Non potete immaginare quanto abbia gongolato ... grazie grazie mille!!! questo è stato un piccolo esperimento ... ho sempre scritto ff lunghissime (oltre i 40 capitoli) e questa volta volevo scrivere qualcosa con un ritmo + veloce ...
Spero vivamente che vi piaccia questa fine e spero ti conoscere un vostro parere in merito (bello o brutto che sia) !!!!
Bhe che dire ... GRAZIE INFINITAMENTE! ♥
(Si lo so, sono ripetitiva)
ps: se vi interessa, nel mio profilo potrete trovare altre mie storie!! XD
kiss
(gemeeeeeeeee chiedo perdonooooo ... non volevo dimenticarmi di avvisartiiii!! In compenso ti dedico il capitolo di questa mia ultima storiaaa kiss)
____________________________________ EPILOGO ♥
Pov
Bella
Erano
trascorsi due mesi dal
mio tentato finto matrimonio. Avevo dissuaso Emmett dal continuare
quella folle
farsa, ed il giorno successivo ero fuggita a New York. Mi vergognavo
per ciò
che era accaduto, ma non era il solo motivo della mia fuga.
Durante
la mia permanenza a
Forks avevo avuto modo di conoscere Edward. Emmett me ne aveva parlato
spesso,
lo elogiava di continuo e mi aveva turbata non poco aver rischiato di
incrinare
il loro rapporto.
Ma
il problema maggiore era
un altro, avevo compreso di provare qualcosa per lui.
Qualcosa
al di la della
semplice ammirazione o dell’amicizia.
Un
tonfo sordo mi fece
sobbalzare e mi voltai con sguardo risentito verso la mia gatta.
“Briciola,
smettila di
saltare sui mobili” l’ammonii raccogliendo i cocci
del vaso infranto, mentre
lei sgattaiolava allegramente verso il balcone.
Bhe
una cosa in
meno da portare.
Ero
intenta a terminare di
riempire gli scatoloni da inviare in Italia. Il mio visto sarebbe
scaduto tra
qualche mese, ed era sempre mia abitudine non indugiare troppo. Sarei
partita
la prossima settimana, abbandonando la Grande Mela per tornare a
Volterra.
Restare in America avrebbe comportato solo mesi e mesi di rimpianti su
ciò che
avrei voluto fare, o preda del timore di ciò che sarebbe
accaduto con il mio
trasferimento.
Un
taglio netto
è più opportuno.
Il
campanello della porta
attirò la mia attenzione, ed incuriosita mi diressi verso lo
spioncino. Non
attendevo visite per quella giornata, il camion dei trasporti sarebbe
passato
la mattina seguente.
Osservai
la figura
dall’altro capo della porta e per poco il respiro non mi si
mozzò in gola. Un
ragazzo dai capelli ramati e gli occhi di un intenso verde fissava la
porta con
aria ansiosa.
Oh
mio Dio. Cosa
ci fa Edward qui?
Non
lo vedevo dalla sera
della mia presunta festa di prova. Avevamo trascorso quasi tutta la
notte al
parco e gli avevo spiegato ciò che legava me ed Emmett. Ero
stata sorpresa di
notare quanto a cuore avesse preso la mia situazione, tanto da colpire
suo
fratello per avermi tradita.
Non
potevo non sentirmi
lusingata da ciò. Ma ero ben conscia che un ragazzo come
lui, con i suoi saldi
principi morali, era stato spinto verso un simile atto solo
perché contrariato
dall’azione ripugnante di suo fratello.
Benché
Emmett fosse
totalmente innocente .
“Bella?”
sussurrò forse
udendo il mio respiro pesante.
E
adesso che
faccio? Mi ha sentita, non posso scappare.
E
perché
dovresti scappare? Non hai fatto nulla di male …
Ma
non comprendo
il motivo per il quale sia qui, fuori dalla mia porta!
Che
sia successo
qualcosa ad Emmett?
Leggermente
ansiosa per le
conclusioni a cui ero giunta, mi apprestai ad aprire la porta.
“Edward!”
lo salutai
palesando il mio stupore.
Lui
si limitò ad un cenno
del capo torcendosi nervosamente le mani.
Adesso
inizio a
preoccuparmi …
“Posso
entrare?” domandò
tenendo gli occhi bassi.
Annuii
e gli feci spazio,
richiudendo poi la porta dietro di me. Fui sorpresa di notare il suo
abbigliamento piuttosto elegante.
“Edward,
mi stai facendo
preoccupare!” bisbigliai reprimendo il mio imbarazzo, sebbene
fossi certa che
le mie guance normalmente ceree avessero assunto un colorito purpureo.
Lui
alzò lo sguardo
fissandomi intensamente e lesto si pose in ginocchio dinanzi a me
porgendomi
una scatolina di velluto blu. “Isabella, vuoi diventare mia
moglie?”
…
…
Eh?
Oh
mio Dio, non
può averlo detto davvero? Mi ha chiesto di diventare sua
moglie?
Lui?
Io?
Me?
…
Aspetta,
ragioniamo. Noi nemmeno ci conosciamo. Le settimane che abbiamo
trascorso
assieme non sono certo un tempo valido per una proposta di matrimonio.
E
soprattutto tra noi non c’è nulla!
Uhm
… questo
vuol dire solo una cosa … Emmett!
Fissai
Edward con evidente
stupore senza riuscire a reprimere un certo disappunto. Era
un’idea folle. Come
potevano aver anche solo pensato ad una simile opzione. Questa farsa
aveva
rischiato di mandare in frantumi la famiglia Cullen e non avrei certo
commesso
lo stesso errore, soprattutto considerando la mia attrazione per Edward.
