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Autore: Lhea    02/10/2009    3 recensioni
ATTENZIONE: POSTATA "SORPRESA"
Los Angeles: nella città più grande della California, dalle spiagge assolate e l’odore del mare nell’aria, la vita della gente trascorre tranquilla tra gli alti e i bassi di tutti i giorni. Per tutti, tranne che per lei.
Irina, 20 anni, pilota prodigio invischiata in qualcosa di molto più grosso di lei, i cui soprannomi sono tanti quante le maschere che porta, vive cercando disperatamente di riguadagnare la libertà che le è stata rubata. Perché lei non è una ragazza qualunque, nonostante cerchi di esserlo. Lei è Fenice, l’unica donna ad essere arrivata così in alto nella Lista Nera, l’elenco dei più famosi piloti clandestini dello Stato. L’unica a essere entrata nelle grazie del capo, lo Scorpione…
E mentre la sregolata vita della criminalità si svolge senza intrusioni di alcun genere, Alexander Went si prepara a entrare in azione per portare a termine la missione più importante che gli sia stata affidata: arrestare lo Scorpione e smontare tutta la sua organizzazione.
Tra auto truccate, notti brave e affari di droga, Alexander capirà che certe volte le cose non si fanno per piacere, ma per necessità. E che ci sono cose che non vanno toccate. Una di quelle cose è proprio Irina… L’unica che potrà mandare in fumo i suoi piani, e l’unica cosa a cui lui terrà veramente…
RIPOSTATO CAP. VI e VII
Genere: Drammatico, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Capitolo XXI

Capitolo XXI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 21.00 – Casa di Xander

 

Il cellulare, poggiato sul tavolino di vetro del soggiorno, si illuminò all’improvviso vicino al piede destro di Xander, iniziando a vibrare insistentemente. Jess cambiò pigramente canale con il telecomando, senza degnarlo di uno sguardo.

 

Xander si sporse e prese il telefono. Con enorme stupore vide che si trattava di Maximilian.

 

<< Pronto? >>.

 

<< Alexander? >> disse l’altro, << Sei a casa? >>.

 

Leggermente perplesso, Xander inarcò un sopracciglio, guardando Jess che non sembrava molto interessato alla sua telefonata. Fissava con occhi vacui il televisore.

 

<< Sì, perché? >> rispose.

 

<< Irina è con te? >> domandò Max.

 

<< No >>.

 

C’era qualcosa nel tono del meccanico che lo fece preoccupare. << E’ successo qualcosa? >> aggiunse poi, abbassando impercettibilmente la voce.

 

Max tacque per un momento, poi rispose: << Mi ha telefonato Jenny… Oggi pomeriggio avevano un esame, e Irina non si è presentata. Si sono sentite stamattina, e dice che le aveva assicurato che ci sarebbe stata… >>.

 

Xander si allarmò.

 

<< Le ha telefonato almeno cinque volte, ma non ha risposto >> continuò Max, << Così mi ha chiesto se io l’avevo vista, per caso >>.

 

<< E tu non l’hai vista >> disse Xander, preoccupato.

 

<< No >>, Max sembrava in pena quanto lui, << Ho provato a chiamarla a casa, ma non risponde… Credevo fosse venuta da te, a questo punto >>.

 

<< Non la vedo dall’altro ieri >> disse Xander, << Mi aveva detto ci saremmo sentiti stasera… Sicuro che non sia a casa? >>.

 

<< No. Ho chiamato tre volte, l’ultima cinque minuti fa. Non risponde. Non è da lei non presentarsi a un appuntamento e non avvertire… >>.

 

<< Sei passato da casa sua? >> chiese Xander, cercando le chiavi della BMW nella tasca dei pantaloni.

 

<< Pensavo di andarci, se non riesco a trovarla… >> rispose Max.

 

<< Ci vado io >> disse Xander, gettando un’occhiata a Jess, che adesso sembrava più interessato. << Ti faccio sapere più tardi >>.

 

Chiuse la telefonata e guardò l’informatico, che lo fissava interrogativo.

 

<< Irina è sparita >> disse.

 

<< Sparita? >> domandò Jess, incuriosito e preoccupato al tempo stesso.

 

<< Non si trova. Vado a cercarla >>.

 

Xander salì in camera sua e recuperò l’altra pistola di cui era fornito, poi tornò di sotto. Doveva essere successo qualcosa… Gli venne in mente l’avvertimento di Challagher: forse se l’era presa anche con lei…

 

<< Rimani qui >> disse rivolto a Jess, << Ho un brutto presentimento >>.

 

Uscì di casa e saltò sulla BMW. Dieci minuti dopo era davanti a casa di Irina.

 

Tutte le luci erano spente, ma alcune delle finestre erano state lasciate aperte. Non sembrava esserci nessuno, come se la casa fosse stata abbandonata in tutta fretta. Il garage era chiuso, la tenda al primo piano svolazzava nel silenzio della sera.

 

Xander tolse la sicura alla pistola e guardò in alto, verso la finestra della camera di Irina. Era chiusa, le tende tirate. Arrivò fino alla porta d’ingresso e suonò il campanello.

 

Non sapeva cosa aspettarsi. Irina non sarebbe mai sparita in quel modo senza avvertire nessuno… Lo stomaco gli si contrasse per la paura, nel timore che le potesse essere successo qualcosa. Doveva trovarla il più presto possibile e togliersi quella sensazione a cui non era abituato.

 

Attese qualche minuto davanti alla porta, la pistola in pugno, ma era chiaro che nessuno sarebbe venuto ad aprire. Si guardò intorno, con l’idea di sfondare la porta e fare irruzione dentro. Poi gli venne un’idea migliore.

