Capitolo XXI
Ore 21.00 – Casa di Xander
Il cellulare,
poggiato sul tavolino di vetro del soggiorno, si illuminò
all’improvviso vicino al piede destro di Xander,
iniziando a vibrare insistentemente. Jess cambiò
pigramente canale con il telecomando, senza degnarlo di uno sguardo.
Xander si sporse e prese
il telefono. Con enorme stupore vide che si trattava di Maximilian.
<< Pronto?
>>.
<< Alexander?
>> disse l’altro, << Sei a casa? >>.
Leggermente
perplesso, Xander inarcò un sopracciglio, guardando Jess che non sembrava molto interessato alla sua
telefonata. Fissava con occhi vacui il televisore.
<< Sì,
perché? >> rispose.
<< Irina è
con te? >> domandò Max.
<< No
>>.
C’era qualcosa nel
tono del meccanico che lo fece preoccupare. << E’ successo qualcosa?
>> aggiunse poi, abbassando impercettibilmente la voce.
Max tacque per un
momento, poi rispose: << Mi ha telefonato Jenny… Oggi pomeriggio avevano
un esame, e Irina non si è presentata. Si sono sentite stamattina, e dice che
le aveva assicurato che ci sarebbe stata… >>.
Xander si allarmò.
<< Le ha
telefonato almeno cinque volte, ma non ha risposto >> continuò Max,
<< Così mi ha chiesto se io l’avevo vista, per caso >>.
<< E tu non
l’hai vista >> disse Xander, preoccupato.
<< No
>>, Max sembrava in pena quanto lui, << Ho provato a chiamarla a
casa, ma non risponde… Credevo fosse venuta da te, a questo punto >>.
<< Non la
vedo dall’altro ieri >> disse Xander, <<
Mi aveva detto ci saremmo sentiti stasera… Sicuro che
non sia a casa? >>.
<< No. Ho
chiamato tre volte, l’ultima cinque minuti fa. Non risponde. Non è da lei non
presentarsi a un appuntamento e non avvertire… >>.
<< Sei
passato da casa sua? >> chiese Xander, cercando
le chiavi della BMW nella tasca dei pantaloni.
<< Pensavo di
andarci, se non riesco a trovarla… >> rispose Max.
<< Ci vado io
>> disse Xander, gettando un’occhiata a Jess, che adesso sembrava più interessato. << Ti
faccio sapere più tardi >>.
Chiuse la
telefonata e guardò l’informatico, che lo fissava interrogativo.
<< Irina è
sparita >> disse.
<< Sparita?
>> domandò Jess, incuriosito e preoccupato al
tempo stesso.
<< Non si
trova. Vado a cercarla >>.
Xander salì in camera sua
e recuperò l’altra pistola di cui era fornito, poi tornò di sotto. Doveva essere
successo qualcosa… Gli venne in mente l’avvertimento di Challagher:
forse se l’era presa anche con lei…
<< Rimani qui
>> disse rivolto a Jess, << Ho un brutto
presentimento >>.
Uscì di casa e saltò sulla BMW. Dieci minuti dopo era davanti a
casa di Irina.
Tutte le luci erano
spente, ma alcune delle finestre erano state lasciate aperte. Non sembrava
esserci nessuno, come se la casa fosse stata abbandonata in tutta fretta. Il
garage era chiuso, la tenda al primo piano svolazzava nel silenzio della sera.
Xander tolse la sicura
alla pistola e guardò in alto, verso la finestra della camera di Irina. Era
chiusa, le tende tirate. Arrivò fino alla porta d’ingresso e suonò il
campanello.
Non sapeva cosa
aspettarsi. Irina non sarebbe mai sparita in quel modo senza avvertire nessuno…
Lo stomaco gli si contrasse per la paura, nel timore che le potesse essere
successo qualcosa. Doveva trovarla il più presto possibile e togliersi quella
sensazione a cui non era abituato.
Attese qualche
minuto davanti alla porta, la pistola in pugno, ma era chiaro che nessuno
sarebbe venuto ad aprire. Si guardò intorno, con l’idea di sfondare la porta e
fare irruzione dentro. Poi gli venne un’idea migliore.
Fece il giro della
casa, e raggiunse la porta sul retro. Era aperta, come si era aspettato… Quindi
in casa forse qualcuno c’era.
Varcò l’ingresso
con la pistola puntata davanti a sé, e accese la luce. Non udì nessun rumore;
sembrava veramente tutto deserto. Camminando lentamente raggiunse la cucina e
il soggiorno e sbirciò dentro, senza trovare nessuno. Sul tavolino però c’era
una bottiglia di birra aperta e a metà, come se fosse stata lasciata lì
all’improvviso.
<< Irina?
>> chiamò.
Qualcosa scattò di
sopra, come una serratura che si chiude, poi più niente. Il rumore rimbombò per
qualche istante, poi si spense nel silenzio carico di tensione. Istintivamente
guardò su per le scale, aspettandosi di scorgere un’ombra, ma non vide nessuno.
Sempre tenendo la
pistola alzata, salì uno per uno i gradini, all’erta.
In casa c’era qualcuno, ma non sapeva se fosse pericoloso o meno. Meglio essere
prudenti.
Anche al piano
superiore era tutto spento, e cercò a tentoni
l’interruttore della luce. Quando si accese, notò la porta della camera di
Irina aperta. Abbassò la pistola e guardò dentro.
Era vuota, ma il
letto era sfatto, le lenzuola gettate malamente a terra. Le tende tirate non
lasciavano intravedere l’esterno, ma qualcosa brillò per terra, a pochi metri
da lui. Entrò nella stanza e si abbassò per raccoglierlo.
