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Autore: Bec77    19/10/2009    2 recensioni
Edvard, lo strano “omino”, così chiamato da Camillé e protagonista del quadro dell’Urlo di Munch, urlava senza riserve. Una delle sue mani si era staccata dalla testa, e indicava qualcosa dietro di sé, lungo il ponte. Anche le due figure nere che erano state dipinte sullo sfondo indicavano qualcosa, e sembravano indecise se avvicinarsi o meno. La ragazza affilò lo sguardo.
(Scritta per il concorso "La Primavera e... Il Morto" di Eylis)
Genere: Comico, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3 – LA SOLUZIONE DEL CASO?

- E’ cominciato tutto molto tempo fa… così tanto che non sono in grado di darvi la data esatta, mia nobile guardiana Camillé! Vogliate perdonarmi. Messere D’Artagnan era un quadro vivente gentile e onesto, sempre pronto ad aiutarmi. Quando io, i miei compagni di “La Primavera” e gli altri due quadri viventi qui presenti fummo trasferiti in questo museo, eravamo disorientati. Fu durante una ronda che messere D’Artagnan capitò da queste parti.
Rimasi folgorata da lui, tant’è che mi persi nel mio amore… tanto da non vedere quanto fosse farfallone, mia guardiana! Ebbene, messere D’Artagnan aveva molte donne, più di quante potesse permettersene. Ma le più importanti eravamo senz’altro io e Anna Bolena! –
- Ferma! Volevo dire… divina Venere Humanitas, si fermi un attimo qui, per favore… -
Camillé era rimasta talmente assorta dalla vicenda che aveva finito per scordarsi di prendere appunti. Mise via il taccuino e la penna, ma solo dopo essersi appuntata il nome “Anna Bolena”. Guardò verso Venere Humanitas e, dopo un lieve inchino della testa, le parlò, avvicinandosi maggiormente al quadro. Finirono per doversi guardare dal basso verso l’alto.
- Mi dica, mia guardiana… -
- Anna Bolena? La stessa Anna Bolena moglie del Re Enrico VIII d’Inghilterra? – le chiese con voce strozzata Camillé. Dietro di lei anche gli altri personaggi avevano allungato il collo per udire meglio.
- Mia cara, non ci avevi mai raccontato questa storia… Parlavi sempre tanto bene di messere D’Artagnan… - le disse la gemella Venere, turbata.
- Un affronto! – urlarono invece Mercurio e Zefiro. – Cercare compagnia in una comune mortale quando si ha irretito con il proprio fascino una dea! La dea della bellezza, per di più! Quest’uomo si è meritato la morte! – continuò Mercurio, brandendo la spada che aveva tenuto al fianco.
- Calma, divino Mercurio! Dea Venere… quando l’ho interrogata, Anna Bolena non mi ha accennato nulla del genere. –
- Oh, sfido io! Quella donna ci tiene alla segretezza. Ha un sacco di amanti ma messere D’Artagnan non ne era a conoscenza, pensava di essere l’unico. Se volete un parere… - le mormorò poi, con tono greve. - … Secondo me Anna Bolena, gelosa com’era di me e della mia bellezza, e del fascino che esercitavo sul più importante dei suoi amanti, lo ha ucciso per vendetta! – disse annuendo.
- Dea Venere, quella che state muovendo è una grave accusa… - le fece notare Holmes, che se ne era rimasto nel quadro di Pallade e del Centauro. Aveva spento la pipa dopo una violenta protesta del Centauro.
- Un’accusa fondata! – esclamò arrabbiata la Dea. – Quella donna aveva mosso delle minacce contro di me e D’Artagnan, venuta a conoscenza della nostra relazione! –
Camillé spalancò occhi e bocca, oltre che orecchie. La faccenda, oltre che interessante, si faceva anche complicata.
- Che tipo di minacce? – le chiese.
Venere Humanitas si abbassò verso di lei e la guardò negli occhi.
- Minacce di morte, mia nobile guardiana… - poi assunse un’aria meno greve e fece spallucce. – Ma non lo ammetterà mai, e ne avrebbe tutte le ragioni. Questo farebbe di lei una delle principali sospettate, non è vero? – chiese.
