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Autore: Bellis    17/10/2009    1 recensioni
Il celebre investigatore di Baker Street si trova alle prese con un mistero che lo trascinerà nel profondo di torbide acque, un abisso che affonda le sue radici negli oscuri eventi del suo passato. Riuscirà Watson a far luce su un enigma che coinvolge tanto gravemente lo stesso suo amico? Come potrà Mycroft Holmes essere d'aiuto?
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tanto per cominciare: Bebbe5, grazie di cuore per i complimenti e per il giudizio positivo *___* Ci ho messo tanto a scrivere il capitolo precedente, a immaginare quella scena. Concordo: Holmes a volte può essere molto gentile, quando ci si mette :P
Ora, Ti avverto: ciò che leggerai in questo Capitolo Nono, è quanto di più improbabile potessi scrivere. Cioè, avevo ideato così la vicenda sin dall'inizio, però solo scrivendola me ne sono resa conto. Ad ogni modo, spero che, per quanto incredibile e fantasioso, il prossimo brano non Ti deluda :) Manca ancora qualche pezzo alla conclusione, in realtà.

Basta divagazioni! Ecco il...


Capitolo IX - La confessione di Louise Berning

Raven Hall sembrava più grande e più vuota che mai. La giovane domestica, colma di timore per lo stato di prostrazione emotiva in cui si trovava la sua padrona, e piena di paura per l'improvvisa ed inaspettata presenza di due funzionari di Scotland Yard, ci accolse tenendo lo sguardo basso, e ci introdusse nel salotto, dove la signora Berning ci aspettava, seduta sul divano, mentre Gregson la osservava, appggiato allo stipite della finestra che dava sul cortile.

Il giovane Berning si recò subito accanto alla madre, lanciando occhiate altere e ammonitrici a tutti i presenti, come a volerci dissuadere da un interrogatorio o dal riferire notizie che avrebbero potuto rivelarsi spiacevoli per lei. Ad ogni modo, come era prevedibile, Holmes non sembrava voler aderire a questa politica di cortesia incondizionata - potevo capirlo dalla sua espressione determinata.

La donna aveva sollevato lo sguardo verso di noi, mentre oltrepassavamo la soglia della porta. I suoi occhi, sbarrati in un istintivo terrore, si erano posati sulla mia persona, e i lineamenti del viso - almeno così mi parve - si erano rilassati leggermente, ammorbidendosi. Le labbra si dischiusero per qualche istante, per poi ricongiungersi in una linea di esitazione.

"Jonas Wright è morto." annunciò Sherlock Holmes, portandosi di fronte alla vedova con due soli lunghi passi.

L'unica reazione che quella mostrò fu rappresentata da un lieve sobbalzo, ma nessuna traccia di pietà, o compassione, o disperazione solcò il suo volto già segnato. Abbassò lo sguardo, evitando il contatto visivo col mio amico. Lestrade, al mio fianco, scambiò un'occhiata col suo collega.

"Ciò non la sorprende, signora?" domandò, con somma perspicacia, Mycroft, il tono non particolarmente gentile.

Lei scosse il capo, rimanendo ancora in silenzio. Sembrava volersi far forza: un tipico esempio della dignità fredda e disciplinata che da sempre caratterizzava con un marchio di onore e coraggio la nostra devota e fedele Madrepatria.

"No, signore." dichiarò infine la signora Berning, risollevando lentamente le palpebre. "Questa nuova non mi ha sorpreso, dal momento che ho veduto lui vivo e vegeto e Wright mancante dal vostro solenne corteo." accennò a me, mentre parlava, e la voce conteneva una nota di freddezza della quale non l'avrei mai ritenuta capace.

Represse un sospiro, e un silenzio pesante cadde sulla sala, echeggiando e facendosi sentire con l'insistenza del suono di una campana. Una mano guantata si sollevò verso il viso di James Berning, che rimaneva chino, immobile come una statua di cera, ai piedi del divano.

"Figlio mio," pronunciò lei, e una sillaba si incrinò sotto il fardello dell'emozione, "E' tempo che tu conosca ogni cosa. E' tempo che tu sappia, e - oh, forse, giacchè lui è morto, essi non potranno più nuocerti! - Ma lascia che io ti spieghi... e non giudicare con troppa severità il mio cuore, te ne prego."

