlo di una crisi di nervi. “Vediamo di non divagare.”

“Per me non c’è problema.” Dichiarò Gustav, sollevando le mani. Non era mai stato uno con grossi problemi di adattamento, lui. Il problema vero, tutti lo sapevano, era Bill.

“Per me nemmeno.” Si aggiunse Georg. “Dovrò solo ingoiare un bel po’ di gelosia, visto che Nicole li adora.”

L’attenzione a quel punto di spostò sui due Kaulitz.

“Per me va bene,” disse Tom con un’alzata di spalle. “Vi mi ucciderà quando lo scoprirà, ma ci sto.”

“In che senso ti ucciderà?” domandò Benjamin.

“Ma hai presente quanto è gnocca Kuu?” sbottò Tom con una smorfia. “Come minimo Vi mi accuserà di adulterio platonico!”

“Se ti va bene.” Ridacchiò Georg.

“Appunto.” Fece Tom, cupo.

“Scusate, conta qualcosa che io sia totalmente contrario a questa allegra cazzata?” intervenne Bill.

“No.” Ribatterono cinque voci seccate.

“Bene.” Bill mise su un cipiglio oltraggiato e si chiuse in un silenzio di protesta, le braccia conserte e un broncio plateale sulla bocca.

In un certo senso, Gustav lo capiva. Georg e Tom sembravano aver preso abbastanza bene la proposta, e non ci sarebbe stato motivo di pensarla altrimenti: un tour con un’altra band sarebbe stato sicuramente una ventata d’aria fresca e si sarebbe anche potuto rivelare divertente, se le cose fossero andate per il verso giusto. la prospettiva non era affatto spiacevole, quello era certo. C’era solo una minuscola inezia che rischiava di compromettere il tutto: Bill avrebbe dovuto imparare ad accettare di condividere la scena con qualcun altro.

I Tokio Hotel erano sempre stati orgogliosi della propria indipendenza, del loro esordio senza precedenti come gruppo autonomo, senza bisogno di essere introdotti nell’ombra di altri artisti. Ora avevano l’occasione di fare da mentori a dei colleghi emergenti, ed era un pensiero lusinghiero, ma era anche una novità che avrebbero dovuto metabolizzare con la dovuta pazienza, e ‘pazienza’ era un termine che il vocabolario di Bill non avrebbe mai incluso.

“Non c’è ancora nulla di certo, ma vorremmo che ci rifletteste seriamente.” Riprese Benjamin, blandendoli con la sua voce tranquilla e un lieve sorriso. “Ne abbiamo discusso con la casa discografica e la manager dei Pristine Blue, e il progetto gioverebbe a tutti quanti, voi per primi.”

“Io dico che è una gran bella trovata,” approvò Tom con veemenza e un mezzo ghigno malizioso che la diceva lunga sulle motivazioni di quel suo entusiasmo. “Billi se ne deve fare una ragione. Mi sembra giusto aiutare una nuova band ad affermarsi.”

“Ah, quanto spirito di sacrificio!” lo prese in giro Gustav. “Sono sicuro che ti peserà tantissimo girare l’Europa con una ragazza così brava.”

“Taci, che non è ancora detto che questa cosa si farà.” Sbuffò Tom. “A meno che non riusciate a trovarvi un chitarrista bello e bravo come me in tempo. Il che è impossibile, quindi vedete voi.”
Tutti i presenti lo guardarono accigliati.

“Be’, che c’è?” fece lui, immusonito. “Ve l’ho detto che Vi mi fa a pezzi appena glielo dico.”

Una sonora risata generale riempì la terrazza. Gustav già se la immaginava, Vibeke, a ricoprire Tom di lamentele e strepiti ogni volta che lui avesse osato posare anche solo per un istante gli occhi su Kuu.

C’era tutta una serie di vantaggi e svantaggi a decidere di lavorare con un altro gruppo, e non li avrebbero mai scoperti tutti, finché non ci avessero provato. Dal canto suo, Gustav era favorevole a questa esperienza, anche perché la musica di quei ragazzi non gli dispiaceva. Anche lui, come aveva già detto Benjamin, era convinto che i sound delle due band si sarebbero accostati bene.

