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Autore: Geneviev    19/10/2009    1 recensioni
Come si possono riprodurre su un foglio di carta occhi come quelli?
Così pieni di peccato, portale di ghiaccio per il limbo infernale dei golosi e dei lussiorosi...
Come si può farlo e non venirne irretite, impregnate, trapassate?
Genere: Dark, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Baci oscuri'
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.: Disegno di un peccatore :.

 

 

Non sapeva come fosse finita in quell’attico dalle modeste dimensioni e dal basso soffitto spiovente. O meglio, lo sapeva.

Aveva semplicemente risposto di sì, quando lui le aveva chiesto se voleva salire. Come avrebbe potuto rifiutare un invito del genere?

Lo aveva conosciuto diversi mesi prima, in un locale, dove lavorava una sua amica. Se ne stava seduta al bancone, ad aspettare che Clara finisse di servire long drinks, quando lui si avvicinò chiedendo da bere per le ragazze al tavolo degli universitari. Alla fine della serata si era ritrovata nella sua macchina a scroccare un passaggio, un passaggio su una Ferrari grigio metallizzata.

Ora era nel suo attico, in centro città. Non c’erano pareti che dividevano le stanze, salvo per il bagno, solo grandi pile di libri e riviste separavano la zona giorno, con una linda cucina e tavolo da pranzo, e la zona notte, dove regnava un basso letto moderno, un divanetto d’antiquariato con le imbottiture porpora e un armadio a muro. Essenziale.

Se ne stava seduta sul fondo del letto coperto dalle lenzuola bianche, con la cartella fra le gambe. Alla sua sinistra la grande vetrata mostrava la città sotto le soffici nuvole della sera, che riflettevano i cangianti raggi del sole ormai tramontato.

Spostò gli occhi su di lui, che si avvicinava a passi tranquilli dalla cucina. Dannazione, com’era bello. Alto, slanciato, atletico, pareva la statua di una divinità greca. La sua pelle tanto chiara sembrava brillare nella penombra dell’attico, che andava riempiendosi della notte incombente.

Indossava dei jeans neri, sotto una camicia azzurro pallido lasciata sbottonata al collo, a cui erano legate due collanine. Si fermò a poca distanza da lei. Le permise di ammirare il suo viso d’angelo, mozzandole per un momento il fiato in gola.

Lavorava per un’agenzia di modelli. Che altro avrebbe potuto fare nella vita, con un viso e un corpo come quelli? Era impossibile immaginare qualcosa che fosse più bello di lui, ed era tanto scontato che frotte di ragazze gli cadessero ai piedi e pendessero dalle sue labbra. Non riusciva a non affascinare.

I lisci capelli rosso violino, accurati con un tocco di gel, sembravano infinitamente morbidi e quanta grazia avevano le ciocche che incorniciavano i lineamenti perfetti. I suoi occhi erano di quell’azzurro talmente chiaro da sembrare inumano. Era inumano, troppo bello per essere vero.

La ragazza abbassò gli occhi imbarazzata. Aaron sorrise, le si avvicinò di qualche passo fino ad essere in piedi al suo fianco. Allungò una mano pallida verso la sua guancia per sfiorarla con il dorso delle dita, facendola quasi spaventare. Marie alzò il viso, incontrando i suoi occhi, socchiuse le labbra, ma non ne uscì che un respiro debole.

"Disegnami". Una voce profonda e calda uscì dalle labbra sottili e sensuali di lui.

"C… come?" disse lei spiazzata. Aaron rise voltandosi, e spostandosi verso il divano, proprio di fronte a lei.

"Su, lo hai detto tu che ti sarebbe piaciuto. Hai a disposizione il miglior soggetto sulla piazza, non mi concedo mica a tutte le studentesse dell’Accademia d’Arte, è un’occasione che non dovresti lasciarti sfuggire". Sorrise amabile, mentre la fissava. Si tolse lentamente la camicia facendola cadere sul parquet, slacciò i bottoni dei pantaloni e sedette con elegante scompostezza, poggiando un piede scalzo sull’imbottitura purpurea.

"Disegnami" ripeté ancora, quasi imperioso. I suoi occhi glaciali la facevano rabbrividire. Il ragazzo sorrise ancora, il sorriso del diavolo che lusinga le sue povere vittime.

