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Autore: Bec77    19/10/2009    0 recensioni
Edvard, lo strano “omino”, così chiamato da Camillé e protagonista del quadro dell’Urlo di Munch, urlava senza riserve. Una delle sue mani si era staccata dalla testa, e indicava qualcosa dietro di sé, lungo il ponte. Anche le due figure nere che erano state dipinte sullo sfondo indicavano qualcosa, e sembravano indecise se avvicinarsi o meno. La ragazza affilò lo sguardo.
(Scritta per il concorso "La Primavera e... Il Morto" di Eylis)
Genere: Comico, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1 – E’ MORTO D’ARTAGNAN!

La notte era caduta velocemente su Florence, la ridente cittadina stregata. Come ogni notte la natura dormiva già sonni tranquilli: i fiori si afflosciavano su se stessi, così come gli alberi, e gli animali si rintanavano da qualche parte. Questa era la caratteristica di Florence, l’unica città pervasa dalla magia di tutto il mondo: nessuno scampava al sonno, la notte. C’era un’unica eccezione, in realtà: il guardiano notturno del Museo dei Quadri Viventi.
Camillé camminava avanti e indietro per le sale del museo giocherellando con le chiavi, unico suono in quell’ambiente colorato eppure tanto cupo. Dietro di lei sentiva i bisbiglii dei quadri e gli sbadigli di chi si era appena svegliato. I quadri viventi erano particolari, si animavano solo la notte e dormivano di giorno, lasciando liberi gli esseri umani di osservarli e avvicinarsi a loro. Avevano quasi tutti un pessimo carattere, per questo era meglio esporli al pubblico quando erano addormentati.
Camillé sbadigliò e, stanca e infreddolita, si afflosciò su una sedia all’interno della sala delle sculture. Sentì le teste delle statue di marmo e pietra girarsi incuriosite verso di lei, ma esse non fecero nessun commento. Probabilmente stavano aspettando il momento in cui lei se ne sarebbe andata per staccarsi dai loro piedistalli e cominciare a camminare, vagabondando per tutta la notte nel museo.
– Ho capito, ho capito! Me ne vado! – mormorò alzandosi la ragazza. Si stiracchiò un po’, sbadigliò ancora e si avviò verso l’uscita della sala.
A un tratto un urlo tremendo e inquietante invase la sala. Camillé sentì le teste delle sculture girarsi tutte contemporaneamente, emettendo il suono cupo e tipico delle ossa quando si spezzano. Sospirò, sapendo già chi era il possessore di quella voce.
– L’Urlo di Munch… Ma perché deve fare sempre così, appena sveglio? – sbottò.
Corse nella direzione dell’urlo, con le chiavi che tintinnavano attaccate alla cintola e la torcia in una mano. La accese solo quando attraversò il corridoio più buio del museo. Vide tutte le teste dei personaggi dei quadri seguire la scia di luce: sembravano piuttosto turbati, perché la guardavano con le fronti aggrottate e i sopraccigli inarcati, pallidi in volto.
– Madamigella Camillé, cosa sta succedendo? – le chiese il protagonista di un quadro, un nobile francese dipinto nell’epoca della Regina Maria Antonietta di Francia.
– Ma come? Dovrebbe essere abituato alle urla di Edvard, ormai! – gli disse in risposta, fermandosi.
– Madamigella, scusate la mia impertinenza, ma credo proprio che questa volta abbia una buona ragione per urlare… – le disse misterioso il quadro.
Stupita, Camillé riprese in mano la torcia e si mise a correre più velocemente. Quando arrivò nella sala dei dipinti Ottocenteschi, quello che trovò la spiazzò. Tutti i dipinti urlavano in preda al panico, c’era addirittura chi passava da un quadro all’altro correndo e sembrava non volersi fermare, come una dama che andava in giro urlando “E’ morto, è morto!”. A quell’esclamazione Camillé sobbalzò e si avvicinò in fretta al quadro.
Edvard, lo strano “omino”, così chiamato da Camillé e protagonista del quadro dell’Urlo di Munch, urlava senza riserve. Una delle sue mani si era staccata dalla testa, e indicava qualcosa dietro di sé, lungo il ponte. Anche le due figure nere che erano state dipinte sullo sfondo indicavano qualcosa, e sembravano indecise se avvicinarsi o meno. La ragazza affilò lo sguardo.
– Oh, per i riccioli della Fata Morgana e la barba di Merlino! Ma quello è D’Artagnan! – urlò stupita Camillé.
– E’ morto, è morto! C’è sangue sul ponte, non tocchi signorina! – urlò una delle due figure in nero, facendole segno di allontanarsi.
Camillé osservò attentamente la figura di D’Artagnan, seppellito sotto il suo mantello con lo stemma della Guardia Reale di Francia. Aguzzando la vista riuscì a individuare le macchie rosse sotto di lui.
– Non è sangue, signori. E’ solo tempera rossa… Magari è vivo, avete provato a punzecchiarlo? – chiese. Sperava sentitamente che non fosse realmente deceduto.
– Signorina, ci sta prendendo per stupidi? Ovviamente è morto, non sembra respirare! – le spiegarono indignati le figure nere. Parlavano contemporaneamente e si muovevano assieme, come fossero un unico corpo. Raramente li si vedeva agire individualmente.
Camillé ebbe un principio di svenimento.
– Oh, no! Come faccio ora? Se Madama viene a saperlo sarò licenziata! – disse ad alta voce.
Un po’ del trambusto nella sala si acquietò, e i quadri la guardarono con tanto d’occhi.
– Signorina! Mi meraviglio di lei, – cominciò a dire una dama, in un quadro alla sua sinistra, – è pressoché ovvio e banale, ciò che lei deve fare: risolvere il mistero! Chi ha ucciso messere D’Artagnan, dico io? Questo deve scoprire! – concluse indignata la donna, sventolando il suo ventaglio color rosa antico davanti al viso incipriato. Dopodiché alzò il nasino aquilino e non la guardò più.
La sua arringa sembrò convincere tutti i quadri viventi presenti in sala, e Camillé udì cori d’assenso provenire anche dalle sale attigue e urli dai dipinti posti più lontani dalla sala. Si sentì improvvisamente in trappola.

   
 
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