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Autore: red queen    13/10/2009    8 recensioni
EDIT: aggiungo un sequel,perchè...Ci stava bene. Per ora comunque, penso che questa storia si concluderà qui, in futuro, chissà :P Fic un po' malinconica ambientata in un ipotetico futuro post Impel Down. Non ci sono dei veri e propri spoiler, ma questa storia tiene conto degli avvenimenti fino al capitolo 560.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Portuguese D. Ace, Smoker
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ma quanto mi sono mancati questi due >.<  Che fine ha fatto il fandom? Ancora in vacanza? XD

Bhè, comunque spero che questa piccola storia vi piaccia. Per ora rimarrà una one shot, ma in futuro...Chi lo sa ;-)




Guilt




Inginocchiato sul patibolo, con il sangue che scorreva dalle ferite aperte, e le mani legate dietro la schiena, Ace non poteva far altro che stare ad osservare la battaglia che infuriava attorno a lui.


Per lui. 


La marina aveva dispiegato tutte le sue forze migliori, in altre circostanze sarebbe stato quasi orgoglioso, per tutto il disturbo che si erano presi. Ma dall'altra parte combattevano le persone che aveva più care al mondo, quelle che mai e poi mai avrebbe voluto coinvolgere in quel gigantesco casino, in quella battaglia difficile e pericolosa.


Soprattutto c'era Rufy, quella testa di legno del suo fratellino. Lui era proprio l'ultima persona che Ace avrebbe voluto vedere in quel posto, in quel momento. E gli aveva urlato di andarsene, con tutto il fiato che aveva nei polmoni, lo aveva anche insultato. Alla fine poi, aveva pregato persino, ma ultimamente gli dei non sembravano prorio volerlo favorie, e così Rufy era rimasto.


Ace sapeva che tutte quelle persone erano in grado di badare a sé stesse, ma questo non rendeva le cose più facili. Teneva gli occhi puntati sempre su suo fratello, mentre il cuore gli batteva a mille e sembrava saltare un battito, o dieci, ogni volta che quell'incosciente evitava per puro miracolo, qualche colpo mortale. 


Così preso come era, Ace non notò neppure che Marco finalmente l'aveva raggiunto, finchè l'altro pirata non gli fu praticamente addosso, afferrandolo per un braccio e  tirandolo su di peso, visto che Ace sembrava non avere più forza nelle gambe, neppure per salvarsi la vita.


Poi, in qualche modo, Marco lo liberò dalle manette che gli avevano segnato i polsi, e fu come se una nuova linfa vitale scorresse nel suo corpo. Quel fuoco che era rimasto sopito in lui tanto, troppo a lungo, era tornato improvvisamente ad ardere rabbiosamente.


Finalmente le cose sarebbero tornate alla normalità, e sarebbe stato lui a proteggere il suo fratellino, come era giusto che fosse. Ace si lanciò di corsa per cercare di raggiungere Rufy, il quale sembrava effettivamente aver bisogno di una mano. Se qualcosa di buono poteva risultare da tutto quel disastro, era che per la prima volta, avrebbero potuto combattere fianco a fianco. 

Forse sarebbe stato persino divertente.


Ma Marco lo trattenne per un braccio.


"No, Ace!" era evidente che l'altro pirata era preoccupato per lui, che sapeva che dopo tutto quello che aveva passato, poteva non essere nelle condizioni di affrontare nemici così terribili come quelli che avevano davanti.


"Marco..." Ace semplicemente non poteva restare. Cercò di divincolarsi dalla presa del compagno, ma l'altro non voleva saperne di lasciarlo, anzi, lo strattonò nuovamente verso di sè, sperando di riuscire a trascinarlo via. Ace non riuscì ad opporsi a quel movimento abbastanza brusco, da farlo quasi inciampare e cadere. Marco però lo sostenne e lo guardò, serio in volto, sperando forse che quel piccolo incidente costituisse un segnale anche per Ace. Ma alla fine, per quanto criticasse e si preoccupasse per l'impulsività di Rufy, era fatto esattamente della stessa pasta. 