- Assolutamente. Poiché siete coinvolta anche voi… mi spiace, ma dovrò considerarvi tale assieme alla vostra rivale in amore, divina. – affermò Camillé, tirando fuori il taccuino e appuntando i loro nomi, segnalando con una freccia e un paio di cuori la relazione che intercorreva fra le due donne e il morto.
L’intera sala fremette indignata per quella decisione: era impossibile sospettare di omicidio una dea, per loro. L’unico a rimanere in silenzio fu Mercurio, che guardava con comprensione Camillé.
- Mia amata guardiana, avete perfettamente ragione a sospettare. E’ vostro dovere, non date retta alle lamentele degli altri. Permettetemi, però, di chiedervi di poter venire con voi: voglio sentire la storia anche da tale donnaccia, Anna Bolena, per confrontarla con quella della mia amata dea Venere. – le disse.
Camillé guardò negli occhi Mercurio e, dopo una risposta affermativa da parte di Holmes, che accettava la presenza del nuovo compagno, gli disse che andava bene.

- Ma certo che no! Assolutamente, non è vero! – strillò Anna Bolena.
Erano arrivati nella sua sala passando per vari corridoi, tutti sgombri dalle immagini dei personaggi dei quadri. Mercurio aveva seguito docilmente Holmes, senza tenere un atteggiamento troppo signorile nei suoi confronti. Anzi, sembravano essere diventati amici: avevano chiacchierato come vecchi compagni per tutto il tragitto.
Camillé aveva introdotto l’argomento dell’omicidio con Anna Bolena, che l’aveva ascoltata attentamente, storcendo il naso quando aveva sentito il nome di Venere Humanitas. Quando Camillé, però, aveva accennato alle minacce di cui aveva parlato la dea, era esplosa.
- E’ falso, FALSO! Non ho mai minacciato nessuno e mai mi sarei azzardata: come potevo lamentarmi con D’Artagnan delle sue amanti se ne avevo io stessa? Sarebbe stato incoerente da parte mia – affermò altezzosa la Bolena, guardando con occhi lampeggianti di rabbia la povera Camillé, che si sentì improvvisamente molto piccola e altrettanto stupida per non averci pensato da sé.
- Avete ragione, mia regina… - mormorò scusandosi.
- Chiamami semplicemente Anna. Non sei una mia suddita, ma la mia guardiana! Voglio essere chiamata Anna, da te…. E permettimi di darti del tu, te ne prego. Non mi è mai piaciuto dare del voi né riceverlo, sembra quasi che ti dicano che sei vecchia! – la riprese subito la regina.
- Hai ragione, Anna. Diamoci pure del tu! – esclamò contenta Camillé. Finalmente un quadro con cui non doveva pensare alle formalità, era davvero sollevata.
- Bene. A parte questo, cos’altro ha detto quella donna? Che le ho rubato D’Artagnan, per caso? – le domandò ironica, riferendosi a Venere.
- Oh, no. Solo che l’hai minacciata perché avevi scoperto della loro relazione… e… - Camillé lesse gli appunti sul taccuino. – E che tu e la dea Venere siete senz’altro le sue amanti più importanti -.
- Oh, vero, assolutamente! Le più importanti, senza dubbio. Tra le due sono sempre stata io la favorita di D’Artagnan, però, e Venere è sempre stata gelosa di me -.
- Questo spiegherebbe perché ti ha accusata dell’omicidio… - mormorò Camillé, soprappensiero.
- Mi ha accusata di cosa?! – esclamò indignata Anna, spalancando bocca e occhi. – Quella… quella…! –
- Non azzardatevi a infangare il suo nome davanti a me, regina! – esclamò a quel punto Mercurio, facendosi avanti. Apparve dietro di lei e la fulminò con un’occhiata. Era rimasto in silenzio fino a quel momento sotto richiesta di Camillé, ma evidentemente non poteva tollerare che un’altra dea, sua pari, fosse insultata, per di più davanti a lui.
- Oh… Voi dovete essere il dio Mercurio, il messaggero degli dèi, dico bene? – gli chiese sorridente Anna, ammiccando.
Camillé per poco non scoppiò a ridere. Era una scena davvero buffa: senz’altro la regina aveva affascinato il re d’Inghilterra, ma non poteva sperare di accalappiare anche un dio, era decisamente fuori dalla sua portata. Ma vedere Mercurio arrossire e farsi indietro, occhieggiando verso di lei, era una reazione davvero comica.
