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Autore: ele_lele    03/10/2009    5 recensioni
Ricordi come foglie frementi al vento erano ormai. Nulla più. Foglie gialle che cadevano inevitabilmente a terra e un momento prima di posarsi al suolo incantavano chiunque le guardasse in una danza mortale e ipnotica. Come lei. Hermione Granger, nonostante il tempo passato, era sempre la stessa. Così come Kensington Gardens. E quella statua di Peter Pan che sembrava sapere della magia che aleggiava nell’aria…
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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bugiarda La luce tenue della mattina passava appena tra le fronde degli alberi, arrivando fioca fino all’erba verdissima.
Quei pochi raggi che riuscivano a oltrepassare l’intricata trama del verde fogliame, andavano a perdersi in angoli bui, o sulle scure cortecce dei pioppi e dei ciliegi, creando così, complicati disegni impossibili da descrivere, e nei quali si poteva, con un po’ di immaginazione vedere di tutto: da cavalli volanti a asini a pois, panini col bacon e pomodori o cappelli di fate turchine.
Sul dolcissimo verde dei prati Inglesi, spiccavano solo il marrone scuro di una panchina e il grigio della catena con la quale era saldamente fissata a terra attraverso un blocco di cemento.
La sicurezza prima di tutto, era il motto del comune.
Anche se forse, osservando meglio, non erano servite neppure le schiere di bobbies inglesi sguinzagliate ogni notte per impedire atti di vandalismo e crimini vari a fermare le tipiche bravate da giovani.
Solo qualche metro dalla prima panchina, che stonava così palesemente col verde dell’erba, quello che rimaneva di un pezzo di cemento era ben visibile.
Detriti.
Pur di impossessarsi della panchina, quei ladruncoli da strapazzo, non si erano fermati davanti alla catena e neppure davanti al blocco di cemento che ancorava le panchine a terra.
Una grossa crepa, minacciava di cedere da un momento all’altro e di tramutare un pezzo di cemento relativamente grosso rispetto a quello che doveva essere l’originario, in briciole sulla strada.
Inammissibile.
Sarebbe stato inammissibile.
Una pecca imperdonabile, una stoccata alla precisione e alla perfezione Inglese.
Uno sbuffo divertito si levò da un punto indefinito del prato, all’ombra di quella che doveva essere una quercia piccola o un grosso, ma davvero grosso pioppo.
I raggi del sole, lentamente, erano cresciuti di vigore e erano riusciti a spingersi sempre più in profondità, riducendo le zone oscure con una velocità disarmante e arrivando a illuminare un altro pezzo di prato.
Non solo verde.
Un elegante merletto bianco.
Organza.
Un bianco vestito d’organza era mollemente adagiato sul prato, forse fin troppo elegantemente, per poterlo definire casuale.
Tutto sembrava studiato.
La grossa spallina sinistra dell’abito che era scivolata in basso, lasciando scoperta una parte tenera della spalla, fin troppo sensibile ai baci e al vento; le gambe lunghe e affusolate accavallate quasi distrattamente ma che non lasciavano intravedere nulla; il merletto dell’abito che quando il vento riprendeva a soffiare, implacabile, le si alzava appena, lasciando scoperta una bella dose della sua tornita coscia, ma quella visione, chissà come, risultava quasi lirica e affatto volgare.
Una dea venuta dal Cielo.
Un angelo caduto chissà come sulla Terra.
I capelli, color ambra, le ricadevano in morbidi riccioli sulle spalle eleganti, da ballerina, e sfioravano sensualmente il suo elegante collo da cigno; il capo leggermente inclinato, sembrava non vedere neppure l’originale stratagemma trovato dal sindaco, che, tronfio come un pavone, solo poche settimane prima aveva reso partecipi i cittadini del suo nuovo colpo di genio: una divisione di cemento tra strada e parco. “Giusto per non far sentire troppo il rumore delle macchine a coloro che passeggiano beati nel verde di Kensington Gardens.” aveva spiegato orgoglioso.
Ma lei non sembrava neppure vedere la nuova creazione artistica, che sicuramente era costata un occhio della testa.
Un occhio e tre denti, per la precisione.
No, il suo sguardo andò oltre la palizzata a forma di pastelli, colori a cera, scatole piene dalle quali uscivano pennarelli multicolori, block notes stravaganti.
Il suo sguardo andò a un anno prima, quando aveva preso la sua decisione.
O non l’aveva presa, che in realtà era forse la stessa cosa…



Remember the feelings, remember the day



Quel maledetto giorno di fine primavera era fin troppo simile a quello che stava rivivendo.
Anche allora il sole si era fatto attendere, desideroso di essere acclamato unanimemente.



