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Autore: Rin Hisegawa    02/10/2009    3 recensioni
Un giorno sarebbe andato via da quel luogo sempre uguale, dove anche i fenomeni naturali non avevano modo di mostrarsi in tutta la loro potenza. Un giorno avrebbe visto le vere tempeste, e la superficie del sole, ed i mostri marini dimenticati nelle profondità dell'oceano. Avrebbe imparato a curare ed uccidere, a generare la vita da un brandello di carne e una goccia di sangue; avrebbe toccato con mano l'energia che muove tutte le cose, e l'avrebbe plasmata a suo piacimento come fosse una mollica di pane. [MAYURI KUROTSUCHI x OC]
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Bleeding Saga'
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Intanto grazie mille a tutti per le recensioni, mi hanno fatto molto felice. E grazie anche a chi ha aggiunto la storia fra i preferiti ma non ha recensito. ;3 Vi prego di continuare a farmi sapere che cosa ne pensate, accetto anche critiche e consigli! Anzi, visto che la storia la invento passo passo mentre la scrivo, se c'è qualcosa di particolare che vi piacerebbe accadesse (( puchè plausibile )) chiedete pure... perché no? :P Grazie ancora per il supporto! <3

Il rosso del sangue sull'erba; l'odore del sangue nell'aria.
L'animale si dibatte impotente, ma non emette alcun suono.
Il calore del sangue sulle mani. Poi, il nulla.


Mayuri se ne stava seduto su un sasso piatto, nel boschetto che costeggiava il retro della casa di suo padre. Tra le dita, il liquido rosso e vischioso scivolava lungo la lama del coltello arrugginito che aveva rubato dalla cucina. Doveva eliminare le prove prima che Heisuke facesse ritorno: non avrebbe capito. Nessuno all'infuori di lui, in effetti, ne era capace, di comprendere il misterioso meccanismo che rende vivo uno scheletro fragile, coperto di debole carne, e nervi, e sangue, e solo la pelliccia a proteggerlo dal freddo. Una macchina perfetta, che tuttavia da sola non bastava per funzionare; e la scintilla che le conferiva il moto, la forza segreta che l'animava, si trovava in un qualche mondo distante - ormai Mayuri ne era praticamente certo - oppure, se era in questo mondo, non era possibile vederla ad occhio nudo.
Per questo motivo aveva squartato il coniglio: cercava di scorgere la sua anima, voleva toccare con mano il meccanismo che gli aveva dato vita. Eppure, a quanto sembrava, non ne era stato capace. All'uomo è dato il potere di imparare a distruggere e generare, ma i misteri che queste facoltà racchiudono non gli debbono essere spiegati. Puoi mettere al mondo dei figli, puoi uccidere i tuoi nemici; ma non sarai mai in grado di cogliere, o almeno percepire, il lento flusso della vita che va e che viene.
Asciugando il coltello sull'erba, Mayuri raccolse la carcassa del coniglio e si avviò all'interno del bosco, per nasconderla come si deve. Non c'era sadismo nelle sue azioni, non provava piacere per ciò che aveva fatto. Era puro, semplice studio scientifico. Il sadico prova sentimenti: lui si sentiva soltanto vuoto. Aveva fallito di nuovo, con gli strumenti che possedeva non poteva certo pretendere di imparare qualcosa. Limitarsi a smembrare animali, nel bosco, e disegnarne l'anatomia, non era neppure classificabile come "impegno scientifico". Se avesse avuto a disposizione un cadavere umano, un bisturi, un laboratorio... Non riusciva neppure a pensare a ciò che avrebbe potuto fare, se avesse messo le mani su un vero laboratorio. Quello, era l'unico pensiero che riusciva a farlo sentire almeno un po' esaltato.
Abbandonò il corpo esangue e ancora caldo tra le radici di un pino, e si diresse verso il lago per lavare il coltello che aveva utilizzato. Pensò al sangue nell'erba, dietro casa, e si domandò se avrebbe fatto in tempo ad eliminarlo del tutto. No, non ci sarebbe riuscito... era stato uno sciocco, a lavorare così vicino al villaggio. Gli altri erano ciechi alle meraviglie della natura, non si facevano domande, davano tutto per scontato. Lo chiamavano "pazzo" perché era curioso, e "mostro" perché cercava di capire.
Lui era sordo in un mondo che urlava; tutti gli altri, erano semplicemente ciechi.
Camminando lentamente verso casa, Mayuri non si sforzò nemmeno di darsi un contegno: le spalle curve, il coltello in mano, l'acqua che gocciolava dalle punte delle sue dita tinta di un rosa innaturale... il rosa del sangue diluito. Pensava, e la sua mente era distante anni luce da quel luogo, distante dalle sciocchezze terrene. Non vedeva l'espressione disgustata e spaventata delle persone che gli passavano accanto, ed ovviamente non poteva sentire i commenti che facevano. Tutto era perfetto, silenzioso, una bolla di vetro. Un acquario buio e tetro in cui quei pesci umanoidi si dibattevano inorriditi da lui, e le alghe avevano grandi tronchi resinosi che si stagliavano verso il cielo.
Poi, d'improvviso, una luce, una soluzione: poteva imparare qualcosa, anche in quel piccolo mondo. Possedeva le proprie mani, ed un cervello fuori dall'ordinario; non aveva gli strumenti che avrebbe voluto, ma c'erano pur sempre i coltelli della cucina, il filo e l'ago d'osso che usavano le donne per cucire, gli attrezzi che suo padre usava per rammendare le reti da pesca; non era molto, e l'aspetto igienico lasciava alquanto a desiderare, ma era pur sempre meglio di niente per cominciare. Era il momento di abbandonare la pura ed infruttuosa teoria.

