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Autore: Rorat    08/06/2005    1 recensioni
La donna guardò gli uomini armati, i cadaveri che ingombravano la sala, senza che una contrazione di terrore, di orrore o di oscurità, si disegnasse sul suo viso.
Ryo le si avvicinò e rimase come impietrito, turbato, incapace di scostare lo sguardo da quegli occhi, che adesso poteva vedere da vicino, per la prima volta da quando si erano incontrati.
Aveva imparato a leggere le parole senza voce, a guardare le persone dal di dentro, senza quell’ingannevole velo che le avvolge quando si nascondono dietro le apparenze, quando celano i loro sentimenti, le loro paure al mondo. Ma in quegli occhi di ghiaccio Ryo non vide nulla, non trasmettevano nessuna emozione. Compassione, dolore, tristezza, odio, felicità erano sentimenti che sembravano non fossero mai appartenuti a quella donna. Erano occhi senz’anima quelli che aveva di fronte, occhi senza voce, senza lacrime da versare.
Genere: Azione, Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Un nuovo incarico

 

Quando Ryo, alle undici e trenta passate del mattino, entrò ciabattando in cucina, Kaori stava leggendo il quotidiano locale sorseggiando un caffè fumante.

Lo sweeper non ebbe tempo di fiatare che la ragazza alzò gli occhi dal giornale e glieli puntò contro aggrottando le sopracciglia, visibilmente contrariata.

“Porco!” esclamò prima di riabbassare lo sguardo sui fatti di cronaca.

Kaori, pensò Ryo, era più che furente, al momento si limitava alle ingiurie verbali, ma la rabbia repressa le andava aumentando. Prima o poi la socia sarebbe esplosa e lui sarebbe stato la principale e unica vittima. Era meglio parlarle il meno possibile e starle alla larga.

Dal canto suo, la city hunter decise, senza neanche avvertire il collega, di recarsi alla stazione di Shinjuku per controllare la presenza di qualche richiesta d’aiuto sulla lavagna.

Camminava con passo svelto, non riusciva a togliersi dalla testa la faccia depravata di Ryo, il solo il ricordo di quello che le era capitato la riempiva di vergogna, ma gliel’avrebbe fatta pagare a quel maledetto, cercava solo il momento giusto.

Intanto lo stallone di Shinjuku, dopo aver vagato su e giù per casa come un animale in gabbia, decise di vestirsi e di andare a caccia. Per allontanare dalla mente il timore per l’incombente vendetta della socia, sarebbe bastata la visione di qualche avvenente fanciulla, fasciata da un abito scollato o da una gonna cortissima.

“Al diavolo Kaori!” pensò. “Quella virago… Non capisco come tu abbia potuto spingermi a comportarmi in quel modo…” disse rivolto al suo amico.

“Che fai? Cambi improvvisamente gusti?” lo rimproverò.

“Certo che a saperlo prima che Kaori dormiva nuda, una capatina ogni tanto…. Ma che dico? Cioè che mi fai dire? Quella è l’unica donna su cui non devi avere pensieri… E’ un maschiaccio, non è per niente femminile, è manesca, non ha grazia e poi con la penombra, chissà che ti è parso di vedere… Le tavole sono più fornite di lei…”

La conversazione durò un altro po’ e, con la scusa di portare alla ragione le sue parti basse, lo sweeper cercò di distogliere da Kaori soprattutto se stesso.

La chiacchierata cadde del tutto quando lo sweeper arrivò nei pressi dello Studio Alta Building, lì il “fedele compagno dello sweeper” fu distratto da una piacevole visione.

Che spettacolo aveva di fronte: seni traboccanti, schiene abbronzate, gambe flessuose.

A Ryo sembrò di essere arrivato in paradiso, aveva solo l’imbarazzo della scelta.

Si guardò in giro in cerca di una preda e la trovò.

Un corpo seducente, dentro un abito rosso lussuria, quasi lo abbagliò con la sua bellezza.

Puntato l’obiettivo, vi si abbatté senza perdere altro tempo.

 “Signorina, che ne direbbe di bere qualcosa con me?” propose impertinente alla sconosciuta.