My stone heart was breaking



Anche quel giorno, come allora, era sotto un albero.
Un salice, per la precisione.
Ricordava quel giorno nella memoria come se fosse stato impresso a fuoco sulla sua pelle candida.




-Allora?- il suo tono era freddo, duro, calcolatore.
Faceva male solo a sentirlo.
-Allora cosa?- quella risposta così sostenuta non sarebbe potuta arrivare che da lei.
La Gryffindor per eccellenza, la regina delle regine, l’incarnazione in persona dell’Orgoglio.
Il caro vecchio Godric, che il Diavolo dannasse la sua miserrima anima per il resto dell’eternità, sarebbe stato fiero di lei.
In quegli occhi si poteva leggere forza.
L’orgoglio del Grifone, incarnato in ognuno di loro, bruciava ardente.
Ammaliava solo a guardarla.
Quelle fiamme che danzavano nei suoi occhi avrebbero potuto stregarlo per l’eternità, se solo non l’avessero fatto tempo addietro.
Diceva di essere il suo padrone, ma non era che il suo schiavo; si vantava di essere lui a torturarla, ma la verità era che era stata lei a mettere lui al ceppo.
In ginocchio.
E lui l’aveva fatto, ben felice di avere lei come carceriera.
Ma nonostante tutto, non poteva permettersi il lusso di essere prigioniero.
Con ancora le catene ai polsi, non riuscì a frenare il fiume di parole che aveva in gola.
-Esigo un risposta, Mezzosangue. E subito-
-Non ne ho di risposte-
-Strano. Eppure ero pronto a giurare che a te la parola non mancava mai. Tranne quando era il sottoscritto a zittirti, ovviamente…-
-Stai giocando con il fuoco- un avvertimento che sapeva tanto di ultimatum.
I denti stretti e i tratti dolci del viso improvvisamente induriti per l’incresciosa situazione in cui l’aveva gettata.
L’aveva messa con le spalle al muro.
O sei con me o contro di me, aveva detto.
-Davvero?-
-Davvero.- fredda come lui.
Glaciale.
Anche il vecchio Salazar l’avrebbe amata.
Ovviamente, discendenza e sangue a parte…
Lui aveva stretto pericolosamente gli occhi, e l’aveva freddata con quel suo sguardo di ghiaccio.
-Voglio una risposta Granger. E la voglio ora-
-Si Caposcuola Malfoy- aveva detto il suo cognome come se avesse appena sputato via il veleno da una ferita infetta.
Era lui il suo veleno.
La sua ferita infetta.
Lui, quel male senza cura, quella speranza di morte certa, quella fine tra le fiamme dell’Inferno.
Eppure… avrebbe accettato tutto volentieri se lui fosse stato al suo fianco.
Anche Voldemort in persona.
Forse l’avrebbe guardato in volto, superba e altera come sempre, Regina sdegnosa dei Purosangue e dei codardi, portatrice dello stendardo dell’Orgoglio Grifondoro, e l’avrebbe sfidato a duello, pur conscia della sua morte certa.
Ma non si sarebbe tirata indietro.
No, questo no.
Mai.
-Vuoi una risposta?- crudele il suo tono, come le sue parole.
Per un attimo ebbe paura.
Il tono sembrava folle come quello di sua zia Bellatrix, canzonatorio e irriverente.
-Harry- fu l’unica parola.
La parola che segnò la fine.



My love ran away



Io scelgo Harry.




Calde lacrime le rigavano le rosee gote, arrossandole.
Forse non era stata una buona idea tornare in un parco, proprio quel giorno.
Magari avrebbe fatto meglio a starsene a casa, a leggere un buon libro.
Magari anche con una buona tazza di tea al gelsomino.
Ma aveva sentito un bisogno quasi impellente di uscire, di tornare in un luogo che le riportasse alla memoria quel momento mai davvero dimenticato.
Quel dolore la faceva sentire viva.
Viva come non si sentiva da un anno.




