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Autore: annina94    12/10/2009    4 recensioni
Avverto che i dialoghi sono in inglese. - Come on, are you able to tell me, at least, the first letter of the hotel? - chiese lei, alzando appena le mani, per enfatizzare. Come si faceva ad andare in una città, in un altro stato, in un altro continente, dove non si parla la propria lingua, e non ricordarsi il nome dell'albergo?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nicholas ' s bithday ok

Ragazze!!! lo so che sono in stra-ritardo, ma fra greco, latino e l'altra fic (che devo ancora scrivere), non ho avuto uno straccio di tempo, perdonatemi!

Ma passiamo ai ringraziamenti!


Jonas_princess: ecco, finalmente ho pubblicato, contenta? Sono 25 pagine word, quindi non mi scassare. Tanto ci vediamo domani a scuola alle prese con tedesco e greco. Ciao!

IvI: cara, il mio inglese è molto approssimativo, ma grazie comunque del complimento. Ecco il seguito, spero che ti piaccia quanto il primo capitolo. Alla prossima fic! Baci.

Nes95: apprezzo il tuo consiglio, ma se mi metto in testa di scrivere la traduzione, poi non vado più avanti con niente, e questo non va bene. Ti dico solo che il finale non è questa gran cosa come invece il corpo della storia... saluti!

_Crazy_Dona_ : beh essere abbracciate a Nick, deve essere di sicuro piacevole, anche se io preferirei la mia felpa ( no, non mi uccidere), anche perché la morte da assideramento non deve essere proprio piacevole... ma essere attaccate ad un Jonas può farmi cambiare idea... baci e alla prossima!



Casuality

Secondo capitolo: Nicholas's Birthday




Milano, 17 settembre 2015; ore 20.05.


Beh, eccoci di nuovo qua, a distanza di ben sei anni. Posso affermare che da allora non è successo molto. Annalisa ed io ci siamo diplomate al classico con il massimo dei voti e stiamo frequentando l'università; lei medicina, mentre io moda e arte. Peccato che non ci si possa vedere spesso come un tempo, dato che lei studia in un'altra città. Ma non disperiamo per questo, quasi tutti i week end io vado da lei o viceversa, quindi non soffriamo per la lontananza.

Oggi poi, ci siamo date alla pazza gioia, più sua che mia, facendo shopping per le boutique di Milano, spendendo e scialaquando come due rimaste, più lei di me. Non nego che sia stato divertente, devo ammettere che quando si ha tra le mani una carta di credito illimitata, la fantasia si scatena; anche se potrebbe essere uno shock per le persone che non ci sono abituate, vedere Annalisa girare per le strade della capitale della moda, vestita da fare invidia a Paris Hilton, Ashley Tisdale e Jennifer Lopez messe insieme, in fatto di stile e sbrilluccicosità, con un quantitativo di borse degli acquisti che la protagonista del film “I Love Shopping” ie fa 'na pippa. Tant'è che a momenti mi tocca noleggiare un montacarichi per caricarle tutte sul camion rosa, in affitto anch'esso. Si lamenta sempre che la mia bellissima e comodissima Volks Wagen Touareg sia troppo poco spaziosa e troppo poco rosa. Al che mi si sono trivellate le scatole e ho abbassato i tre seggiolini posteriori, in modo che ci potessero stare tutte le sue ingombranti borse e scatole. Sembra un film: nella mia macchina ci sono più cianfrusaglie sue, che è riuscita ad arraffare in un solo pomeriggio, che non mie, accumulate nel corso dei secoli. Ma dopotutto, sono l'unica persona che le fa da autista e che non bada troppo alle sue insensate farneticazioni gossippare. In compenso, lei mi racconta i sogni che fa durante la notte, e io mi chiedo cosa abbia mangiato a cena la sera prima, per riuscire a produrre cose così assurde e inverosimili. Mi sono ricordata che lei non sognava più un Jonas da quando le avevo raccontato la mia avventura, sei anni fa. Come avevo previsto allora, mi ha seriamente chiesto se ero fuori di testa. Dopotutto cosa ti può dire la tua migliore amica quindicenne, dopo che ha saputo che sei praticamente tornata a casa con due famose rockstar e che una ti ha anche abbracciata? Cito testualmente “ Cioè, fammi capire bene: tu avevi davanti Nicholas e Joseph Jonas, e non hai nemmeno chiesto il loro numero di telefono? Neanche quando Joe ti ha chiesto il tuo? Ma da quale pianeta arrivi tu???? Chissenefrega, se a te non importava, potevi sempre passarmelo, no?!” Al che le ho risposto di riflettere su cosa se ne sarebbe fatta, e cosa gli avrebbe detto, una volta in contatto con lui. A patto che ci fosse mai riuscita, a mettersi in contatto con lui. Annalisa ci ha pensato su un po' e, dopo un altro paio di orette passate a discutere, mi ha infine dato ragione, ringraziandomi per averle raccontato la mia avventura. Da allora non li ha più sognati. Da una parte mi dispiace, alcuni che che mi raccontava erano davvero esilaranti e degni della mia attenzione.


*Flash back*


Bolzano, 15 settembre 2015, ore 4.50 am


- Ciao Nls! - ho detto io, tirando il freno a mano della mia macchina, scendendo dalla vettura e andandole incontro. Erano quasi una decina di giorni che non ci vedevamo, e, per questo motivo, lei aveva proposto di andare a Milano per un week end di shopping intensivo e io avevo accettato di buon grado.

- Quante volte ti ho detto che quell’auto è troppo piccola! Non ci stanno dentro tutti i miei acquisti, specie se andiamo a Milano, la capitale internazionale della moda! – mi ha rimproverata lei, agitando l’indice a ‘mo di ripresa. Non sembrava particolarmente stanca, per esser le cinque meno dieci di mattina. Mi sono detta che era euforica per un intero week-end passato fra shopping, shopping e ancora shopping con la sua migliore amica. (Nls, perdonami, ma a causa della metrica del racconto, io sono la tua sola migliore amica…) D'altronde, non la posso di certo criticare, dato che io sono la scema che l’accompagna in tutte queste pazze avventure, quindi...

- Ciao anche a te. – l’ho schernita io, facendo la tipica faccia da triglia – e comunque, ho pensato bene di abbassare i sedili posteriori, a scopo di farci entrare tutte le tue inutilissime cianfrusaglie. Sai, dopo un po’ una si emancipa e passa allo stadio successivo dell’evoluzione. Dovresti provarci anche tu, di tanto in tanto, fa bene. – ho aggiunto, rimanendo calmissima, durante l’esposizione dei fatti. Era da tempo che non la strigliavo come si deve e lei non si doveva disabituare, eh.

Annalisa è rimasta un attimo interdetta, ma si è ripresa subito, alzando le mani in segno di resa.

