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Autore: babibabi    01/10/2009    6 recensioni
Harry, undici anni dopo la fine della guerra, accompagna Ted al binario 9 e 3/4: questi sono i suoi pensieri in quel momento.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Teddy Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Occhi d’ambra, come quelli di lui

Ricordo dolceamaro

 

Occhi d’ambra, come quelli di lui.

Capelli al vento di un improbabile colore, come quelli di lei.

Sguardo spaurito e titubante, come il mio diciotto anni fa.

Nato alla fine di una guerra crudele.

Nato da un amore che sembrava impossibile.

Nato da due anime che si sono trovate, che hanno pianto e sofferto ma anche gioito per te.

Hanno combattuto per te, per voi.

Sono morte per noi.

Morte insieme a tante, tante persone.

Molte innocenti.

Troppe innocenti.

Morte col terrore negli occhi, la speranza nel cuore.

A te che mi chiedi dei tuoi genitori come faccio a spiegare che persone meravigliose erano?

A spiegarti l’orrore di quei momenti, le lacrime che non erano mai abbastanza, la rabbia e un falso coraggio che ci portavamo dietro ogni giorno.

Te che guardi al futuro con sorriso incerto certo non puoi capire cosa vuol dire avere la consapevolezza di non essere più padroni della propria vita.

L’ingiustizia di una guerra così distruttiva, devastante nello spirito e nelle emozioni, si può solo provare a immaginare.

E io guardo te e lo ricordo.

Ogni giorno negli ultimi undici anni.

Ogni giorno guardo te e li rivedo.

Loro e gli altri.

E rivedo me a diciassette anni camminare nella foresta incontro alla morte.

Ricordo gli occhi color rubino di un assassino.

La risata di un folle e le urla disperate di un amico che piangeva.

Ricordo i corpi riversi al suolo e i funerali che sembravano non finire in un oblio senza tempo, il vuoto che cresceva inesorabile e offuscava quel poco di pace che così faticosamente avevamo cercato.

E ancora rabbia verso il nulla o, forse, verso il tutto: verso il destino e, ancora una volta, verso un assassino.

Verso il potere che acceca le menti.

Verso chi di fronte alla paura preferisce voltare il capo e attaccare gli innocenti credendosi il padrone.

Verso l’ipocrisia e la falsità che ti uccidono poco a poco.

Rabbia ma poi sollievo.

Piano, molto piano ma, finalmente, riposo.

Svegliarsi e sapere che il giorno dopo ci sarebbe stata una nuova alba, questo è stato il traguardo più grande.

Poter finalmente fare progetti per il futuro, la migliore tra tutte le cure.

Ridi pensando al futuro?

Per te è una parola dolceamara, la paura dell’ignoto fusa al piacere della scoperta.

Per noi era un caffè di sale, l’amaro sciolto in un mare in burrasca che ci divorava e ci trascinava a fondo.

Ma poi di nuovo: futuro, una parola fresca di stampa che odorava di pulito.

E noi, ancora insieme, ne riscoprivamo il suono, l’accarezzavamo con la mente smaniosi di poterlo toccare con mano.

Lo ricordo bene quel momento, dove notte e giorno si mischiavano, quando una guerra finalmente tramontava e sorgeva il sole di una nuova storia.

Ricordo le risa e le stretta di mano, un vortice di parole e colori che si confondevano e io come in apnea che annaspavo in cerca del portone.

Ricordo il frastuono che nel silenzio dei corridoi continuava a rimbombarmi nelle orecchie

E un’unica immagine negli occhi.

Quegli occhi.

Rossi come il fuoco.

Rossi come il sangue.

Rossi come il dolore di chi sa amare.

Rossi come la morte che ha fermato i loro cuori.

Ma rosso anche era il sentimento che ha mosso le pedine della mia scacchiera.

Amore.

Che ha dato scacco matto al re, al padrone della morte.

Che ha reciso i fili del destino e ha ridonato a me la vita.

Così il destino divenne aria, solo tre sillabe da urlare al vento.

Ed io ho urlato, urlato al cielo tutto ciò che prima non potevo neanche pensare.

Sono seguite cerimonie e discorsi, come se le parole potessero riempire il vuoto lasciato.

Ho visto calare le tombe nel terreno mentre cercavo di convincermi che io no, non ero un assassino.

Mentre pensavo a quanto è assurdo che per avere la pace tante persone siano dovute morire.

Quanto è assurdo che gli stessi errori rimbalzino uguali attraverso le pagine della storia.

Debole è l’uomo, troppo tentatore il potere.

Così il racconto si ripete, si ripete all’infinito in un déjà vous perverso e sbagliato.

Rabbia e consapevolezza che un altro bambino non imparerà mai il significato della parola mamma.

Rabbia e tristezza perché so cosa vuol dire crescere e invidiare gli altri bambini, desiderare qualcosa che sai che non potrai mai avere.

Rabbia e la promessa che almeno tu non dovrai aspettare di diventare un uomo per conoscere l’esistenza del prisma di mille colori che chiamano amore.

Rabbia e accettazione.

Un calore che mi invadeva piano e incerto quando stretto tra le mie braccia i tuoi capelli cambiavano colore.

Nato sul finire di una guerra infame tu sei stato il primo spiraglio di sole del mio domani.

Di nuovo mi rivedo camminare tra quelle tombe e se chiudo gli occhi le posso toccare: c’è anche la loro, proprio lì, ai confini della foresta, all’ombra di un pioppo secolare.

Lì, nel cimitero di Hogwarts, dei morti in battaglia, degli eroi.

Ma loro per te saranno solo nomi, solo concetti astratti e meravigliosi.

Ora hai undici anni e il tuo viaggio sta per cominciare.

Stai per salire sull’Espesso.

Rosso come il vortice della vita.

Occhi d’ambra, come quelli di lui.

Di tuo padre.

Capelli al vento di un improbabile colore, come quelli di lei.

Di tua madre.

Un giorno, camminando per il cortile, i tuoi piedi ti porteranno alle loro tombe.

Sguardo spaurito e titubante, come il mio diciotto anni fa.

E come me diciotto anni fa davanti a uno specchio stregato guarderai i loro visi e imparerai il significato delle parole mamma e papà.

Il tuo cuore capirà che persone meravigliose erano e tu sarai fiero di loro e del loro amore che sembrava impossibile ma che ci ha donato quanto di più bello c’è rimasto del passato.

 

   
 
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