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Autore: H u m a n o i d    09/10/2009    0 recensioni
Alessia, è una ragazza di 17 anni. I suoi genitori sono morti da sette mesi, e lei vive ad Amburgo con la sorella maggiore Alice. I suoi vicini Tom, e Bill, e tutti gli altri suoi amici, la aiuteranno ad attraversare brutti periodi, segnati da eventi sgradevoli, tra cui i litigi con la sorella e un tradimento...
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ecco qua il secondo capitolo, anche se un po' in ritardo!!!
Ringrazio tutte/i quelli ceh hanno eltto, anche se non hanno commentatao ^^
Mi fa piacere che tre persone abbiamo aggiunto la mia storia tra i preferiti! (Forse ero più contenta  se avevo qualche commentuccio... ma non posso avere tutto dalla vita!!)
Ecco a voi, come dicevo il secondo capitolo! Buona lettura a tutte/i!!!!

Capitolo 2 : Il Litigio

Dietro la porta, vidi mia sorella, furiosa. Mi incuteva un leggero terrore, ed ero quasi intenzionata, a chiudermi di nuovo nel bagno, e restare chiusa li dentro tutto il giorno. Qualcosa però mi bloccò: la mano di mia sorella, che, non so come, riusciva sempre a leggermi nel pensiero, e anche quella volta, ci riuscì benissimo. Mi guardò in cagnesco, gli occhi ridotti ad una fessura.

“Sorellooona! Te l’ho mai detto che vestita così sei bellissima?” Cercai di tranquillizzarla inutilmente. Bill capì che non era aria, e tornò, dopo aver assunto un’espressione seria sul volto, di sotto dal fratello.

“Alessia! Lo sai, che non voglio che tu esca con persone che non conosco!”La predica di sempre cominciò, ma quella volta non ero intenzionata a starla ad ascoltare. Guardai il pavimento.

“E guardami quando ti parlo!” Urlò infuriata.

“Senti! Ho 17 anni, non tre! So riconoscere le persone che posso frequentare e quali no!” Urlai io a mia volta. Non la sopportavo quando faceva quei discorsi; aveva sempre saputo che non amavo essere trattata come una ragazzina, e pure lei alla mia età lo odiava; allora perché si comportava così?

“Alessia! Lo faccio per il tuo bene! Perché non voglio che ti succeda qualcosa…” Disse, abbassando il tono della voce. Pure io a mia volta,mi calmai, ma le parole che uscirono dalla mia bocca, non ispiravano per niente calma.

“Ma ti senti? Ma chi ti credi di essere? Mamma, papà? O forse tutti e due? Te, non prenderai mai il loro posto, per quanto tu possa cercare di volermi il bene che mi volevano, o per quanto tu possa cercare di emulare ogni loro gesto! Loro ora, non ci sono più! E non cercare di prendere il loro posto, perché, non ci riuscirai mai!”

Mi resi conto, di aver detto la cazzata più grande della mia vita. Avevo detto la cosa peggiore che potessi dire a mia sorella. Tutto di un tratto, mi sentii terribilmente in colpa. Avevo la brutta abitudine di dire tutto ciò che mi passava per la testa. Non usavo pensare prima di aprire bocca, facevo uscire le parole, e quello che dicevo, dicevo. Quella volta avrei fatto meglio a stare zitta, o almeno, a pensare a quello che stavo per dire.

Vidi mia sorella diventare seria, e da seria, decisamente triste. Abbassò il capo,e con un filo di voce sussurrò…

“Già, hai ragione… ma alla fine, chi se ne frega se io faccio orari impensabili in ufficio, per te. Chi se ne frega, se spesso resto a casa, la sera, invece di uscire con il mio ragazzo, per stare sempre qui, nel caso ti succedesse qualcosa. Hai ragione.  Allora, sai che ti dico? Vai a scuola, e fai quello che ti pare. Quando hai  bisogno di qualcosa, non mi chiamare, e non fare più affidamento su di me, dato che hai 17 anni, e non tre…”

Alzò il volto, e vidi una lacrima nera, a causa della matita, scenderle sul viso. Si voltò, e si chiuse in camera sua.  Cercai di entrare, e di scusarmi per tutto quello che avevo detto, ma tutto fu inutile. Non ricevetti una parola. Non potevo credere di essere così stupida, così  cretina e cattiva, da dire una cosa del genere. Diedi la schiena alla porta e scesi le scale. In fondo ad esse mi aspettavano Tom e Bill, muti, e sconcertati da quello che avevano appena sentito, e anche dispiaciuti. Quello che provavano loro, però, in confronto a quello che provavo io, non era niente. Scesi anche l’ultimo scalino,  e senza dire una parola, presi giacca e zaino. Uscii di casa seguita da Tom e Bill, che erano rimasti muti entrambi fino a quel momento.

“Ale…scusa, avevo promesso che sarei stato zitto…” Mugolò dispiaciuto Bill, guardandomi. Mi voltai verso di lui; era veramente dispiaciuto. Adesso fissava le sue scarpe, continuando a camminare. Sembrava un bambino piccolo, appena sgridato: come potevo non perdonarlo?