Vide il suo volto irrigidirsi.
Sentiva ancora il nome del suo migliore amico riecheggiare nell’aria.
…Harry…
Caro, dolce, amato Harry.
Harry che c’era sempre stato, che aveva asciugato fin troppe volte le sue lacrime, che aveva sopportato pazientemente tutte le sue crisi isteriche prima dei compiti in classe di Trasfigurazione.
Harry a cui aveva dato il primo bacio, il ragazzo goffo e impacciato con il quale aveva fatto per la prima volta l’amore.
Harry che le aveva stregato il cuore e che lei, troppo innamorata, o forse troppo poco, aveva deciso di lasciare.
Harry che aveva gridato come un pazzo, rompendo ogni oggetto gli capitasse sotto mano, quando aveva saputo di lei e Malfoy.
E che poi, per amor suo e della loro amicizia, si era davvero sforzato di tentare di accettare la decisione di quella che ormai era solo la sua migliore amica.
Ma che non ci era riuscito.
…Harry…
Peggio di una stilettata nel cuore.
Anzi, forse una pugnalata alle spalle avrebbe fatto meno male.
Io…
Lei aveva mentito, mentito su tutto.
Il loro amore, i loro baci, le loro promesse…per lei valeva tutto meno di niente.
Quelle labbra così perfette, avevano partorito tutti quegli inganni, quelle promesse da marinaio, quei giuramenti menzogneri a cui lui aveva creduto ciecamente, fidandosi completamente di lei.
… scelgo…
Bugiarda.

Con le sue fattezze da Madonna e i suoi modi da meretrice, attrice disillusa, consumata ormai da quel suo teatrino ormai trito e ritrito, e quelle scenette che chissà da quanto tempo ripeteva, prendendosi gioco dell’ingenuo di turno e beffandosi allegramente di lui come se nulla fosse.
…Harry.



This moments I knew I would be someone else



Era solo un gioco per lei, si ripeté.
Solo un gioco.




Un’altra lacrima, cadde silenziosa sul pregiato abitino bianco, impregnandolo di sale.
Sale di lacrime.
Quelle preziose stille cadevano dai suoi occhi come pioggia in un temporale estivo.
Fin troppo copiose.
Inarrestabili.
C’erano troppi “se” e troppi “ma” nella loro storia.
Provò a ripetersi ancora una volta, anche se a distanza di una anno, che aveva fatto la scelta giusta, ma ormai non le riusciva più di credere neppure alle sue stesse menzogne.
Attrice consumata e disillusa.
Le mancavano i suoi baci, la sua pelle fremeva al vento in attesa delle sue forti braccia che la stringessero quando meno se l’aspettava, la bocca leggermente socchiusa in attesa di un bacio che ormai sapeva non sarebbe più arrivato.
“Noi Malfoy non diamo seconde opportunità”, le aveva detto una volta, duro.
E lei si era bruciata la sua.





Fece un passo, e poi un altro, e un altro ancora, fino a quando tra i loro visi non ci furono che pochi centimetri di distanza.
Sapeva cosa sarebbe successo di lì a poco.
L’avrebbe baciata.
E quel bacio non avrebbe avuto proprio niente di casto.
Da una parte di quel bacio di nascondevano labirinti di seta rossa, dolce, morbida e letale.
Dall’altra c’era del soffocante velluto carminio, soffocante, che ricopriva scale sinistre che portavano a segrete sotterranee, lugubri e glaciali, piene di segreti e di inganni.
Di menzogne.
Menzogne come la sua.
Io scelgo Harry.
Tuttavia non la baciò; si limitò a poggiale una mano sulla guancia, e a sfiorarle la bocca con la sua, in quello che non era neppure un bacio.
Ma un addio.




Sorrideva, La Serpe, sorrideva beata.
E più tentava di non scoppiare a ridere, più le sue labbra di distorcevano in quel ghigno che l’aveva fatta innamorare.
Inconsciamente, si ritrovò a sorridere ancora di più.
-Allora, come dire, “Buona fortuna” Mezzosangue-
Il ghigno sulle sue labbra perfette era semplicemente qualcosa di sublime.
Riprese subito le distanze, senza tuttavia rompere quel contatto così intimo e al tempo stesso così formale, osservandola come se fosse stato una razza in via d’estinzione.