- E va bene. – ha detto usando un tono da sconfitta. – La prossima volta che ti vorrò criticare, ti avviso, così eviti di schiacciarmi sotto il peso delle tue affermazioni. – ha aggiunto sorridendo. Io mi sono avvicinata e l’ho abbracciata. Dopo un po’ ci siamo separate e l’ho guardata con affetto.

Ci conoscevamo dai tempi delle medie, e sapevo che se mi aveva accolta così, lo faceva solo per provocarmi. Cosa molto poco saggia, se fatta da una persona normale, ma siccome lei non rientra in questa categoria, glielo perdono.

- Puoi sempre provare a non punzecchiarmi proprio. Potrebbe rivelarsi molto più intelligente. – ho suggerito, alzando le spalle e assumendo un’espressione da santa.

- Oh, andiamo, levati quella faccia, che proprio non ti si addice, va’! – ha detto lei, agitando la mano davanti ai miei occhi.

Ho fatto finta di pensarci su, poi ho chiuso gli occhi e dopo pochi secondi li ho riaperti, sfoderando la mia solita espressione sadica, ghignando sinistramente.

- Ora sì, che ti riconosco, Hannah! – ha annuito convinta, sorridendo esageratamente.

- Infatti, ora spariamoci questi quattrocento chilometrucci fino a Milano con la musica sparata nelle ‘recchie fino a che non diventiamo sorde completamente, poi ci fiondiamo di corsa nei negozi di moda a fare razzia assoluta. Forza, salta a bordo che scegliamo la musica da mettere. – ho ordinato con la mia solita aria professionale, sfregandomi le mani, fingendomi seria.

Lei ha sorriso e ha aperto la portiera di fianco alla mia, accomodandosi sul sedile del passeggero. Sono entrata anch’io e mi sono messa alla guida, attaccando il riscaldamento per via del freddo che permeava qualsiasi cosa, ma dopotutto era normale, alle cinque del mattino di settembre.

- Sai, ieri sera, per la prima volta dopo sei anni, ho sognato i Jonas. Credi che sia una cosa positiva o no? – mi ha detto all’improvviso, specchiandosi nello specchietto dell'antina parasole e facendomi fare un salto sul sedile.

Diciamo che mi aveva preso completamente in contropiede.

- Beh, non saprei… raccontami cosa ti sei sognata e discutiamone. – ho risposto, cercando di tenere gli occhi fissi sulla strada.

- Dunque, io non avevo vinto i biglietti per il concerto di Milano, che sarà domani, ma volevo andarci a tutti i costi. Allora siamo andate da una parte… - l’ho interrotta borbottando qualche ipotesi su cosa “da una parte” potesse essere, facendole segno di proseguire. - … e loro erano lì. Ci hanno chiesto se volevamo i biglietti del loro concerto e noi abbiamo accettato e ci siamo avviate verso il teatro o non so cosa fosse la struttura. Vabbè, fatto sta che siamo andate, e praticamente, c’erano la Ceron (profe di lettere alle medie), la Ricci (profe di latino, greco e italiano al liceo) e la Dell’Arci. (collega della Ricci). –

- La Ceron, la Ricci e la Dell’Arci tutte nello stesso sogno? Però, non è che ti sei mangiata delle cozze avariate, ieri sera? – ho domandato, prendendola in giro e facendo un sorriso sghembo.

- No, e, come ti dicevo, siamo entrate dove il si sarebbe tenuto il concerto. Solo che il palco erano due cattedre messe assieme e ci dovevano stare su i Jonas, mentre facevano le loro evoluzioni più tutta la band. Ma la cosa bellissima era, che le profe si prendevano a sberle e cazzotti, per accaparrarsi un posto attaccato al palco, non accorgendosi che, nel frattempo, io mi ero attaccata alle cattedre. -

- Già, me le vedo, tutte e tre composte a prendersi a sberle. La Ricci, poi... - l'ho interrotta nuovamente, incapace di stare zitta e cominciando quindi a ridacchiare. Tutto questo era assurdo.

- Certo, la cosa più esilarante di tutte è stata quando la Ceron e la Dell’Arci si sono coalizzate contro la Ricci, prendendola e lanciandola lontano; ma lei è tornata e si sono messe a fare le lottatrici di wrestling. Intanto i Jonas hanno cominciato a suonare e cantare.- ha detto come se fosse la cosa più normale del mondo, facendomi lacrimare per la toppe risa.

- In un altro sogno, eravamo nei camerini dei ragazzi e tu ti sei attaccata a Nick, mentre io a Joe. – ha fatto una pausa, segno che le cose si sarebbero complicate.

- Non dirmelo, vi siete baciati. – ho concluso per lei, trattenendo il fiato.

- Sì, e anche tu e Nick. –

- Oh Madonna. La cosa è grave. – ho affermato, rendendomi conto di ciò che quei baci potevano significare. Annalisa aveva sognato più volte di trovarsi in compagnia dei Jonas, ma che ricordassi, mai di baciarne uno.

A me era capitato.

Ma una sola volta; io con Nicholas e lei con Joe. E non erano proprio casti, diciamo proprio di quelli che si vedono nei film, quando lui la stringe a sé e lei inclina la testa di lato per assecondarlo. E questo è capitato più volte all'interno dello stesso sogno.

Sono rimasta shockata per tutta la settimana.

Ovviamente ci avevamo sempre riso su, ma ora quella cosa non sembrava più così divertente.

- Beh, abbiamo perso le vecchie abitudini; non vorrei mai che non ci fosse più nessun Zappa al quale non possiamo rinfacciare di ascoltare della buona musica, capisci? – le ho detto dopo qualche minuto di riflessioni, convinta che questa faccenda del sogno fossero tutte balle. Annalisa mi ha guardata, poi ha sorriso e ha attaccato il suo iPod all’amplificatore della macchina. Tempo due secondi, che le note di una canzone abbastanza familiare sparate al massimo, hanno invaso l’abitacolo, assordandoci sul colpo.


I admit that in the past I've been a nasty


They weren't kidding when they called me kinda strange


But you'll find that nowadays I've mended all my ways


Repented, seen the light, and made a change


And I fortunately know a little secret


It's a talent that I always have possessed


And dear lady, please don't laugh


I use it on behalf


Of the miserable, the lonely, and depressed (pathetic)


Aveva capito che non ci dovevamo preoccupare del suo sogno assurdo, e per quanto riguardava la mia citazione riguardo Zappa, sapeva benissimo a cosa mi riferivo: entrambe volevamo ascoltare un po’ di Jonas.

- Poor unfortunate souls, so sad, so true... - mi sono messa ad urlare per farmi sentire anche dalla mia amica, superando di poco il volume della canzone e muovicchiandomi sul sedile.

Lei, non volendo essere da meno, si è messa a sbraitare come me, producendo un casino insopportabile. Per un essere umano, s'intende.

- This one longing to be thinner, that one wants to get the girl...- ha continuato lei.

- And do I help them? Yes indeed! - abbiamo urlato contemporaneamente.