Tanto fece, che riuscì a liberarsi e a lanciarsi di corsa verso suo fratello, lasciando a Marco, che imprecava con enorme fantasia contro tutta la famiglia D, il compito di coprirgli la fuga.


Tuttavia, Marco era ben lontano dall'essere l'unico ostacolo tra i due fratelli, anzi, ce ne'erano molti altri e ben peggiori. Per quanto Rufy, Barbabianca e tutta la sua ciurma fossero un validissimo diversivo, alla fine Ace era sempre il bersaglio numero uno.


Infatti, anche se riuscì alla fine a scendere dal patibolo senza troppe difficoltà, trovò subito ad attenderlo un vecchio nemico, uno che non incontrava da tempo, ma di cui si ricordava benissimo, anche senza un particolare motivo. 


Quegli occhi grigio ghiaccio gli erano rimasti impressi sin dalla prima volta in cui li aveva visti, tanto tempo prima, nel regno desertico di Arabasta.


"Arrenditi, ragazzo" gli disse il commodoro Smoker, come se una cosa del genere fosse veramente possibile "non complicare le cose".


Ad Ace venne quasi da ridere, più difficili di come erano, le cose, decisamente non potevano diventare.


Ma non c'era il tempo, di ridere "levati di mezzo, commodoro" rispose serissimo. Rufy era ancora da qualche parte, nella baia, che combatteva per lui, e non c'era proprio nessuno al mondo che avrebbe potuto impedirgli di raggiungerlo.


Anche Smoker si ricordava bene di quel pirata, forse perchè per la prima volta aveva trovato qualcuno con un potere affine al proprio, ed era certo che anche tutta Arabasta ricordasse ancora perfettamente il loro scontro, e l'avrebbe ricordato per i decenni a venire. Però c'era qualche cosa di diverso, in quel ragazzo, adesso.


Certo, era passato del tempo, e molte cose erano successe ad entrambi, ma non poteva essere solo per quello.


Si ricordò allora che una volta, qualcuno gli aveva detto che esisteva chi era capace di amare a tal punto una persona, da riuscire a combattere per essa fino al limite estremo delle proprie forze. E poi c'era chi era capace di combattere anche oltre quel limite. Smoker non aveva avuto alcun dubbio che Ace appartenesse alla seconda categoria. Ed anche Rufy. 

Quelli erano i fratelli D.


Forse in cuor suo, Smoker era realmente riluttante a combattere contro Ace, ma come la prima volta, l'altro non gli lasciò scelta. Sfoderò la sua arma, e si preparò all'attacco.


Anche Ace non fu da meno "Mi dispiace, commodoro" disse, poi attaccò, retto solo dalla forza della disperazione "hiken!"

 E magari un po' gli dispiaceva davvero. Quel marine aveva qualcosa di particolare.  




***


La cattura di Ace aveva finito per rompere degli equilibri già precari, cosa che la marina aveva in qualche modo previsto. Quello che non aveva previsto, era che il pirata sarebbe riuscito a fuggire insieme ai suoi. La guerra che ne seguì, era destinata ad essere lunga e sfiancante per entrambre le parti.


Sia i pirati che i marines, ogni tanto deponevano le armi in una sorta di breve armistizio, che poteva durare al massimo qualche settimana, e che serviva ad entrambi per riprendere le forze.


In una di quelle fasi di stallo, Ace approfittò per starsene un po' da solo. Dopo che i suoi compagni l'avevano salvato, era tornato a bordo della propria nave e aveva ripreso il suo ruolo di comandante della seconda flotta dei pirati di Barbabianca, deciso più che mai a restare al fianco del proprio capitano. Sapeva bene che quello era il suo posto, e non voleva stare da nessun'altra parte, oltretutto non ne avrebbe avuto motivo, ora che non doveva più dare la caccia a Barbanera, e che Rufy era tornato sano e salvo con i suoi.


Ma quella vita era più dura di quanto avrebbe immaginato. Mentre era prigioniero, aveva desiderato più di ogni altra cosa tornare dai propri compagni, e combattere per il proprio capitano, ma alla fine, non era tutto facile e bello come aveva immaginato.