“Bibi, sati calmo, non è colpa tua…” Sospirai, facendo cadere una lacrima sul mio volto. Fu più forte di me: non riuscii a trattenere le lacrime.  Nonostante questo, però, continuai a parlare, anche se singhiozzavo.

“è tutta colpa mia… colpa mia, che sono una cretina! Prima o poi, glielo avrei dovuto dire! Che credevo? Che glielo avrei tenuto sempre nascosto? Ho detto delle cose orribile, che neanche penso veramente!”

Mi fermai, per cercare un fazzoletto nella cartella. Tom, si voltò verso di me, lentamente, e mi si avvicinò.

“Ale … calmati dai… vedrai che si sistemerà tutto…” Mi sussurrò con tono pacato e rassicurante.

“Non ce la faccio più!” Sbuffai “Io e Alice, litighiamo un giorno si e l’altro pure! Oltretutto per delle cazzate!” Mi scostai le lacrime dal viso, ma subito, vennero sostituite da altre, allo stesso amare, come quelle che le avevano precedute. Si scagliarono ancora sulle mie guance. Tom mi si avvicinò di più, per poi stringermi in un abbraccio. Uno di quegli abbracci, che solo lui sapeva regalare. Circondò tutto il mio piccolo busto con le sue braccia, e mi strinse forte al suo petto. Cominciò a carezzare dolcemente i miei capelli: riuscendo, poco a poco a far placare il mio pianto. Era l’unico che ci riusciva. Lo aveva sempre fatto, fin da piccolo.  Mi sentii protetta tra le sue braccia, che mi facevano sembrare ancora più piccola, di quello che già non sembravo. Per lui, ero la sua sorellina; mi aveva sempre chiamato con quel simpatico aggettivo.  Mentre passava la sua mano tra i miei capelli, non smise mai di ripete che si sarebbe sistemato tutto.

“shh. Tranquilla, andrà tutto per il meglio, ogni cosa si sistemerà!” Sussurrò per l’ultima volta avvicinando le labbra al mio orecchio, prima che lo interrompessi. Alzai il viso dal suo petto, e lo guardai. Toglieva il fiato come sempre; e per qualche secondo, rimasi intrappolata nei suoi occhi. Dannazione! Erano troppo belli.

“Grazie fratellone!” Lo ringraziai, appena, il mio cervello, permise alla mia voce di emettere qualche parola.

“E di che!” Rise lui “ Se queste cose non le faccio per la mia sorellina, per chi le faccio? Per quella checca di Bill?” Sghignazzò, guardando il gemello, che subito, sentendo quelle parole, mise su un broncio. Subito dopo, però, si vendicò, tirando una un botta in testa a Tom. Erano veramente buffi. Raramente, le loro, erano vere liti; spesso e volentieri, si divertivano a fare gli stupidi, e a prendersi in giro reciprocamente.

Si guardarono, e risero insieme, facendo sorridere pure me. Mettevano allegria, soltanto guardandoli.

Alla fine, ci demmo una mossa, e riuscimmo ad arrivare a scuola in orario. Il piazzale davanti all'edificio, era affollato, come sempre. Tra quella moltitudine di persone, mi era sempre rimasto difficile scorgere, chiunque stessi cercando. Quella mattina stranamente, però, riuscii a vedere Egla, la mia migliore amica. Come di sua consuetudine, urlò facendosi riconoscere tra la massa di studenti, e mi corse incontro. Spesso e volentieri, la scambiavo per una pazza.

“Aleee!!! MA che fine avevi fattooo??é tutta colpa vostra! Dite la verità!!” Sbraitò Egla contro Tom e Bill. I gemelli, si scambiarono un'occhiata perplessa, anche se quello era il quinto anno che avrebbero passato insieme a Egla, i suoi modi, a volta li lasciavano un po' sconcertati. Si giustificarono dicendo che non era colpa loro, e facendo un po' gli offesi.

“Oh, senti un po' me! Ma i cretini di turno? Dove sono?? Da quando sono partiti per l'Inghilterra, non li ho più visti!!” Chiesi allarmata a Egla. I due cretini di cui parlavo erano Georg e Gustav. A Agosto erano partiti per una vacanza studio a Londra, e da allora, non li avevo più visti.

“Per caso i cretini saremmo noi??” Gridarono alle mie spalle Georg e Gustav, facendomi trasalire. Mi girai di scatto, e vedendoli, saltai in braccio ad entrambi: mi erano mancati tantissimo durante la loro assenza.

“Allora, com'era l'Inghilterra??” Domandai curiosa.

“Piovosa!” Scherzò Georg “No, dai apprate gli scherzi! Bella, soprattutto le inglesi!!”

“Ahaha! Mi sono mancate le tue cretinate!!” Dissi abbracciando di nuovo Georg.

“Eh, si! Scommetto che non ti sarebbe mancato, se fossi venuta pure te! È una cosa insopportabile!!” Si lamentò scherzando Gustav,

“Patatooo! Mi sono mancate pure le tue lamentele!!!” Abbracciai una seconda volta pure Gustav, e immediatamente dopo, sentii qualcuno abbracciarmi da dietro.

  
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