Quella è stata la prima di una serie interminabile di canzoni dei Jonas, dato che Annalisa aveva praticamente la discografia completa. Senza praticamente, aveva tutti i brani e sapeva tutti i testi a memoria. Neanche io ero così patita.

Erano passate ormai quattro ore, quando il sonno se l'è presa con sé. Io non potevo assolutamente addormentarmi, ma sono stata felice di constatare che lei si era addormentata. Se la conoscevo bene, era in piedi dalle quattro meno venti di mattina, poiché le servivano queste due orette per prepararsi; doveva essere impeccabile, ed effettivamente era così. I pantaloni a pinocchietto neri le stavano veramente bene, specie se la maglietta era della Puerco Espin, a maniche corte e a righe bianche e rosa. Senza contare le Superga argentate, il cappellino rosa anch'esso e gli occhiali di Armani del medesimo colore. Un confetto umano, in poche parole.

Il suddetto confetto ora ronfava di gusto sul sedile anteriore della mia macchina, facendo di tanto in tanto strani versi, come se stesse sognando una cosa bella.

Chissà cosa” ho pensato malignamente. Secondo la mia logica, si stava sbaciucchiando con Joe, ma non essendone propriamente sicura, ho preferito aspettare che si svegliasse, per chiederglielo.

Era appena partita “A Little Bit Longer” quando un'altra melodia si è sovrapposta a quella dei Jonas.


Baby take a look around (eh oh eh oh eh oh)

Feel the beat go through the croud ( eh oh eh oh eh oh)

Flip the hause light right on time now

Hit the spotlight let it shine now


Per aver riconosciuto la suoneria del cellulare, non ci voleva una laurea, ma per scovarlo all'interno della borsa, sì.

- Accidenti... dove diavolo sei, razza di coso?... eccolo! No, questo è l' iPod... insomma, possibile che non riesca a trovarlo? - ho borbottato tra me e me, armeggiando con una mano nella borsa alla ricerca del fantomatico apparecchio, mentre l'altra girava il volante.


There's something 'bout this

Let's keep it moving

And it's so good when the music is cooking

Do you really wanna rock tonight?

I'll let you get connected

And it feel so right


- Cazz... Eccolo!!! - ho urlato sottovoce, in preda ad una gioia bieca.

- Uh, numero privato? Bah, vediamo... -

In zero virgola di tempo, ho stoppato la musica, con mio grande rammarico, ho collegato l'auricolare al cellulare e ho accettato la chiamata.

- Pronto? - ho domandato gentilmente, non sapendo proprio chi aspettarmi.

- Salve, parlo con la signorina Dal Fuoco? - mi ha chiesto una donna dall'altra parte del telefono; dal tono ho capito che era preoccupata e non italiana, anche se parlava la mia lingua abbastanza scioltamente.

- Sì, sono io, con chi parlo? - ho risposto, ponendo a mia volta una domanda.

- Denise Jonas. Senta, le vorrei offrire un lavoro per questa settimana. Ho chiamato lo stilista Valentino, chiedendogli un personal stylist, e lui me l'ha raccomandata molto vivamente. Inoltre ho visto diversi suoi bozzetti sulle riviste di moda e mi piacciono molto. - ha detto lei, non accennando al lavoro che dovevo fare per lei, anche se immaginavo si trattasse di qualcosa che avesse a che fare con la moda. Quando il mio cervello ha rielaborato il nome della signora, sono rimasta di pietra.

Denise Jonas.

Denise Jonas.

Erano le uniche due parole che mi ronzavano per la testa.

È la madre dei Jonas Brothers; gli stessi ragazzi che ho incontrato sei anni fa, gli stessi rimasti che non si ricordavano più il nome dell'hotel...” ho pensato fintantoché la signora parlava.

Annalisa si sognava i Jonas dopo anni e di colpo, la loro madre mi chiamava per incaricarmi di fare da personal stylist, probabilmente ai suoi figli.

Wow...

- Mi deve spiegare esattamente gli orari, gli accordi per il vitto e l'alloggio in modo che possa valutare e decidere se accettare o meno. - le ho spiegato, ancora leggermente scossa dalla piega che avevano assunto i fatti.

- Dunque, domani si tiene i concerto de Jonas Brothers, ma il loro stilista è nel pieno di una delle sue crisi lavorative. Dice che non riesce a trovare l'ispirazione per la creazione dei vestiti per i ragazzi. Il problema è che ce lo ha detto giusto poche ore fa. Il che ci ha messi tutti in uno stato di panico, dato che era stato deciso di acquistare i capi per le varie date del tour europeo, qui, a Milano. L'incarico è il seguente: diventare la personal stylist dei Jonas Brothers per un settimana. Ovviamente sarà pagata e alloggerà nel nostro hotel. - concluse la donna, rimanendo in silenzio aspettando una risposta.

- Per me non ci sono problemi. Sappiate che sto proprio venendo a Milano, però con me c'è anche la mia migliore amica e se lavorerò per voi, lei mi assisterà. Inoltre, noi abbiamo deciso di passare questo fine settimana all'insegna dello shopping, quindi ci dovrete lasciare del tempo per sbrigare le nostre commissioni. Sono le uniche clausole che chiedo per la collaborazione. - ho detto io, parlando tutto d'un fiato, sperando che accettassero le mie condizioni.

Lei parve rifletterci su e dopo pochi minuti, passati a confabulare in americano con lo staff, accettò di buon grado.

- Accettiamo. Anzi, se vi farà piacere, i ragazzi vi accompagneranno e porteranno le vostre borse. Fra quanto pensate di essere qui? - ha domandato lei, tirando un sospiro di sollievo.

- Fra mezz'ora, quarantacinque minuti al massimo. Siamo quasi in zona industriale. Dove vi possiamo trovare, una volta arrivate? - mi sono informata, cercando di memorizzare l'indirizzo che la signora Jonas mi stava dettando.

Sono rimasta sorpresa da una richiesta che mi ha fatto; riguardava l'imminente compleanno di Nicholas. Mi ha spiegato cosa le serviva, e ho sorriso, accettando l'incarico.

- Bene, ci troviamo là. Arrivederci. - ho concluso, salutandola.

Ho scollegato l'auricolare e mi sono soffermata a riflettere. Ora ero la stilista dei Jonas Brothers, cosa più unica che rara. La signora Denise mi aveva detto di aver parlato con Valentino e che lui mi aveva raccomandata.

Ci siamo conosciuti più o meno tre anni fa, quando l'università che frequento aveva deciso di organizzare una sfilata con gli abiti degli allievi migliori. Modestamente parlando, sapevo che sarei stata selezionata; tutti i docenti continuano a ripetermi che avrò una brillante carriera, e io ci credo tutt'ora.

Comunque, l'ospite d'onore era appunto Valentino, che dopo la sfilata ha mi voluto parlare in privato. Non sono rimasta particolarmente colpita dalla notizia, poiché sapevo che se mi avesse chiamata, di sicuro si parlava di vestiti.