 

Fece il giro della casa, e raggiunse la porta sul retro. Era aperta, come si era aspettato… Quindi in casa forse qualcuno c’era.

 

Varcò l’ingresso con la pistola puntata davanti a sé, e accese la luce. Non udì nessun rumore; sembrava veramente tutto deserto. Camminando lentamente raggiunse la cucina e il soggiorno e sbirciò dentro, senza trovare nessuno. Sul tavolino però c’era una bottiglia di birra aperta e a metà, come se fosse stata lasciata lì all’improvviso.

 

<< Irina? >> chiamò.

 

Qualcosa scattò di sopra, come una serratura che si chiude, poi più niente. Il rumore rimbombò per qualche istante, poi si spense nel silenzio carico di tensione. Istintivamente guardò su per le scale, aspettandosi di scorgere un’ombra, ma non vide nessuno.

 

Sempre tenendo la pistola alzata, salì uno per uno i gradini, all’erta. In casa c’era qualcuno, ma non sapeva se fosse pericoloso o meno. Meglio essere prudenti.

 

Anche al piano superiore era tutto spento, e cercò a tentoni l’interruttore della luce. Quando si accese, notò la porta della camera di Irina aperta. Abbassò la pistola e guardò dentro.

 

Era vuota, ma il letto era sfatto, le lenzuola gettate malamente a terra. Le tende tirate non lasciavano intravedere l’esterno, ma qualcosa brillò per terra, a pochi metri da lui. Entrò nella stanza e si abbassò per raccoglierlo.

 

Era una collanina d’argento con un ciondolo a forma di quadrifoglio, lo stesso che aveva visto al collo di Irina molte volte, e che molto probabilmente non toglieva mai. Vederlo lì, gettato a terra, gli fece scorrere un brivido lungo la spina dorsale.

 

Era successo qualcosa di grave, ma non gli interessava cosa. Voleva solo ritrovare Irina viva, subito. Aveva le viscere contratte, il cuore che batteva più forte del normale, le mani fredde. Era paura quella che stava provando, e non era abituato.

 

Si alzò di scatto, mettendosi in tasca la collanina, e i suoi occhi si posarono sul letto disfatto. C’era una macchia di sangue, sul lenzuolo candido.

 

<< Irina? >> chiamò di nuovo, il cuore che batteva all’impazzata per la paura.

 

La sua voce si spense nel silenzio più totale. Drizzò le orecchie alla ricerca del minimo rumore, ma non sentì nulla.

 

“Potrebbe non essere il suo sangue” si disse, cercando di non farsi prendere dal panico, “Forse è solo una coincidenza… Magari William l’ha chiamata per qualche gara, per un furto…”.

 

Xander tornò nel corridoio, cercando di pensare a cosa potesse essere successo, a dove potesse essere Irina. Stava per scendere di sotto, quando uno strano rumore arrivò alle sue orecchie. Durò una frazione di secondo, ma bastò a fargli capire che qualcuno c’era. E che era nel bagno vicino alla stanza di Irina.

 

La porta era chiusa, e appoggiò la mano sulla maniglia per aprirla. Però non ci riuscì. Era chiusa a chiave.

 

<< Irina? >> chiamò per la terza volta.

 

Ci fu un momento di completo silenzio, poi…

 

<< Vattene Xander >> rispose una voce soffocata, dall’altra parte della porta. Distante, lontana, ma la sua: Irina.

 

<< Aprimi, per favore >> disse Xander, appoggiando entrambe le mani sul legno e sentendo un’ondata di sollievo invaderlo. << Perché stai lì? >>.

 

<< Vattene Xander! >> ripeté la ragazza, questa volta con voce più forte.

 

Lui rimase immobile, sempre più preoccupato. Perché si comportava in quel modo? Perché aveva cercato di nascondersi per tutta la giornata?

 

<< Apri la porta >> disse, calmo, << Avanti… Cos’è successo? >>.

 

<< Te l’ho già detto, Went! >> gridò Irina dall’altra parte, e sentire che lo chiamava per cognome lo allarmò. << Torna da dove sei venuto, e lasciami in pace >>.

 

Xander batté la mano sul legno, frustrato. Non voleva perdere tempo in discussioni, voleva vedere come stava e basta.

 

<< Apri questa porta o giuro che la sfondo >> minacciò.

 

<< Va’ via, per favore >> disse Irina, poi piombò nel silenzio.

 

Xander continuò a fissare quella maledetta porta per mezzo minuto, cercando un modo per aprirla. Poteva usare la pistola, ma rischiava di fare del male a Irina. Si guardò intorno, e prese la chiave della stanza della ragazza: di solito, le serrature erano tutte uguali per poter essere aperte facilmente in caso di bisogno.

 

Aprì la porta lentamente, sentendo che qualcuno stava cercando debolmente di impedirglielo: forse Irina stava spingendo dall’altra parte per non farlo entrare. Durò pochissimo, però, perché poi non incontrò più nessun ostacolo.

 

Il bagno era pulito, la specchiera accesa, ma nessuna traccia di Irina. Mise la testa dietro la porta e la trovò lì, seduta per terra con la schiena appoggiata al muro di ricoperto di piastrelle. Aveva il volto rigato di lacrime, i capelli che ricadevano disordinati sulle spalle.

 

C’era qualcosa di tremendo nella sua espressione, e Xander si sentì salire il cuore in gola. Forse, avrebbe preferito ritrovarla morta, che in quello stato. Gli occhi di Irina erano quelli di chi ha smesso di lottare, di chi si è completamente abbandonato al destino, di chi è stato sconfitto troppe volte.

 

<< Cosa è successo, piccola? >> domandò a bassa voce.