Era una collanina d’argento
con un ciondolo a forma di quadrifoglio, lo stesso che aveva visto al collo di
Irina molte volte, e che molto probabilmente non toglieva mai. Vederlo lì,
gettato a terra, gli fece scorrere un brivido lungo la spina dorsale.
Era successo
qualcosa di grave, ma non gli interessava cosa. Voleva solo ritrovare Irina
viva, subito. Aveva le viscere contratte, il cuore che batteva più forte del
normale, le mani fredde. Era paura quella che stava provando, e non era
abituato.
Si alzò di scatto,
mettendosi in tasca la collanina, e i suoi occhi si posarono sul letto
disfatto. C’era una macchia di sangue, sul lenzuolo candido.
<< Irina?
>> chiamò di nuovo, il cuore che batteva all’impazzata per la paura.
La sua voce si
spense nel silenzio più totale. Drizzò le orecchie alla ricerca del minimo
rumore, ma non sentì nulla.
“Potrebbe non essere il suo sangue” si disse, cercando
di non farsi prendere dal panico, “Forse
è solo una coincidenza… Magari William l’ha chiamata per qualche gara, per un
furto…”.
Xander tornò nel
corridoio, cercando di pensare a cosa potesse essere successo, a dove potesse essere Irina. Stava per scendere di sotto, quando
uno strano rumore arrivò alle sue orecchie. Durò una frazione di secondo, ma
bastò a fargli capire che qualcuno c’era. E che era nel bagno vicino alla
stanza di Irina.
La porta era
chiusa, e appoggiò la mano sulla maniglia per aprirla. Però
non ci riuscì. Era chiusa a chiave.
<< Irina?
>> chiamò per la terza volta.
Ci fu un momento di
completo silenzio, poi…
<< Vattene Xander >> rispose una voce soffocata, dall’altra
parte della porta. Distante, lontana, ma la sua: Irina.
<< Aprimi,
per favore >> disse Xander, appoggiando
entrambe le mani sul legno e sentendo un’ondata di sollievo invaderlo. <<
Perché stai lì? >>.
<< Vattene Xander! >> ripeté la ragazza, questa volta con voce
più forte.
Lui rimase
immobile, sempre più preoccupato. Perché si comportava in quel modo? Perché
aveva cercato di nascondersi per tutta la giornata?
<< Apri la
porta >> disse, calmo, << Avanti… Cos’è successo?
>>.
<< Te l’ho
già detto, Went! >>
gridò Irina dall’altra parte, e sentire che lo chiamava per cognome lo allarmò. << Torna da dove sei venuto, e lasciami in
pace >>.
Xander batté la mano sul
legno, frustrato. Non voleva perdere tempo in discussioni, voleva
vedere come stava e basta.
<< Apri
questa porta o giuro che la sfondo >> minacciò.
<< Va’ via, per favore >> disse Irina, poi piombò nel
silenzio.
Xander continuò a fissare
quella maledetta porta per mezzo minuto, cercando un modo per aprirla. Poteva
usare la pistola, ma rischiava di fare del male a Irina. Si guardò intorno, e
prese la chiave della stanza della ragazza: di solito, le serrature erano tutte
uguali per poter essere aperte facilmente in caso di
bisogno.
Aprì la porta
lentamente, sentendo che qualcuno stava cercando debolmente di impedirglielo:
forse Irina stava spingendo dall’altra parte per non farlo entrare. Durò
pochissimo, però, perché poi non incontrò più nessun ostacolo.
Il bagno era
pulito, la specchiera accesa, ma nessuna traccia di
Irina. Mise la testa dietro la porta e la trovò lì, seduta per terra con la
schiena appoggiata al muro di ricoperto di piastrelle. Aveva
il volto rigato di lacrime, i capelli che ricadevano disordinati sulle spalle.
C’era qualcosa di
tremendo nella sua espressione, e Xander si sentì
salire il cuore in gola. Forse, avrebbe preferito ritrovarla morta, che in
quello stato. Gli occhi di Irina erano quelli di chi
ha smesso di lottare, di chi si è completamente abbandonato al destino, di chi
è stato sconfitto troppe volte.
<< Cosa è successo, piccola? >> domandò a bassa voce.
Irina non lo
guardò. Abbassò la testa e si strinse le ginocchia con
le braccia, come spaventata dalla sua presenza. Rimase in silenzio, il respiro
corto di chi ha pianto per tanto tempo.
<< Cosa ci
fai qui? >> disse dopo un po’, la voce soffocata tra le sue gambe,
<< Ti ho detto di andare via… >>.
<< Sono
venuto a cercarti >> rispose Xander,
abbassandosi su di lei, << E’ tutto il pomeriggio che ti stiamo cercando… >>. Irina si allontanò di qualche
centimetro.
<< Cosa è successo? >> aggiunse poi, guardandola in viso.
Lei fuggì i suoi
occhi, il capo abbandonato sulla parete, e disse: << Non possiamo più vederci, Xander >>.
<< Perché? >>.
Irina aveva la voce
rotta, e mormorò: << Perché deve essere così e basta. Va via e lasciami
in pace >>.
<< William ci
ha scoperto? >> chiese Xander, capendo che era
così, << Lo sa? >>.
Irina si passò una
mano sul viso, esausta, prima di rispondere: << Sì >>.