My love turned around and I fell



Era decisamente inutile illudersi.
Stava male.
Anzi no, non stava male, stava uno schifo.
Letteralmente e non solo.
Aveva la nausea, il mal di testa e il magone.
Voleva quello che aveva perso.
Tutto quello che aveva perso.
Lui per primo.




Se non fosse stato Draco Malfoy e lei non ne fosse stata ancora così terribilmente e irrimediabilmente innamorata, forse sarebbe successo il finimondo.
Fatta sta che lui era Draco Malfoy e lei, nonostante quello che andava in giro a blaterare ai quattro venti, ovvero che non lo sopportava, era stracotta di lui.
Con un incedere lento e deciso, l’aria altezzosa e il portamento fiero, le si avvicinò ricordandole tanto il modo di cacciare di un gatto.
Puntava la preda, la scrutava, era paziente, l’aspettava, e poi si lanciava all’attacco.
E difficilmente la sua preda poteva riflettere sulla sua fortuna sfacciata per essergli appena sfuggita.
Primo, perché lo sanno tutti che i topi pensano solo allo stretto indispensabile: cibo, cibo e ancora cibo.
Bastava pensare a quel lurido traditore di Crosta, e l’esempio era palese.
Anche se forse lui non valeva poi molto come modello di topo…
E poi perché davvero pochi hanno la fortuna di rivedere un’altra alba e un altro tramonto dopo che hanno incontrato un gatto.
Si ritrovò a sospirare senza neppure essersene resa conto.
E quando meno se l’aspettava, lui la baciò a tradimento.



Be my bad boy, be my man
Be my week-end lover
But don't be my friend





Uno scoiattolo attraversò in quel momento il prato e l’osservò curioso.
Poi, conscio che l’umana in questione, che lui stava curiosamente studiando, lo fissava, scappò veloce dietro un tronco, per tornare poi timidamente a fare capolino, prima di sparire nuovamente dietro un cespuglio.
Mosse appena i piedi, giusto per cambiare posizione e per fingere di non essere di marmo.
Ma ormai che importanza aveva?
Perché fingere di essere felice, quando in realtà aveva solo voglia di piangere e urlare?
Perché fingere che le importasse ancora qualcosa all’infuori di lui?
Decise di camminare ancora un po’ e si alzò senza avere una meta precisa.
Adorava Londra in quel periodo.
Il sole si faceva desiderare a lungo, prima di comparire per brevi istanti, facendo timidamente capolino dietro a bianchissime nuvole che davano l’idea di essere soffici come panna montata o zucchero filato.
Per poi scomparire nuovamente altrettanto timidamente dietro a nubi ancora più grandi, e lasciando tutti insoddisfatti e ancora vogliosi di lui.
Forse sapeva le regole base dell’Ars Amandi, pensò sarcastica.
Mai offrirsi completamente.
Chissà come, i suoi piedi la portarono dall’ingresso del parco, in Bayswater Road, verso la The Serpentine, il corso d’acqua, facendola passare per un grande slargo dove si ergevano elegantemente quattro fontane, che creavano splendidi giochi d’acqua.
Ma c’era gente.
Troppa per i suoi gusti, e decise di proseguire il suo cammino.




Fu un bacio violento e gentile al tempo stesso, lui la teneva prepotentemente per la vita con in suo braccio destro e con il sinistro giocherellava distrattamente con i suoi riccioli ribelli.
Poi, quando lei rispose al bacio, allentò un po’ la presa, e si fece più dolce.
Un tenero amante.
Gli gettò senza accorgersene le braccia al collo, e prima di avvicinarsi nuovamente alle sue labbra sussurrò piano –Tra noi è finita-
Un cenno del capo, a dimostrazione che lui aveva sentito.
E poi quelle parole, così piene d’ironia da risultare palesemente provocatorie e irrisorie.
-Ma naturalmente…-



You can be my bad boy
But understand
That I don't need you in my life again




Un altro bacio, un’altra promessa menzognera pronunciata da quelle labbra traditrici.
Bugiarde come lei.
Così stucchevole nella sua precisa e perfetta meticolosità da risultare quasi maniacale, oltre che oltremodo snervante.
Labbra morbide e docili, che sapevano mordere e farsi mordere, baciare e farsi baciare.
E rispondere al bacio con un ardore e una passione che non potevano essere solo semplice e mera attrattiva fisica.