Quello che non riusciva a immaginare era cosa sarebbe conseguito, eventualmente, a quel famoso e rischioso accostamento.

Presto, in ogni caso, lo avrebbero tutti scoperto.

 

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Note: sì, sì, lo so: di nuovo in ritardassimo! XD Mea culpa, ma soprattutto culpa dell’università, del lavoro e di quel grande egoista del mio ragazzo che, pensate, esige che io passi del tempo con lui. Assurdo, vero? ;)

Dunque, vediamo… Secondo capitolo completato. Cosa posso dire? è un capitolo di allacciamento con The Truth e al tempo stesso anche di immissione alla storia vera e propria. Sa un po’ di tutto e un po’ di niente, ma secondo me ci voleva.

Ora passiamo alle cose serie, ossia i ringraziamenti:

Asia74m: terza storia e sei ancora qui… Questa è fedeltà! XD Spero che continuerai a seguirmi e soprattutto ad essere soddisfatta!

moonwhisper: dire che trovare una tua recensione è stata una sorpresa è niente, ed è stata anche una sorpresa molto piacevole. Ancor più piacevole è stato scoprire di essere riuscita a suscitarti un qualche interesse, e va da sé che mi auguro davvero di cuore di riuscire a mantenerlo. E comunque, sì, hai ragione tu e poche altre. ;)

Lales: mia cara! Ispirata dalla notte e dalla TH TV… mi pare giusto! XD scusa se te lo dico, ma… chi non sarebbe interessato al nostro delizioso st(amb)ecchino? XD Hai visto come ho aggiornato in fretta, poi? :p

Alexgirl: una parola eloquente, devo dire. XD Grazie!

_Ellie_: caVa! *__* Lo so che tu sei nata saputa su questa storia, quindi goditela nella sua interezza e non smettere mai con le tue analisi perfette!

CowgirlSara: la mia compagna di puccierotismo preferita! *_* Sai di che parlo, vero? Ce n’era un po’ in questo capitolo! <3

LadyCassandra: ha capito tutto, lei! XD

Mary_Sue: non so proprio che dirti. Come ho già spesso ripetuto, il parere positivo di una non-fan per me vale il triplo dell’orgoglio, visto che ci vuole di più ad appassionare una che vive al di fuori del mondo dei miei cari TH. Grazie, ti dico, solo questo. Spero di sentirti ancora!

Ichigo Shirogane: mi rendi felice all’inverosimile così! Ancora non si sa nulla di Kuu, anche dopo questo capitolo, quindi dovrò aspettare ancora per scoprire che ne pensi di lei. Intanto aspetto giudizi su quel che c’è. ;)

Lady Vibeke: ci siamo già dette tutto via msn. Un abbraccio e basta, tutto qui.

kaggi11: che tu ti ritenga brava o no a scrivere commenti, io sono sempre lieta di riceverne, soprattutto se da persone che sono entusiaste del mio lavoro come te! Non avere mai paura di dire qualcosa che non va, non succederà. ;)

azzapaloccip: Kaaos non ti piace, eh? Bene, almeno una che apprezza i mie sforzi. XD Kaaos in teoria è fatto per essere antipatico, ma vedo che gli stronzi qui piacciono. ^^ Vabbè, pazienza. Lo conosceremo meglio più avanti. Ora hai riabbracciato tutti quanti, comunque, contenta? ;)

NeraLuna: non manchi mai e ti ringrazio davvero! Per quanto riguarda le tue domande… chi vivrà, vedrà. Se no che gusto c’è? ;)

jovany: quella commossa qui è la sottoscritta. ç__ç Mi raccomando, ora che ho fatto con calma, mi aspetto tue notizie!