Nei giorni che seguirono, Mayuri si impegnò alacremente nel tentativo di procurarsi gli strumenti di cui aveva bisogno per creare il suo piccolo laboratorio personale. Non aveva grandi progetti in mente, si sarebbe accontentato di sperimentare su quello che trovava: gatti, conigli, uccelli, piccoli roditori; per questo scopo, anche una lama sterilizzata sarebbe stata più che sufficiente. In ogni caso, aveva tutto ciò che gli serviva.
Un pomeriggio nascosto tra i cartoni accatastati dietro alla stanza dove le donne cucivano gli permise di apprendere la tecnica che portava alla creazione dei piccoli aghi d'osso: con un coltello si faceva la punta e poi, con un punteruolo, si praticava un foro nell'estremità più larga. Nel foro si faceva passare il filo, che poteva essere cotone lavorato oppure tendini di animali. Mayuri scelse la seconda opzione: dava più possibilità che il materiale venisse riassorbito dalla pelle, una volta che la ferita si fosse sanata.
Per quanto riguardava i coltelli e il resto del materiale che gli sarebbe servito, era tutto un altro paio di maniche: dopo lunghi appostamenti ed attente osservazioni, il ragazzo giunse alla conclusione che l'unico sistema per procurarsi tutta quella roba sarebbe stato portarla via, a poco a poco, cercando di non dare nell'occhio. In questo Mayuri era bravissimo: silenzioso per natura, abituato a farsi notare il meno possibile, sapeva che il segreto per non essere visto era quello di apparire spontaneo. Nel giro di una settimana, possedeva già - oltre al vecchio coltello, che però era inutilizzabile perché arrugginito - un rasoio dalla lama ricurva e affilata ed una piccola bottiglia contenente dell'etere, che suo padre teneva in casa non si sa per quale motivo e della cui esistenza tutti si erano totalmente dimenticati.
Fu così che Kurotsuchi Mayuri iniziò la sua carriera di scienziato: nascosto nel boschetto dietro casa, con un pentolone d'acqua a scaldare su un fuoco improvvisato per sterilizzare i rozzi strumenti che possedeva, l'abilità delle proprie mani e l'esperienza data dalla sola osservazione dei fenomeni. Inizialmente, la maggior parte delle sue cavie moriva a causa della sua inesperienza o di una qualche complicazione; ma alcune rimanevano in vita, e presto il sottobosco iniziò a popolarsi di strane creature col corpo da gatto e la coda di volpe, topi con le ali dei passerotti, conigli senza orecchie ma dotati di sei zampe ed ogni altra assurda chimera che il ragazzo riusciva ad immaginare.
Ogni successo era una segreta vittoria, ed ogni sconfitta un dolore immenso. Quando una cavia non riusciva a superare l'operazione Mayuri sedeva con la testa fra le mani, la mente vuota, un nodo alla gola. Non pensava neppure alla morte in sè, quella sciocchezza non lo sfiorava: era parte del naturale corso delle cose, era solo un'altra legge di quel mondo. A farlo infuriare era piuttosto la consapevolezza di aver fallito: era la morte delle proprie speranze, a rattristarlo più di ogni altra, il sentirsi uno stupido e un debole essere umano di fronte al meccanismo perfettamente bilanciato che muoveva il mondo.
Poteva stare per giornate intere nel bosco a lavorare, ricordandosi a stento di tornare a casa la sera; e anche allora sembrava assente, non solo silenzioso ma anche distante, con lo sguardo perso nel vuoto. Heisuke lo osservava apprensivo, mentre Mayuri dimagriva di giorno in giorno a causa dei pasti saltati per rimanere nel suo "laboratorio", e due pesanti aloni neri si formavano sotto ai suoi occhi in seguito alle notti insonni trascorse a rimuginare.
La sua unica passione, la sua fissazione quasi morbosa per la scoperta lo stava portando via; ed era così che avrebbe vissuto negli anni a venire: un'anima costantemente perduta sul confine tra la realtà e la speculazione, sempre impegnata in problemi più importanti di qualsiasi essere - umano e non - che si trovasse sul suo cammino. Una creatura spregiudicata, disposta a qualsiasi cosa pur di ottenere il proprio scopo, ma mossa dalla curiosità anziché dalla cattiveria che spinge i malvagi. Un corpo che è solo uno strumento, che deve solo funzionare a dovere, e non ha altro scopo se non quello di sopravvivere e permettere alla mente di realizzare i grandi progetti che la animano.
Questo era Mayuri a dodici anni, il ragazzino chino sui propri studi con lo sguardo sempre perso in qualcosa di invisibile al resto del mondo; questo sarebbe stato per sempre, l'uomo guidato dalla logica e privo di qualsiasi scrupolo. E mentre le stagioni si susseguivano nel Rukongai, portando con sè il cambiamento per quanti lo popolavano, lui se ne stava nel suo piccolo mondo in continua mutazione, circondato dalle chimere che aveva creato.
Non c'era spazio per nient'altro, nella sua realtà silenziosa in equilibrio perfetto... Fino al giorno in cui, inaspettatamente, il resto del mondo prese a girare.