Scorsi un lampo di realizzazione attraversare gli occhi grigi di Holmes, ma egli tacque, ed io feci altrettanto, come gli altri presenti nella sala. Louise Berning aveva catturato la nostra attenzione, ed attendemmo tutti le rivelazioni che ci avrebbe fornito.

La donna continuava a fissare il pavimento, senza riuscire a guardar negli occhi suo figlio.
"Sposai tuo padre per amore, James, non perchè fosse l'erede di una nobile famiglia. Credimi, fu così, e non ero conscia della tortuosa strada che mi si spianava innanzi. Amavo il suo contegno altero, la sua forza d'animo, la sua astuzia. Non conoscevo nulla dei suoi affari e del suo impiego - il mio ruolo in questa casa era un altro, non certo quello di giudicare le azioni di mio marito.

"Passai gli anni in questa dimora, vidi Tyneside crescere, conobbi gran parte della gente che abitava qui - popolani, per lo più... a parte Siger Holmes, ovviamente."

Berning deglutì, lanciando una breve occhiata ai fratelli Holmes, sconcertato.

"Siger Holmes era un uomo di natura pratica ed onesta. Di lui sapevo solamente che era un letterato di grande ingegno, che viveva con la moglie, Violet, nella campagna vicina, e che lei aspettava un bambino. Aveva concluso qualche affare con mio marito, e si erano visti, di rado... ma in un particolare giorno, si recò nella nostra abitazione... nel lontano 1846, a colloquio con mio marito. Io non volevo - non avevo alcuna intenzione di udire ciò che si dissero! - ma accadde. Udii parole astiose, dallo studio del mio consorte, e sostai nel corridoio."

Lo sguardo della vedova ora era quasi implorante, mentre si spostava dal volto pallido di Sherlock a quello apparentemente inespressivo di Mycroft.
"Stavano parlando di questioni che, nella mia ignoranza, non riuscivo a comprendere appieno. Solo in seguito venni a conoscenza del fatto che l'intera vicenda aveva origine dal passaggio di proprietà della locale linea ferroviaria... in quel momento riuscivo a capire solamente che essi erano in forte disaccordo, e che il signor Holmes si trovava in grave pericolo.

'Lei è un folle, Siger! Lei sa a cosa condurrebbe la sua sconsideratezza!' esclamò mio marito, con un accento di esasperazione che di rado gli avevo udito usare.

'Mi rinfreschi la memoria, dunque.' rispose, con calma, Holmes, 'E cerchi di darmi una sola buona ragione per non denunciarla alle autorità competenti, dopo ciò che ho scoperto attraverso l'analisi dei documenti.'

'Vuole una buona ragione?' sentii distintamente il tonfo di un pugno battuto sul legno della scrivania, 'Bene, eccola qui: le sue... prove... non le serviranno a nulla, in tribunale. Verrei assolto, e la sua bella teoria finirebbe in nulla!'

'E' tutto da dimostrare, Hamish.' lo apostrofò duramente Holmes, 'Una cosa però è certa: la sua reputazione non trarrebbe affatto giovamento da un procedimento penale, non è vero? E nemmeno i suoi introiti finanziari.'

'Non può farmi questo.' sussurrò mio marito, affranto.

Una sedia cigolò mentre il suo interlocutore si alzava in piedi, 'La credevo un amico, Hamish. La credevo una persona onesta. Non posso ignorare una truffa così evidentemente architettata ai danni della nostra città ed in violazione delle leggi Britanniche.'

Due differenti suoni di passi si mossero all'unisono, e percepii la nota voce del mio consorte molto vicina alla porta: si era frapposto tra Holmes e l'uscita.
'Siger.' lo chiamò, a voce bassa, 'Suo figlio sta per nascere, vero?'

Un lungo minuto di quiete assoluta mi straziò l'animo.

'Berning.' masticò Siger Holmes, 'Lei sta passando ogni limite.'

'Ah, per l'amor del Cielo, mi ascolti! Lei si sta cacciando in un enorme guaio!'

'Mi stia a sentire.' fece l'altro, a voce piuttosto alta, e spezzata dall'agitazione, 'Le minacce nei miei confronti ottengono solitamente l'effetto opposto! Quindi non osi!...'