La giovane si voltò per rispondergli, portando alla fronte gli occhiali da sole. Due occhi da gatta selvatica lo guardarono sorpresi.

“Ryo, è un bel po’ che non ci si vede…”

Non appena la riconobbe il city hunter sorrise come un ebete.

“Reika,” balbettò.

“Sono felice di incontrarti,” ammise l’avvenente investigatrice, avvicinandosi a lui. “Sai, in questi giorni sono piena di lavoro... fino al collo, non è che mi daresti una mano?” domandò con voce suadente, cosa che a Ryo faceva completamente perdere la testa, soprattutto se a parlare così erano delle labbra invitanti come quelle che aveva davanti.

“Naturalmente ti pagherei,” aggiunse maliziosa, inclinando il busto verso lo sweeper, lasciandogli intravedere il seno prosperoso, quasi a volergli suggerire che la ricompensa non sarebbe di certo stata in denaro.

L’immaginazione dello stallone di Shinjuku schizzò a velocità stellare, edificando una scena in cui la bella investigatrice lo accoglieva, nuda e conturbante, tra lenzuola di seta.

Divorato dalla lussuria, era pronto a seguire Reika anche in campo al mondo, quando sentì qualcuno afferrargli una spalla.

“Ryo, dove credi di andare?” lo interrogò una voce rabbiosa. Si voltò. Non appena vide gli occhi di Kaori brucianti d’odio, i suoi piani libidinosi crollarono all’istante.

“Qualcosa non va?” domandò Reika con tono innocente.

“Certo, Ryo non ha tempo da perdere con te!”

“Non credo proprio, vero, Ryo? Diglielo tu con chi vuoi stare,” incalzò la sensuale investigatrice, mentre imprigionava lo sweeper tra le sue braccia.

Kaori sentì il sangue ribollirle nelle vene. Se c’era qualcosa che non sopportava era vedere Ryo fare il cascamorto con le donne, ma perdeva completamente la ragione quando queste, invece di tenerlo lontano, se lo tiravano dietro.

La city hunter tentò di controllare la collera, ma, quando il socio fece scivolare una mano audace più in basso di quanto la decenza permettesse, fare appello al buon senso fu completamente inutile.

Kaori sbottò e impugnato uno dei suoi martelli più pesanti, si scagliò sul dongiovanni con tale rapidità e violenza da lasciarlo esanime sul marciapiede.

Reika assistette alla sfuriata a bocca aperta. Contemplò quel che rimaneva di Ryo, spostò gli occhi verso la sweeper, che inviperita la osservava minacciosa, quindi decise di battere prudentemente in ritirata. Salutò in fretta i due city hunter e se la defilò con la scusa di avere  delle faccende molto urgenti da sbrigare.

Kaori poté così afferrare il partner per il bavero della giacca e, informandolo di aver finalmente trovato un lavoro, trascinarlo al luogo dell’appuntamento.

Giunti al luogo prestabilito, attesero l’arrivo della cliente. Ryo non accettava mai incarichi dagli uomini, a meno che non ci fossero di mezzo graziose sorelle o fidanzate disposte a concedergli un mokkori.

La donna fu puntuale. Alle sedici spaccate si fece trovare davanti alla fontana che decorava il cortile d’ingresso del Sunrise. Kaori, che per farsi riconoscere si era stretta un fazzoletto arancione intorno al polso, le fece segno di avvicinarsi ad uno dei tavolini esterni del bar ristorante, in cui lei e Ryo avevano preso posto.

“Buongiorno”, li salutò la sconosciuta, “siete voi city hunter?” domandò.

Lo sweeper sentendo una voce estranea, alzò il viso per vedere a chi appartenesse. Era una donna dall’aspetto serio e severo, con i capelli scuri raccolti dietro la nuca. Aveva una faccia già invecchiata dal tempo, con le zampe di gallina, le rughe d’espressione, le borse agli occhi, un naso aquilino e, vistosamente sporgente, un grosso neo sulla guancia destra. A volersi immaginare una cinquantenne più brutta, Ryo non sarebbe stato capace. La donna, invece, si trovò davanti una faccia sorpresa dai connotati irriconoscibili: gonfia, rossa, piena di ferite e cerotti.