Per il bene della sua ciurma, si mostrava sempre allegro e forte, doveva dare a vedere che la prigionia, e l'umiliazione della sconfitta subita, erano stati solo degli incidenti di percorso. Era quello che i suoi uomini si aspettavano da lui. 

Solo che mantenere sempre quella facciata, mentre dentro di sè conviveva con la consapevolezza di essere stato la causa di una guerra di proporzioni epiche, che stava causando enormi sofferenze soprattutto a chi non c'entrava niente, era veramente difficile. 


 Ace si sentiva sempre come diviso in due. Una parte era quella energica e solare di sempre, ma l'altra era come se fosse rimasta prigioniera nel buio e nel dolore di Impel Down, e a volte era convinto che sarebbe rimasta sepolta lì per sempre.


Era talmente ingiusto, pensava, ma non per sè, anzi, casomai credeva di meritare quella punizione, per tutti i suoi errori. Era ingiusto per quelli che avevano rischiato la vita per aiutarlo, e alla fine ci erano riusciti solo a metà.


Nessuno avrebbe mai dovuto sapere come si sentiva in realtà. Era il minimo che il pirata sentiva di dover fare per tutti loro.


Barbabianca però doveva averlo capito da solo, aveva abbastanza anni ed esperienza per comprendere che certe cose non possono essere dimenticate molto facilmente. Per quel motivo non si oppose quando Ace gli chiese con una scusa di potersi allontanare per qualche giorno. Aveva solo bisogno di starsene un po' da solo.


Saltare sul suo striker e scorrazzare libero per il mare, era una sensazione che gli era mancata più di quanto lui stesso si fosse reso conto. Lo sfrecciare sulle onde con il vento in faccia, senza una meta precisa, stava facendo già molto per il suo umore. E anche per il suo appetito, sebbene quella fosse una cosa che non gli era mai mancata.


Fece rotta verso la prima isola che incontrò sul suo tragitto. Vide che c'era una nave della marina attraccata nel porto, ma non era una novità. Di quei tempi, se ne vedevano molte di più in giro, e comunque, dei semplici  marines non erano mai stati un problema per Ace.


Ad ogni modo le esperienze passate gli avevano insegnato ad essere un po' più prudente. La prima cosa che fece dopo aver nascosto lo striker, fu procurarsi un mantello che indossò per coprire i tatuaggi, e dare meno nell'occhio. Se il marchio di Barbabianca era famoso prima, adesso era fin troppo conosciuto. Non avrebbe causato una rissa con la marina, almeno non prima di essersi levato la fame. 


Si diresse verso l'abitato, in cerca di una locanda. Le strade dell'isola non erano molto affollate, e tra i pochi passanti Ace non vide nessuna divisa bianca, si avviò quindi tranquillamente per la sua strada. Ma dopo un po', riconobbe un viso che gli sembrava familiare. Una ragazza col caschetto e gli occhiali sistemati sulla testa. In mano aveva una grossa spada. Ben presto Ace non abbe più alcun dubbio, quella lì era il primo ufficiale di un certo commodoro. Non un marine qualunque, quindi. Questo complicava le cose.


Il suo primo istinto fu di svignarsela in fretta dall'isola, tanto la ragazza non l'aveva riconosciuto, probabilmente più perchè non indossava gli occhiali, che per via del suo travestimento. 


Ma ripensandoci, Ace si rese conto di avere voglia di incontrare quell'uomo. Ripercorse con la mente il loro primo scontro ad Arabasta, e poi anche l'ultimo, il giorno della sua presunta condanna a morte. Lì per lì, non aveva avuto modo di riflettere per bene sulla questione, il suo unico pensiero era farla finita i fretta per correre a dare man forte a suo fratello, ma poi, i dettegli di quella battaglia gli erano tornati in mente, e si era accorto che c'era stato qualcosa di strano nel comportamento di Smoker. Non avrebbe potuto affermare che il marine l'avesse proprio lasciato andare, ma era quasi certo che non aveva combattuto al massimo delle sue forze.