'Non la sto minacciando!' gridò mio marito, 'Le sto solo prospettando l'inevitabilità del futuro, se lei proseguirà in questa direzione!'

'Se non è lei a minacciarmi, chi, allora?'

Il silenzio piombò sul mio cuore raggelato da quella discussione che mi terrorizzava, per la franchezza di quei modi e la serietà delle parole crudeli.

'Cardside, forse?' insistette Holmes, ma Hamish non rispose.

La porta si aprì, con gran fragore. Siger Holmes apparve, bianco in volto, con la mascella serrata. Mi squadrò da capo a piedi, accennò un saluto, e se ne andò. Quella fu la prima volta in cui sentii nominare la nemesi che avrebbe presto sconvolto le nostre vite."

Louise Berning prese fiato, ormai completamente vibrante per la difficoltà di quella narrazione, e per l'assalto contemporaneo di tutte le emozioni da essa evocate. Lestrade e Gregson la fissavano, non credendo alle proprie orecchie. Non ebbi la forza di guardare nè il mio amico Holmes nè suo fratello, e mantenni invece i miei occhi sulla figura esile della vedova che riprendeva il proprio racconto.

"Naturalmente, Hamish volle sapere cosa avevo sentito, e mi fece promettere di non parlare dell'accaduto con anima viva. Non so se, in quel giorno, mio marito avesse suggerito effettivamente a Siger Holmes un ottimo motivo per rimanere in silenzio, fatto sta che nessuna denuncia gravò sulla sua fedina penale fino al 1873.

"James, tu eri già nato, ma eri molto piccolo, quando Hamish, preso da gravi difficoltà di natura economica, volle vendere la miniera di carbone. Il giacimento era già esaurito, e l'acquirente, Jonas Wright, si rivolse al suo datore di lavoro, Thomas Cardside, di Maidstone, che lo sostenne nell'accusa di truffa a danno di mio marito. Andrey Rigby, un vecchio conoscente di Hamish, impegnò i propri possedimenti per ripagare il suo debito, ma da quel giorno, un fatto strano quanto terribile accadde, a cambiare tutta la nostra esistenza.

"Hamish e il signor Rigby divennero quasi succubi di Cardside. Erano in debito con lui e con Wright, che avevano ritirato la denuncia, e li oberavano di incarichi da portare a termine. Entrambi erano vincolati a Cardside, ormai, ed egli prosciugava la rendita di Raven Hall, le nostre risorse, i nostri animi avviliti.

"Da quel che so, Rigby tentò più volte di sottrarsi a questo micidiale giogo, ma, una decina di anni dopo, morì in un incidente, e Hamish rimase solo a sostenere il tremendo peso del suo debito. Tu eri già grandicello, ormai, e seppi che Cardside stava facendo leva sui sentimenti paterni che mio marito provava nei tuoi confronti, per carpirgli energie e favori. Oh, Hamish non mi diceva mai apertamente nulla, egli era sempre protettivo nei miei confronti."

Louise Berning sorrideva mestamente, con gli occhi lucidi di lacrime, e solo in quel momento incontrò lo sguardo di James, che, allibito, strinse con forza la mano della madre, per comunicarle la propria vicinanza.

"Come lo era nei tuoi, figlio mio. Non ti sei mai chiesto perchè ti mandammo così presto a una scuola privata, e poi al college? Non ricordi che fu proprio nell'anno in cui Jonas Wright venne ad abitare qui, a Raven Hall? Tuo padre credeva che la lontananza da casa avrebbe potuto garantirti una maggiore sicurezza."

La donna si rivolse nuovamente a noi, scuotendo tristemente il capo.
"Non so perchè mio marito sia morto. Egli non mi ha detto nulla delle sue intenzioni nei suoi confronti, signor Sherlock Holmes... anche se conoscevo i moti d'animo di colui al fianco del quale avevo passato la vita, ed avevo percepito un gran turbamento colmare il suo cuore. Tuttavia so per certo che è stato Jonas Wright ad ucciderlo, e ad ingiungermi di tacere i fatti."