1. Capitolo difficile. .__." Ho cercato di dare alla prima parte l'impressione di un'esperienza onirica, perché secondo me è questo l'effetto che deve dare la sordità. Non che io l'abbia mai provata, in effetti; al massimo l'effetto post-amplificatori che ti lascia con le sensazioni dei suoni un po' attutite. Eventualmente, mi scuso per l'esagerazione. Tutto, in Mayuri, si basa su sentimenti e situazioni che non ho mai provato in prima persona.
2. L'ago d'osso, i fili fatti coi tendini e tutta la strumentazione li ho inventati sul momento "a rigor di logica". Mi pareva di aver letto cose del genere da piccola, ma a quanto pare devo averci azzeccato, almeno per ago e filo, perché wiki mi dà ragione (( grazie wiki! °ω° )). Se ho svirgolato da altre parti chiedo scusa, non sono una tuttologa (( anzi, so pochissimo )) e spesso vendo un sacco di fumo... ¬,¬"
3. Spero di riuscire a scrivere presto il terzo capitolo! Ora come ora sono sotto esami, quindi non lo so. Abbiate fiducia in me, comunque, cercherò di pubblicare al più presto! :P
4. Per chi se lo era chiesto (( Eden, ad esempio :3 )) mayuri da piccolo era più o meno così: CLICK!. Scusate se il disegno fa un po' ca...e, ho fatto il possibile... spero che renda almeno l'idea. Era un bambino qualunque, solo un po' più serio e silenzioso. :D
5. Per rispondere a Yoko_kun, che in effetti ha ragione, aggiungo che il padre di Mayuri non pensa nulla del fatto che lui sparisce tutto il giorno per due motivi: il primo è che Mayu stava in giro da solo in ogni caso, perché non ama la compagnia delle persone e quindi si tiene il più possibile alla larga da loro; la seconda è che Heisuke lavora molto, quindi non è quasi mai a casa. Il fatto che Mayuri non contribuisca minimamente all'economia familiare un po' mi preoccupa in effetti, ma avendo solo 12 anni ci può stare. Più avanti gli verrà assegnato un lavoro, ma nel prossimo capitolo ne saprete di più!
:D

  
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