Ecco perché non
voleva vederlo. La sua missione era in pericolo, ma al momento non gli
interessava sapere se William aveva scoperto se era dell’F.B.I.:
voleva solo capire cosa era successo ad Irina. E sapeva già che era qualcosa di
grave.
<< Cosa ti ha
fatto? >> chiese dolcemente, sperando che rispondesse alla sua domanda.
Si avvicinò un po’, ma per tutta risposta lei si rannicchiò contro il muro e
qualche lacrima tornò a rigarle il viso.
Xander si
inginocchiò e le prese il viso fra le mani, guardandola negli occhi, e
mormorò: << Ti ha messo le mani addosso, eh? Ti ha fatto del male? >>.
Irina si liberò
dalla presa e scoppiò a piangere, senza però cercare conforto in un abbraccio.
Appoggiò la testa contro il muro, lasciando che le lacrime silenziose cadessero
sulla sua maglietta stropicciata.
Xander capì che il suo
presentimento era fondato. Poi, finalmente si rese conto dell’errore madornale
che aveva fatto, di quanto era stato stupido… Tutto, con orrore, andò al suo
posto.
Irina aveva paura
degli sguardi dei ragazzi, non amava farsi toccare… Era la ragazza di William,
ma non voleva esserlo… Mai l’aveva vista avere un atteggiamento gentile verso
di lui, e mai aveva visto lui trattarla per quello che era: una ragazza. Era il
suo giocattolo, la sua bambolina… Era sua. Il letto sfatto, le macchie di
sangue…
I lividi non era quelli che le aveva lasciato suo padre… I lividi erano
quelli che le aveva lasciato lo Scorpione.
Il sangue gli si
gelò nelle vene, il freddo si insinuò nel suo cuore
come un veleno mortale. Per tutto quel tempo non aveva letto i segni, era stato
cieco. Era stato idiota, stupido, superficiale.
Abbassò il viso
all’altezza di quello di Irina, e cercò di avvicinarla lentamente. Lei gli mise
una mano sul petto, bloccandolo, senza permettergli di avvicinarsi ancora di
più.
<< Irina, ti
prego, dimmi cosa è successo >> disse Xander.
La ragazza non
rispose ancora, e il suo silenzio lo spaventò a morte. Lo sapeva, lo sapeva cosa era successo, e sperava solo che lei gli dicesse
che si era sbagliato, che non era quello che pensava lui… Sperava che quello
fosse solo un incubo, nient’altro.
<< Ti ha violentata, Irina? >>.
Le parole gli
uscirono dalla bocca inespressive, eppure così
pesanti. Qualcosa dentro di lui si spezzò, e Xander
provò per la prima volta il panico, il panico vero di
chi si trova in una situazione che non sa come gestire. Di chi non vuole
credere, ma che si trova di fronte la pura e dolorosa realtà.
Irina finalmente lo
guardò, gli occhi arrossati puntati nei suoi. Era
terrore quello che leggeva nel suo sguardo da cerbiatta, paura e vergogna. E
senza preavviso, scoppiò di nuovo a piangere.
Xander la tirò verso di
sé, incurante se lei volesse o meno abbracciarlo. Si
sentiva tremendamente in colpa, perché non aveva capito subito quello che le
succedeva. Le aveva chiesto troppo, fino a quel momento, e lei non gli aveva
voluto dire cosa stava pagando.
Perché? Perché non
gli aveva detto nulla? Perché era stata zitta?
Irina stava
smettendo di piangere, anche se il suo respiro rimaneva ancora irregolare. Lo
spinse delicatamente via, e si asciugò una lacrima con il dito. Xander le prese il mento e la guardò, per scrutarle il
volto. Aveva un segno rosso sul collo sottile.
<< Irina…
Perché…? >> mormorò, sconvolto.
La ragazza chiuse
gli occhi per un momento, poi trasse un respiro profondo, forse per non ettere alla sua voce di remare.
<< Xander, ti prego… Non dire niente >> sussurrò.
Lui rimase a
guardarla per qualche secondo, ma gli sembrava di avere il cervello spento. Non
riusciva a ragionare, a formulare un pensiero coerente.
“L’ha violentata… Quel figlio di puttana l’ha
violentata fino ad adesso, e io non lo sapevo…”.
Era l’unica frase
che gli rimbombava per la testa, che gli faceva capire
di essere ancora cosciente. Non c’era rabbia in lui, in quel momento, perché il
dolore era l’unica cosa che riusciva a provare. Dolore e
vergogna per non essersene accorto da solo, per non averci mai pensato.
<< Puoi
andartene >> disse Irina all’improvviso, riscuotendolo dai suoi pensieri.
Lo guardava, ancora seduta per terra, la schiena appoggiata al
muro freddo, perfettamente in sé, o almeno molto più di lui.
<< Non me ne
vado di qui senza di te >> ribatté Xander,
inginocchiandosi sul pavimento per rimettersi in piedi.
Iniziava a
riprendersi. Tornava a ragionare, a pensare coerentemente. Doveva farlo per
lei, perché se c’era qualcuno che aveva bisogno di aiuto, in quel momento, era
Irina, e lui doveva essere in grado di darglielo.
<< Xander… Vattene >>. La voce di Irina voleva essere
controllata, ma apparve solo esausta. << Non ho bisogno di te >>.
Quell’ultima frase diede il colpo finale all’autostima di Xander:
non aveva bisogno di lui… Non lo voleva più vedere… Come biasimarla? Era per
colpa sua se si era cacciata nei guai, per la sua stupida insistenza…
<< Gli ha
detto del tatuaggio, vero? >> domandò Irina, senza guardarlo.