Detto ciò, ruppe definitivamente in lacrime, silenziosamente, sulla spalla del figlio, che mantenne nei suoi confronti una fermezza ed un controllo che lo fecero sembrare molto più maturo di quanto non si fosse dimostrato in precedenza.
La mia sensazione era di profondo imbarazzo, come se fossi un intruso, in quella dichiarazione che tanto personalmente coinvolgeva il mio caro amico Holmes ed un suo così stretto congiunto. Deglutii e feci qualche passo indietro, notando la commozione della vedova, e mi affiancai a Gregson, che sembrava condividere il mio pensiero, e si era portato anche lui in disparte.

"Madre mia." sussurrò James Berning, con voce tremante, "Voi avete fatto per me ciò che nessun altro avrebbe potuto fare. Avete voluto proteggermi, ed io non ho il diritto nè la coscienza per esprimere un parere sul vostro agire. Ma ora dobbiamo risollevare il capo ed affrontare la situazione. Non possiamo più nasconderci."

"Oh, James, " singhiozzò la signora, "Sei ancora in pericolo! Mio marito, con la sua intelligenza, non è mai riuscito a sfuggire alla presa mortale di quell'uomo! Non posso permettere che tu..."

"Non vivrò da vigliacco, Madre." ribattè il figlio, "Non disonorerò il nome di mio padre nascondendomi nell'ombra e sperando che nessuno mi trovi." serrando la mascella, si rivolse a Lestrade, "Ispettore, abbiamo intenzione di offrire a Scotland Yard tutta la collaborazione che potremo dare, e tutti i dettagli in nostro possesso. In quanto a ciò che potrà derivare da questa azione," il tono si raddolcì, mentre si rivolgeva alla vedova, "lo affronteremo insieme, cara Madre, giacchè la responsabilità è vostra quanto mia."

Louise Berning nascose il volto rigato di lacrime nella giacca del figlio, e tutti osservammo un rispettoso silenzio, nei confronti di quelle circostanze così straordinarie che ci mostravano tanto apertamente l'emotività di coloro che erano solamente sconosciuti, per noi.

Gregson si schiarì la gola.
"Ma certo, signor Berning." balbettò Lestrade, annuendo frettolosamente.

James Berning si distaccò delicatamente dalla madre, levandosi in piedi ed ergendosi in tutta la sua statura. Il suo viso era molto giovane, ma quelle forti emozioni parevano aver conferito un pizzico di serietà e compostezza in più alle sue movenze.
"Suggerirei inoltre che i documenti attualmente custoditi a Scotland Yard siano restituiti alla famiglia Holmes. E non mi venga a dire che costituiscono elemento di prova, perchè con la sua indagine sull'omicidio, ora, non c'entrano proprio nulla, signor ispettore." sbottò infine, aspramente, in un indisciplinato sfogo che gli guadagnò una severa occhiataccia da parte dei due poliziotti.

"Tuttavia, il problema resta." commentò Gregson all'improvviso. "Le informazioni che ci ha date, signora Berning, sono preziose e sicuramente ci aiuteranno a far luce sui retroscena della morte di suo marito. Con rispetto parlando." aggiunse precipitosamente il giovane ispettore, che si era reso conto della schiettezza di quell'affermazione, "Però non costituisce prova. Ancora non abbiamo nulla in mano: e qualsiasi azione legale da parte nostra sfocerebbe nel fallimento."

"Non ha tutti i torti." considerò Mycroft Holmes, in un sussurro. "Gli indizi tangibili in nostro possesso non si avvicinano nemmeno a Thomas Cardside."

La tranquillità nuovamente avviluppò la stanza, nel suo abbraccio morbido ed avvolgente, che conduceva per mano nel profondo delle più recondite meditazioni dell'animo. Sembrava ora quasi che un velo di macabra cupezza si fosse dissolto, la cappa di un nero incantesimo di malizia si era sollevata da quella casa, ora che la verità era salita in superficie a risplendere ed illuminare della sua radiosa essenza tutto il luogo.