Won't you be my bad boy, be my man




Perché l’aveva fatto?
Ultimamente se lo chiedeva spesso, anche se non era ancora mai riuscita a trovare una risposta adeguata.
Adeguatamente vera.
Io Scelgo Harry.
Bugiarda.

Quello sguardo d’argento non l’avrebbe mai scordato.
Il tocco leggero delle sue dita sulla sua pelle, il sapore dei suoi baci al tabacco, i suoi capelli lisci come seta al tatto, il ruvido sfregare della ricrescita della sua barba contro la sua pelle delicata…
Eppure l’aveva lasciato andare.
Hermione Granger sei una bugiarda.
Glielo aveva letto negli occhi.
Bugiarda.
La peggiore delle accuse.
Lei era una bugiarda.
Lui lo sapeva, glielo aveva detto chiaramente.
Bugiarda.
Ma lei non l’accettava.
Non fosse mai che la dolce pupilla di Godric Gryffindor andasse contro il grande insegnamento che il fondatore di quella casa di babbei che si credevano i nuovi eroi del mondo aveva loro lasciato: siate coraggiosi, incoscienti ma coraggiosi.
E poi chissene importa se nella battaglia in cui vi siete lanciati perdete un occhio, un braccio, una gamba o la vita.
Combattete da veri Grifondoro.
Coraggio da Leoni, orgoglio da Grifoni.
La stupidità, evidentemente, doveva essere un’altra loro caratteristica fondamentale.
Ecco perché Draco era finito tra le Serpi fredde e calcolatrici come lui, rifletté.
Non era stupido.
Codardo si, ma stupido proprio no…




-Voglio un motivo valido Mezzosangue, o non ti lascerò mai andare. Tu sei mia, non dello Sfregiato…-
-E se ti dicessi che io amo Harry?-
-Ti risponderei nell’unico modo possibile…- disse con una semplicità quasi disarmante -…Bugiarda…-
-Non puoi sapere la verità. Noi siamo stati bene insieme. Ce lo dicevano tutti…-
-Tutti chi?- l’interruppe brusco lui –i Grifoscemi come voi? I grandi eroi del domani? Oh, bhè, permettimi, ma la cosa non mi tocca poi così tanto. E poi dici sempre di fregartene del parere degli altri. Non sei molto coerente, lo sai?-
-Ma come ti permetti? Io tengo ai miei amici!-
-Amici che ti hanno voltato le spalle quando hanno saputo che noi due stavamo insieme? Begli amici, Mezzosangue. Begli amici davvero…- sibilò ironico al suo orecchio.
-Perché non capisci? Io stavo male, sto male, senza di loro!-
-E allora lasci me per loro?-
-Nooo! Non è così! Solo che non posso continuare in questo modo-
-In questo modo , come, esattamente?-
-Lo sai. I loro sguardi pieni di rimproveri, il loro disprezzo, le frecciatine che mi rivolgono. E tu. Tu che non mi dai tregua, con le tue assurde idee, prive di ogni fondamento…-
-Adesso basta. O me o loro. Niente vie di mezzo, niente compromessi- duro come sempre.
Come un vero Malfoy.
Un sospiro che parve costare la quintessenza della pazienza, gli occhi chiusi, come a volersi preservare ancora un poco dal dolore che le avrebbe causato la sua stessa risposta.
Loro.
Era fin troppo palese.
Loro.
Io…
Avrebbe potuto indire una gara di sospiri e di sicuro sarebbe arrivata prima.
…scelgo…
Volendo avrebbe anche potuto scommettere dei soldi, magari molti galeoni, e sarebbe diventata di sicuro stra-ricca.
…Harry.
Nessuno riusciva a batterla nei sospiri.
-Harry-
Di nuovo.
Maledettissimo Sfregiato, che la tua anima sia dannata per l’eternità, brutto bastardo, infimo traditore.
-Ma…-
Quelle parole, sussurrate così dolcemente mentre lei si avvicinava, suonavano tanto amare.
Erano il miele prima della medicina, lo zucchero prima della pillola, la carota prima della bastonata.
Il bacio prima dello schiaffo finale.
Il bacio di Giuda.
-Ma…- le fece eco lui.