<< Sì…
>>.
Irina sospirò.
<< Perché lo hai fatto? Ti avevo chiesto di non dirlo a nessuno…
>>. Sembrava solo molto delusa, ma non arrabbiata.
“L’ho fatto perché sono uno stupido… Perché volevo
dimostrargli che ti conosco meglio di lui… Ma non era vero”.
Si era comportato
come William: per poter dimostrare di essere legato a
Irina in qualche modo non si era curato della sua volontà. Lei sapeva cosa
significava quel tatuaggio nascosto che portava: era il marchio che lo
Scorpione aveva impresso su di lei per poterla controllare fino in fondo, per
fare in modo che solo lui possedesse Fenice, che nessun’altro
usasse il suo giocattolino senza che lui lo sapesse.
Per quello Irina gli aveva chiesto di non dirlo a
nessuno…
<< Sono stato
un’idiota >> disse Xander, << Non mi è
passato per la testa che… >>.
<< Non
importa >> lo interruppe Irina, continuando a tenere gli occhi inchiodati
al pavimento, << Non mi interessa… Avrei dovuto
dirti perché non volevo che nessuno sapesse… Va bene così… Va via, adesso
>>.
<< Stai bene?
>> domandò Xander, anche se era perfettamente
inutile. Non se ne sarebbe andato nemmeno se lo avesse minacciato: non sarebbe
stato stupido per due volte consecutive.
<< Sì, sto
bene >> rispose Irina, muovendosi leggermente come per allontanarsi.
Anche la sua era una frase fatta, una risposta
automatica che la sua bocca era abituata a dare.
<< Vuoi
uscire di qui, adesso? >> chiese Xander, dolcemente.
Irina non rispose,
ma tra le labbra le scappò un sospiro. Non stava bene, lo sapeva, perché lei
aveva la brutta abitudine di mentire, quando si trattava di sé
stessa.
<< Ti porto
in ospedale >> disse Xander, prendendola in
braccio.
<< No, sto
bene >> protestò Irina, ma non aveva la forza di opporsi. Si lasciò
trasportare fuori dal bagno, e qualche lacrima tornò a rigarle il viso. Gli
strinse la maglia con una mano, troppo esausta per tentare
la fuga.
Xander scese le scale e
attraversò l’ingresso, poi uscì fuori di casa e
raggiunse la BMW. Aprì la portiera e adagiò Irina sul sedile dell’auto.
<< Xander… >>.
<< Andrà
tutto bene, piccola >>.
Xander era seduto nella
sala d’aspetto, solo, lo sguardo che correva ogni due secondi alla porta
dell’ambulatorio. Sentiva l’infermiera a pochi metri da lui battere sulla
tastiera del pc, che ronzava nel silenzio della
stanza.
William era morto.
Si stava scavando da solo la fossa. Poteva accettare tutto: che la ricattasse,
che la spacciasse per la sua ragazza, che… anche che ci andasse a letto
assieme, ma non poteva accettare quello. Non poteva accettare che lui la
costringesse, che la usasse a proprio piacimento come una vera e propria
bambola.
Ci aveva pensato
centinaia di volte a quel particolare, roso dalla gelosia, ma mai aveva pensato
che lei non fosse d’accordo. Mai. Aveva sempre e solo sperato che non le
piacesse, per rendere il suo tormento meno doloroso, per potersi dire che non
c’era niente tra lei e lo Scorpione, che egoisticamente Irina aspettasse solo
lui. Non si era mai chiesto cosa ci fosse dietro quello strano rapporto, dietro
quel modo possessivo con cui William trattava la sua Fenice. E ora che lo
scopriva, ora che sapeva, si chiedeva perché Irina era stata zitta, perché non
gli aveva detto niente.
L’istinto, quell’istinto da cui si era lasciato guidare per tutta la vita,
gli diceva di alzarsi, raggiungere lo Scorpione e come minimo spezzargli
entrambe le mani. A tenerlo inchiodato lì c’era solo lei, Irina, dietro quella
porta bianca, l’unica cosa al mondo in grado di fargli perdere ogni certezza,
di mandargli in crisi l’istinto.
Nella vita aveva
visto tante cose, incontrato tante persone, ma mai qualcuno come lei. Nessuno
lo aveva mai fatto sentire così stupido, così in colpa, così… umano. Perché lui
era Alexander Went, agente dell’F.B.I.,
che non sbagliava mai, che non si lasciava prendere dalla situazione, che
sapeva sempre cosa si doveva fare, che seguiva l’istinto che gli indicava
sempre la strada giusta. Abituato ad avere tutto, ad avere il controllo della
situazione. Abituato a non commettere errori. Mai.
Con Irina, invece,
aveva sbagliato su tutti i fronti. Aveva fatto un errore all’inizio, quando
aveva deciso di avvicinarla, sperando nel suo aiuto, senza pensare, senza
immaginare, che cosa sarebbe diventata per lui. E poi, aveva sbagliato quando
aveva deciso, per una volta, di usare la testa e non l’istinto, sicuro che
aspettare fosse la cosa migliore. E ancora, aveva commesso l’errore di pensare
di sapere tutto di lei, di aver imparato a conoscerla,
a prevederla, ad amarla per quello che era: una semplice ragazza di vent’anni.
E adesso, mentre
aspettava seduto in quella fredda sala d’ospedale, aveva paura. Aveva paura che
quando Irina sarebbe uscita da quella porta bianca,
lui non fosse in grado di reggere quella vista. Aveva paura che tutti i
problemi che si trascinava dietro quella ragazza
potessero in qualche modo spegnere la scintilla che fino a quel momento aveva
arso dentro il suo cuore, che potessero spaventarlo a tal punto da fargli
smettere di amarla.
