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Autore: Bellis    20/10/2009    1 recensioni
Il celebre investigatore di Baker Street si trova alle prese con un mistero che lo trascinerà nel profondo di torbide acque, un abisso che affonda le sue radici negli oscuri eventi del suo passato. Riuscirà Watson a far luce su un enigma che coinvolge tanto gravemente lo stesso suo amico? Come potrà Mycroft Holmes essere d'aiuto?
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prima di tutto: eccomi qui, prestissimo ad aggiornare, Bebbe5! :D Mi son voluta cimentare nuovamente con la voce narrante di Holmes, e ti prego di farmi notare qualsiasi errore, imprecisione o altro! :)
Ad ogni modo, concordo col buon Watson: non c'è nulla di più inquietante di un Holmes determinato e... sorridente. Ma vedrai: ora anche il nostro amato detective deve confrontarsi con le emozioni derivate da tanti ricordi...
Spero vivamente che questo brano non ti deluda :)

Ora, di corsa al...


Capitolo X - Terzo estratto dal diario personale del signor Sherlock Holmes

"Riapriremo le indagini, considerando i fatti da un nuovo punto di vista. Ispezioneremo accuratamente la stanza del signor Wright, qui a Raven Hall, e tracceremo qualsiasi comunicazione che egli abbia avuto con l'esterno. Troveremo qualcosa. Un filo, che ci conduca a Thomas Cardside."

"Lei ritiene che sia saggio, ispettore? A mio parere, otterrete solo l'effetto di mettere in guardia colui sulle tracce del quale vi state avventurando."

"Con tutto il rispetto, signor Holmes, le indagini sono ancora affidate alla direzione dello Yard, e proseguiremo su questa linea d'azione. A meno che Whitehall non la pensi diversamente."

"Whitehall non c'entra proprio nulla con questa faccenda, signor Lestrade, sia chiaro."
Il tono di mio fratello era diventato insolitamente aspro.

"Ma certo. Non volevo insinuare che..." preso in contropiede, lo Yarder si interruppe, e notai uno strano silenzio seguire la sua mezza affermazione.

"Sherlock."

La voce di Mycroft rimbombò nell'atrio, raggiungendomi rapidamente, nello stesso istante in cui mettevo piede sulla soglia per uscire. Mi fermai all'istante, per poi voltarmi verso il gruppo che mi osservava dall'altra estremità del salone, come un uditorio che penda dalle labbra dell'attore, nel teatro.

"Ragazzo mio, vorresti spiegarci le tue intenzioni?" richiese, con aria condiscendente, mio fratello, e la sua domanda parve specchiarsi immediatamente nei volti perplessi dei due ispettori di Scotland Yard che lo affiancavano.

Mi limitai ad agitare una mano con fare impaziente.
"Necessito di informazioni, Mycroft. Dati che posso trovare solamente a Londra, dove sono diretto. A meno di non dovermi considerare ancora sotto custodia cautelare."

Gregson scrollò le spalle, "Se non altro, la dichiarazione di Louise Berning ha avuto il pregio di scagionarla da ogni accusa, signore. Naturalmente, dovremo condurre lei ed il figlio a Tyneside, perchè la deposizione sia verbalizzata dalla polizia locale. Risulta ovvio che i documenti siano stati portati a Baker Street da Jonas Wright, tuttavia rimane ancora da stabilire come il sedicente amministratore potesse avere accesso a..."

Non mi fermai nemmeno ad ascoltare gli inutili balbettii dei due stolidi tutori dell'ordine. Proseguii in una linea retta lungo il vialetto antistante la palazzina, non appena ottenuta la risposta che cercavo. La vettura che ci aveva condotti alla villa era ancora di fronte al cancello, mentre il calessino della signora Berning, evidentemente, era stato portato nella rimessa.

Sinceramente, non so cosa avessi intenzione precisamente di fare, in quel momento. Con tutta probabilità, se non avessi udito passi affrettati, quasi di corsa, che mi raggiungevano, avrei camminato lungo quei famosi sette chilometri, sino in città.

"Holmes." ansimò Watson, approssimativamente a un metro da me, "Holmes! Per cortesia. Si fermi."

Lo assecondai, forzando ogni singolo muscolo del mio volto al più completo distacco, come era prescritto dalle severe norme di educazione ed autocontrollo che i miei genitori mi avevano insegnate. Mi bastò un'occhiata per capire che il mio leale Boswell era profondamente preoccupato, e che questo suo stato d'animo si stava avvicinando a livelli critici.