 

Irina non lo guardò. Abbassò la testa e si strinse le ginocchia con le braccia, come spaventata dalla sua presenza. Rimase in silenzio, il respiro corto di chi ha pianto per tanto tempo.

 

<< Cosa ci fai qui? >> disse dopo un po’, la voce soffocata tra le sue gambe, << Ti ho detto di andare via… >>.

 

<< Sono venuto a cercarti >> rispose Xander, abbassandosi su di lei, << E’ tutto il pomeriggio che ti stiamo cercando… >>. Irina si allontanò di qualche centimetro.

 

<< Cosa è successo? >> aggiunse poi, guardandola in viso.

 

Lei fuggì i suoi occhi, il capo abbandonato sulla parete, e disse: << Non possiamo più vederci, Xander >>.

 

<< Perché? >>.

 

Irina aveva la voce rotta, e mormorò: << Perché deve essere così e basta. Va via e lasciami in pace >>.

 

<< William ci ha scoperto? >> chiese Xander, capendo che era così, << Lo sa? >>.

 

Irina si passò una mano sul viso, esausta, prima di rispondere: << Sì >>.

 

Ecco perché non voleva vederlo. La sua missione era in pericolo, ma al momento non gli interessava sapere se William aveva scoperto se era dell’F.B.I.: voleva solo capire cosa era successo ad Irina. E sapeva già che era qualcosa di grave.

 

<< Cosa ti ha fatto? >> chiese dolcemente, sperando che rispondesse alla sua domanda. Si avvicinò un po’, ma per tutta risposta lei si rannicchiò contro il muro e qualche lacrima tornò a rigarle il viso.

 

Xander si inginocchiò e le prese il viso fra le mani, guardandola negli occhi, e mormorò: << Ti ha messo le mani addosso, eh? Ti ha fatto del male? >>.

 

Irina si liberò dalla presa e scoppiò a piangere, senza però cercare conforto in un abbraccio. Appoggiò la testa contro il muro, lasciando che le lacrime silenziose cadessero sulla sua maglietta stropicciata.

 

Xander capì che il suo presentimento era fondato. Poi, finalmente si rese conto dell’errore madornale che aveva fatto, di quanto era stato stupido… Tutto, con orrore, andò al suo posto.

 

Irina aveva paura degli sguardi dei ragazzi, non amava farsi toccare… Era la ragazza di William, ma non voleva esserlo… Mai l’aveva vista avere un atteggiamento gentile verso di lui, e mai aveva visto lui trattarla per quello che era: una ragazza. Era il suo giocattolo, la sua bambolina… Era sua. Il letto sfatto, le macchie di sangue…

 

I lividi non era quelli che le aveva lasciato suo padre… I lividi erano quelli che le aveva lasciato lo Scorpione.

 

Il sangue gli si gelò nelle vene, il freddo si insinuò nel suo cuore come un veleno mortale. Per tutto quel tempo non aveva letto i segni, era stato cieco. Era stato idiota, stupido, superficiale.

 

Abbassò il viso all’altezza di quello di Irina, e cercò di avvicinarla lentamente. Lei gli mise una mano sul petto, bloccandolo, senza permettergli di avvicinarsi ancora di più.

 

<< Irina, ti prego, dimmi cosa è successo >> disse Xander.

 

La ragazza non rispose ancora, e il suo silenzio lo spaventò a morte. Lo sapeva, lo sapeva cosa era successo, e sperava solo che lei gli dicesse che si era sbagliato, che non era quello che pensava lui… Sperava che quello fosse solo un incubo, nient’altro.

 

<< Ti ha violentata, Irina? >>.

 

Le parole gli uscirono dalla bocca inespressive, eppure così pesanti. Qualcosa dentro di lui si spezzò, e Xander provò per la prima volta il panico, il panico vero di chi si trova in una situazione che non sa come gestire. Di chi non vuole credere, ma che si trova di fronte la pura e dolorosa realtà.

 

Irina finalmente lo guardò, gli occhi arrossati puntati nei suoi. Era terrore quello che leggeva nel suo sguardo da cerbiatta, paura e vergogna. E senza preavviso, scoppiò di nuovo a piangere.

 

Xander la tirò verso di sé, incurante se lei volesse o meno abbracciarlo. Si sentiva tremendamente in colpa, perché non aveva capito subito quello che le succedeva. Le aveva chiesto troppo, fino a quel momento, e lei non gli aveva voluto dire cosa stava pagando.

 

Perché? Perché non gli aveva detto nulla? Perché era stata zitta?

 

Irina stava smettendo di piangere, anche se il suo respiro rimaneva ancora irregolare. Lo spinse delicatamente via, e si asciugò una lacrima con il dito. Xander le prese il mento e la guardò, per scrutarle il volto. Aveva un segno rosso sul collo sottile.

 

<< Irina… Perché…? >> mormorò, sconvolto.

 

La ragazza chiuse gli occhi per un momento, poi trasse un respiro profondo, forse per non ettere alla sua voce di remare.

 

<< Xander, ti prego… Non dire niente >> sussurrò.

 

Lui rimase a guardarla per qualche secondo, ma gli sembrava di avere il cervello spento. Non riusciva a ragionare, a formulare un pensiero coerente.

 

“L’ha violentata… Quel figlio di puttana l’ha violentata fino ad adesso, e io non lo sapevo…”.

 

Era l’unica frase che gli rimbombava per la testa, che gli faceva capire di essere ancora cosciente. Non c’era rabbia in lui, in quel momento, perché il dolore era l’unica cosa che riusciva a provare. Dolore e vergogna per non essersene accorto da solo, per non averci mai pensato.

 

<< Puoi andartene >> disse Irina all’improvviso, riscuotendolo dai suoi pensieri.