La delusione fu reciproca: Ryo, al posto di un’avvenente fanciulla, aveva davanti una donna di mezza età, per nulla attraente; la signora, uno dei più temuti sweeper reduce da un evidente KO.

La cliente preferì discutere le condizioni del loro incarico in un luogo lontano da occhi indiscreti. Una lussuosa limousine li condusse nell’abitazione della signora: un’elegante villa dalle grandi finestre, arredata con raffinatezza e buon gusto.

Si accomodarono nello studio dove, tra tappeti di seta, mobili antichi, opere d’arte e tende ricamate, appresero che la cliente, Yuka Kyota, era una persona che non amava dilungarsi in chiacchiere.

“Il motivo per cui l’ho contattata, signor Saeba, è solo uno: voglio che lei protegga mia nipote, Haruko.”

La parola nipote ebbe in Ryo l’effetto di una miracolosa panacea, lividi e depressione sparirono, come anche l’idea che gli era balenata in testa non appena aveva visto la cliente, ovvero rifiutare l’incarico.

Kaori, guardando il collega. sospirò rassegnata. Poteva dargli tutte le mazzate che voleva, ma quell’uomo non sarebbe mai cambiato.

“Mi dica,” chiese interessato “com’è sua nipote? Bella? Alta? Mora? Diciotto anni li ha già vero?”

Kaori non fece in tempo ad assestargli una gomitata al fianco che la porta dello studio si aprì ed apparve un angelo.

L’angelo, Ryo non seppe definirlo in altro modo in quel momento, era una giovane di circa vent’anni, alta, bionda, abbronzata, dal corpo perfetto.

Un raggio di sole, filtrando da una delle finestre, si era premurato di avvolgerla di luce sulla soglia, mettendone in evidenza i delicati tratti del viso.

“Posso entrare?”

“Entra pure, cara.”

La giovane si mosse verso il divano come se i suoi piedi non toccassero terra, ma fluttuassero sul pavimento.

“Chi sono questi signori, zia?”

Il city hunter non diede alla signora Kyota neanche il tempo di rispondere alla nipote. Lo sweeper, volato ai piedi della ragazza, era già intento a farle un baciamano.

“Lei è veramente magnifica,” disse, optando per un approccio di tipo galante. “Sono Ryo Saeba, sua zia mi ha incaricato di proteggerti.” Passò dal lei al tu senza neanche accorgersene, i formalismi non erano proprio fatti per lui.

“E tu, invece, chi sei giovanotto?” chiese rivolta a Kaori.

E no! E che cavoli, la storia di venir scambiata per un ragazzo era vecchia. Non era affatto giusto, solo perché indossava un paio di jeans e una maglietta dovevano scambiarla per un “giovanotto”? Ma che avevano al posto degli occhi?

A Ryo scappò un sorriso. Kaori sbuffando si presentò scandendo bene il proprio nome.

“Sono Kaori Makimura, la socia di Ryo.” E per evitare i disguidi che la bocca del suo fantasioso collega era capace di generare (una volta era stato così abile da farla passare per un suo fratello gay) la sweeper corse ai ripari, affermando, tra lo stupore generale, di essere una donna e di non aver mai subito interventi estetici di alcun tipo.

Quando l’atmosfera fu di nuovo seria, la cliente espose il problema.

“Haruko, non è veramente mia nipote.”

“Lo credo bene,” borbottò Ryo che, a vederle sedute una accanto all’altra, poteva appurare la veridicità delle parole della signora.

“Mio fratello l’adottò quattordici anni or sono. Le ha sempre voluto bene, non le ha fatto mai mancare nulla, e poi come si fa a non voler bene ad Haruko, anche io gliene voglio tanto,” disse sorridendo.

“Già, come si fa a non volergliene?” commentò silenziosamente Ryo, soffermando lo sguardo nella scollatura della giovane. La collega gli mollò una gomitata e lo sweeper riportò l’attenzione alle parole della cliente.

“Purtroppo il mio carissimo fratello è morto anni fa insieme a sua moglie.”

“Come è accaduto?” domandò serio lo sweeper.