Parve positivamente diviso tra l'istintivo desiderio di esprimere schiettamente la sua empatia per la mia situazione ed il suo genuino attaccamento al rispetto che provava nei miei confronti, e ad una conseguente volontà di non recare danno al mio orgoglio.

Esitò, quindi chiese, allargando le braccia ed appoggiandosi al bastone, "Amico mio, come posso esserle d'aiuto?"

Feci del mio meglio per sorridere, "E' presto detto, Watson. Il suo aiuto mi sarà prezioso." estrassi matita e taccuino, e scarabocchiai alcune indicazioni su un foglio, "Dovrebbe consultare gli archivi di Scotland Yard sotto queste specifiche." lo istruii distrattamente, porgendogli il pezzo di carta, la mia mente a chilometri da quel luogo. Immagino si trattasse della reazione a tanti giorni di forzata inattività: ogni mio pensiero pareva ora coprire miglia di distanza lungo la strada che avrebbe portato ai dorati lidi della Verità.

Stavo quasi per incamminarmi verso il cancello, che la voce del mio testardo camerata mi raggiunse, e con un'incisività della quale non l'avrei creduta capace.
"No, Holmes."

Inarcai un sopracciglio, risvegliandomi dalle mie meditazioni.

"Lei mi chiede di recarmi a Londra e consultare gli archivi. Applicando i suoi stessi metodi, potrei azzardare qualche mia deduzione personale." continuò, con una serietà che mi stupì.

"La prego." lo esortai, incrociando le braccia.

Watson ripiegò accuratamente il foglietto. La rigida espressione del suo volto me lo faceva associare più che mai alla figura del soldato, dell'Ufficiale che doveva esser stato, seppur molto più giovane, durante la guerra in Afghanistan. "Potrei dedurre ad esempio che lei intende intraprendere un'azione che reputa rischiosa. Che non intende affatto avvalersi dell'ausilio di Lestrade e Gregson. Che lei intende risolvere questa faccenda da solo, senza comunicare i suoi propositi a me... o a suo fratello." vide qualcosa sul mio volto che a me doveva essere sfuggita, perchè un brillìo di realizzazione scintillò nei suoi occhi. "Ho ragione, Holmes?"

Abbassai lo sguardo senza replicare. Evidentemente la mia disciplina iniziava a risentire di quella stramba ed imprevedibile circostanza. Forse stavo solo cercando di nascondere a me stesso la realtà: mi sentivo sconvolto, più inquieto di quanto non lo fossi stato negli ultimi vent'anni. Non era il tipo di stimolante fastidio che avvertivo ogni qual volta mi veniva presentato un enigma dalle peculiari caratteristiche: era un turbamento di carattere emotivo, e come tale estremamente deleterio per le mie acuite facoltà cognitive.
Prova indiscutibile di ciò era il fatto che anche Watson riuscisse a leggere il mio volto con la facilità di un letterato classico nel comprendere un testo di narrativa spicciola.

"Lei è coinvolto, amico mio, e non può evitare di esserlo." Watson pianamente interruppe il filo dei miei pensieri.

Era vero, ed io lo sapevo. Eppure, il senso di colpa non mi abbandonava. La mia vista era stata annebbiata sin dal principio, sin da quella visita di Lestrade al nostro appartamento. Chiuso nelle prigioni londinesi, non avevo fatto altro che rimuginare con ottusità sui fatti, mettendo a rischio la vita del mio collega, non riuscendo ad arrivare a nulla.
Richiedevo da me stesso sempre il meglio: e quella volta, ero stato deluso.

"Questo è ciò che mi spaventa, Dottore." mormorai, un impulso di franchezza che rinnovò il pungolo del rimorso. Serrai la mascella con forza.

La fronte di Watson si corrugò, in una smorfia di perplessità, "E per quale motivo al mondo dovrebbe spaventarla? Holmes, so per esperienza che il coinvolgimento non è sempre un male. Spinge a dare il meglio di sé. Fornisce un motivo, uno scopo, qualcosa in cui credere. Lei ritiene che io affronti ogni patologia ed ogni malato con l'asetticità di un naturalista, forse?"

Sbuffai leggermente, "Non ne sarebbe capace, caro amico. E tuttavia non può fare a meno di abbracciare, seppure in parte, questa tendenza al distacco. Non sarebbe un uomo di scienza, non potrebbe essere obiettivo, se non lo facesse."

"Sì." concordò il medico lentamente, chinando il capo. "E devo pretendere da me stesso l'infallibilità, perchè ogni vita è preziosa in quanto unica ed insostituibile. " una punta di amarezza affiorò nella sua voce, ed il volto si incupì, "Qualora però, a mente fredda, mi biasimassi per la mia mancata onniscienza... non sarei più un essere umano; e non potrei neppure definirmi un sapiente uomo di scienza, in quanto incapace di giudicare me stesso con obiettività. E quale garanzia di competenza potrei fornire al mio prossimo, allora?"