 

Lo guardava, ancora seduta per terra, la schiena appoggiata al muro freddo, perfettamente in sé, o almeno molto più di lui.

 

<< Non me ne vado di qui senza di te >> ribatté Xander, inginocchiandosi sul pavimento per rimettersi in piedi.

 

Iniziava a riprendersi. Tornava a ragionare, a pensare coerentemente. Doveva farlo per lei, perché se c’era qualcuno che aveva bisogno di aiuto, in quel momento, era Irina, e lui doveva essere in grado di darglielo.

 

<< Xander… Vattene >>. La voce di Irina voleva essere controllata, ma apparve solo esausta. << Non ho bisogno di te >>.

 

Quell’ultima frase diede il colpo finale all’autostima di Xander: non aveva bisogno di lui… Non lo voleva più vedere… Come biasimarla? Era per colpa sua se si era cacciata nei guai, per la sua stupida insistenza…

 

<< Gli ha detto del tatuaggio, vero? >> domandò Irina, senza guardarlo.

 

<< Sì… >>.

 

Irina sospirò. << Perché lo hai fatto? Ti avevo chiesto di non dirlo a nessuno… >>. Sembrava solo molto delusa, ma non arrabbiata.

 

“L’ho fatto perché sono uno stupido… Perché volevo dimostrargli che ti conosco meglio di lui… Ma non era vero”.

 

Si era comportato come William: per poter dimostrare di essere legato a Irina in qualche modo non si era curato della sua volontà. Lei sapeva cosa significava quel tatuaggio nascosto che portava: era il marchio che lo Scorpione aveva impresso su di lei per poterla controllare fino in fondo, per fare in modo che solo lui possedesse Fenice, che nessun’altro usasse il suo giocattolino senza che lui lo sapesse. Per quello Irina gli aveva chiesto di non dirlo a nessuno…

 

<< Sono stato un’idiota >> disse Xander, << Non mi è passato per la testa che… >>.

 

<< Non importa >> lo interruppe Irina, continuando a tenere gli occhi inchiodati al pavimento, << Non mi interessa… Avrei dovuto dirti perché non volevo che nessuno sapesse… Va bene così… Va via, adesso >>.

 

<< Stai bene? >> domandò Xander, anche se era perfettamente inutile. Non se ne sarebbe andato nemmeno se lo avesse minacciato: non sarebbe stato stupido per due volte consecutive.

 

<< Sì, sto bene >> rispose Irina, muovendosi leggermente come per allontanarsi. Anche la sua era una frase fatta, una risposta automatica che la sua bocca era abituata a dare.

 

<< Vuoi uscire di qui, adesso? >> chiese Xander, dolcemente.

 

Irina non rispose, ma tra le labbra le scappò un sospiro. Non stava bene, lo sapeva, perché lei aveva la brutta abitudine di mentire, quando si trattava di stessa.

 

<< Ti porto in ospedale >> disse Xander, prendendola in braccio.

 

<< No, sto bene >> protestò Irina, ma non aveva la forza di opporsi. Si lasciò trasportare fuori dal bagno, e qualche lacrima tornò a rigarle il viso. Gli strinse la maglia con una mano, troppo esausta per tentare la fuga.

 

Xander scese le scale e attraversò l’ingresso, poi uscì fuori di casa e raggiunse la BMW. Aprì la portiera e adagiò Irina sul sedile dell’auto.

 

<< Xander… >>.

 

<< Andrà tutto bene, piccola >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Xander era seduto nella sala d’aspetto, solo, lo sguardo che correva ogni due secondi alla porta dell’ambulatorio. Sentiva l’infermiera a pochi metri da lui battere sulla tastiera del pc, che ronzava nel silenzio della stanza.

 

William era morto. Si stava scavando da solo la fossa. Poteva accettare tutto: che la ricattasse, che la spacciasse per la sua ragazza, che… anche che ci andasse a letto assieme, ma non poteva accettare quello. Non poteva accettare che lui la costringesse, che la usasse a proprio piacimento come una vera e propria bambola.

 

Ci aveva pensato centinaia di volte a quel particolare, roso dalla gelosia, ma mai aveva pensato che lei non fosse d’accordo. Mai. Aveva sempre e solo sperato che non le piacesse, per rendere il suo tormento meno doloroso, per potersi dire che non c’era niente tra lei e lo Scorpione, che egoisticamente Irina aspettasse solo lui. Non si era mai chiesto cosa ci fosse dietro quello strano rapporto, dietro quel modo possessivo con cui William trattava la sua Fenice. E ora che lo scopriva, ora che sapeva, si chiedeva perché Irina era stata zitta, perché non gli aveva detto niente.

 

L’istinto, quell’istinto da cui si era lasciato guidare per tutta la vita, gli diceva di alzarsi, raggiungere lo Scorpione e come minimo spezzargli entrambe le mani. A tenerlo inchiodato lì c’era solo lei, Irina, dietro quella porta bianca, l’unica cosa al mondo in grado di fargli perdere ogni certezza, di mandargli in crisi l’istinto.

 

Nella vita aveva visto tante cose, incontrato tante persone, ma mai qualcuno come lei. Nessuno lo aveva mai fatto sentire così stupido, così in colpa, così… umano. Perché lui era Alexander Went, agente dell’F.B.I., che non sbagliava mai, che non si lasciava prendere dalla situazione, che sapeva sempre cosa si doveva fare, che seguiva l’istinto che gli indicava sempre la strada giusta. Abituato ad avere tutto, ad avere il controllo della situazione. Abituato a non commettere errori. Mai.