Restava però un retrogusto amaro: ed era costituito dalla presente impossibilità di intraprendere qualsiasi linea di comportamento nei confronti del criminale che aveva commesso tali subdoli ed atroci delitti, ricattando Siger e Violet Holmes, inquinando la famiglia Berning, inviando sicari a uccidere lo stesso Hamish Berning e, svariati anni prima, Andrew Rigby. Mi chiedevo in quel momento sino a che punto avremmo dovuto mantenerci nei limiti della legalità, ora, che la realtà dei fatti era tanto palese quanto inafferrabile. La mia indole mi suggeriva l'inazione; ma il mio cuore ribolliva, al pensiero che il mio amico si trovasse - come ero certo - sconvolto e combattuto nella memoria della sua giovinezza.

"Riguardo quei documenti, Lestrade," intervenne la voce di Sherlock Holmes, riecheggiando le mie stesse riflessioni con una nota di distacco che mi parve più stridente e forzata che mai, "la notizia dello straordinario ritrovamento è già arrivata alle stampe?"

Lanciai un'occhiata al mio amico. Il suo volto era teso, e la maschera che solitamente lo irrigidiva in una fredda disciplina era ora emblema di un profondo turbamento. Sapevo bene che, per quanto il famoso detective negasse la propria natura, egli rimaneva pur sempre un essere umano, soggetto ad errori - per quanto infrequenti - e all'emotività, che pure egli considerava un ostacolo all'analisi logica. In quel momento, l'inflessibile ed austero Sherlock Holmes era perduto nelle nebbie del ricordo, ed i sentimenti erano palesi sul suo viso come quelli di James Berning.

Lo Yarder, stranito, scosse il capo, "No, signore. L'intera vicenda è stata mantenuta strettamente confidenziale all'interno degli uffici di polizia, per rispetto a entrambe le parti interessate, e per evitare uno scandalo."

"Cosa intendi fare, Sherlock?" il tono fortemente preoccupato di Mycroft mi riscosse e mi spinse a guardare nuovamente suo fratello.
Ciò che scorsi mi raggelò.

I lineamenti aquilini dell'investigatore erano tirati in un sorriso che non suggeriva nulla di gioioso e spensierato. Era quell'espressione sardonica che a volte gli avevo notato, mentre considerava filosoficamente le implicazioni morali di un crimine e giungeva a constatare con amarezza la natura profondamente perversa del nostro genere. Tuttavia, in quel momento, tale asprezza era centuplicata, ed ogni fibra del mio amico pareva voler esplicare il suo intento.
Egli aveva un piano, un fermo proposito. E nessuno avrebbe potuto mai convincerlo ad abbandonare la sua idea.

La sua formidabile mente stava tessendo la più solida delle reti intorno a Thomas Cardside. Il delinquente non era più il predatore, e le sue vittime non erano più le prede: ci stavamo addentrando nel territorio di Sherlock Holmes, dove egli era l'unico cacciatore, l'unico conoscitore di quel paesaggio accidentato ed irto di ostacoli superabili solo da un'astuzia raffinata.

Quasi credevo che non avrebbe risposto al funzionario di Whitehall, dando per scontato che quello avrebbe potuto dedurre facilmente la risposta dal suo stesso atteggiamento, tuttavia egli parlò.
"Mi servirà il tuo aiuto." mormorò, un suono vibrante che si confuse con quello della pendola e ruppe per un solo momento la tranquillità di quella stanza immobile.

Il fratello maggiore annuì, e non potei non rabbrividire, notando che il suo volto era lo specchio di quello del giovane Holmes.
"Lo avrai, ragazzo mio." esalò, "Lo avrai."


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Note dell'Autrice
Che Ti avevo detto, Lettore? Questo è davvero il capitolo più improbabile che avessi mai potuto scrivere! :S
Tuttavia, la situazione fa pensare. Holmes è combattuto. No, di più. E' deciso a fare giustizia. La faccenda è troppo pressante, lo coinvolge troppo direttamente perchè lui la riesca a considerare con la dovuta obiettività.
Come riuscirà il nostro amato detective a coniugare le inevitabili emozioni con la sua proverbiale freddezza? Sino a che punto si spingerà? Riuscirà Watson ad evitare che si possa cacciare nuovamente nei guai? E come reagirà Mycroft, l'impassibile pensatore astratto?
E quale sarà il piano ideato dall'investigatore di Baker Street?
Tutto questo - ed altro ancora - nel decimo capitolo.
Probabilmente. :D


   
 
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