Be my week-end lover
But don't be my friend
You can be my bad boy




Non ci furono altre parole.
Non servirono.
Come un bellissimo nodo di seta, era quel bacio.
Un nodo scorsoio di pregiatissima e costosissima seta, ma non per questo meno letale.
-Mi stai proponendo una storia di solo sesso, Mezzosangue?- le domandò dubbioso.
-Io non propongo nulla. Sei tu a dettare le condizioni di solito, mi sembra…-
-Io non sono d’accordo-



But understand
That I don't need you again
No I don't need you again






Se solo avesse saputo come sarebbe finite tutta la storia, forse si sarebbe comportata diversamente; avrebbe scelto diversamente ai bivi della sua vita, avrebbe prestato più attenzione alle conseguenze delle sue scelte.
O forse no.
Forse era normale avere tutti quei rimpianti, e mentre si piangeva addosso, continuando a camminare per i verdi prati di Kensington Gardens, si domandava se in realtà non fosse meglio avere rimorsi che rimpianti.
Ma ormai era fatta.
Chiuse per un attimo gli occhi, e con un battito di ciglia si ritrovò ancora a rivivere quel maledetto giorno.





All’inizio era stata dura.
Andare avanti, svegliarsi tutte le mattine sapendo quello che avrebbe dovuto affrontare.
Solo la consapevolezza di avere accanto Draco la faceva andare avanti.
Riusciva a sopportare le frecciatine continue degli altri Serpeverde, il mutismo dei suoi compagni Grifondoro, le occhiate incredule dei professori, il cipiglio di Harry ogni qual volta l’incontrava per un corridoio al suo fianco.
Poi, chissà come era tutto finito.
Un giorno l’aveva sentito freddo, proprio quel giorno in cui aveva un disperato bisogno di lui a causa dell’ennesimo battibecco avuto con Ginny; non l’aveva tenuta per mano, le era semplicemente stato accanto come un automa.
Neppure un sorriso le aveva regalato quel giorno.
E le era sembrato di morire.
Poi, rimasta sola nella torre dei Grifoni, i sensi di colpa l’avevano raggiunta, assalendola.
Riusciva quasi a sentire nella sua testa i pensieri dei suoi compagni di Casa.
“…Traditrice…”
“Come hai potuto lasciare Harry per quella Serpe?”
“Vergognati!”
“Non avrei mai creduto che potessi cadere così in basso”
“con un lurido Serpeverde, che schifo”
“Mezzosangue e figlio di Mangiamorte. Un’assurdità…”

E così aveva finito per crederci anche lei che la loro storia fosse impossibile.
E glie l’aveva detto, rovinando tutto.
E lui, pauroso dei suoi stessi timori, si era allontanato, senza sapere che così la stava perdendo definitivamente…



You once made this promise
To stay by my side




-Io non capisco proprio come tu possa starci insieme, Draco...- stava dicendo quella stessa mattina una voce maschile, profonda e dal timbro caldo.
-Non vedo come tu possa capire, Nott…- quel cognome pronunciato da lui risultava quasi come un insulto.
Era lo stesso tono con cui lei si era rivolta a Draco per sei anni: esprimeva tutto il disprezzo e il ribrezzo possibile.



But after some time you just pushed me aside



-Mezzosangue. Draco, lei è una Sanguesporco…-
-So di chi è figlia, Nott. Lo so benissimo, grazie… la tua premura nei miei confronti è…strabiliante, se così si può definire-
Theodore aveva assunto un anomalo colorito pallido, insolito sulla sua pelle naturalmente scura, e aveva abbassato il capo, quasi in un cenno di scuse, che in realtà sarebbe potuto passare benissimo per un indice di sottomissione.
-E ora cos’hai intenzione di fare con lei, Malfoy?-
Hermione ebbe un tremito involontario.
Parlavano di lei alla stregua di un oggetto.
Magari un bellissimo oggetto, ma pur sempre una cosa.
-Il necessario- fu l’enigmatica risposta del biondo.
-E sarebbe?-
-Sarebbe che non sono affari tuoi, Nott…-