 

Con Irina, invece, aveva sbagliato su tutti i fronti. Aveva fatto un errore all’inizio, quando aveva deciso di avvicinarla, sperando nel suo aiuto, senza pensare, senza immaginare, che cosa sarebbe diventata per lui. E poi, aveva sbagliato quando aveva deciso, per una volta, di usare la testa e non l’istinto, sicuro che aspettare fosse la cosa migliore. E ancora, aveva commesso l’errore di pensare di sapere tutto di lei, di aver imparato a conoscerla, a prevederla, ad amarla per quello che era: una semplice ragazza di vent’anni.

 

E adesso, mentre aspettava seduto in quella fredda sala d’ospedale, aveva paura. Aveva paura che quando Irina sarebbe uscita da quella porta bianca, lui non fosse in grado di reggere quella vista. Aveva paura che tutti i problemi che si trascinava dietro quella ragazza potessero in qualche modo spegnere la scintilla che fino a quel momento aveva arso dentro il suo cuore, che potessero spaventarlo a tal punto da fargli smettere di amarla.

 

Perché lei? Perché proprio Irina, tra tutte le ragazze che aveva incontrato nella sua vita? Perché non una qualsiasi, carina, semplice, normale? Perché non una che passava il suo tempo a ridere con le amiche, a fare shopping in centro, a vivere la sua perfetta e banale vita da ventenne? Perché proprio Irina, una pilota clandestina, bella, dolce, pericolosa in quanto legata allo Scorpione, gli aveva trafitto il cuore?

 

La risposta, per la prima volta, non la sapeva. Non sapeva, non capiva perché aveva scelto Irina. O forse la sapeva… Lo sapeva, ma aveva paura di dirlo.

 

Irina era unica… Così unica da aver fatto perdere la testa a lui, a Challagher, a Max e a chissà quanti altri. E lo era perché era umana, era fragile, era indifesa. Era una ragazza che nonostante tutto, nonostante l’odio, la paura, la tristezza, continuava ad amare, continuava a essere quello che era. E cioè qualcosa che lui non poteva meritare, dopo quell’errore madornale, dopo quella cazzata fatta per orgoglio.

 

Finalmente, dopo un’ora e mezza di attesa, vide la porta bianca aprirsi lentamente. Il dottore, un uomo di circa cinquantacinque anni, dai capelli neri brizzolati, gli fece cenno di avvicinarsi. Xander si alzò e lo raggiunse.

 

<< Lei è? >> domandò il medico, guardandolo da sopra gli occhiali cerchiati di metallo.

 

<< Un amico >> rispose Xander, evasivo.

 

Il dottore gli rivolse un’occhiata perplessa, poi continuò con tono professionale: << La ragazza ha subito una violenza sessuale, ma non le sto dicendo niente di nuovo, immagino >>.

 

Xander annuì, impaziente.

 

<< Come sta? >> domandò.

 

<< Fisicamente posso dire che si riprenderà in fretta >> rispose il dottore, << Ha qualche escoriazione, ma l’abbiamo medicata. Psicologicamente è abbastanza provata… Non è la prima volta che succede, a quanto pare. Dovrà stare solo un po’ a riposo >>.

 

Xander sentì la rabbia montare di nuovo, mentre il dottore lo fissava con aria minacciosa. Si schiarì la voce e poi continuò: << Personalmente avrei dovuto denunciare il fatto alla polizia, ma la ragazza mi ha pregato di non farlo. Se però tornerà qui per lo stesso motivo, non esiterò un momento a chiamare le autorità competenti >>.

 

Xander annuì. Aveva parlato con un tono minaccioso, quasi pensasse che l’autore del fatto fosse lui. Il medico lo salutò e tornò nell’ambulatorio. Un attimo dopo vide la porta bianca riaprirsi e rimase immobile, pronto ad affrontare quel momento che temeva tantissimo.

 

Irina fece capolino, lo sguardo che vagò incerto per la sala d’aspetto e che poi si posò su di lui. Gli occhi da cerbiatta scrutarono il suo volto, non più spenti, solo stanchi. Il viso era tornato del suo colore naturale, le labbra rosee e morbide come sempre. Si era aspettato di vederla diversa, invece era sempre uguale. Sempre lei.

 

Chiudendosi delicatamente la porta alle spalle, Irina fece un passo avanti e poi si fermò, forse senza sapere bene cosa dire. Alla fine, stringendosi le manine, gli sorrise timidamente.

 

In un secondo, tutte le paure che Xander aveva provato fino a quel momento crollarono. Crollarono davanti a quel sorriso semplice, vero, intimidito. Sì, era sempre Irina. I suoi occhi non avevano smesso di vederla come l’avevano sempre vista fino ad ora. Tutto andò al suo posto, e comprese perché il suo cuore avesse scelto lei.

 

L’aveva cercata per venticinque anni, l’aveva cercata nei volti delle ragazze che aveva incontrato, nei loro occhi, nei loro sorrisi, nelle loro parole. Era lei che voleva senza nemmeno sapere che la stava cercando. La sua metà, la parte che mancava alla sua mente, al suo cuore, alla sua anima. La ragazza che continuava a sorridergli, che era in grado di continuare a vivere dopo quello che gli era successo. La ragazza che aveva tanti volti, uno più bello dell’altro, e che lui aveva finalmente scoperto tutti. La ragazza che lo faceva sentire debole e invincibile al tempo stesso.

 

Gli si avvicinò e la strinse in un abbraccio, sentendo le sue manine poggiarsi sulla sua schiena. Sospirò, e lei si lasciò cullare tra le sue braccia senza dire niente. Con sorpresa Xander si accorse che sembrava fatta per combaciare con il suo petto, che il suo corpo sottile fosse fatto per sfiorare il suo.