La fase shockante è stata quando mi ha chiesto se volevo lavorare in collaborazione con lui.

Lì sì, che mi sono presa un colpo.

Comunque sia, ho accettato, e da allora lavoro come co-stilista.

E ora avrei assistito i Jonas per tutto quello che riguardava il vestiario. Mi si è dipinto un sorriso cattivo e malsano sulla faccia, e non sono più stata capace i levarmelo. Poco dopo, Annalisa si è svegliata, mugolando e stiracchiandosi. Si è girata verso di me e mi ha osservata attentamente.

- Anna, cosa significa quell'espressione da “stai per conoscere il tuo incubo peggiore?” - ha chiesto lei, a metà fra lo sveglio e il rimbambito dal sonno.

- Esattamente questo, Nls. - le ho risposto io, ghignando sinistramente. Essere la stilista dei Jonas aveva i suoi vantaggi: I) avrei finalmente potuto dare una sistemata al loro look. II) Sapevo che Joe faceva sollevamento pesi, ma sarebbe stato in grado di portare tutte le nostre borse? Ok che c'erano anche gli altri due fratelli, ma questo significava che li avremo caricati ancora di più. III) Far avere alla mia migliore amica il loro numero di telefono.

Avevo preso tre piccioni con una fava.

- Cosa ti ho fatto di male? - ha chiesto, fissandomi con le pupille dilatate e le iridi marroni grandi di terrore. Con ogni probabilità si stava domandando cosa mi avesse fatto di male.

- Oh, non ti preoccupare, tu non c'entri niente. Diciamo solo che c'è una piccolissima sorpresina per te, a Milano. - ho detto rimanendo sul vago. Non le volevo rovinare la sorpresa, quindi ho aggiunto solo che non saremo state sole.

- Perché non saremo sole? Ci sarà qualcun' altro con noi? Chi è? Dai ti prego dimmelo, lo sai ce sono curiosa!!! - mi ha implorata Nls, facendo gli occhioni dolci, pur sapendo che su di me non avevano effetto.

Per tutta risposta mi sono messa a canticchiare Hey Baby, che stava andando ora, ignorando di brutto la persona che mi stava praticamente addosso, cercando di convincermi a scucire qualche dettaglio in più. Sono rimasta impassibile difronte alle sue suppliche.

- Stronza! - mi ha detto poi, arrendendosi.

- Ti dico solo che potrebbe farti piacere – ho concesso, mossa a pietà.

Lei ha guardato con ostinazione fuori dal finestrino, risoluta; ha cominciato a specchiarsi nel vetro, sistemandosi i capelli, che per lei sono una vera fissazione.

- Mi consumi i finestrini. - ho detto in tono piatto, stuzzicandola. Lei ha continuano per la sua strada, facendo finta di non avermi sentita. Ho scrollato le spalle, tornando a fissare la strada che scorreva sotto i pneumatici della mia macchina.

Sono passati cinque minuti, e lei si è rimessa a parlare. Ho sorriso, rispondendo cinicamente alla sua domanda sul suo smalto, che secondo lei non era del colore adatto. Ma adatto per cosa, dico io? Non lo saprò mai.

Ho impostato sul navigatore satellitare le coordinate della nostra destinazione, dicendo ad Annalisa che erano quelle dell'albergo. Non era quello che avevo pensato io, ma ho omesso questo futile dettaglio.

Mi ci sono volute tutte le mie capacità di calma e concentrazione, per non urlare dietro a tutti i guidatori incapaci, evitando così una crisi isterica, ma alla fine siamo entrate nel parcheggio dell'hotel, esalando un sospiro di sollievo.

- Finalmente! Non ne potevo veramente più! - ha detto Annalisa, guardandosi intorno.

- Guarda che i bagagli non si sanno ancora muovere da soli, quindi ciappa a tua roba e seguimi. - ho illustrato io molto sbrigativamente, aprendo il bagagliaio.

- Non credo proprio, cara mia. - ha detto lei, sorridendo sorniona e indicando con un dito i facchini che si stavano avvicinando velocemente alla vettura, con l'intenzione di occupasi delle valigie.

- Ah. - ho detto solamente, ricacciando indietro la battuta sulla sua svogliatezza.

Ci siamo incamminate verso la porta d'ingresso, sbirciando all'interno.

Annalisa continuava a guardare nervosamente i due facchini che stavano portando le sue duecento valigie, come se temesse un improvviso sequestro di bagagli.

Ma la visione della hall dell'hotel le ha fatto dimenticare questa sua futile paranoia.

E anche me.

Era una meraviglia pazzesca: le colonne di marmo bianco spiccavano sul pavimento e i muri rosati, mentre i grandi lampadari di oro battuto facevano la loro figura.

- Wow... - è stata l'unica cosa che siamo riuscite a dire.

- Fico... - ho aggiunto io. Davvero non sapevo cosa dire, era semplicemente... fico.

Ci siamo avvicinate alla reception per chiedere della camera, ma io sapevo di dover domandare della signora Jonas. Quindi ho abbandonato Nls vicino alle poltrone con la scusa che era stanca e che doveva riposare, per poi essere al top per un pomeriggio intensivo di shopping. Lei ha accettato scettica e si è accomodata.

Io mi sono diretta verso la receptionist, con l'intenzione di chiedere dei Jonas, ma quando le ho chiesto il numero della camera, mi ha sorriso e mi ha detto che non le era consentito rilasciarlo. Maledetta legge sulla privacy.

- Senta, io ho parlato con Denise Jonas stamattina e mi ha detto di venire qui e chiedere di lei, assicurandomi che ci avrebbero fatto passare. - sono sbottata, sbattendo le mani sul piano di marmo.

- Lei è accompagnata? - ha chiesto lei, ascoltando con apprensione.

- Sì, sono qui con la mia amica Annalisa... - ho iniziato, rendendomi subito conto che, per evitare che qualsiasi ragazza si spacciasse per me, avevano ideato questa trovata.

Ingegnoso, ma non abbastanza” ho pensato, sorridendo malignamente.

- Sa, parlando con la signora Jonas, stamattina, ho scoperto che anche lei apprezza i miei bozzetti, che sono stampati su alcune riviste. Oh, mi ha raccomandata il mio socio, lo stilista Valentino, così ha detto lei. - ho concluso, elencando tutti i punti della chiamata. La ragazza non sembrava particolarmente colpita, mi ha semplicemente detto di accomodarmi vicino alla mia amica, mentre lei avvisava la signora del nostro arrivo. Ho annuito e mi sono diretta verso Annalisa.

- Come mai non hai le chiavi della stanza? - ha domandato, guardandomi di traverso.

- Tutto a tempo debito, tutto a tempo debito. - ho risposto io, sorridendo e accomodandomi sulla poltrona accanto alla sua. Nls si è arrabbiata, ma è rimasta non ha ribattuto, troppo furiosa con me per il mio mutismo.