VivienneWest: mia cara! Penso che tutto quello che ti dovevo dire, te lo abbia detto via mail, ma una cosa la ribadisco: adoro le tue recensioni, che tu decida di pubblicarle qui e mandarmele via email. In entrambi i casi, grazie infinite, e spero che di meritarle sempre!

kit2007: penso sia ancora presto per commentare la storia in sé, giustamente, ma comunque si va avanti passo per passo e si inizia a ingranare… Che ne dici? Ah, e quella frase piace molto anche a me! **

Kaay: grazie! XD direi che sei stata più che chiara e concisa. ;)

_Skipper_: anche a te ho già detto tutto via mail e via msn. Sappi che esigo una recensione degna della precedente! XD

Camilla85: un’altra a cui non serve dire nulla, se non grazie mille! *_* Sei immancabile!

schwarznana: anche per te, non so bene cosa dire… ho adorato il tuo commento, perché era pieno di quello che piace a me: sensazioni, riflessioni, congetture… ti ringrazio tanto!

creamy: di Kuu e Kaaos si scoprirà di più in futuro, un poco per volta. ^^ I nomi sono ovviamente d’arte, quelli reali avremo modo di conoscerli a suo tempo. ;) hai visto che ho postato prima di tre settimane o un mese? Non me la merito una recensione? XD

ArY_EnGeL: eeeeeh, non posso commentare il tuo commento! XD ti dico solo: continua a leggere e vedrai. ;) intanto grazie e a presto, spero!

_Christine_: scrivimene altri di romanzi, non faresti altro che deliziarmi! Mi auguro che anche i nuovi personaggi possano darti modo di affezionarti a loro, anche se mi rendo conto che non sono delle Emily, o Nicole, o Vibeke, o BJ. Il secondo capitolo è arrivato, è stato all’altezza delle aspettative?

Isis 88: bene, qualche cosina in più ora c’è… poco, ma c’è. Mi farebbe piacere sapere che te ne è parso. ;)

Camuz: eheheh, no comment, non posso dire nulla sulle tue previsioni, ma una cosa è certa: sono onorata della fiducia. ;) Come hai detto tu, vedremo se avrai ragione!

juliet_: ah, un’altra fan del bel Ben! Mica scema! ;) ottimi gusti, sissì!

rose_: Vibeke vedo che è un po’ la pupilla di tutte, e non me ne stupisco. Kuu è decisamente diversa da lei, non avranno convivenza facile, queste due. XD Ti ringrazio di esserci sempre, mi fanno sempre felice le tue recensioni, per me significa tanto! Grazie!

POISONBLOODkaly: eh, vedrai da te con il tempo se le congetture sono esatte! ;) fino a quel momento, continua a pensarci, sono in attesa di nuove riflessioni!

xClaRyx: Kuu e Bill saranno senza il minimo dubbio ricchi di affinità, su questo non ci piove! E tranquilla, che Tom e Vi ci saranno sempre, così come Georg, Nicole ed Emily! ;)

Ninnola: come per altre, anche per te dico che ci siamo già dette tutto in msn. Aggiungono solo un grazie enorme!

_no sense_: bentornate, care! In effetti vi avevo date per disperse, fino all’epilogo di The Truth. ;) Ma ora che siete tornate, spero non mi abbandonerete! Ci conto! ;)

Whity: non sai che gioia rivederti! Ci tengo a soddisfare le tue aspettative, davvero, quindi prego di non deluderti. ^^ Ancora grazie per la precisazione sul francese, fra l’altro! È una lingua che proprio non fa per me. XD A presto, ci conto!

VANiTY: grazie! *_* Non so se Kuu ti piacerà, ma sicuramente non come Vi, credo. È molto diversa da lei e anche un po’ più difficile da comprendere. Speriamo in bene, però!

ElyLaTeS: anche a me Kuu piace molto! Più avanti ne capiremo meglio il significato e tutto ciò che vi è connesso, vedrai. Per ora grazie!

Ladynotorius: anche a te, come alla Pao, un abbraccione solidale!

_KyRa_: qualche cosina in più da giudicare adesso c’è. Dimmi un po’ tu che ne pensi. ;)

__ElE_: uffa, ero curiosa di sapere le tua idea! Dai, su, dimmi a chi stai pensando! :3

Bene, ho concluso, per adesso! Come di rito, non manco di invitarvi a lasciare due parole di commento, che aiutano sempre, nel bene e nel male, a consolidare la storia!

Alla prossima!

P.S. il titolo del capitolo è tratto dall’omonima, sublime, devastante canzone dei Nightwish.

 

 

 

 

   
 
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