Perché lei? Perché proprio Irina, tra tutte le ragazze che aveva incontrato
nella sua vita? Perché non una qualsiasi, carina, semplice, normale? Perché non
una che passava il suo tempo a ridere con le amiche, a fare shopping in centro,
a vivere la sua perfetta e banale vita da ventenne? Perché proprio
Irina, una pilota clandestina, bella, dolce, pericolosa in quanto legata
allo Scorpione, gli aveva trafitto il cuore?
La risposta, per la
prima volta, non la sapeva. Non sapeva, non capiva perché aveva scelto Irina. O
forse la sapeva… Lo sapeva, ma aveva paura di dirlo.
Irina era unica…
Così unica da aver fatto perdere la testa a lui, a Challagher,
a Max e a chissà quanti altri. E lo era perché era umana, era fragile, era
indifesa. Era una ragazza che nonostante tutto, nonostante l’odio, la paura, la
tristezza, continuava ad amare, continuava a essere
quello che era. E cioè qualcosa che lui non poteva meritare, dopo quell’errore
madornale, dopo quella cazzata fatta per orgoglio.
Finalmente,
dopo un’ora e mezza di attesa, vide la porta bianca aprirsi lentamente. Il dottore, un
uomo di circa cinquantacinque anni, dai capelli neri brizzolati, gli fece cenno
di avvicinarsi. Xander si alzò e lo raggiunse.
<< Lei è?
>> domandò il medico, guardandolo da sopra gli occhiali cerchiati di
metallo.
<< Un amico
>> rispose Xander, evasivo.
Il dottore gli
rivolse un’occhiata perplessa, poi continuò con tono professionale: << La
ragazza ha subito una violenza sessuale, ma non le sto dicendo niente di nuovo,
immagino >>.
Xander annuì, impaziente.
<< Come sta?
>> domandò.
<<
Fisicamente posso dire che si riprenderà in fretta >> rispose il dottore,
<< Ha qualche escoriazione, ma l’abbiamo medicata. Psicologicamente è
abbastanza provata… Non è la prima volta che succede, a quanto pare. Dovrà
stare solo un po’ a riposo >>.
Xander sentì la rabbia
montare di nuovo, mentre il dottore lo fissava con aria minacciosa. Si schiarì
la voce e poi continuò: << Personalmente avrei
dovuto denunciare il fatto alla polizia, ma la ragazza mi ha pregato di non
farlo. Se però tornerà qui per lo stesso motivo, non esiterò
un momento a chiamare le autorità competenti >>.
Xander annuì. Aveva
parlato con un tono minaccioso, quasi pensasse che l’autore del fatto fosse
lui. Il medico lo salutò e tornò nell’ambulatorio. Un attimo dopo vide la porta
bianca riaprirsi e rimase immobile, pronto ad affrontare quel momento che
temeva tantissimo.
Irina fece
capolino, lo sguardo che vagò incerto per la sala d’aspetto e che poi si posò
su di lui. Gli occhi da cerbiatta scrutarono il suo volto, non più spenti, solo
stanchi. Il viso era tornato del suo colore naturale, le labbra rosee e morbide
come sempre. Si era aspettato di vederla diversa, invece era sempre uguale.
Sempre lei.
Chiudendosi
delicatamente la porta alle spalle, Irina fece un passo avanti e poi si fermò,
forse senza sapere bene cosa dire. Alla fine, stringendosi le manine, gli sorrise timidamente.
In un secondo,
tutte le paure che Xander aveva provato fino a quel momento
crollarono. Crollarono davanti a quel sorriso semplice, vero, intimidito. Sì,
era sempre Irina. I suoi occhi non avevano smesso di vederla come l’avevano
sempre vista fino ad ora. Tutto andò al suo posto, e
comprese perché il suo cuore avesse scelto lei.
L’aveva cercata per
venticinque anni, l’aveva cercata nei volti delle ragazze che aveva incontrato, nei loro occhi, nei loro sorrisi, nelle
loro parole. Era lei che voleva senza nemmeno sapere che la stava cercando. La
sua metà, la parte che mancava alla sua mente, al suo cuore, alla sua anima. La
ragazza che continuava a sorridergli, che era in grado di continuare a vivere
dopo quello che gli era successo. La ragazza che aveva
tanti volti, uno più bello dell’altro, e che lui aveva finalmente scoperto
tutti. La ragazza che lo faceva sentire debole e invincibile al tempo stesso.
Gli si avvicinò e
la strinse in un abbraccio, sentendo le sue manine poggiarsi sulla sua schiena.
Sospirò, e lei si lasciò cullare tra le sue braccia senza dire niente. Con sorpresa
Xander si accorse che sembrava fatta per combaciare
con il suo petto, che il suo corpo sottile fosse fatto per sfiorare il suo.
<< Possiamo
andare? >> chiese Irina da sopra la sua spalla.
<< Sì
>>.
Xander si staccò e le
mise un braccio intorno alle spalle, conducendola fuori dall’ospedale, fino
all’auto, senza dire niente, in un silenzio carico di domande e di
comprensione. Solo quando furono entrambi seduti dentro la BMW, Irina tornò a
parlare.
<< Non mi
porterai a casa mia, vero? >> domandò, e un piccolo sorriso le increspò
le labbra.
<< No
>>.