Pochi minuti dopo, una signora sulla quarantina si è avvicinata a noi, squadrandoci da capo a piedi. Poi si è lasciata andare ad un sorriso amichevole. Ho supposto che non avesse riconosciuto la stilista dall'amica, così mi sono alzata e mi sono avvicinata, presentandomi e porgendole la mano.

- Anna Dal Fuoco, piacere. Le chiedo di non presentarsi alla mia amica, vorrei che per lei fosse una sorpresa. - ho aggiunto sottovoce, accennando con la testa nella direzione di Nls.

- Non c'è problema – ha risposto lei, sorridendo amichevolmente e guardando di sottecchi la mia amica. Le si è avvicinata presentandosi come cameriera personale.

- Prego, seguitemi; vi mostrerò la vostra camera. - ha detto gentilmente, esortandoci ad alzarci. Abbiamo fatto come ci aveva chiesto, e in poco tempo eravamo in ascensore, dirette nella stanza 274.

- Lasciate le valigie nella vostra stanza e riprendetevi, poi raggiungetemi nella 276, che vi devo informare di alcune norme dell'albergo. Basta che bussiate e vi aprirò. - detto questo, si avviò verso la sua camera, mentre noi ci dirigevamo verso quella a sinistra. Inutile dire che lo sfarzo permeava ogni singolo oggetto, dai fiori, sistemati in un vaso che doveva avere ameno trecento anni, ai tappeti, che definire costosi era un eufemismo.

- Fico. - ho detto io, non sapendo cosa altro fare.

Annalisa mi ha guardato di sbieco, canzonandomi – Ma sai dire solo “fico” e “Wow”? Insomma, ti sei diplomata al liceo classico, e queste sono le uniche parole che riesci a dire? Mi sorprendo di te, Hannah. -

Io ho risposto alla sua occhiata, prendendo la mia roba e lanciandola di mala grazia sul grande letto matrimoniale, per andarmici poi a stendere.

- Meraviglioso, incantevole, faraonico, stupefacente, mirabile, ammirevole, sbalorditivo... - ho iniziato, tirando fuori una lunghissima lista di sinonimi di fico, non interrompendomi nemmeno per riprendere fiato.

- Poco comune, lussuoso, agiato, confortevole, barocco, elegante, di buon gusto, lodevole, ... - ho continuato, attingendo dal mio vocabolario mnemonico.

- Basta, pietà, ho capito! Scusa, non dovevo farlo, contenta ora? - mi ha implorata, non sopportando più il mio soliloquio. Io l'ho guardata, sorridendo malignamente, e ho interrotto la lista di sinonimi.

- Ah, grazie. -

- Di niente. - io devo sempre avere l'ultima parola, sennò non sono contenta.

- Ok, scarichiamo i bagagli e andiamo nella camera 276, anche se ancora non so cosa esattamente dobbiamo andare a fare. - ha detto Nls, rassegnata al fatto che io non avrei parlato nemmeno sotto tortura, abbandonando le sue valigie al proprio destino.

- Vogliamo andare? - ho proposto, sapendo di farla arrabbiare.

- Certo, così magari capisco qualcosa anch'io. - è sbottata, incrociando le braccia al petto e fulminandomi, aprendo la porta. Io ho sorriso, dicendole mentalmente che mi avrebbe ringraziata fino alla fine dei giorni e oltre, per i tizi che stava per conoscere. Tutta contenta della mia idea, sono uscita saltellando dalla camera, chiudendomela alle spalle, assicurandomi di avere le chiavi.

- Eddai, non tenermi il broncio! È per una buona causa.- ho cercato di farla ragionare, anche se non ne sarebbe valsa la pena, dato che avevamo da fare questi due metri, prima di trovarci davanti alla porta 276.

- Eccoci qua. Vai avanti, così io ti potrò sorreggere. - ho affermato, scatenando una leggera crisi di panico nella mia amica.

- Perché dovresti sorreggermi? Oddio, cosa c'è là dentro? - mi ha chiesto, girandosi velocemente verso di me, guardandomi spaventata.

- Niente che ti possa mangiare o scompigliare i capelli. - ho risposto, eludendo la domanda e girandola con forza verso la porta.

- Ok, ok, ma cosa c'è di così importante? - ancora non si voleva muovere.

- Che palle! Apri questa benedetta porta e scoprilo tu, accidenti! Io lo so, e so anche che se non fossi dietro di te, probabilmente mi toccherebbe trascinarti su un letto da qualche parte. - sono esplosa.

È vero che dovevamo bussare, ma la porta era appena socchiusa, quindi l'ho esortata a muoversi.

Era così difficile girare una piccola maniglia e aprire una dannatissima porta? Non mi pareva.

Dopo il mio scatto d'ira, se tale si può definire, non ha più obbiettato e ha spalancato di colpo la porta.

Finalmente!” ho pensato, sbuffando.

Si è impalata a fissare le sei persone davanti a sé.

Non ci poteva credere.

Non che la biasimassi, non era proprio abitudinario, trovarsi la famiglia Jonas al completo davanti agli occhi, specie se si ha da poco sognato di baciarne uno.

È rimasta qualche secondo a boccheggiare, incapace di proferir parola. Io ero dietro di lei, quindi i ragazzi non mi hanno notata subito.

- Vo-vo-vo... voi siete... i Jo... i Jonas Brothers. - ha detto Nls in un sussurro. Ancora stentava a crederci. Ok che aveva davanti tre superstar, ma aveva anche ventun anni, insomma, un po' di contegno, eh.

Loro si sono guardati, scambiandosi occhiate divertite, tornando poi a fissare la mia amica, che ora era dello stesso colore della moquette: viola striato di giallo. Bell'abbinamento.

Intuendo il suo disagio, Joe si è fatto avanti con la mano tesa in segno di saluto, sorridendo affabile.

- Ciao, tu devi essere Anna, la nostra nuova stilista. Piacere, io sono Joe. - si è presentato, parlando in italiano e facendo la classica faccia da Joe Jonas, ovvero da triglia lessa.

- Tsk, davvero sei riuscito a confondermi con lei? E sì che ci siamo anche parlati per un bel po' di tempo, sei anni fa. Beh, almeno hai imparato l'italiano, dici che ora te lo ricordi il nome dell'hotel? - ho ribattuto fintamente offesa, prima che Annalisa dicesse qualsiasi cosa. Ero ancora in parte dietro di lei, quindi sentirmi parlare è stato uno shock per tutti, Denise compresa.

Sia Joe che il fratello minore mi hanno guardata con due occhi grandi come due frittate, non credendo a quello che avevano appena sentito. Si sono girati nella mia direzione, spalancando la bocca in una muta esclamazione di sorpresa.

