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Autore: BulaBula    09/10/2009    5 recensioni
Era la notte giusta. C’era il bisogno di sentire qualcuno vicino, in mezzo a quell’orrore, il bisogno di sentire quella persona accanto a sé.
Lava via questo sangue dal mio corpo, ti prego. Fammi dimenticare anche il mio nome, se puoi.
Genere: Triste, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella mattina c’era speranza.
I ninja di Konoha mandati in quel villaggio sperduto erano convinti che, dopo l’inferno di quella notte, la mattina sarebbe stata tranquilla. D’altronde erano stati mandati a combattere una guerra che si svolgeva solo con le tenebre.
Era una guerra diversa, in cui il loro paese non c’entrava nulla, ma erano stati mandati a difendere un povero villaggio privo di esercito che si era attirato contro le antipatie dei sanguinosi ninja della Nebbia.
Era una situazione totalmente diversa da quelle che avevano imparato affrontare i ninja della Foglia all’Accademia e nelle varie missioni. Erano stati abituati ad avere un nemico dotato di un volto, di uno scontro pari, tra guerrieri. I ninja della Nebbia, invece, nel corso degli anni avevano affinato e modificato le loro tecniche: colpivano solo di notte, e la sorveglianza non serviva a nulla, perché si servivano di potenti esplosivi, che facevano molti più danni delle singole persone; solo dopo aver creato l’inferno con quelle armi penetravano nel villaggio e mietevano qualche vittima di persona. Ma nella confusione nessuno ci faceva caso, troppo occupati a cercare di tirare fuori i cadaveri dalle macerie dei palazzi, di recuperare arti, di salvare il salvabile.
C’era qualche morto ogni notte, ogni notte un’esplosione. La mattina serviva per ricostruire tutto, per vivere.
I ninja di Konoha non sapevano cosa fare; non erano abituati a combattere così, non erano abituati a sentirsi così inermi, in realtà sapevano che non potevano fare nulla per quella gente, solo dargli una falsa sicurezza con la loro mera presenza. Ma avevano paura anche loro.
Le esplosioni potevano capitare ovunque, anche nella palazzina dove dormivano loro. Potevano morire da un momento all’altro.
Quella notte c’era stato qualche morto in più del solito, quindi la mattina era carica di speranza; forse si sarebbero presi una pausa, non avrebbero osato agire alla luce del sole, non l’avevano mai fatto.
Naruto Uzumaki era relativamente fiducioso, mentre camminava per le strade durante il suo turno di guardia. Nonostante tutto quello che passavano, quelle persone continuavano ad andare avanti, aggrappate alla vita. Era sorpreso, era ammirato. Si chiedeva come faceva ad essere ancora vivo, in quella guerra che non era stato addestrato a combattere. Si chiedeva cosa ci facesse ancora lì, visto che non poteva fare nulla per loro.
Quel giorno avevano addirittura allestito il mercato, non avevano paura. La gente si ritrovava con un sospiro di sollievo, felice di aver ricevuto una giornata in più in regalo. Si faceva la fila alle bancarelle, dove non c’era praticamente nulla, si faceva la fame. I bambini si rincorrevano per strada.
Fu un attimo.
Lui era lì, nella sua postazione, che li guardava dalla soglia della piazza.
Quattro esplosioni quasi in contemporanea, al centro, dove c’era la maggiore concentrazione di persone.
Poi fu tutto polvere e sangue. Tanto sangue.
Corse verso il luogo del disastro, un vecchio gli si parò davanti, sconvolto, continuava a urlare, senza un braccio. Lo prese per una manica, mentre lui ancora correva per soccorrere qualcuno, per aiutare, per vedere; e il vecchio continuava a ripetergli sempre la stessa frase:
-Non credevo che un bambino potesse avere così tanto cervello... non la finiva più di uscire...
A un certo punto si staccò, crollò a terra.
C’era sangue ovunque, la terra era scivolosa e vischiosa, ogni tanto pezzi di bancarelle, arti, teste.
Una donna strisciava accanto a lui alla ricerca delle sue gambe.
Su un muretto poco distante era riverso un uomo; avrebbe potuto sembrare semplicemente addormentato, se non fosse stato per il buco nella pancia, attraverso il quale si vedevano altri morti, altri cadaveri, altre macerie. Una macabra cornice per un macabro dipinto.
Rimase fermo, immobile, al centro della piazza, non sapendo che fare. Attorno a lui i suoi colleghi estraevano corpi privi di vita dalle macerie. Lui rimase a fissare un pezzo di pane ai suoi piedi, zuppo di sangue.
Solo alla fine si riscosse, frugando disperato tra i cadaveri insanguinati, alla ricerca di qualche vita, di qualche speranza.
Fu verso sera, mentre ancora scavava a mani nude, che una mano rossa e impolverata gli si posò sulla spalla; alzò lo sguardo e le sue mani si bloccarono non appena vide il volto del compagno di squadra, di Sasuke.
-Il nostro turno è finito, andiamo.
-Ma...
Ma c’era ancora qualcosa da fare, poteva esserci ancora qualcuno chissà dove!
-Non c’è più niente che possiamo fare, Naruto. Andiamo.