 

<< Possiamo andare? >> chiese Irina da sopra la sua spalla.

 

<< Sì >>.

 

Xander si staccò e le mise un braccio intorno alle spalle, conducendola fuori dall’ospedale, fino all’auto, senza dire niente, in un silenzio carico di domande e di comprensione. Solo quando furono entrambi seduti dentro la BMW, Irina tornò a parlare.

 

<< Non mi porterai a casa mia, vero? >> domandò, e un piccolo sorriso le increspò le labbra.

 

<< No >>.

 

Irina trasse un sospiro e non aggiunse niente. Xander mise in moto l’auto e uscì lentamente dal parcheggio. Aveva mille domande da farle, mille cose da chiederle, ma qualcosa gli diceva che era meglio stare zitto, per una volta. Ogni dieci secondi le gettava un’occhiata furtiva, come se da un momento all’altro potesse sparire.

 

Sentì improvvisamente il cellulare nella sua tasca squillare, e lo tirò fuori rapidamente. Guardò il display: era Maximilian.

 

<< E’ il tuo amico meccanico >> disse, guardandola per un momento.

 

<< Non dirgli niente >> soffiò Irina, spaventata.

 

Xander rispose, tenendo l’altra mano sul volante.

 

<< L’hai trovata? >> chiese Max, preoccupato, << Ti ho chiamato quattro volte… >>.

 

<< Sì, scusami, stavamo parlando >> rispose Xander, cercando di sembrare tranquillo, << Non ho sentito il cellulare squillare >>.

 

<< Dov’era? >>.

 

Xander cercò una scusa. << In spiaggia >>.

 

<< Ah… Cos’è successo? Perché non rispondeva al telefono? >>.

 

Xander guardò con la coda dell’occhio Irina, che stava con il volto rivolto verso il finestrino chiuso.

 

<< Ha… Ha litigato con suo padre >> mentì Xander, << E’ uscita di casa senza portarsi via niente >>.

 

<< Ha litigato con suo padre? >> ripeté il meccanico, << Sta bene? >>.

 

Di fronte a quella domanda, Xander non se la sentiva di mentire di nuovo. E oltretutto, sapere che nemmeno il migliore amico di Irina era al corrente di che cosa le faceva Challagher lo imbestialiva.

 

<< Senti, è qui con me. Te la passo >>.

 

Diede il telefono a Irina e si concentrò sulla strada, cercando di controllare la rabbia. Max conosceva Irina da più di due anni, sapeva che fingeva di stare con lo Scorpione… Non gli era mai passato per la testa che potesse esserci qualcosa di strano? Non si era mai accorto di niente?

 

<< Sì, sto bene Max >> disse Irina, la voce stanca, << Scusa se non ho risposto… No, non ho voglia di parlarne adesso. Lascia perdere, ok? Sto bene, c’è Xander… D’accordo, ci vediamo >>.

 

Gli ripassò il cellulare, e lui parcheggiò l’auto davanti a casa. La luce del soggiorno era accesa, quindi Jess doveva essere ancora sveglio. Non era poi molto tardi, in effetti.

 

<< Xander… >> lo chiamò Irina, guardando le finestre illuminate, << Voglio andare a casa mia… Non serve che… >>.

 

<< Non serve tornare a casa tua, se non sei al sicuro >> ribatté Xander, << Dov’era tuo padre, a proposito? A ubriacarsi da qualche parte? >>.

 

Negli occhi di Irina passò un’ombra di dolore, abbassò la testa e rispose: << Non voglio parlarne, Xander. E comunque, non mi succederà niente >>.

 

<< Non vuoi parlarne?! >> sbottò Xander, << Non ti succederà niente?! Irina, non puoi fare finta che non sia successo niente! Quel figlio di puttana ti ha… ti ha… >>. Non riuscì a finire il resto della frase, le parole gli si impigliarono in gola.

 

<< Ho sempre fatto finta di niente >> replicò Irina, la voce ferma ma bassa, << Non serve piangermi addosso… E comunque, non voglio parlarne ora… >>.

 

Xander la fissò. Perché si ostinava a far finta di niente? Perché voleva tenersi tutto dentro?

 

<< Dov’era tuo padre, Irina? >> domandò di nuovo.

 

Lei si voltò. << Non chiedermelo… Non voglio parlarne, chiaro? >>.

 

<< Irina… Cristo Santo, ma perché ti chiudi sempre su te stessa? >>. Xander aggirò l’auto e la raggiunse, << Perché non me lo hai detto? Perché non lo hai detto a nessuno? >>.

 

A quel punto la ragazza si voltò, gli occhi velati di lacrime. Era provata, lo vedeva… Forse non era il momento adatto per tormentarla…

 

<< Ti prego, Xander, non adesso >> soffiò.

 

Lui sospirò, ma alla fine cedette. << Va bene, Irina, entra in casa, allora >>.

 

Jess li guardò entrare, e probabilmente intuì che qualcosa non andava, perché non fece domande. Li salutò entrambi e poi andò a dormire, stranamente silenzioso.

 

<< Ti lascio la stanza per gli ospiti >> disse Xander, conducendo Irina al piano di sopra, << Ti serve qualcosa? >>.

 

La ragazza fece cenno di no con la testa.

 

La camera era ampia, con un bel letto a due piazze e gli armadi di legno scuro. Irina guardò la stanza, poi raggiunse la finestra.

 

<< Mettiti a dormire >> disse lui, e fece per uscire.

 

<< Xander… Aspetta >> Irina lo guardò negli occhi, seria. << Per favore… Non fare niente. Non… Non andare da William >>.

 

Gli aveva letto nel pensiero.

 

<< Perché non dovrei? >> domandò lui.