- Quindi sei tu, la ragazza di cui ho sentito tanto parlare i questi sei anni. - ha cominciato uno di tre, riprendendosi dallo shock. - Oh, bene, io sono Kevin. - ha annunciato il maggiore, facendosi strada attraverso le due statue che erano i suoi fratelli, porgendomi la mano. Io l'ho stretta, sorridendo a mia volta, rispondendo

- Sì, sono io. Dato che allora non c'è stata la possibilità di fare le presentazioni con la famiglia al completo, rimedio subito. Piacere, io sono Anna Dal Fuoco, la vostra personal stylist per questa settimana. -

Nonché vostro incubo personale, cari miei.” ho pensato, sorridendo sadicamente.

Inutile dire che le facce di tutti i presenti erano impagabili: Joe aveva gli occhi e la bocca spalancata, Kevin era solo molto sorpreso, Denise non credeva che fossi io la ragazza di cui le avevano parlato i figli, suo marito aveva la stessa espressione, il piccolo Frankie mi guardava con la testa inclinata, Nls si era persa a fissare i Jonas con espressione sognante, mentre Nicholas si era momentaneamente dimenticato di respirare.

Che bella combriccola di marmi. Quasi quasi, li espongo al Mart di Rovereto, magari mi danno qualcosa in cambio.

- Credo che vi debba spiegare come sono andate le cose da sei anni a questa parte. - ho affermato, sciogliendo un po' la tensione.

Dopo essersi un attimo ripresi, si sono accomodati tutti sul grande letto matrimoniale della camera dei coniugi Jonas. Nls non si è seduta, ma un'occhiata piuttosto eloquente da parte mia l'ha convinta.

- Tutto è cominciato quella sera del quindici settembre 2009... -


Una volta concluso il racconto, sono rimasta in silenzio ad osservare le varie reazioni delle altre persone nella stanza. Ora sembravano più rilassati e meno tesi.

Mi è venuto in mente l'episodio della giacca, e, involontariamente, sono arrossita.

Un momento. Io che arrossisco per un ricordo di sei anni fa? Passi il fatto che indossavo la giacca di Nicholas Jonas, che per di più teneva un freddo dannato, passi che poi lui mi aveva abbracciata... Che??? Il Jonas mi aveva abbracciata? Urca, è vero! Accidenti a me, me l'ero completamente dimenticato. Ma come si fa a dimenticarsi una roba del genere? Sono proprio fusa. Certo, ora capivo perché Nicholas mi aveva guardata di traverso, quando non avevo detto che mi aveva scaldata, prima durante il racconto.

Ooops.

Ho guardato Nicholas, che ora era girato verso Joe, e mi sono tornate alla mente tutte le sensazioni che avevo provato durante quell'abbraccio: sorpresa, stupore, indignazione, felicità, serenità e soprattutto caldo. Ah, come era calda la mia felpa. Però dovevo ammettere, mio malgrado, che il Jonas era comodo, terribilmente comodo.

Ripresami dal flusso di pensieri, mi sono data una sistemata e m sono schiarita la voce

- Bando alle ciance, abbiamo del lavoro da fare. Spero per voi che abbiate già provato tutto per il concerto di domani, perché oggi faremo un po' tardi. - ho illustrato io in tono di comando, squadrando la truppa davanti a me, congelandoli tutti con lo sguardo.

- Allora la nostra presenza diventa superflua, vi lasciamo soli. - hanno detto sorridendo i signori Jonas.

Detto questo hanno preso Frankie per mano e si sono avviati verso la porta, chiudendosela alle spalle. Ancora non sapevano che avevano abbandonato i loro tre figlioli nelle mani di una stilista sadica che odia i capi stile old, fantasie a quadri e abbinamenti futuristici.

- Bene signori miei, ora siete alla nostra completa mercé. Benvenuti all'inferno. - ho sibilato, sfoderando un ghigno che neanche un vampiro pazzoide.

- Perché ho la sensazione che non mi piacerà? - ha domandato Joe, che aveva intuito le mie intenzioni e che quindi si stava facendo piccolo piccolo, cercando di nascondersi dietro Nicholas.

- Ecco a cosa ti riferivi in macchina! - ha esclamato Nls, contenta di aver capito il fatto.

- Esatto, tu non c'entri, ma loro sì. Su ragazzi, rimanete fermi, che devo prendere le misure. - ho detto, non ammettendo repliche e tirando fuori dalla mia borsa un blocchetto per gli appunti e un metro da sarta.

- Le misure? - hanno chiesto contemporaneamente i tre fratelli, guardandomi come se mi fossero appena spuntate un paio di corna.

- Sì, le misure. - ho risposto, muovendo seccata la mano. Hanno fatto come ho ordinato, sistemandosi a debita distanza e allargando le braccia.

- Per primo faccio Kevin, poi Nick e infine Joe, quindi voi – ho detto, indicando gli ultimi due fratelli menzionati – vi potete sedere da qualche parte e stare nel più rigoroso silenzio. - ho illustrato, concentrando la mia attenzione sul maggiore. Quella di prendere le misure a tutti e tre era una balla, poiché mi servivano solo quelle di Nicholas, ma non potevo in alcun modo dare nell'occhio e rischiare di rovinare la sorpresa.

Quando ho finito, ho riposto i miei utensili nella borsa e ho informato il resto della truppa sui programmi della giornata.

- Per prima cosa passiamo da Nara camicie, dato che parete avere una predilezione per quel particolare capo d'abbigliamento, ma scordatevi i quadri e tutto ciò che li rappresenta, poi capatina da Zara per altre magliette; pausa pranzo di quarantacinque minuti al massimo e si riparte alla volta di tutti i negozi che vendono pantaloni. Ultima tappa della giornata, un posto nel quale voi non potete assolutamente entrare. Quando saremo in hotel, deciderò cosa farvi mettere domani al concerto e poi tutti a nanna. - ho spiegato brevemente, illustrando tutti i punti della giornata. Diciamo che a parte Nls, i presenti avevano la mandibola che toccava terra, probabilmente a causa della mia organizzazione impeccabile.

- Ti sei dimenticata la pausa toilette, vergognati! - mi ha presa in giro Joe, ridendo della sua battuta. Ma la cosa triste era che Annalisa si è messa a ridere istericamente con lui.

Ah, gli esseri... vai a capirli.

- Rientrava nella pausa pranzo, solo che l'ho dato per scontato. Se avete cortesemente finito di ridere come due idioti, potreste anche muovere le vostre chiappe d'oro e depositarle in macchina, se non rappresenta un problema, s'intende. - li ho ripresi, facendo una faccia che non ammetteva repliche e mettendo le mani sui fianchi. Senza dire una parola, si sono diretti tutti verso la porta e sono usciti in corridoio. Sono uscita anche io e ho chiesto con quale macchina saremmo andati. Blaterando qualcosa riguardo la riconoscibilità della loro vettura, si sono scusati per l'impossibilità di usarla.

- Mi dispiace, ma la mia ha i sedili posteriori abbassati e il bagagliaio non è abbastanza grande. Mi sa tanto che dovremo usare la vostra. - ho ribadito ricordandomi di quel piccolo particolare, fintamente dispiaciuta, guardandoli uno alla volta.