Quello stesso pomeriggio Draco era di nuovo a discutere sotto lo stesso salice, solo che in sua compagnia non c’era Theodore Nott, ma il Prefetto Grifondoro, Hermione Granger.
-Non riuscirai a stare lontano da me, Mezzosangue-



You never thought that a girl could be strong




-Vedremo…-



Now I'll show you how to go on




-Non puoi dimenticare tutto questo tempo passato assieme, Hermione-
Sentire il proprio nome pronunciato da lui in modo così tenero fu come morire e rinascere.
Se quella era la sensazione, allora avrebbe voluto provarla ancora molte altre volte…
Lo voleva.
Voleva Draco ma non poteva averlo.
Non doveva volerlo.
Si ritrovò a stringere i denti per non mettersi a ridere e urlare “É tutto uno scherzo, è tutto uno scherzo! È solo uno stupidissimo gioco, io ti amo…!”
Eppure non lo fece.
Era fin troppo consapevole che se l’avesse fatto, se gli avesse confessato i propri sentimenti non sarebbe più riuscita ad andare avanti da sola per la propria strada.
Si allontanò un poco, continuando a fissarlo, e intanto pensava a quello che stava per perdere, sentendone già la mancanza…
Forse sarebbero potuti restare amici…
Perché no, a lei e Harry, quando si erano lasciati, era successo…
…Bugiarda…” le disse una vocina nella sua testa “Anche Harry ti ha abbandonato a suo tempo…”
Bugiarda.
La sua accusa.
Avrebbe solo voluto averlo ancora un po’ per sé…



Be my bad boy, be my man
Be my week-end lover
But don't be my friend
You can be my bad boy
But understand
That I don't need you in my life again




Non chiedeva tanto…
Solo un po’ del suo tempo.
Tempo che, a quanto pareva, lui non era minimamente disposto a concederle…




-Herm, non puoi giocare con gli altri, e ancor meno con te stessa-
-Perché no, Ginny? Me lo ripetevate tutti che tra di noi non avrebbe potuto funzionare-
-Ma ha funzionato, a dispetto di tutte le previsioni che si sono dimostrate fallaci dalla prima all’ultima…-
-Si ma…-
-Hermione, io non capisco perché ti ostino a volerlo lasciare. Non state bene insieme? Si! E allora io non vedo il problema. E sai perché? Perché il problema non c’è, mia cara Prefetto, il problema non esiste, è solo nella tua mente. E adesso piantala di dire e dare quello che vogliono gli altri. Fai quello che vuoi tu…-
-Ginny, tu stai con Dean. Come puoi non capire?- chiese la riccia con un tono disperato.
-Che intendi?- domandò la più piccola dei Weasley, sulla difensiva.
-Sei innamorata di Harry da una vita, eppure non me l’hai mai fatta pagare quando stavamo insieme. E poi ti sei messa con Dean. All’inizio pensavo che fosse una ripicca…-
-Era una ripicca-
-E quando ha smesso di esserlo?- domandò ancora Hermione
-Quando ho capito di essermene innamorata. Non è facile, sai Herm? Non è affatto facile. Ti accorgi di aver fatto un abnorme errore di calcolo, e tutti i tuoi piani, i tuoi progetti… puff! All’aria! E si ricomincia tutto da capo… io amo davvero Dean, è un ragazzo d’oro, e non riesco proprio a capire il tuo comportamento infantile…-
-Solo perché non lo vuoi capire…-
-Sei davvero innamorata di Draco, Hermione?-
Non ci fu neppure bisogno di riflettere, tanto la risposta venne spontanea.
-Si. Ma non cambierò idea-