Era assai raro che Watson mi parlasse in questi termini: tuttavia, avrei dovuto aspettarmi che l'avrebbe fatto, in quell'occasione. Ancora una volta la sua lealtà, la sua fiducia incondizionata, lo portavano a dimostrare di conoscermi più di quanto mi conoscessi io stesso. La mia indole riservata e poco incline alle manifestazioni effettive mi impedì di rispondere nel modo in cui avrei voluto. Rimasi in silenzio, e indagai nei recessi più cupi ed ignoti della mia coscienza.

Era ovvio che io provassi rabbia, persino odio, nei confronti di colui che aveva arrecato danno alla mia stessa famiglia. Era comprensibile che io volessi consegnarlo alla giustizia: ma quanto avrei potuto riuscire nel mio intento, se le mie capacità di deduzione erano compromesse dal sentimento che alimentava il mio stesso proposito?
Un dilemma logico notevole: avrei impiegato tempo a risolverlo. Ma non avevo dubbi sull'esito, ed anticipai un mezzo sorriso che incurvò solo accennatamente gli angoli delle mie labbra.

"Non ho dubbi sulla sua competenza, Watson." pronunciai, a voce più alta, raddrizzandomi e riportando le braccia lungo i fianchi, "E non dovrei averne nemmeno riguardo la mia, dal momento che il dubbio è... la maggiore fonte di dubbio."

Il dottore ricambiò il sorrisetto, con calma, visibilmente sollevato.
"Vorrebbe spiegarmi, allora, per quale motivo dovrei compiere ricerche sui noti trafficanti internazionali di informazioni di carattere governativo?"

Questa domanda mi portava a fare una scelta. Non impiegai nemmeno un istante a compierla.
"Le dirò, Dottore: se il mio piano andrà a buon fine, non avrò necessità che lei passi un noioso pomeriggio nei polverosi archivi di Stato. Piuttosto, avrò bisogno del suo aiuto in faccende di natura più pressante ed urgente."

Il suo sorriso si allargò notevolmente, in quella nota espressione di aperta concordanza e fiducia che ero abituato a vedere, e che non avrei mai voluto perdere. Aspettai che mi affiancasse, prima di avviarmi verso la carrozza che ci attendeva, fuori dal cancello cigolante, vagamente consapevole che anche Mycroft e i due Yarders ci avevano raggiunti.

"Lei migliora ogni giorno." affermai casualmente, mentre ci arrampicavamo sulla vettura, e tenevo aperto lo sportello per facilitare l'ascesa del mio impacciato fratello maggiore. "Le sue deduzioni, oggi, sono state notevoli."

Notai una punta di soddisfazione sul viso di Watson, che scambiò – stranamente – un'occhiata d'intesa con Mycroft, prima di sollevarmi a metà e sporgere appena il capo dal finestrino. Lestrade e Gregson avevano richiesto un altro mezzo, e stavano montando sul calessino insieme ai Berning.
Ottimo.

"Mi sorprende che tu non abbia voluto ispezionare la stanza di Jonas Wright, Sherlock." constatò mio fratello, placidamente.

Fui sbalzato leggermente indietro quando la carrozza, trainata da due cavalli, iniziò a procedere lungo lo sterrato, "Inutile." ribattei, seccamente, "Non avrei trovato nulla di nuovo, come non troverà nulla la polizia di Tyneside. Cardside è troppo astuto per lasciare documenti o indizi che lo riguardino nelle mani di un furfante come Wright."

Mycroft si degnò si acconsentire con un lievissimo cenno del capo.

"Ora." iniziai, avvertendo quell'agitazione positiva ed energica avvolgere il mio animo, mentre mi chinavo in avanti, con aria cospiratoria, verso Watson ed il funzionario governativo. "Assodato che non possiamo in alcun modo attaccare Thomas Cardside per vie legali sulle basi di ciò che è accaduto in questi giorni a Raven Hall, né partendo dal presupposto che egli sia stato coinvolto nella faccenda della Sussex Railroad... dovremo procurarci in altro modo le prove della sua colpevolezza, individuando correttamente l'anello più debole della sua malefica catena di inganni."

Assottigliai lo sguardo, mentre lo sguardo acquoso di mio fratello mi fissava, e il mio amico mi osservava, intento, annuendo di tanto in tanto a riprova della sua concentrazione.

"Individuato questo punto scoperto, dovremo solo recuperare due informazioni fondamentali: come Cardside passi la sua giornata, e come sia organizzata la sua tenuta nei pressi di Maidstone."