Marie, immersa nel suo impaccio, abbassò gli occhi e si chinò per aprire la cartella e prendere il blocco dei fogli e l’astuccio. Posò il blocco sulle gambe, e prese la matita. Alzò gli occhi sulla figura accomodata sul divano.

Dio, stava guardando il ragazzo più bello sulla faccia della terra. Avvenente e maligno, con gli occhi di ghiaccio pieni di strafottenza. L’aura misteriosa che lo circondava, lo rendeva ancora più affascinante.

La ragazza poggiò la punta della matita alla carta, iniziò a tracciare alcune linee, mentre guardava il suo viso perfetto. Piano presero forma gli occhi dal taglio sottile, il naso da elfo, le labbra, e a esse si aggiunsero i lineamenti del viso affilato e aggraziato, le orecchie, i ciuffi ribelli dei capelli fini e lisci.

Si fermò a fissare il disegno, delusa, non sarebbe mai riuscita a rendere giustizia a tanta inumana bellezza. Quello sguardo era troppo profondo, troppo difficile da portare sulla carta senza bucarle foglio e animo. Socchiuse le labbra, stanca del silenzio che le stava assordando le orecchie.

"Vai avanti" disse Aaron con voce bassa e sensuale. Ancora come se fosse stata sorpresa, tornò a fissarlo, e ancora più imbarazzata tornò a disegnare.

Cominciò a tracciare il profilo del suo torace e delle sue braccia toniche, a sfumare i contorni degli addominali perfetti e dell’ombelico scoperto, appena sopra al bordo della biancheria nera, in risalto con quella pelle marmorea. Si fermò iniziando a pensare che presto le sarebbero iniziate a tremare le mani. Non ce l’avrebbe fatta a disegnare tutti i bottoni dei jeans che aveva slacciato, e le pieghe del tessuto che scendeva a avvolgergli le gambe atletiche.

Quel silenzio, o quello sguardo glaciale, l’avrebbe fatta impazzire.

Continuava ad altalenare lo sguardo fra il foglio che teneva sulle gambe e la figura del ragazzo, mezza sdraiata sul divanetto di fronte a lei. Nervosamente continuava a portare mano alla gomma pane per modificare una linea appena tracciata.

A differenza delle sue aspettative continuò a muovere la matita sul foglio senza che la mano tremasse o si paralizzasse. Diventava sempre più veloce, il tratto della matita, così come il battito del suo cuore. L’imbarazzo scemava, lasciando posto alla passione, alla bellezza, all’arte. Lui rimaneva immobile proprio come una statua scolpita nel marmo, fissando il viso di Marie con un vago sorriso perfido su quelle labbra incantevoli.

Era passato diverso tempo, nessuno dei due aveva pronunciato parola. L’unico suono che sentiva Marie era il suo respiro mescolato al tamburellare del cuore nell’orecchio, e alla grafite che lasciava il suo segno sulla ruvida carta. Il disegno era quasi terminato, ma non la soddisfaceva per nulla. Eppure era lui, era proprio lui. Gli occhi le sembravano troppo chiari, innaturali… ma gli occhi di Aaron… erano innaturali. Il suo stesso lavoro ora le faceva paura.

Alzò gli occhi dal foglio per l’ennesima volta per posarli di nuovo sul corpo mezzo nudo del ragazzo, ma sullo stesso divano dove lui era pochi istanti prima non c’era nessuno.

Sobbalzò spaventata, e si sentì abbracciare da dietro. Il blocco da disegno le cadde dalle mani finendo sul pavimento. Marie sentì come se le si paralizzassero i polmoni.

"Shhh" le sussurrò Aaron all’orecchio, sfiorando con il viso i suoi capelli castani, mentre abbassava le palpebre sugli occhi e inspirava il suo profumo.

La matita cadde dalle mani della giovane, finendo con un suono sordo sul lenzuolo. Marie teneva gli occhi spalancati davanti a sé e cercava in tutti i modi di rallentare il battito del suo cuore, come avesse paura che sarebbe esploso da un momento all’altro. Sentiva le sue mani grandi e fresche premere delicatamente sull’addome, il suo petto poggiato alla schiena. Era inginocchiato dietro di lei, avvertiva le sue cosce circondarle il bacino e stringerla, come le sue braccia le stringevano il busto. Iniziò ad accarezzarla in modo sfrontato, vanificando ogni suo tentativo di regolare il respiro.