- Sì, sono proprio io. Non tenete questi atteggiamenti con me, guai a voi! Sono un dio, non potete permettervi certe… movenze, con me! – esclamò imbarazzato Mercurio, indietreggiando fino a sparire e riapparire in una cornice vuota, a due quadri di distanza da Anna Bolena.
Camillé evitò di ridere solo per rispetto nei loro confronti. Si tappò la bocca con la mano e inspirò più volte. La stessa cosa la stava facendo Holmes, che però si limitava a tenere il risolino sulle labbra e a riempire a testa bassa la pipa… con un po’ troppo tabacco, però.
- Tornado a noi… - tossicchiò Camillé, cercando di riprendere in mano la situazione. – Venere aveva anche detto che non avresti mai confermato di aver mosso minacce contro lei e D’Artagnan, dato che tieni molto alla segretezza… - cominciò Camillé, ma venne immediatamente interrotta da Anna.
- Segretezza? Quando mai? Non ci tengo alla segretezza più di quanto ci tenga una persona qualsiasi, mia cara. Tutti sanno chi sono i miei amanti, e molti di loro si conoscono anche, e sanno tutto! Ma temendosi l’un l’altro non ne fanno parola fra loro. Queste presunte minacce sono state inventate. E dimmi poi, di cosa l’avrei minacciata, sentiamo? – disse la Bolena, allungando il collo verso la guardiana.
- Bé… di morte, Anna –
- Morte… Morte! E’ stata lei stessa a muovere queste minacce contro di me, ieri, e solo perché aveva affermato che avrebbe detto dei miei amanti a D’Artagnan, questa notte, e io le dissi che mi andava bene. Ma di certo io non lo vado a urlare ai quattro venti, tutto questo. Né mi interessa sapere se mi ucciderà veramente o no! Queste cose non mi toccano, cara Camillé, anche se sono una donna molto sensibile. Se vuoi indagare sull’omicidio del mio caro D’Artagnan, ti consiglio di stare attaccata a lei, non a me! –
- State insinuando che è stata forse la mia dea a uccidere il suo amato? – le chiese da lontano Mercurio. Non sembrava più arrabbiato, né imbarazzato. Solo incuriosito.
- Non insinuo, Mercurio. E non pretendo nemmeno di sapere. I miei sono solo consigli, come ho detto. Una donna che dice bugie del genere non può che avere qualcosa da nascondere, non trovate? – disse la regina, alzando il nasino all’insù e sventolando un ventaglio nero sbucato da chissà dove.
Camillé dovette darle ragione, a malincuore. Venere Humanitas era sempre stata molto buona e gentile con lei, non pensava di dover sospettare di lei. Un’assassina? Venere? Doveva vederci chiaro.
Proprio mentre si stava dirigendo verso le porte della sala di Anna Bolena, vide che Mercurio si grattava pensoso una guancia e non sembrava intenzionato a muoversi. Un comportamento strano e curioso, che aveva attirato anche l’attenzione di Anna.
- Mercurio? – lo chiamò la donna.
- Ti è venuto in mente qualcosa, Mercurio? – gli chiese invece Camillé, avvicinandosi. Poi si rese conto di avergli dato del tu, e sperò che lui non l’avesse sentita. Ma uno sguardo stupito misto a gioia pervase il volto del giovane dio, che le fece un sorriso luminoso.
- Quale gioia sentire il mio nome pronunciato da voi, mia guardiana! Vi prego di non fermarvi, né di sentirvi imbarazzata: sentire il mio nome uscire dalle vostre labbra è fonte di felicità, per me, lo ripeto! – le disse con un inchino. Camillé, intanto, sentiva un vago formicolio sulle guance, segno che doveva essere arrossita.
Intanto Anna sogghignava tutta contenta. – Oh, oh! E’ nato un amore… - la sentì mormorare all’indirizzo di Holmes, che stava anch’esso sorridendo. Effettivamente, ora, tutto acquisiva un senso per Camillé: il viso sempre sorridente di Mercurio quando la vedeva, tutte le buone parole spese a difenderla dagli altri, anche in passato… e l’espressione imbarazzata di prima con cui la occhieggiava, quando Anna Bolena aveva tentato di avvicinarlo. Il formicolio sulle guance aumentò di colpo, e Camillé deglutì.