Irina trasse un
sospiro e non aggiunse niente. Xander mise in moto
l’auto e uscì lentamente dal parcheggio. Aveva mille domande da farle, mille
cose da chiederle, ma qualcosa gli diceva che era meglio stare zitto, per una
volta. Ogni dieci secondi le gettava un’occhiata
furtiva, come se da un momento all’altro potesse sparire.
Sentì
improvvisamente il cellulare nella sua tasca squillare, e lo tirò fuori
rapidamente.
Guardò il display: era Maximilian.
<< E’ il tuo
amico meccanico >> disse, guardandola per un momento.
<< Non dirgli
niente >> soffiò Irina, spaventata.
Xander rispose, tenendo
l’altra mano sul volante.
<< L’hai
trovata? >> chiese Max, preoccupato, << Ti ho chiamato quattro
volte… >>.
<< Sì,
scusami, stavamo parlando >> rispose Xander,
cercando di sembrare tranquillo, << Non ho
sentito il cellulare squillare >>.
<< Dov’era?
>>.
Xander cercò una scusa.
<< In spiaggia >>.
<< Ah… Cos’è successo? Perché non rispondeva al telefono? >>.
Xander guardò con la coda
dell’occhio Irina, che stava con il volto rivolto verso il finestrino chiuso.
<< Ha… Ha
litigato con suo padre >> mentì Xander,
<< E’ uscita di casa senza portarsi via niente >>.
<< Ha
litigato con suo padre? >> ripeté il meccanico, << Sta bene?
>>.
Di fronte a quella
domanda, Xander non se la sentiva di mentire di
nuovo. E oltretutto, sapere che nemmeno il migliore amico di Irina era al corrente di che cosa le faceva Challagher
lo imbestialiva.
<< Senti, è
qui con me. Te la passo >>.
Diede il telefono a
Irina e si concentrò sulla strada, cercando di controllare la rabbia. Max
conosceva Irina da più di due anni, sapeva che fingeva di stare con lo
Scorpione… Non gli era mai passato per la testa che potesse esserci qualcosa di
strano? Non si era mai accorto di niente?
<< Sì, sto
bene Max >> disse Irina, la voce stanca, << Scusa se non ho
risposto… No, non ho voglia di parlarne adesso. Lascia
perdere, ok? Sto bene, c’è Xander… D’accordo,
ci vediamo >>.
Gli ripassò il
cellulare, e lui parcheggiò l’auto davanti a casa. La luce del soggiorno era
accesa, quindi Jess doveva essere ancora sveglio. Non
era poi molto tardi, in effetti.
<< Xander… >> lo chiamò Irina, guardando le finestre
illuminate, << Voglio andare a casa mia… Non serve che… >>.
<< Non serve
tornare a casa tua, se non sei al sicuro >> ribatté Xander,
<< Dov’era tuo padre, a proposito? A ubriacarsi da qualche parte?
>>.
Negli occhi di
Irina passò un’ombra di dolore, abbassò la testa e rispose: << Non voglio parlarne, Xander. E
comunque, non mi succederà niente >>.
<< Non vuoi
parlarne?! >> sbottò Xander,
<< Non ti succederà niente?! Irina, non puoi
fare finta che non sia successo niente! Quel figlio di puttana ti ha… ti ha…
>>. Non riuscì a finire il resto della frase, le parole gli si impigliarono in gola.
<< Ho sempre
fatto finta di niente >> replicò Irina, la voce ferma ma bassa, <<
Non serve piangermi addosso… E comunque, non voglio parlarne ora… >>.
Xander la fissò. Perché
si ostinava a far finta di niente? Perché voleva
tenersi tutto dentro?
<< Dov’era
tuo padre, Irina? >> domandò di nuovo.
Lei si voltò.
<< Non chiedermelo… Non voglio parlarne, chiaro? >>.
<< Irina…
Cristo Santo, ma perché ti chiudi sempre su te stessa? >>. Xander aggirò l’auto e la raggiunse, << Perché non me
lo hai detto? Perché non lo hai detto a nessuno? >>.
A quel punto la
ragazza si voltò, gli occhi velati di lacrime. Era
provata, lo vedeva… Forse non era il momento adatto per tormentarla…
<< Ti prego, Xander, non adesso >>
soffiò.
Lui sospirò, ma
alla fine cedette. << Va bene, Irina, entra in casa, allora >>.
Jess li guardò entrare,
e probabilmente intuì che qualcosa non andava, perché non fece domande. Li
salutò entrambi e poi andò a dormire, stranamente silenzioso.
<< Ti lascio
la stanza per gli ospiti >> disse Xander,
conducendo Irina al piano di sopra, << Ti serve qualcosa? >>.
La ragazza fece
cenno di no con la testa.
La camera era
ampia, con un bel letto a due piazze e gli armadi di legno scuro. Irina guardò
la stanza, poi raggiunse la finestra.
<< Mettiti a
dormire >> disse lui, e fece per uscire.
<< Xander… Aspetta >> Irina lo guardò negli occhi,
seria. << Per favore… Non fare niente. Non… Non andare da William
>>.
Gli aveva letto nel
pensiero.
<< Perché non
dovrei? >> domandò lui.
<< Perché non
serve. Metti solo a rischio la tua missione. Ti ricordi cosa ti ho chiesto,
vero? >>.
Di arrestare Challagher… Ma lui non voleva più arrestarlo… Voleva ammazzarlo, fargli patire la stessa cosa che aveva
patito lei…
<< Io…
>>.
<< Per
favore, Xander >> scandì lei, seria.
<< Va bene.