Il suo fiato sulla pelle del collo. Chiuse gli occhi sapendo che ora sarebbe potuta affogare nel suo piacere.

"Aaron…" le sfuggì dalle labbra quando una mano di lui si spostò sui seni, premendo il cotone della maglietta bianca contro la sua pelle chiara. Il ragazzo sorrise. Avvicinò la bocca al collo di lei, sfiorandola con la punta del naso, sentendola rabbrividire nella sua stretta sempre più decisa. La lingua di Aaron si posò sulla pelle sensibile della gola della giovane, e iniziò a carezzarla affabilmente. La stava accompagnando lentamente in un estatico momento di follia. Sapeva che ormai era solo una bambolina fra le sue crudeli mani.

La baciò delicatamente salendo lento fino al profilo della mandibola, mentre lei gettava la testa all’indietro e abbandonava un incontrollabile gemito. Gli avrebbe lasciato fare quello che voleva, perché quello che lei voleva in quel fatale istante era essere avvinghiata a lui, ferita dalle sue carezze, tormentata dalle sue dita, mangiata dalla sua bocca. Essere sua.

Arrivò a sfiorarle il lobo dell’orecchio e sorridendo malignamente lo prese fra le labbra. La stava stuzzicando per farla cadere nel suo oblio. Era l’orlo del precipizio.

"Aaron". Un gemito. Una mano del ragazzo si abbassò fra le cosce di Marie, andando a slacciare il bottone degli shorts color sabbia con evidente facilità, e le dita candide sfiorarono la biancheria intima di lei. Marie inarcò rapidamente la schiena, offrendo agli occhi di lui la vista della sua gola immacolata, la linea affusolata delle clavicole sotto la pelle sottile.

Il suo collo puro e casto, l’impetuoso torrente di sangue bollente che nascondeva, pompato dal muscolo cardiaco, pieno di ormoni, in ogni angolo del sinuoso corpo femminile. Era anche quello l’orlo di un precipizio.

"Ah… Aaron" poco più di un sussurro, mentre s’inarcava ancor di più contro di lui e stringeva le gambe imbarazzata da quel tocco sfacciato.

Aaron con un gesto violento trasse a sé quel corpo, posandole una mano sotto il mento, trascinandola sul letto mentre la stringeva con ancor più vigore. Il ragazzo tornò a insinuare la bocca sul suo collo. La lingua riprese a scorrere sulla pelle delicata, come chi gusta lentamente un prelibato dolce. Le bianche dita affusolate s’insinuarono sotto la sua biancheria, sfiorandola come mai nessuno aveva fatto.

La ragazza rabbrividì al suo tocco, pervasa dal panico e dal piacere, lasciandosi sfuggire un gemito più forte. Alzo le mani per toccare le braccia che la stringevano, gustare la morbida freschezza di quella pelle bianca, mentre la sfrontatezza di Aaron si faceva sempre più profonda e insolente. Marie non riusciva a trattenere i sospiri fra le labbra socchiude, respirava quasi a fatica sentendo le carezze impudenti di lui fra le gambe aperte, la mano che le bloccava il collo scese a sollevare il tessuto della maglietta, e a stringerle i seni.

Era così passionale, carnale, impetuoso. Avrebbe potuto iniziare a farle del male tanto era la sua foga. Si sentiva bollente fra le sue braccia.

Un gesto ancor più brusco e Marie si ritrovò distesa sul letto, la testa poggiata al cuscino, incorniciata da boccoli castani. Le sfilò le scarpe e i pantaloncini, e poi rapidamente l’intimo. Si sdraiò sopra il suo corpo caldo, febbricitante di passione, sollevandole la maglietta fino a sentire le sue curve premersi contro i pettorali nudi e bianchi.

"Aaron". Un gemito pieno di tormento. Il ragazzo la spogliò completamente. Non sapeva nemmeno lei se voleva che si fermasse o che continuasse. Chiuse gli occhi sentendosi premere contro il materasso dal suo corpo, da quel suo corpo meraviglioso.