Camminarono in silenzio per le strade deserte, così stranamente silenziose. Non c’erano mai stati attacchi così gravi, così devastanti; i morti non si riuscivano a contare.
Era il primo attacco fatto alla luce del sole. E loro ancora non sapevano che cosa combinare per fermare quei pazzi.
Accanto alla palazzina che ospitava i ninja della Foglia, gli occhi di Naruto si posarono distrattamente su una scritta sul muro di una casa:
‘Neanche stanotte siamo morti’.
Chissà quando era stata scritta. Chissà se gli autori si trovavano al mercato, poche ore prima. Chissà se erano morti quella mattina.
Lui, stava morendo a poco a poco ogni giorno.
Lui e Sasuke, essendo compagni di squadra e facendo tutti i turni assieme, divideva una piccola stanza con due brandine e poco altro.
Sasuke si sedette sulla sua branda, con l’aria sfinita, silenzioso come sempre. Naruto, come prima cosa, andò a lavarsi le mani nel lavandino. Osservava l’acqua tinta di rosso scomparire nelle tubature, le sue mani erano tornate bianche.
Eppure la sporcizia rimaneva. Il sangue di tutta quella gente che non poteva salvare restava davanti a suoi occhi, incollata alla sua pelle. Non esisteva modo per lavare via tutto quel sangue. Nessun medico avrebbe potuto curare i loro occhi pieni di sangue.
Si rese conto di stare strofinandosi le mani da troppo tempo quando Sasuke lo chiamò.
-Naruto. Basta così.
Si andò a sedere sulla sua branda, esattamente davanti a Sasuke.
Non ce la faceva più. Non voleva stare lì.
Lui voleva diventare Hokage della Foglia, non l’ennesima vittima di quella gente. Da un lato voleva aiutarli, trovare un modo, dall’altro voleva solo tornare a casa, fuggire da quel posto, da quella guerra che con lui non c’entrava nulla.
Improvvisamente si trovò le mani tra quelle di Sasuke, sedutosi accanto a lui; non se n0era accorto, ma si stava lacerando la pelle delle mani inconsciamente, per cercare ancora di togliere tutto quel sangue; Sasuke l’aveva bloccato.
Lo fissò negli occhi e vi lesse ciò che avrebbe letto nei suoi se si fosse guardato allo specchio.
Erano giovani, avevano solo vent’anni. Avevano tutta una vita davanti, Sasuke era da poco riuscito a rialzarsi, a ricominciare. Non volevano stare lì.
In realtà, avevano paura, i loro occhi erano quelli di animali braccati: la prossima volta poteva capitare a loro. Non volevano.
Gli strinse le mani. Avvicinarono le fronti l’una all’altra, per farsi forza, chiudendo gli occhi.
Non erano mai stati così vicini; erano sempre stati due amici, due rivali, legati da qualcosa che veniva chiamato legame. Ma mai se lo erano dimostrati così; per la prima volta, avevano davvero bisogno della presenza dell’altro.
Non erano più nell’ambiente rassicurante del villaggio; se avessero litigato, forse non avrebbero più avuto la possibilità di scusarsi. Erano all’interno di qualcosa più grande di loro, di un inferno.
Cose non dette, lacrime mai versate. Domani potremmo morire anche noi.
Di colpo Naruto pensò che quello era l’ultimo guizzo di vita, che non si sarebbero visti mai più, che gli sarebbe successo qualcosa. Sasuke si avvicinò ancora. Gli alitò in faccia.
-Puzzo?
Mormorò.
-No, profumi.
Allora si avvicinò. Si baciarono, Naruto sentì i denti di Sasuke, la sua lingua ruvida da gatto... sentì il peso della sua vita che gli cadeva addosso, quell’affanno fermo, il liquore del suo cuore, di tutte quelle parole che avrebbe voluto dire ma che nessuno avrebbe mai ascoltato.
Si staccano, Sasuke dilatò gli occhi.
Era la notte giusta. C’era il bisogno di sentire qualcuno vicino, in mezzo a quell’orrore, il bisogno di sentire quella persona accanto a sé. Lava via questo sangue dal mio corpo, ti prego. Fammi dimenticare anche il mio nome, se puoi.
Sasuke gli prese la testa tra le mani, parlando con una passione, con un sentimento del tutto nuovi in lui.
-Facciamo l’amore, Naruto. Facciamo l’amore almeno una volta, prima di morire...
Fu un momento, un momento che passò, che bruciò come un pezzo di carta incenerito nella notte.
Erano una coppia strana, patetica; erano amici, erano ninja. Erano semplicemente la coppia vecchia e stanca dei ragazzini che erano stati un tempo. Forse quei ragazzini sarebbero stati capaci di fare l’amore, quella notte. Loro no.
Naruto gli carezzò lievemente la guancia.
-Noi non moriremo, Sasuke.
A nanna, presto. Andate a dormire, come i due fratelli scemi che siete sempre stati.
Fu un istante, non se ne resero neppure conto. L’esplosione li colse addormentati l’uno accanto all’altro su un’unica branda.
Al villaggio della Foglia non tornò nessun ninja da quella missione.



Dei, che amarezza.
Sarà anche una cagata priva di senso, ma scriverla mi ha messo addosso un’amarezza e una tristezza incredibile.
Spero vi abbia fatto emozionare anche solo un pochino.

Non c’entra niente, ma voglio creare su LiveJournal la prima community di fan fiction italiane sul fandom di Naruto (e nel caso altri, vedremo); se siete interessate, contattatemi qui: http://rosa-elefante.livejournal.com/, e vedremo che fare!
  
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