Watson sgranò gli occhi, confuso. "Cosa?" domandò, tentando valorosamente di trovare il significato ultimo del mio sibillino dire.

Lo scrutai severamente in volto, "Ha capito bene, vecchio mio."

"Non sarà facile." intervenne Mycroft, arricciando le labbra. "Anche nel caso in cui frequentasse l'alta società, cosa che non credo, e risultasse materialmente facile per me procurarmi, almeno in parte, questi dati, una qualsiasi indiscrezione che trapelasse lo porrebbe in uno stato di pericolosa allerta."

"Ho i miei metodi." rassicurai mio fratello, "Presterò la massima attenzione."

Il dottor Watson ancora spostava lo sguardo incredulo dall'uno all'altro di noi.
"Vediamo se ho compreso, Holmes," proruppe infine, "lei intende introdursi nell'abitazione di Thomas Cardside per scoprire a chi intendeva vendere il documento che Hamish Berning avrebbe dovuto procurargli: quello che ha tentato di estorcerle col ricatto."

"Eccellente, amico mio. Oggi lei è eccezionalmente acuto." approvai, con una sfumatura ironica nel mio tono che avrebbe irritato chiunque, ma che ebbe lo stravagante effetto di rendere il medico più rilassato. Probabilmente, apparivo ora molto più simile al consueto Sherlock Holmes di quanto non gli fossi sembrato negli ultimi giorni.
"A meno che io non abbia commesso un serio errore di valutazione, gli unici documenti che potrebbero compromettere lui o un suo collaboratore che egli ancora consideri possibile fonte di guadagno si trovano chiusi nella sua cassaforte privata. Ed è lì che dobbiamo cercare chi lo possa smascherare. Le è tutto chiaro?"

"Non tutto." puntualizzò Watson, agitandosi per un attimo sul sedile, con l'aria di uno scolaretto che sia stato attento alla lezione e quindi sia pronto a chiedere chiarimenti al docente, "Qualsiasi documento che lei prelevasse dall'ufficio di Cardside potrebbe essere dichiarato un falso, successivamente, e lei risulterebbe imputabile di furto."

Schioccai le dita, puntando l'indice verso il mio lento ma impagabile amico, "Legittima osservazione, Dottore. Infatti, non ho intenzione di sottrarre alcunchè dalla proprietà di Maidstone. Sarò alla ricerca di nomi, di codici, di registri: qualsiasi cosa ci possa condurre a un testimone, o ad una prova esternamente recuperabile."

Il mio interlocutore parve soddisfatto della mia risposta, ed annuì, convinto. Mi appoggiai allo schienale del sedile, prendendo qualche minuto per riflettere. Esporre le mie intenzioni era stato relativamente semplice: ora veniva la parte più complessa. Dovevo costruire un'equazione bilanciata ed equilibrata, che non trascurasse alcuna variabile.

Mycroft, evidentemente conscio di quanta delicatezza ciò implicasse, mi lasciò meditare senza osar perturbare le mie cogitazioni. Ma notai, dopo qualche minuto di silenzio, che il medico ancora mi fissava, senza osar parlare, ma palesemente incline alla comunicazione.

"Verrà con me, Watson?" gli chiesi, a bassa voce.

I suoi occhi assunsero una sfumatura di chiaro rimprovero. Fece per parlare, ma il mio pedante fratello lo battè sul tempo, gracchiando, nel suo particolarissimo modo sarcastico e pungente, "Pensa, Sherlock, pensa! Non perdere tempo in domande inutili."

La scena del celebre detective non molto sottilmente rimbeccato dal fratello maggiore provocò nel mio amico uno scoppio di risate poco elegantemente dissimulate in un fastidioso accesso di tosse. Non so bene come, ma anche io mi ritrovai a sorridere, e riportai sulla campagna circostante uno sguardo più sereno, che indugiava meno sul passato e si protendeva nell'immediato futuro.


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Note dell'Autrice
Ah, si prefigura uno scenario piuttosto cupo, nevvero? Ancora una volta il nostro Holmes è costretto ad utilizzare mezzi non propriamente legali per procurarsi le informazioni di cui ha bisogno: ma la persona alla quale sta dando la caccia non è certo un avversario debole!
Come potrà superare in astuzia il subdolo Thomas Cardside? Quale aiuto potrà dargli Mycroft? E Watson, uscirà illeso da questa pericolosissima avventura?
Dici? Non c'è motivo per il quale Watson non dovrebbe uscirne sano e salvo?
Permettimi di dissentire, caro Lettore :)


   
 
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