"Marie" sussurrò piano lui con voce sensualmente famelica "ho fame di te". In risposta ricevette solo un sospiro estatico. La ragazza aprì gli occhi per incontrare quelli di lui, come se fosse sotto l’effetto di qualche terribile e magnifica droga. E in quegli occhi ghiacciati vide il peccato, l’inferno cristallino degli ubriachi e dei lussuriosi, l’inevitabile scintillio che c’è nello sguardo della belva, la notte rossa come il sangue, come la passione.

La baciò sulla bocca, gustano la morbidezza delle sue labbra, affamato di vita, insinuandosi fra esse con la lingua cercando il suo calore e la sua complicità. La baciò con passione e con amore, un bacio che solo gli amanti focosi possono dare.

Premette ancor di più il suo corpo contro quello della ragazza e lei sentì il suo desiderio contro di sé. Era come se Aaron stesse cercando di trattenersi e Marie sentiva la testa girare, aveva l'impressione che la sua pelle bruciasse e non sapeva per quale ragione ma lo voleva.

Si sentì profanare nello stesso istante in cui sentì qualcosa di affilato penetrarle il collo. Un grido strozzato le uscì dalle labbra, poi non avvertì più dolore. Solo torbido piacere.

A ogni movimento del ragazzo un sorso di linfa vitale se ne andava, e Marie era tanto confusa ed estasiata da non percepire l’incredibile coordinamento. I sorsi erano piccoli, la quantità di sangue che finiva nella bocca famelica di Aaron era paragonabile alla quantità di latte bevuto da un cucciolo a ogni poppata. I movimenti erano dettati dalla lussuria, da una maestra infallibile. Sapeva cosa doveva fare e come per compiacerla. Era così dolce, così esperto. Libertino. Marie già iniziava a sussultare.

Più si sentiva svuotata di sangue, più si sentiva piena di lui e non riusciva, seppur tentasse in tutti i modi, a trattenere gli ansimi nella bocca. Percepì i suoi movimenti sempre più decisi, più violenti e carichi di brutale eccitazione.

E infine, più prima di quanto si aspettasse, sentì il piacere più puro esplodere in lei ed espandersi dentro il suo corpo, galvanizzando ogni fibra del suo essere, facendole scorrere più rapidamente il sangue caldo nelle vene, carico di una tremenda magia peccaminosa. Si rese conto che il cuore batteva a una velocità esagerata perché le faceva quasi male.

Aaron si ubriacò del suo nettare, succhiando con famelica e diabolica avidità, senza smettere di muoversi in lei, annegando nel liquido rubino ricco di emozioni e appagamento. Affamato come non lo era mai stato. Si riempì tanto la bocca da non contenerne, lasciando che rivoli rossi scivolassero sulla pelle candida del collo, sporcando le sue labbra dannate.

Si allontanò da lei lasciandola vuota e inerme. La ragazza ebbe a malapena la forza di chiudere le gambe e rannicchiarsi su se stessa, mettendosi su un fianco, tremando ora non sull’orlo del piacere ma su quello della morte. Aaron rimase a fissarla con un piccolo sorriso sadico sulle labbra sporche, che si pulì con la lingua in un gesto vezzoso. Si sdraiò accanto a lei, fissando la sua schiena nuda, ascoltano il suo respiro debole e il battito lento del suo cuore.

"Che…" un sibilo di voce esausta uscì dalle labbra di Marie ma Aaron le si avvicinò maggiormente posandole una fresca mano sulla spalla.

"Dicono che sia bellissimo" asserì mentre le scostava i capelli dal collo per leccare il sangue che era colato andando a macchiare le lenzuola bianche. La ragazza non riuscì a far uscir parola dalla sua bocca, solo un sospiro debole, e chiuse gli occhi increspando le sopracciglia in una domanda. Aaron sorrise fissandola, senza spiegare, poi si chinò ancora su di lei avvicinando le labbra al suo orecchio per sussurrarle ancora.

"Come il disegno che mi hai fatto. E’ bellissimo".

 

 

 

 

 

 

 

 

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