- Siamo nel mezzo delle indagini, non mi pare il momento opportuno per certe cose! – balbettò girandosi.
- Ma Camillé, mia adorata, mi è venuto in mente qualcosa! – la richiamò Mercurio, allungando una mano diafana verso di lei.
Camillé si girò, improvvisamente attenta e con solo un vago ricordo dell’imbarazzo che aveva provato fino a qualche secondo prima.
- Dimmi tutto, Mercurio! –
- All’ora di chiusura del museo, Venere Humanitas ha chiesto alle Grazie di accompagnarla a fare un giro per le sale. Cosa piuttosto insolita, dato che lei ama rimanere sdraiata sul prato del nostro quadro, in ora tarda. Ebbene, le Grazie sono tornate senza di lei un’ora dopo, dicendo che l’avevano persa di vista… Venere è tornata mezz’ora dopo di loro, dicendo che si era persa. Altra cosa insolita dato che conosce perfettamente tutte le sale e le strade proprio grazie a D’Artagnan! – le spiegò Mercurio.
- Quindi ha avuto un’ora e mezza di libertà, circa. Il tempo di mandare a chiamare D’Artagnan e ucciderlo! – affermò Camillé.
- Visto? Ve lo avevo detto! – fu il commento di Anna, che ammiccò all’indirizzo di Holmes. – La cosa puzza di bruciato. Penso sia tuo dovere andare ad approfondire la faccenda, Camillé –.

- Mercurio! Come puoi avermi fatto questo? – chiese indispettita la dea, una volta che furono tornati indietro.
Al gruppo si era unita anche Anna Bolena, che guardava Venere con espressione regale ma non altezzosa. Espressioni che erano ricambiate da lampi d’odio da parte della dea greca, che si sbracciava e tentava di far sentire in colpa Mercurio per ciò che aveva detto.
- Se tu mi avessi voluto bene, avresti tenuto la bocca chiusa! – continuò la dea.
- Non potevo di certo, rischiavo di mettere nei guai Camillé… - mormorò Mercurio, affranto.
- Dunque preferisci la guardiana a me, la dea della bellezza? – replicò indignata Venere Humanitas, andando avanti e indietro per il quadro.
Tutti i personaggi della sala la osservavano sorpresi: Venere era impallidita, non si sapeva se per la rabbia o l’indignazione per ciò che stava accadendo, oppure per la presenza della donna che tanto odiava. Le tre Grazie la guardavano preoccupate, e Clio e Primavera cercavano di stare alla larga da lei e dalla sua rabbia, protette da Zefiro, che le abbracciava e faceva loro da scudo.
- Venere, è giunto il momento di dirci cos’è accaduto! – le ordinò Camillé, a quel punto.
- Mai! – strillò la dea, correndo a ripararsi dietro i fusti degli alberi dipinti.
Ci fu un momento di silenzio. Poi, fra squilli di trombe e rumore di passi, apparirono nella sala tutti i personaggi dei quadri viventi delle altre trentotto sale. Sembravano festanti e allo stesso tempo intimoriti, e quando videro la dea Venere livida in volto, pallida come un fantasma, si fermarono tutti. Fu Edvard a fare un passo in avanti, superando tutti, e a parlare.
- Camillé, Camillé! E’ avvenuto il miracolo! D’Artagnan è risorto! – esclamò con una vocina timida.
- Risorto?! Solo Gesù è morto e risorto! Spiegatemi! – esclamò la guardiana, guardandoli stupefatta.
Intanto la folla si era fatta da parte, dividendosi in due cortei. Al centro di essi avanzava un uomo in uniforme scintillante, che camminava fiero e con il mento in alto. Portava un cappello con la tesa larga e uno spadino al fianco, e sulle sue spalle c’era un mantello scosso dal vento del dipinto in cui era ospitato.
- Io sono D’Artagnan, madamigella, e sono qui per raccontarle come si sono svolti i fatti! – esordì con voce tonante e sicura, mandando occhiate infuocate all’indirizzo di Venere, che lo guardava accigliata.
- Traditore! – la sentirono urlare da dietro i fusti.
- Traditore, io?! Qui l’unica traditrice sei tu, mia cara! Tu, che questo pomeriggio mi hai attirato nel quadro dell’Urlo e mi hai gettato nel mare del dipinto, facendomi quasi affogare nell’acqua di tempera rossa. Sono stato incosciente fino ad ora, ma non ho intenzione di tacere le tue malefatte, mia cara! – esclamò l’uomo, puntandole un dito accusatore contro.