- Ok, ma guido io. - si è arreso Kevin, che aveva già visto che i suoi fratelli erano persi, chissà a pensare a cosa. Mah...

- E sia, muoviamoci. - ho concluso, avviandomi verso la mia camera per prendere una maglia. una volta superata la porta, ho scoperchiato la valigia e mi sono calata al suo interno, ravanando tra la roba compressa e stipata, afferrando saldamente la prima felpa che ho trovato.

- Urca, non credevo di aver rinchiuso tutto 'sto ciarpame nella valigia. - ho pensato ad alta voce, ignara del fatto che ci fosse qualcun altro nella MIA stanza. Me ne sono accorta, perché lo sguardo di Nicholas, che mi fissava confuso, mi stava scavando un buco fra le scapole, probabilmente perché avevo parlato come uno scaricatore di porto russo.

- Senti Anna, io... - si è bloccato, spalancando la bocca e rimanendo basito. Inutile dire che non ho capito la sua reazione, finché non è arrossito come si conviene e ha spalancato ancora di più gli occhi. Stava fissando qualcosa di non meglio precisato dalle parti della mia mano destra, così ho abbassato lo sguardo e sono sbiancata.

- Io...eh... nh... - ero esterrefatta, non ci potevo credere.

- Oddio, sono proprio mongola. - ho sussurrato, alzando la fatidica mano, che stringeva una felpa.

La felpa.

La stessa che sei anni fa avevo prestato a Nicholas, perché la sua giacca era mongola e teneva un freddo cane.

Miiiiiiiiiiiiii, ma come si fa a dimenticarsi di una cosa del genere?

Oddio, sono proprio da ricoverare, Annalisa con me e anche i Jonas.

Ho osato alzare gli occhi su Nicholas, solo perché il mo orgoglio me lo imponeva, ma sono rimasta in silenzio a fare i cerchietti per terra con il piede.

- Ehm... io... non lo ho fatto apposta. Scusami. - io che mi scuso? Ma dove?

Lui mi si è avvicinato e ha aperto la bocca per parlare, ma il suo adorabile fratellone tontolone, si è messo a sbraitare come un pazzo che ci dovevamo muovere e che stava mettendo le radici.

- Se non ti sigilli quella fogna, vedi dove te le infilo, quelle radici, Jonas. - ho risposto brusca, allontanandomi velocemente da Nicholas, sempre con la maglia in mano.

- Non commentare, Jonas, non commentare. - ho sibilato, scendendo le scale come una furia, rivolta a Joe.

- Bah, le donne. - è stata l'ultima frase che gli ho sentito dire.


***


- E per oggi era l'ultimo! - ho detto, uscendo trionfante dall'ultimo negozio di accessori per ragazzi, dopo averli fatti dannare per tutto il giorno.

- Grazie Signore! - hanno esultato i tre fratelli, accasciandosi su una panchina poco distante, abbandonando tutte le borse e scatole al proprio destino. Avevamo girato per lungo e per largo le vie più in della città, chiudendola in bellezza con gli accessori, quali sciarpe, occhiali e cazzantrulli vari.

- Ammetto che sia stato faticoso, ma ne è decisamente valsa la pena: ora abbiamo una buona base sulla quale lavorare con l'incremento di capi normali e di assoluto buon gusto. Su, muovetevi che si torna in albergo. - ho detto con rinnovato entusiasmo. Loro erano stati massacrati abbastanza, ma io ero appena a metà della mia opera. Siamo saliti in macchina e, appena siamo arrivati, ci siamo fiondati nelle rispettive camere, loro per dormire, io per produrre. Erano appena le sette di sera, e dovevo ancora fare una salto in sartoria per cominciare con il lavoro vero e proprio.

Infatti Denise mi aveva commissionato, come regalo di compleanno per Nicholas, un abito elegante, che rispecchiasse il carattere del figlio. Ecco perché mi servivano le misure, ed ecco perché durante il nostro giro di shopping, ho cercato in tutti i modi di stare da sola con lui; probabilmente avrà creduto che volessi avere un momento di intimità perché mi piaceva, ma non era così. Mi sa che avrei dovuto spiegarglielo, prima o poi; non volevo che si facesse strani filmini mentali.

Fatto sta, che ho raccattato le chiavi della mia macchina e sono partita alla volta della sartoria. Avendo già lasciato precise informazioni alla padrona del negozio, non avrei incontrato problemi.

Ho lavorato come una dannata per tutta la sera, fermandomi solo per smangiucchiare qualcosa al volo e riprendere, più indaffarata di prima.

Fra bozzetti, macchine da cucire, stoffe e spilli, sono andata avanti fino alle due e mezza di notte, a mettere insieme quella meravigliosa creazione.

Ora era esposta su un manichino, pronta per essere contemplata ed elogiata. Era veramente bellissima: di seta nera con le cuciture argentate non troppo visibili, che conferivano all'abito una luminosità invidiabile; dotato di fazzoletto di raso bianco nel taschino e papillon nero in seta morbida. Come optional c'erano un orologio da taschino in argento, un fantastico monocolo, cerchiato del medesimo materiale e una mezza tuba come cappello.

Era in assoluto al migliore creazione maschile che avessi mai confezionato.

Assolutamente orgogliosa e sfinita, ho chiuso bottega e sono tornata in hotel per dormire.

Ho attaccato un post-it sulla porta, dicendo di non disturbare per nessuna ragione al mondo, in modo che non mi venissero a tirare giù dalle brande alle otto di mattina.

Mi sono svegliata per l'ora di pranzo, facendo preoccupare tutti e sentendomi dire che non sono orari decenti per rientrare, quelli che avevo oltrepassato io.

- Non vi ricopro di insulti solo perché sono ancora stanca e perché è il compleanno di Nicholas. Ah, a proposito, auguri. - ho mugugnato, cercando di sorridere al festeggiato. Devo dire che sono sembrata quasi convincente.

- Grazie. - ha risposto lui, sorridendomi di rimando, per niente intimorito dalle mie minacce mattutine.

Mi sono attaccata ad un vassoio e sono andata al bancone del buffet, affamata come una che non mangia da mesi, dopodiché ho piantato le tende sulla sedia e sono rimasta in silenzio a mangiare la mia abbondante portata. Venti minuti dopo ero abbastanza trattabile, quindi ho cominciato ad interessarmi alla conversazione degli altri. Gli argomenti erano: il concerto di quella sera, l'abbigliamento per il concerto di quella sera e la cena dopo il concerto di quella sera.

Però, ne avevano di inventiva, i ragazzi...

Dopo un pranzo lungo e sostanzioso, i Jonas sono dovuti tornare all'auditorium per le prove, mentre io, e di conseguenza Annalisa, rimanevamo in hotel per decidere cosa far indossare ai ragazzi.