Senza sapere bene il perchè, Ace era rimasto molto colpito tanto da quel dettaglio, quanto dal fatto che gli tornasse in mente di tanto in tanto. Con tutto quello che era successo quel giorno, per non parlare di quelli  precedenti e di quelli a seguire, una cosa del genere avrebbe dovuto passare del tutto inosservata, invece ancora era lì a rifletterci sopra.


Sapeva perfettamente di stare per fare una cosa terribilmente, enormemente stupida, ma questo non l'aveva mai fermato in passato. 

Decise che voleva parlare con il commodoro. 


Sperando almeno di non dovere andare a cercarlo sulla sua nave, decise di perlustrare prima le osterie della zona, nella speranza di trovarlo lì, data la presenza del suo sergente. Infatti ebbe fortuna. Smoker era seduto al tavolo di una delle locande, dove probabilmente alloggiava anche per la notte. 


Per non causare una scena in pubblico, Ace girò attorno all'edificio, finchè non arrivò sul retro, qui ebbe nuovamente fortuna, perchè vide una giovane donna intenta a stendere il bucato all'aria. Probabilmente una cameriera, se non addirittura la proprietaria. Le si avvicinò, e sfoderato uno dei suoi sorrisi più accattivanti, che non mancavano mai di far arrossire le ragazze, riuscì a scoprire che il commodoro alloggiava in una camera del primo piano. 


Il pirata ringraziò con un inchino e diede a avedere di essersi allontanato. Poi attese pazientemente, e non appena la donna fu rientrata, decise di arrampicarsi lungo la grondaia per entrare da una delle finestre aperte. 

Forzare la serratura della stanza del commodoro, fu fin troppo facile.


La camera, logicamente, era vuota. Non c'era neppure granchè con cui il pirata avrebbe potuto occupare il tempo nell'attesa che arrivasse il marine. Si mise a sedere sul letto, ma ben presto trovò quell'occupazione estremamente noiosa, allora si alzò, andò a curiosare nell'armadio, ma anche lì nulla di interessante. Tornò di nuovo sul letto, molleggiandosi sul materasso, ma anche quello gli venne subito a noia. Alla fine si mise a sedere alla piccola scrivania che stava sotto la finestra, inclinando la sedia finchè non fu in equilibrio sulle sole gambe posteriori. 


In quella posizione si addormentò, ma ben presto subì un brusco risveglio, quando perso l'equlibrio nel sonno, cadde a peso morto per terra. Ma se non altro aveva occupato un po' di tempo dormendo, a giudicare dalla luce che oramai si era fatta più fioca, segno che il tramonto doveva essere oramai vicino.

Si mise allora a sedere direttamente sulla scrivania, ritendola più sicura, e sperando di non dover attendere ancora molto.


Infine, dopo qualche minuto ancora, sentì che qualcuno stava manovrando la serratura della porta, e tirò un sospiro. Era quello che voleva, ma l'idea di incontrare quell'uomo, un po' gli metteva ansia. Quella sensazione gli fece provare di nuovo quell'amarezza che era riuscito a dimenticare per qualche ora e desiderò solo poter tornare ad essere quello di prima, sicuro e spavaldo.


Quando Smoker entrò, la prima cosa che vide, fu il pirata seduto tranquillamente sulla scrivania. 

Rimase fermo a fissarlo per qualche istante, prima di entrare e chiudere la porta. Si era accorto che c'era qualcosa di strano nella sua serratura, ma non si era certo aspettato che quello stupido pirata potesse avere il fegato di introdursi nella sua stanza, specialmente dopo tutto quello che era accaduto.


"Hai un desiderio di morte, Portgas?" disse, visto che l'altro, stranamente, non sembrava essere intenzionato ad iniziare il discorso.


"Vengo in pace, commodoro" rispose Ace, con il suo solito sorriso da canaglia, ma Smoker notò che quel sorriso, non raggiungeva gli occhi.