Si
certo,
chiamiamola attrazione. Sminuiamo questa ossessione che ho nei suoi
confronti …
“Emmett deve essere impazzito.
Come ha potuto
convincerti a fare questo? – biascicai avvilita e preda di un
folle imbarazzo.
Possibile che il mio fratellone avesse perso il senno? – mi
dispiace Edward,
sono mortificata …”
Stavo
per prodigarmi in
mille scuse per ciò che era accaduto, ma fui prontamente
interrotta da lui che
mi osservava con un’espressione corrucciata.
“Emmett
non sa nulla! -
affermò risoluto fissandomi intensamente – tu mi
piaci. Mi piaci moltissimo sin
da quando ti ho vista alla cena di presentazione. I tuoi modi sobri e
dolci, i
tuoi gusti e le tue passioni così simili alle mie. Il tuo
viso, le tue
espressioni … tutto!” ammise rosso in
volto.
Lo
osservai non poco
perplessa, non comprendendo cosa potesse trovare in me di tanto
interessante.
Lui, un ragazzo stupendo ed interessante, dotato di grande intelligenza
… cioè
lui aveva tutto e questo era innegabile.
Ed
io? Nulla più che una semplice ragazzetta goffa e sbadata.
“Bella,
io sono innamorato
di te! – confessò. – Sposami!”
“Non
posso … “
Questa
fu la mia unica
risposta.
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Pov
Edward.
Erano
trascorsi ben cinque
anni da quando avevo lasciato l’America chiudendo una fase
della mia vita e
dando inizio ad una decisamente migliore.
“Delia?
– urlai attirando
l’attenzione della piccola bambina che trotterellava per la
stanza rincorrendo
il nostro povero gatto. – delle volte sei peggio di tua zia
Alice!” mormorai
scuotendo il capo mentre smontavo l’ennesimo lampadario.
Ed
era vero. La piccolo
Delia mi ricordava sempre più spesso la mia folle cuginetta,
soprattutto per la
sua passione smodata per il gatticidio.
Meno
male che
non abbiamo piscine.
“Papiii,
quando torna
mamma?” biascicò mettendo su un delizioso broncio.
Ridacchiai
prendendola in
braccio ed accompagnandola nella sua stanzetta, dove gli ultimi
vestitini
giacevano sul letto in attesa di essere riposti negli scatoloni.
Cinque
anni prima avevo
proposto a Bella di sposarmi, ma con mio disappunto mi aveva rifiutato.
Aveva
compreso quanto la mia idea fosse folle e personalmente, ripensandoci
ora, non
potevo darle torto. Avevo agito in modo impulsivo. Quando lei era
fuggita da
Forks avevo sofferto tremendamente. La volevo, ed ero più
che certo di amarla.
Così, sotto le pressioni di Alice, mi ero deciso a
raggiungerla a New York
offrendole io stesso la possibilità di non abbandonare
l’America.
Naturalmente
riteneva
impensabile sposare una persona che, per quanto amasse, non conosceva
abbastanza. Desiderava avere un vero matrimonio, e non uno ordinato
dagli
eventi e dalla sua imminente partenza. Così mi aveva
rifiutato annunciandomi
che sarebbe partita per l’Italia la settimana seguente.
Ma
non partii da sola!
La
seguii nel suo paese
natale, dando inizio alla nostra storia da cui tre anni fa è
nata la piccola
Delia e la sua gemella Renesme. Due bambine adorabili.
Delia
era la perfetta copia
di sua madre con i capelli castani e gli occhi color cioccolato, mentre
i
tratti somatici di Renesmee erano molto più simili ai miei,
così come il colore
dei capelli, mentre gli occhi li aveva ereditati da sua madre.
La
mia famiglia!
Sorrisi
come un ebete,
mostrando un’espressione adorante alla mia piccina che aveva
recuperato la sua
bambola formato gigante trascinandola per i capelli nella stanza della
sorella.
“Amore?”
La
voce di Bella mi riscosse
e mi precipitai all’entrata per aiutarla con la miriade di
pacchi che era
andata a recuperare. Le baciai delicatamente le labbra, sorridendo del
suo
aspetto buffo. I capelli arruffati le ricadevano sulle spalle e le gote
rossissime davano al suo viso un aspetto dolcissimo.
“Piccola,
ti avevo detto che
non era il caso di affaticarti!” l’ammonii
leggermente contrariato. La mia
adorata mogliettina non riusciva a star buona nemmeno durante la
gravidanza.
Ebbene
si, era in arrivo il
nostro terzo pargolo. Un maschietto.
Lei
alzò gli occhi al cielo,
ignorandomi bellamente. “Dobbiamo sbrigarci, tra sei ore i
trasportatori
verranno a recuperare gli ultimi pacchi e tua cugina ci ha prenotato i
biglietti per domani mattina!” mi comunicò.
“Non
avremmo dovuto
affidarci a lei – soffiai incrociando le braccia. –
come al solito ci ha
costretti a far tutto di fretta!”
Sul
suo volto si disegnò un
sorriso comprensivo. “Vuole rivedere le sue nipotine, mi
sembra giusto!”
Alzai
le braccia al cielo,
esasperato. “Non vedo il motivo di tutta questa fretta.
Stiamo tornando a
vivere in America, adesso potrà deviare le mie bambine con
la sua mania dello
shopping!”
Sospirò
sommessamente.
“Credo che Delia sia sulla buona strada
…” mormorò scuotendo il capo e
riponendo gli ultimi libri nello scatolone!”
Mi
avvicinai lentamente,
poggiando le mani sull’evidente pancione sorridendo e
beandomi dei piccoli
movimenti del mio bambino, sotto le carezze della mia Bella.
Avevo
finalmente la mia
famiglia felice!
Fine!