Prima che se ne andassero, ma lontane da orecchie indiscrete, Denise e io ci siamo fermate per discutere riguardo il regalo di Nicholas. L'ho rassicurata, dicendole che era tutto pronto, esattamente dove doveva essere per essere preso e portato dal festeggiato, una volta giunto il momento.

Si è allontanata con il cuore leggero, andando incontro ai figli con un sorriso formato extra large, strappandone uno anche a me.

- Sarà semplicemente grandioso, stasera. - ha detto Nls, osservando la famiglia trotterellare allegramente fuori dall'albergo.

- Già. - ho detto io, annuendo e pensando seriamente di andare svaligiare il reparto dolci.


***


- Grazie Milano!!! - ha urlato Nicholas nel microfono, appena finito di cantare l'ultima canzone, “6 Minutes” che, guarda caso, era dedicata a due ragazze che li avevano fatti scarpinare in giro per la città tutto il giorno. Ma chissà chi potevano essere.

Mi ero ripromessa di spezzare le rotule e strappare loro le sopracciglia, una volta che si fossero azzardati ad infilare il loro naso nel backstage, ma poi mi sono detta che era il compleanno di Nicholas, e magari Denise non avrebbe apprezzato. Quindi mi sono limitata a fare i complimenti riguardo l'ultima canzone e spedendoli nel camerino, in modo che si cambiassero e che si potesse finalmente andare a mangiare. Fra le risate, hanno deciso che far aspettare me affamata, non era proprio conveniente e si sono spicciati.

Mezz'ora dopo, eravamo in macchina, diretti al ristorante, con mio sommo piacere.

Seduti al tavolo riservato, abbiamo cominciato a ridere e scherzare, fino a quando, Denise ha annunciato che era il momento di aprire i regali. A Nicholas si sono illuminati gli occhi e si è alzato.

- Allora, questo è da parte di Kevin e mia. - ha detto Joe, porgendo al fratello una scatoletta rilegata in pelle nera e sorridendo ebete.

- Oh, grazie. - ha risposto lui, prendendola dalle mani del mezzano e scuotendola delicatamente. Poi ha slegato il fiocco che la teneva chiusa, l'ha aperta e... ha soffocato un urlo.

Intanto Joe si stava rotolando per terra dal troppo ridere, continuando a sparare frasi sconnesse tra loro. Dopo essersi ripreso, il minore ha preso con grande disgusto il lombrico di silicone, che il fratello aveva posizionato sopra il regalo e lo ha gettato lontano.

- Sei incorreggibile, Jonas/Joe! - lo abbiamo ripreso tutti e sette.

- Ahahah, troppo forte la tua faccia, fratellino, dovevi vederti! - ha esclamato il pirla, calmandosi.

Sperando di non trovare altri insetti viscidi e grumosi, Nicholas ha sollevato i due lembi di stoffa che celavano il regalo, e si è sciolto in un sorriso pieno di amore.

- Allora, ti piace? - ha chiesto Kevin, sorridendo a sua volta. Nicholas non ha risposto ed è andato ad abbracciarli. Il regalo era un bellissimo plettro d'oro, con incise le loro iniziali, tutto decorato con note e intarsi; piccolo ma efficacie. Dopo l'abbraccio collettivo, Denise si è alzata e ha attirato l'attenzione su di sé, intimando il silenzio.

- Nicholas, tuo padre ed io ti abbiamo sempre insegnato a comportarti come un gentiluomo, elegante e composto. Siamo molto orgogliosi di te, e per questo ho chiesto che questo regalo ti rispecchiasse. Buon compleanno, Mr. President. - ha concluso affettuosamente la madre, sedendosi e battendo le mani. Dal nulla è spuntato un cameriere che tirava un manichino montato su rotelline, che aveva l'onore di indossare il mio meraviglioso abito. Nicholas è rimasto letteralmente allibito e io ho sorriso sotto i baffi, osservando la sua espressione basita.

- Wow... è... mio? - ha balbettato, ancora incredulo, allungando la mano per toccare la fine seta di cui era fatto.

- Sì, ma se non te lo provi immediatamente me lo riprendo e lo uso io. - l'ho minacciato, inclinando la testa di lato e sorridendo. Lui si è girato e mi ha detto che era sicuro del fato che l'avessi disegnato e creato io, era troppo bello per appartenere a qualunque altro stilista, famoso o ricco che fosse.

- Beh, dato che ti piacciono così tanto le mie creazioni, spero che accetterai questo. - ho detto, indicando un secondo manichino comparso, anch'esso dal nulla, alle sue spalle.

- Buon compleanno, Nick. - non lo avevo mai chiamato con il soprannome da quando eravamo arrivate e di questo mi sono sorpresa. Non ero il tipo che si lasciava andare ai sentimentalismi, ma per una volta ho deciso di lasciarmi andare.

Era un abbigliamento casual: jeans neri used, cintura non troppo grande, maglietta grigia e sopra una camicia aperta e larga bianca con fantasie di fiamme ricamate in rosso. Ammetto che anche quello aveva una sua bellezza, meno seria del regalo dei genitori, ma senz'altro comoda e di buon gusto, che era la cosa più importante.

- Ah... - è riuscito a spiaccicare, girandosi da un capo all'altro, ripetutamente.


* Fine Flashback*


Ed ora sono qui, nella stanza d'albergo nelle quale passerò i prossimi sei giorni, in compagnia dei tre ragazzi più svitati del pianeta.

Ora sono ufficialmente la loro stilista, quindi mi trasferirò in America per continuare là i miei studi e svolgere contemporaneamente il mio lavoro. Lo stesso vale per Annalisa, che si laureerà negli States, in modo da poter stare vicina a me e ai ragazzi. Conviveremo con i Jonas per i prossimi cinque anni circa e se devo essere sincera, la cosa non mi dispiace affatto.

Inutile negarlo, ormai: sono irrimediabilmente cotta di Nick, e non ci posso fare niente, è più forte di me; l'unica consolazione, è che Annalisa è nella mia stessa barca, cotta com'è di Joe. Kevin è a posto, con la sua mogliettina e il loro figlioletto di quattro anni, Simon. Ancora non l'abbiamo visto, che lui già ci chiama zie.

Wow, precoce il piccoletto.

Anche se fra poco sarà qui con la mamma, Danielle; i Jonas sono andati a prenderli, quindi entro pochi minuti dovrebbero essere qui.

Comunque sia, la vita è ancora tutta da vivere, e mi sa tanto che la mia sarà spassosissima.

Devo andare, Nick sta invocando il mio aiuto di donna per tenere a bada quella peste di suo nipote.

Cavolo, sono appena entrati e già devo mettermi all'opera? Devo ricordarmi di dire a Nick che di bocci per casa non ne voglio fino a che non sarò pronta.

Ah, gli uomini. Ma c'è qualcosa che sanno fare senza il nostro aiuto?

La cosa triste, è che gli voglio bene proprio per questo.

Vado a farmi curare, che è meglio.


Fine

  
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