"Cosa vuoi?" chiese allora, brusco. Fu il turno di Ace, di essere sorpreso. Si era preparato ad un attacco repentino, avrebbe scommesso che il marine, come prima cosa, avrebbe cercato nuovamente di arrestarlo, invece non sembrava averne l'intenzione. Casomai, Ace ebbe l'impressione di vedere in quegli occhi chiari, il riflesso della sua stessa malinconia.


Era come guardarsi allo specchio, e lo spettacolo non gli piaceva, tanto meglio andare subito al sodo. "Perchè mi hai lasciato andare?" chiese, senza specificare altro, convinto che il marine sapesse perfettamente di cosa parlava.


"Non so di cosa stai parlando, pirata" rispose invece quello, ma Ace si accorse che stava mentendo.


"Lo sai" riprese, parlando con calma, come se avesse incontrato una vecchia conoscenza "l'ultima volta che ci siamo incontrati. Se avessi voluto, avresti potuto fermarmi."


Smoker non seppe cosa rispondere, in un certo senso, pensò che il ragazzo poteva anche avere ragione. Ripercorse con la memoria quella battaglia. Tecnicamente non l'aveva lasciato andare, ma fu costretto ad ammettere che non aveva neppure combattuto al massimo delle sue possibilità. E se il pirata aveva approfittato di un istante di distrazione in cui aveva dovuto togliere Tashigi dai guai, forse era stata solo colpa del destino. 


"Sei venuto fin qui per chiedermi questo?" deviò convenientemente il discorso. "Con la taglia sulla tua testa raddoppiata, e tutta la marina che farebbe carte false per catturarti?"


Ace sorrise amaramente "non ti preoccupare, non mi farò prendere un'altra volta. Non vivo, almeno" Smoker potè leggergli in viso che diceva sul serio.


"La taglia si incassa lo stesso, anche col prigioniero morto?" chiese poi il pirata, per cercare di sdrammatizzare.


 Smoker cominciava ad averne abbastanza "hai cinque secondi per andartene, dopo di chè scopriremo la risposta alla tua domanda." Quello stupido non aveva un minimo di istinto di autoconservazione.


"Lo stai facendo ancora" rispose Ace, di nuovo serio, "mi lasci andare. Perchè?"


In quel momento Smoker fu molto vicino a non lasciarlo andare. Possibile che quell'idiota non si rendesse conto del rischio che stava correndo? Avrebbe dovuto arrestarlo più per la sua idiozia, che per i suoi crimini. Ma se il comportamento del ragazzo era veramente assurdo, la sua domanda, in fin dei conti non lo era.


Se la prima volta poteva affermare di aver dovuto scegliere tra catturare la sua preda e salvare la vita del suo sergente, stavolta non aveva scuse. Stava lasciando fuggire uno dei ricercati più ambiti dalla marina, gli stava anzi consigliando di andarsene, senza un buon motivo. Almeno, senza uno che gli sarebbe piaciuto ammettere ad alta voce. Tanto meno di fronte ad Ace.


Cercando bene dentro di sè, il marine scoprì di conoscere già la risposta, ma non avrebbe mai e poi mai potuto dire ad Ace quello che faceva fatica ad ammettere anche con sè stesso. Che gli ideali della marina sempre meno spesso coincidevano con i suoi, che la giustizia in cui credeva non era quella che rendeva lecito torturare i prigionieri in un posto disumano come Impel Down, praticamente solo per il gusto di farlo. Tanto meno era quella che causava una guerra che avrebbe fatto del male a tantissime persone innocenti, per stanare un solo pirata. E meno che mai, era quella che uccideva bambini innocenti, solo per eliminare a priori la possibilità che uno di loro, un giorno, forse, potesse seguire le orme di un padre che non aveva mai conosciuto.

E per finire, che Ace, che era rimasto sul luogo della sua stessa esecuzione, invece di fuggire non appena possibile, solo per proteggere suo fratello, meritava più rispetto di tanti altri pezzi grossi della marina messi insieme.


"Non sono affari tuoi" si limitò allora a rispondere. "Sparisci adesso."