Però adesso dormi, ok? >> disse lui, uscendo
dalla stanza ma lasciando la porta aperta.
Scese in cucina,
senza sapere bene il perché. Di sicuro non sarebbe riuscito a dormire, e
nemmeno a sostenere una conversazione con Jess, che
per fortuna se n’era andato a letto. Gli tremavano le mani al solo pensiero di
quello che era successo.
<< Figlio di
puttana… >> mormorò, << Bastardo… Se mi capiti tra le mani, ti
uccido… >>.
Camminò avanti e
indietro, il sangue alla testa, furioso. Doveva fare qualcosa, non poteva stare
fermo lì. Non poteva lasciar correre tutto.
La pistola nella
tasca era pesante, quasi per ricordargli che poteva e voleva usarla. L’ordine
era arrestarlo… Forse non poteva ucciderlo, ma ridurlo a pezzi…
Chi lo avrebbe
fermato? Nessuno. Jess dormiva; Irina forse ancora
no, ma non avrebbe comunque avuto la forza per impedirgli di andare… Conosceva
il luogo dove stava Challagher,
bastava entrare a casa sua e regolare i conti, una volta per tutte…
Sapeva che lo
Scorpione non era mai da solo, sapeva che rischiava la pelle, ma non gli
interessava in quel momento. Trovava assurdo rimanere fermo lì, accettare la
cosa in silenzio.
Allora perché non
riusciva a muoversi? Perché rimaneva inchiodato lì?
“Non… Non andare da
William”. Era stata Irina a chiederglielo, e non riusciva a non esaudire la sua
richiesta.
<< D’accordo,
non ci vado… >> sussurrò Xander, appoggiando le
mani sul tavolo, il capo chino.
Però c’era un'altra
cosa, che non era ancora riuscito a chiarire. Dov’era
il padre di Irina? Dov’era quel bastardo che non faceva niente dalla mattina
alla sera, che viveva alle spalle di sua figlia?
Afferrò le chiavi
della BMW e uscì di casa. Venti minuti dopo era
davanti a casa di Irina, credendo di trovarla vuota. Invece la finestra del
soggiorno era accesa.
Bussò alla porta, e
ad aprirgli venne uno dei fratelli di Irina, Harry. Lo guardò e sul volto gli
si dipinse un’espressione di terrore.
<< Dov’è tuo
padre? >> chiese Xander, gelido.
<< Perché… ?
>> borbottò Harry.
<< Senti, non
ho alcuna voglia di discutere >> disse Xander,
minaccioso, << O mi dici dov’è, o avrai bisogno
di una plastica >>.
<< Non lo so
dov’è! >> rispose in fretta Harry, << Forse… Forse è al bar, quello
sulla 5° strada… Non lo so, non lo vedo da ieri! >>.
Xander gli voltò le
spalle e risalì in auto, diretto sulla 5° strada. Stringeva il volante tanto
che le nocche gli erano diventate bianche, e fissava la strada deserta. Poi lo
vide, seduto su una panchina, nel cono di luce di un lampione. Sembrava
stranamente assente, perso nei suoi pensieri.
Fermò l’auto in
mezzo alla strada sgombra, vicino al marciapiede, poi scese. Vide Todd
adocchiarlo, sempre nel suo stato di trance. Molto probabilmente era ubriaco.
Con passo marziale Xander raggiunse il padre di Irina, senza sapere bene cosa
volesse fare. Lo fissò dall’alto in basso, gli occhi
che dardeggiavano. Fosse stato per lui, lo avrebbe sbattuto in prigione
buttando via la chiave, dopo averlo riempito di botte senza tanti complimenti. Ma Irina non glielo avrebbe mai perdonato.
Todd rimaneva
zitto, ma c’era qualcosa di strano nella sua espressione. Qualcosa che non
poteva essere dovuto all’alcool.
<< E’ tua
figlia, cazzo >> disse Xander, << Irina è
tua figlia… Sei suo padre, idiota >>.
Todd lo fissò, e un
lampo di comprensione passò nei suoi occhi scuri e piccoli quanto il suo
cervello bruciato dall’alcool.
<< Come…?
>> biascicò, senza finire la frase.
<< Ho fatto
il test del DNA >> rispose Xander, gelido,
<< Sei suo padre, figlio di puttana… >>.
Si voltò di scatto
e tornò alla macchina, troppo infuriato per poter
sperare di resistere ancora. Risalì in auto e vagò per mezz’ora lungo le strade
buie e vuote di Los Angeles, senza sapere dove andare
né cosa fare per calmarsi. Alla fine svoltò a destra e si diresse verso casa,
preoccupato. Irina aveva bisogno di lui.
Parcheggiata l’auto
nel vialetto, risalì di corsa le scale, ma la sua paura era infondata. Irina
era ancora lì, sveglia, nella camera dove l’aveva
lasciata.
<< Xander! >> gridò, e il suo tono era angosciato.
<< Dove sei andato? >>.
<< In giro…
>> rispose evasivo lui, notando quanto fosse preoccupata. << Non
dormi? >>.
<< Ti ho
visto uscire… >> mormorò lei, << Avevo paura che… >>.
<< Non sono
andato da Challagher >> disse Xander, << Mi avevi chiesto
di non farlo. Non l’ho fatto, per quanto mi costi. Ti serve qualcosa? >>.
Irina scosse il
capo e si sedette sul letto. << E’ tardi, dovresti andare a dormire anche
tu >> disse dolcemente.
<< Non ci
riesco >>.