 

<< Perché non serve. Metti solo a rischio la tua missione. Ti ricordi cosa ti ho chiesto, vero? >>.

 

Di arrestare Challagher… Ma lui non voleva più arrestarlo… Voleva ammazzarlo, fargli patire la stessa cosa che aveva patito lei…

 

<< Io… >>.

 

<< Per favore, Xander >> scandì lei, seria.

 

<< Va bene. Però adesso dormi, ok? >> disse lui, uscendo dalla stanza ma lasciando la porta aperta.

 

Scese in cucina, senza sapere bene il perché. Di sicuro non sarebbe riuscito a dormire, e nemmeno a sostenere una conversazione con Jess, che per fortuna se n’era andato a letto. Gli tremavano le mani al solo pensiero di quello che era successo.

 

<< Figlio di puttana… >> mormorò, << Bastardo… Se mi capiti tra le mani, ti uccido… >>.

 

Camminò avanti e indietro, il sangue alla testa, furioso. Doveva fare qualcosa, non poteva stare fermo lì. Non poteva lasciar correre tutto.

 

La pistola nella tasca era pesante, quasi per ricordargli che poteva e voleva usarla. L’ordine era arrestarlo… Forse non poteva ucciderlo, ma ridurlo a pezzi…

 

Chi lo avrebbe fermato? Nessuno. Jess dormiva; Irina forse ancora no, ma non avrebbe comunque avuto la forza per impedirgli di andare… Conosceva il luogo dove stava Challagher, bastava entrare a casa sua e regolare i conti, una volta per tutte…

 

Sapeva che lo Scorpione non era mai da solo, sapeva che rischiava la pelle, ma non gli interessava in quel momento. Trovava assurdo rimanere fermo lì, accettare la cosa in silenzio.

 

Allora perché non riusciva a muoversi? Perché rimaneva inchiodato lì?

 

“Non… Non andare da William”. Era stata Irina a chiederglielo, e non riusciva a non esaudire la sua richiesta.

 

<< D’accordo, non ci vado… >> sussurrò Xander, appoggiando le mani sul tavolo, il capo chino.

 

Però c’era un'altra cosa, che non era ancora riuscito a chiarire. Dov’era il padre di Irina? Dov’era quel bastardo che non faceva niente dalla mattina alla sera, che viveva alle spalle di sua figlia?

 

Afferrò le chiavi della BMW e uscì di casa. Venti minuti dopo era davanti a casa di Irina, credendo di trovarla vuota. Invece la finestra del soggiorno era accesa.

 

Bussò alla porta, e ad aprirgli venne uno dei fratelli di Irina, Harry. Lo guardò e sul volto gli si dipinse un’espressione di terrore.

 

<< Dov’è tuo padre? >> chiese Xander, gelido.

 

<< Perché… ? >> borbottò Harry.

 

<< Senti, non ho alcuna voglia di discutere >> disse Xander, minaccioso, << O mi dici dov’è, o avrai bisogno di una plastica >>.

 

<< Non lo so dov’è! >> rispose in fretta Harry, << Forse… Forse è al bar, quello sulla 5° strada… Non lo so, non lo vedo da ieri! >>.

 

Xander gli voltò le spalle e risalì in auto, diretto sulla 5° strada. Stringeva il volante tanto che le nocche gli erano diventate bianche, e fissava la strada deserta. Poi lo vide, seduto su una panchina, nel cono di luce di un lampione. Sembrava stranamente assente, perso nei suoi pensieri.

 

Fermò l’auto in mezzo alla strada sgombra, vicino al marciapiede, poi scese. Vide Todd adocchiarlo, sempre nel suo stato di trance. Molto probabilmente era ubriaco.

 

Con passo marziale Xander raggiunse il padre di Irina, senza sapere bene cosa volesse fare. Lo fissò dall’alto in basso, gli occhi che dardeggiavano. Fosse stato per lui, lo avrebbe sbattuto in prigione buttando via la chiave, dopo averlo riempito di botte senza tanti complimenti. Ma Irina non glielo avrebbe mai perdonato.

 

Todd rimaneva zitto, ma c’era qualcosa di strano nella sua espressione. Qualcosa che non poteva essere dovuto all’alcool.

 

<< E’ tua figlia, cazzo >> disse Xander, << Irina è tua figlia… Sei suo padre, idiota >>.

 

Todd lo fissò, e un lampo di comprensione passò nei suoi occhi scuri e piccoli quanto il suo cervello bruciato dall’alcool.

 

<< Come…? >> biascicò, senza finire la frase.

 

<< Ho fatto il test del DNA >> rispose Xander, gelido, << Sei suo padre, figlio di puttana… >>.

 

Si voltò di scatto e tornò alla macchina, troppo infuriato per poter sperare di resistere ancora. Risalì in auto e vagò per mezz’ora lungo le strade buie e vuote di Los Angeles, senza sapere dove andare né cosa fare per calmarsi. Alla fine svoltò a destra e si diresse verso casa, preoccupato. Irina aveva bisogno di lui.

 

Parcheggiata l’auto nel vialetto, risalì di corsa le scale, ma la sua paura era infondata. Irina era ancora lì, sveglia, nella camera dove l’aveva lasciata.

 

<< Xander! >> gridò, e il suo tono era angosciato. << Dove sei andato? >>.

 

<< In giro… >> rispose evasivo lui, notando quanto fosse preoccupata. << Non dormi? >>.

 

<< Ti ho visto uscire… >> mormorò lei, << Avevo paura che… >>.

 

<< Non sono andato da Challagher >> disse Xander, << Mi avevi chiesto di non farlo. Non l’ho fatto, per quanto mi costi. Ti serve qualcosa? >>.