Ace avrebbe voluto rispondere che invece si, erano affari suoi eccome, ma si rese conto che non avrebbe avuto le risposte che cercava dall'uomo che aveva di fronte. Però qualcosa inziava ad intuire. Scese finalmente dal tavolo dove era rimasto seduto fino ad allora, e si avvicinò lentamente al marine, perchè fosse chiaro che non intendeva attaccarlo o roba del genere. 


Smoker non indietreggiò di un passo, neppure quando il pirata gli fu talmente vicino da invadere il suo spazio personale.


Ace era arrivato così vicino da dover alzare il viso per poterlo guardare negli occhi, e quello sguardo gelido gli fece provare una strana emozione. Un po' lo intimoriva, ma lo affascinava anche. In ogni caso, era meglio di quella specie di apatia che sembrava essersi impossessata sia del suo cuore, che del suo cervello. 

E si, non aveva avuto esattamente le risposte che voleva, però ugualmente era come guardare una fitta nebbia che si dirada, quando sembrava che non dovesse mai accadere.


"Tu sei diverso" disse Ace, e stavolta furono i suoi occhi neri e penetranti a lasciare interdetto il marine "non sei come tutti loro". Poi, con un filo di voce,ed una semplicità disarmante, aggiunse "grazie", e del tutto inaspettatamente, sia per sè stesso che per Smoker, baciò il marine.


Smoker rimase letteralmente di sasso, almeno all'inizio, ma poi come se il suo corpo avesse preso il sopravvento sulla sua volontà, lo afferrò saldamente per le spalle, e ricambiò il bacio. Ma l'incanto durò poco, alla fine i due furono costretti a riprendere fiato e quindi a separarsi.


Ace sembrava stupito dell'accaduto quasi quanto Smoker sentiva di essere, però si riebbe ben presto. Ancora così vicino al commodoro, tanto che quest'ultimo avrebbe potuto contare le lentiggini sul suo viso, cominciò a sorridere e stavolta il sorriso raggiunse anche il suo sguardo. In quel momento a Smoker sembrò di rivedere per la prima volta il ragazzo che aveva incontrato ad Arabasta.


"Portgas" disse allora, gelido, mentre Ace già correva come un razzo verso la finestra.


"SEI MORTO!" gli urlò il marine, ma con un balzo agile, il pirata era atterrato in strada prima che l'altro potesse finire la frase. 

In meno di un secondo Smoker aveva raggiunto la finestra, ma non saltò giù anche lui, invece trasformò un braccio in una lunga lingua di fumo che finì per colpire il pavimento a pochi millimetri da dove il pirata si trovava.  Ace schivò il colpo per pochissimo, e voltatosi verso la finestra, accennando un saluto col suo cappello, urlò ridendo, "ci rivedremo, commodoro!" prima di correre via, veloce come un lampo, nella direzione in cui era arrivato.


Ancora incredulo dell'accaduto, Smoker andò a sdraiarsi sul letto, prima scuotendo la testa e poi imponendosi di non sorridere. Ovviamente non finiva lì. Gliela doveva far pagare, a quella piccola carogna.


Ace raggiunse lo striker sempre di corsa, indisturbato, e subito prese il largo. Alla fine la fame non se l'era levata, ma in compenso era come se si fosse tolto almeno in parte, un peso dal cuore. In realtà non aveva risolto nulla, però inaspettatamente gli era già venuta voglia di tornare sulla sua nave, e passare la notte a bere e fare baldoria  insieme ai suoi uomini. 

Era da tanto, troppo tempo che non si sentiva così, e anche se sapeva che non era possibile che quella sensazione durasse in eterno, sperò almeno che rimanesse viva in lui il più a lungo possibile.


Fece rotta verso la sua nave, chiedendosi quanto tempo sarebbe passato ancora, prima che avesse di nuovo casualmente incrociato la rotta del commodoro.



***


Ringrazio in anticipo tutti quelli che leggeranno questa fic, e soprattutto quelli che vorranno lasciare un commentino ^___^ 

I love you all <3





   
 
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