La ragazza gli sorrise. C’era qualcosa che Xander
voleva fare, che aveva bisogno di fare per poter
riguadagnare un po’ di calma, ma che aveva paura di chiedere. Forse era
infantile, stupido, ma era qualcosa che lo avrebbe reso un po’ più tranquillo.
<< Irina…
Lasciami dormire con te >> disse tutto d’un
fiato, sperando di non spaventarla.
La ragazza lo
guardò, gli occhi da cerbiatta che vagarono sul suo viso in cerca di qualcosa.
Alla fine sorrise timidamente.
<< Hai paura
che scappi? >> domandò.
“Se questo è un incubo, voglio svegliarmi accanto a te…
Non voglio provare di nuovo quell’orribile sensazione
di averti perso…”.
Davanti al suo
silenzio, Irina si scostò leggermente dal letto e disse a bassa voce: <<
Va bene, Xander… Rimani, se vuoi >>.
Aveva capito che
era più sconvolto di lei. Xander sparì per qualche
minuto e andò in camera sua per infilarsi la prima tuta da ginnastica che trovò
nell’armadio, poi tornò da Irina. Era sdraiata a pancia in su
sul letto, che guardava il soffitto, la luce della lampada sul comodino che le
illuminava il volto. Era strano a dirlo, ma sembrava più calma di lui, come se
non le fosse mai successo niente. Si era allenata bene a fare finta di niente.
<< ‘Notte Xander >> disse
solo, mentre lui occupava il posto alla sua sinistra.
<<
Buonanotte, piccola >>.
Lei spense la luce,
e piombarono nel buio. Xander udiva il respiro
regolare di Irina al suo fianco, e si sentì stranamente meglio. Riuscì però a cogliere la stranezza di quella situazione.
Fino a poche ore
prima, avrebbe pagato oro per ritrovarsi nello stesso letto insieme
a Irina; adesso avrebbe preferito trovarsi a chilometri di distanza da
lei, ma saperla al sicuro e tutta intera.
Sentì una mano
muoversi vicino alla sua, le dita di Irina sfiorare delicatamente le sue.
<< Xander? >> sussurrò lei, senza muoversi.
<< Cosa c’è?
>>.
<< Grazie…
per stasera. Grazie per non essere andato da William, e per…
avermi fatto compagnia >>.
Xander le strinse la
mano, sentendo le sue dita sottili intrecciarsi con le sue. Era la cosa più
bella che avesse mai provato fino ad allora, meglio di
quel bacio che le aveva rubato a Las Vegas, di cui conservava ancora il sapore
sulle labbra; meglio di quell’abbraccio nella sala d’aspetto dell’ospedale,
quando aveva capito che finalmente l’aveva trovata e non l’avrebbe mai persa.
<< Dormi,
piccola. Domani ci sarà tempo per parlare >>.
Xander si svegliò di
soprassalto, la luce che filtrava tra le imposte delle finestre che illuminava
la stanza. Guardò istintivamente a destra, ma il letto era vuoto. Irina non
c’era.
L’orologio segnava
le 13.00 quando lui scese in cucina, credendo di trovarla lì. Ma l’unica persona che trovò fu Jess,
seduto in soggiorno davanti al pc.
<< Dov’è
Irina? >> domandò Xander.
<< E’ andata
via stamattina >> rispose Jess, tranquillo.
<< Come?
>>.
<< Si è
svegliata presto ed è andata via >> rispose Jess,
<< Ti ha lasciato una cosa, però. E’ sul tavolo
della cucina >>.
Xander tornò in cucina, e
sul tavolo trovò un piatto con una bella torta dall’aspetto squisito. C’era un
foglietto ripiegato, che prese subito.
“Torta al cocco… Mi sembrava di aver capito
che ti piacesse, vero? Grazie per ieri
sera… Non preoccuparti per me, sto bene. Scusami se non ti ho svegliato per
salutarti, ma mi sembravi stanco…
Un bacio.
Irina”.
Xander fissò il
foglietto, poi guardò la torta con un sorriso triste. Era scappata di nuovo… Per non dover affrontare il discorso, per non
dover rispondere alle sue domande, per continuare a fare finta che non fosse
successo niente. Che fosse solo tutto un incubo che la perseguitava di notte,
come lui aveva visto. Ma era tutto vero, e continuare
a fuggire non serviva a niente.
Spazio Autrice
Fiuuuhh… E anche questo è
fatto. I capitoli più “deprimenti”, e quelli che temevo di più, sono andati… Da
adesso in poi, niente più segreti tra i nostri due eroi, il che contribuirà ad
avvicinarli decisamente di più. Come si è visto, Xander ha avuto una sorta di crisi mistica, che gli ha
fatto capire che nemmeno lui è perfetto, che compie degli errori come tutte le
persone normali. Ha peccato di orgoglio, volendo dimostrare quanto conosceva di
Irina, e lei ci è andata di mezzo: il suo primo obiettivo era proprio di
proteggerla, e invece ha contribuito a fargli del male. E’ la prima volta che
commette un errore così madornale, e deve fare i conti con il senso di colpa.
Quanto a Irina, nel
prossimo cap si capirà meglio
cosa pensa lei, ma è chiaro che se Xander vuole
indagare sulla faccenda, lei invece desidera sorvolare. Anche lei dovrà fare i
conti con una crisi interiore abbastanza forte.
Bene, non mi resta
che ringraziare tutti coloro che leggono e che
commentano. Un bacio enorme a tutti quanti, e sappiate che se ci riesco magari domenica aggiorno già, se non
lunedì!