 

Irina scosse il capo e si sedette sul letto. << E’ tardi, dovresti andare a dormire anche tu >> disse dolcemente.

 

<< Non ci riesco >>.

 

La ragazza gli sorrise. C’era qualcosa che Xander voleva fare, che aveva bisogno di fare per poter riguadagnare un po’ di calma, ma che aveva paura di chiedere. Forse era infantile, stupido, ma era qualcosa che lo avrebbe reso un po’ più tranquillo.

 

<< Irina… Lasciami dormire con te >> disse tutto d’un fiato, sperando di non spaventarla.

 

La ragazza lo guardò, gli occhi da cerbiatta che vagarono sul suo viso in cerca di qualcosa. Alla fine sorrise timidamente.

 

<< Hai paura che scappi? >> domandò.

 

“Se questo è un incubo, voglio svegliarmi accanto a te… Non voglio provare di nuovo quell’orribile sensazione di averti perso…”.

 

Davanti al suo silenzio, Irina si scostò leggermente dal letto e disse a bassa voce: << Va bene, Xander… Rimani, se vuoi >>.

 

Aveva capito che era più sconvolto di lei. Xander sparì per qualche minuto e andò in camera sua per infilarsi la prima tuta da ginnastica che trovò nell’armadio, poi tornò da Irina. Era sdraiata a pancia in su sul letto, che guardava il soffitto, la luce della lampada sul comodino che le illuminava il volto. Era strano a dirlo, ma sembrava più calma di lui, come se non le fosse mai successo niente. Si era allenata bene a fare finta di niente.

 

<<Notte Xander >> disse solo, mentre lui occupava il posto alla sua sinistra.

 

<< Buonanotte, piccola >>.

 

Lei spense la luce, e piombarono nel buio. Xander udiva il respiro regolare di Irina al suo fianco, e si sentì stranamente meglio. Riuscì però a cogliere la stranezza di quella situazione.

 

Fino a poche ore prima, avrebbe pagato oro per ritrovarsi nello stesso letto insieme a Irina; adesso avrebbe preferito trovarsi a chilometri di distanza da lei, ma saperla al sicuro e tutta intera.

 

Sentì una mano muoversi vicino alla sua, le dita di Irina sfiorare delicatamente le sue.

 

<< Xander? >> sussurrò lei, senza muoversi.

 

<< Cosa c’è? >>.

 

<< Grazie… per stasera. Grazie per non essere andato da William, e per… avermi fatto compagnia >>.

 

Xander le strinse la mano, sentendo le sue dita sottili intrecciarsi con le sue. Era la cosa più bella che avesse mai provato fino ad allora, meglio di quel bacio che le aveva rubato a Las Vegas, di cui conservava ancora il sapore sulle labbra; meglio di quell’abbraccio nella sala d’aspetto dell’ospedale, quando aveva capito che finalmente l’aveva trovata e non l’avrebbe mai persa.

 

<< Dormi, piccola. Domani ci sarà tempo per parlare >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Xander si svegliò di soprassalto, la luce che filtrava tra le imposte delle finestre che illuminava la stanza. Guardò istintivamente a destra, ma il letto era vuoto. Irina non c’era.

 

L’orologio segnava le 13.00 quando lui scese in cucina, credendo di trovarla lì. Ma l’unica persona che trovò fu Jess, seduto in soggiorno davanti al pc.

 

<< Dov’è Irina? >> domandò Xander.

 

<< E’ andata via stamattina >> rispose Jess, tranquillo.

 

<< Come? >>.

 

<< Si è svegliata presto ed è andata via >> rispose Jess, << Ti ha lasciato una cosa, però. E’ sul tavolo della cucina >>.

 

Xander tornò in cucina, e sul tavolo trovò un piatto con una bella torta dall’aspetto squisito. C’era un foglietto ripiegato, che prese subito.

 

“Torta al cocco… Mi sembrava di aver capito che ti piacesse, vero? Grazie per ieri sera… Non preoccuparti per me, sto bene. Scusami se non ti ho svegliato per salutarti, ma mi sembravi stanco…

Un bacio.

Irina”.

 

Xander fissò il foglietto, poi guardò la torta con un sorriso triste. Era scappata di nuovo… Per non dover affrontare il discorso, per non dover rispondere alle sue domande, per continuare a fare finta che non fosse successo niente. Che fosse solo tutto un incubo che la perseguitava di notte, come lui aveva visto. Ma era tutto vero, e continuare a fuggire non serviva a niente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Fiuuuhh… E anche questo è fatto. I capitoli più “deprimenti”, e quelli che temevo di più, sono andati… Da adesso in poi, niente più segreti tra i nostri due eroi, il che contribuirà ad avvicinarli decisamente di più. Come si è visto, Xander ha avuto una sorta di crisi mistica, che gli ha fatto capire che nemmeno lui è perfetto, che compie degli errori come tutte le persone normali. Ha peccato di orgoglio, volendo dimostrare quanto conosceva di Irina, e lei ci è andata di mezzo: il suo primo obiettivo era proprio di proteggerla, e invece ha contribuito a fargli del male. E’ la prima volta che commette un errore così madornale, e deve fare i conti con il senso di colpa.

Quanto a Irina, nel prossimo cap si capirà meglio cosa pensa lei, ma è chiaro che se Xander vuole indagare sulla faccenda, lei invece desidera sorvolare. Anche lei dovrà fare i conti con una crisi interiore abbastanza forte.

Bene, non mi resta che ringraziare tutti coloro che leggono e che commentano. Un bacio enorme a tutti quanti, e sappiate che se ci riesco magari domenica aggiorno già, se non lunedì!

 

 

  
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