La statua di Peter Pan era tanto bella da far mancare il fiato.
Era piccola, tutto piedistallo e un cosetto di bambino, pensò Hermione quando gli arrivò davanti.
Si sedette sulla panchina di fronte allo spiazzo dove era collocata la statua, e rimase a guardarla.
…Peter Pan… quante volte da piccola sua madre le aveva raccontato quella storia, e quante volte lei si era trovata ad invidiarlo perché lui poteva volare via da quella realtà che tanto l’opprimeva.
Una gabbia dorata, era.
Bellissima, preziosa, raffinata, elegante, rara… ma pur sempre una gabbia.
Senza magia nessuno dei due sarebbe mai stato libero.
Né lei, né Peter.
Ma Hermione ora era sola, in un parco deserto, su una panchina di legno miracolosamente al suo posto, mentre Peter era sul suo bel piedistallo di bronzo con tutti i suoi amici: Wendy, la bellissima e bionda Wendy, era sul lato sinistro della statua, e tentava di arrampicarsi accanto a Peter.
Michael e John, su lato sinistro, combattebano con le spade di legno, mentre Giglio Tigrato e alcune sirene li guardavano affascinate.
Trilli, la piccola, dolce, tenera, dispettosa Trilli, lo guardava dal passo, tra Wendy e tutti gli altri personaggi.
Lo invidiò fortemente nonostante la sua ormai maggiore età “tu sei rimasto sempre bambino. Non ne hai avuti di questi problemi…”
Si portò la mano destra, con in movimento lento e delicato, sotto la veste bianca, e tirò fuori una catenina, che era coperta dalla stoffa.
Un magnifico ciondolo risplendeva nelle sue mani.
Cominciò a soffiare il vento senza che lei neanche se ne accorgesse, troppo presa a ricordare i loro ultimi momenti assieme.





-Se questa è la tua scelta definitiva, allora addio, Granger. Abbi cura di te, e stai bene con lo Sfregiato-
“Maledetto, maledetto!”
-Allora finisce così…- chiese sentendo già le lacrime agli occhi.
-Già, finisce così…-
-Allora addio-
Lui neppure le rispose, si limitò a darle le spalle e si incamminò a testa alta, come sempre, verso le mura del castello.
Non avrebbe più rivisto quei capelli splendere al sole, il suo sorriso, il suo ghigno… non avrebbe più avuto le sue mani implacabili insaziabili, frementi su di sé… i suoi baci non le avrebbero dato la buonanotte e il buongiorno.
E senza capire quando avesse iniziato a correre, si ritrovò a urlare il suo nome e quando lui si voltò gli finì tra le braccia, piangendo.
Fu un bacio tormentato, quello che si diedero.
Un bacio che sapeva d’addio, di lacrime e di amarezza.
Un bacio dolcissimo come mai prima d’ora ce n’erano stati tra li loro.
E quando seppero entrambi che era veramente venuto il momento di salutarsi, Hermione si tolse il suo anello d’argento, e l’infilò al suo mignolo.
Poi, con un ultimo sorriso, si voltò e camminò dritta verso l’orizzonte.
Verso l’infinito…



Won't you be my bad boy, be my man
Be my week-end lover
But don't be my friend
You can be my bad boy
But understand
That I don't need you again
No I don't need you again



Il sole splendeva anche quel giorno, regalando luci e ombre indimenticabili.
I primi turisti erano cominciati ad arrivare, affollando il bel parco di Londra, e facendo confusione.
Tuttavia Hermione non si mosse dalla panchina, continuando a stringere il prezioso ciondolo in mano, come se fosse stato il suo stesso cuore.
L’essenza stessa della sua vita.
E in fondo era proprio così.
Un Serpente arrotolato su un Grifone.
“Quando smetterai di portarlo, smetterai di amarmi” le aveva detto, regalandoglielo.
E nonostante tutte le menzogne che gli aveva raccontato per lasciarlo, quel ciondolo era ancora lì, sul suo bel collo.
Quando si alzò e proseguì, diretta a Knightsbridge, per un po’ di sano shopping da Harrod’s , neppure vide la dispettosa Trilli strizzare l’occhio verso l’alto, mentre un sorriso silenzioso nasceva sul volto di Peter.
La magia di quel ciondolo non era ancora finita…
La magia dell’amore…










§ Spazio Autrice§



Anche questa è finita.
Mi è venuta in mente in un momento un po’ “no”, mentre pensavo alla “mia” Londra, e alla storia che ne poteva venir fuori con un mix pericoloso di bugie, Hermione, Draco e dei sentimenti contrastanti.
E pensare che questa one-shot è nata di notte, anzi, di mattina prestissimo, considerando che l’ho terminata alle quattro!
Che volete farci, quando ho in testa qualcosa non riesco a dormire, e allora ho trovato il compromesso di finire di scriverla ora, e postarla domani mattina (sempre che mi svegli!!!)
Spero che vi piaccia… 
Un bacio a tutti voi.
Ele_lele

   
 
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