“Un incidente… un triste incidente,” si limitò a rispondere la signora Kyota, mentre la nipote accanto, seria, teneva gli occhi bassi.

“Ma non sono i genitori di Haruko il motivo per cui vi ho contattato,” affermò con voce dura.  “Da circa dieci giorni qualcuno ha preso di mira mia nipote. Temo vogliano ucciderla.”

“Zia, non dire così,” la interruppe la ragazza, “se avessero voluto mettere fine alla mia vita, lo avrebbero già fatto, sono stati solo degli incidenti.”

“Non essere ingenua, Haruko. Una macchina ha tentato di investirti, un’impalcatura ti è quasi crollata addosso e ieri ti hanno persino spinta sui binari della metropolitana!” La cliente alzò la voce, sembrava agitatissima.

“Signora Kyota, sa se qualcuno potrebbe avercela con voi, con la vostra famiglia o con Haruko?” si informò Kaori.

“No, non abbiamo nemici, siamo una famiglia rispettabile,” sospirò da donna.

“Siete stati alla polizia?”

“Certo, sostengono che si è trattato di spiacevoli incidenti. Non mi fido di loro, cominceranno a prendere sul serio questa faccenda solo dopo che Haruko rimarrà ferita o peggio...” dichiarò affranta.

Fu a quel punto che Ryo decise di prendere in mano la situazione.

“Signorina, sua zia ha perfettamente ragione,” affermò energico, “se la sua vita è realmente in pericolo, deve assolutamente farsi proteggere, non vorrà mica morire così giovane?”

“No, no… certo che no,” farfugliò timidamente la ragazza, mentre lo sweeper le si inginocchiava di fronte stringendole delicatamente le mani.

“Si fidi di me. Con me accanto nessuno oserà torcerle un capello!” esclamò incoraggiante e di nuovo formale.

“Dunque accetta l’incarico?” domandò la signora Kyota.

Ryo accettava l’incarico senza riflettere un secondo di più sulla questione. D’altra parte, come poteva rifiutare davanti a tanta grazia? Non riusciva a scollare gli occhi di dosso dalla giovane biondina.

“Signora Kyota, sarò felice di aiutarvi. Invito sua nipote a stare da noi da oggi stesso. Nel nostro appartamento potrò proteggerla più accuratamente!” puntualizzò ispezionando l’interno della camicia della ragazza e fantasticando sul contenuto. Kaori se ne accorse e gli lanciò uno sguardo diabolico.

Haruko un po’ perplessa cercò gli occhi della zia per trovarvi consiglio.

“Penso sia un’ottima idea,” ammise la signora Kyota rivolta a Saeba, “anche perché, come Haruko già sa, io devo partire per gli Stati Uniti. Non voglio che resti qui tutta sola.”

Kaori impallidì sbigottita. Haruko aveva proprio una zia premurosa! Lasciava la vita della nipote, a cui tanto era affezionata, in mano a due perfetti sconosciuti, uno dei quali un sottosviluppato porco schifoso.

Ritornata finalmente serena, la cinquantenne tirò persino un sospiro di sollievo.

“Sono tranquilla, so di lasciarti in buone mani,” disse prendendo commiato dalla nipote.

Se non fossero stati al verde come al solito, Kaori avrebbe rifiutato l’incarico, ma erano in magra e fare la difficile, solo perché la cliente era più affascinante del previsto, non le pareva proprio il caso.

La stessa limousine che li aveva condotti in quella villa lussuosa, li accompagnò nel loro modesto appartamento.

Durante il tragitto, la sweeper non poté fare a meno di studiare Haruko.  

Era silenziosa, si limitava a rispondere alle domande che la riguardavano in modo conciso e lapidario. Riservata ed estremamente timida, teneva gli occhi bassi e replicava alle avance di Ryo imporporando le guance.

Quella ragazza era proprio un’ingenua, pensò Kaori, proprio la manna dal cielo per il suo collega, che l’avrebbe circuita con facilità. La sweeper sospirò. Ryo avrebbe approfittato di ogni suo secondo di distrazione per catapultarsi addosso alla biondina. L’aspettavano delle lunghe notti di veglia.

 

 

 

 

  
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