Camillé, completamente spiazzata dagli eventi che si stavano svolgendo a una rapidità assurda, rimase muta ad ascoltare. Fu D’Artagnan a rivolgerle la parola.
- Innanzitutto mi scuso per quello che avete dovuto fare questa sera, madamigella. Quella donna e ciò che mi è accaduto hanno messo a repentaglio il vostro posto di lavoro, e sarò molto contento di poter testimoniare in vostro favore davanti a Madama se sarà necessario. Nulla di ciò che è accaduto è stato colpa vostra, e lei deve saperlo! – si scusò l’uomo.
- Grazie, messere D’Artagnan – disse Camillé. – Ma andate avanti, sono curiosa di sapere cosa è successo veramente -.
- Certamente, madamigella. Dovete sapere che io ero l’amante di Venere Humanitas e Anna Bolena, innanzitutto. Non mi vergogno a dirlo, come non mi vergogno nemmeno nell’affermare che non erano le uniche donne che frequentavo. Ma Anna Bolena era senz’altro la mia preferita, e questo Venere non l’ha mai digerito. Quindi questo pomeriggio mi ha mandato un messaggio attraverso le tre Grazie, che sono venute a cercarmi, dicendomi di liberare il quadro vivente dell’Urlo di Munch e di incontrarci lì al calar del sole, a metà strada fra i nostri dipinti. Io l’ho fatto, sono andato, e di certo non mi aspettavo di vedere una donna così infuriata: Venere aveva scoperto di essere la mia seconda favorita, e ciò non le stava bene. Dunque ha pensato che come vendetta poteva andare bene affogarmi: mi ha preso per le spalle e mi ha buttato giù dal ponte, per poi tirarmi su, pensando che fossi annegato, asciugarmi e mettermi addosso il mantello rosso. Era avvantaggiata del fatto che Edvard e i suoi amici sarebbero tornati soltanto tre quarti d’ora dopo, come avevo loro ordinato di fare. Tutto ciò lo so perché ero ancora semicosciente fino a quel momento, sia chiaro, madamigella. E il resto dei quadri della sala era ancora addormentato, quindi non possono fare da testimoni. Alla fine quella donna se l’è data a gambe, probabilmente, lasciamo lì! Ecco cos’è successo! –
La sala era sprofondata nel silenzio. Erano tutti scioccati, attoniti, stupiti. Nessuno si azzardava a fiatare. Il rumore di singhiozzi e urletti isterici, però, sferzò presto l’aria pesante che si era creata, e tutti si girarono verso il quadro della Primavera, dove Venere piangeva riparata dai fusti degli alberi.
- Tutto è iniziato nella sala de “La Primavera” e tutto qui è finito… - si sentì mormorare ad Anna Bolena.
In pochi minuti, tutti, in rigoroso silenzio per non disturbare il pianto della dea, tornarono ai loro posti. Uscendo dalla sala e alzando lo sguardo verso il portone della sala trentanove, Camillé trovò ironico vedere inciso il nome di quella stanza: “Primavera”. La stagione dell’amore. Non poté fare a meno di sorridere tristemente e scuotere la testa: Anna Bolena aveva ragione, tutto era cominciato nella stanza della Primavera di Botticelli e tutto lì si era concluso.
- Alla fine non sono stato d’aiuto… mi dispiace molto, signorina Camillé – sentì dire a Holmes. La seguiva ancora, nonostante tutto fosse finito, e le osservava dall’alto delle cornici dei quadri.
- Oh, non si preoccupi, signor Holmes. Alla fine il caso è stato risolto lo stesso. Ora mi domando come faremo a riportare gli eventi a Madama, però… - gli rispose Camillé, mentre si avviava nella sala dell’Ottocento.
- Oh, bé… Il morto è risorto e la Primavera si è rivelato un luogo pieno di menzogne, ma tutto questo lo sappiamo solo noi. Nulla arriverà alle orecchie di Madama, se non glielo diciamo – constatò Holmes, lanciando un’occhiata d’intesa a Camillé, sperando che capisse.
La ragazza sorrise, scosse la testa e disse: - Sa una cosa, signor Holmes? Si è appena reso utile -.

   
 
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