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Autore: Lulumyu    23/10/2009    0 recensioni
Un'anima è incatenata in mezzo a buio e luce.
Quale sarà la sua scelta?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Between Light and Darkness
By Lulumyu

35. TRENTACINQUESIMO CAPITOLO
“L’Angelo che dava la Morte – Erik who challenged Death”


Quando era cominciata la sua ossessione per la battaglia?
Erik non riusciva a ricordarlo. Sapeva in cuor suo, vagamente, che proprio su un campo di battaglia la sua storia era cominciata, anni, secoli prima.
Prima di servire Gabriel, prima di giurare fedeltà ad Edrastel, prima di inginocchiarsi di fronte alla Morte, prima di incontrare i suoi fratelli, prima di conoscere Ambriel, prima di diventare un angelo, prima di morire.

Solo due dei suoi fratelli, a parte lui, potevano sapere cosa volesse dire vivere.

OoOoOoOoO

Il suo primo vagito era stato coperto dal frastuono di urla, pianti, grida rabbiose, ed il primo odore che aveva respirato era stato quello della cenere proveniente da capanne in fiamme, portata dal vento in ogni dove.
In un’epoca quasi dimenticata, nella quale gli uomini del nord cercavano di riunirsi in villaggi e fortezze per sopravvivere ai gelidi inverni ed agli attacchi dei predoni, scene come quella non erano rare.
Del proprio nome, ormai aveva perso memoria.

Erik non ricordava nulla di sua madre. Da quello che suo padre gli aveva riferito, completamente ubriaco, anni dopo la sua nascita, lei non era stata più di un gradevole intrattenimento. Nata in un villaggio saccheggiato dal popolo di suo padre, l’unica cosa buona che aveva fatto nella sua esistenza era mettere alla luce quel bambino dai capelli rossi come il fuoco. Rideva, suo padre, nel raccontare come quella donna avesse tentato più e più volte, invano, di sbarazzarsi di Erik prima che egli venisse al mondo, ma non ci era riuscita.
Dopo che l’aveva veduto, con quei capelli, aveva pensato di aver portato un demone nel mondo.
Devastata dalla pazzia, si era tolta la vita.

E suo padre rideva, e rideva.

OoOoOoOoO

L’unico gioco che ricordava di aver mai fatto nella sua infanzia era la lotta.
Lo incitavano, gli gridavano di mostrare quanto era forte, quanto valeva.
Riceveva lodi quando vinceva, schiaffi quando perdeva. Suo padre era severo, era senza pietà. E se Erik piangeva gli schiaffi si moltiplicavano, e talvolta ad essi si aggiungevano percosse più dolorose.
Gli insegnava cosa per lui significasse essere un uomo: vincere le battaglie, piccole o grandi che fossero, sopravvivere ad ogni costo, a discapito degli altri, a prendere con la forza ciò che desiderava.
Ed Erik cresceva, il suo cuore si induriva, la sua forza era di giorno in giorno più inarrestabile.

OoOoOoOoO

Agli occhi di tutti, dentro e fuori della sua tribù, era un demone. I suoi capelli erano rossi come il sangue, la sua carnagione chiara, il suo sguardo difficile da sorreggere.
Era poco più di un adolescente.

OoOoOoOoO

Ben presto era diventato così abile nel combattimento, che tutti i suoi diretti coetanei erano stati sconfitti da lui almeno una volta. Gli adulti e gli anziani cominciarono vederlo come una minaccia, ma non temevano per la propria incolumità.
Se c’era qualcuno a cui il demone non osava disubbidire, quello era suo padre.

Divenne chiaro a tutti che, avendo cresciuto in modo così esemplare il proprio figlio, se fosse stato posto a capo della loro tribù avrebbe fatto in modo che tutti loro sarebbero diventati invincibili.

Fin da principio era stato proprio quello l’obbiettivo di suo padre. Ma Erik ricordava bene quanto in realtà egli fosse un codardo.

Avrebbe voluto il potere per sé, ma aveva troppa paura di affrontare il loro capo per prenderlo. Aveva riversato tutte le proprie frustrazioni su quella donna che aveva ottenuto come bottino di un saccheggio, e poi, quando lei era venuta a mancare, sul figlio che lei gli aveva dato controvoglia.
Se suo figlio fosse diventato il migliore, nessuno avrebbe potuto più giudicarlo come un membro secondario della loro tribù. Se avesse cresciuto una perfetta macchina da guerra, tutti lo avrebbero osannato. Tutti avrebbero avuto rispetto, e avrebbero temuto, i suoi nemici, di mettersi sulla sua stessa strada.

Ma Erik non sospettava minimamente dei piani di suo padre.
Doveva ammetterlo, a quei tempi era intelligente quanto un caprone. Combatteva, sopravviveva, ed eseguiva gli ordini di suo padre, che per lui era più forte di un qualsiasi nemico, senza chiedersi perché.

OoOoOoOoO

Nessuno avrebbe mai potuto neanche lontanamente immaginare che un giorno il figlio si sarebbe rivoltato contro il padre, fondamentalmente per colpa di quest’ultimo.

OoOoOoOoO

Era stato fin dall’infanzia? Oppure successivamente, quando tutti si scostavano quando lui passava, abbassavano gli sguardi, non osavano contraddirlo?
Quando era stato l’esatto momento in cui Erik aveva realizzato il piacere che provava nel sentirsi invincibile?

OoOoOoOoO

Eppure non lo era. Quel giovane uomo nel fiore degli anni non era affatto invincibile.
Gli adulti della tribù, gli adulti delle altre tribù, suo padre. Erano tanti, coloro che erano più forti di lui.
Quando la sua mente formulava questo pensiero, Erik già sapeva cosa avrebbe fatto. E non provava il minimo scrupolo.
Gli ingranaggi del suo destino avevano cominciato a girare.

OoOoOoOoO

Quale altro scopo aveva a quel tempo, se non combattere?
Non aveva mai conosciuto l’amore di una madre, ne quello di un padre, o di una famiglia.
Combattere lo faceva sentire vivo. Era la sua unica ragione di vita.
Sarebbe impazzito nel momento in cui non avrebbe più potuto impugnare una spada.

Proprio per quello già era convinto che non avrebbe mai visto la vecchiaia.
Uno come lui non poteva vedere che con disonore una condizione di così chiara debolezza.
Decidevano per gli altri, si fingevano intelligenti, e saggi, solo perché i loro capelli si facevano più radi e più candidi, mandavano gli altri a combattere al posto loro, mentre si sdraiavano sopra coperte di pelliccia, davanti al focolare, deliberando del futuro del resto dei membri della loro famiglia allargata.

La verità era che se avessero messo anche solo un piede su un qualsiasi campo di battaglia, non ne sarebbero ritornati vivi. Ed Erik, nella sua limitata intelligenza, li disprezzava dal profondo della sua anima rabbiosa.

OoOoOoOoO

Il pensiero che gli adulti della tribù fossero totalmente inutili arrivò come un fulmine a ciel sereno, ma non se ne andò più dalla sua mente. Non gli permettevano di combattere, dicendo che volevano preservare la sua forza come una sorpresa, per atterrire i nemici e sconfiggerli definitivamente.

E all’inizio aveva pure creduto a queste menzogne. Del resto erano uscite per la prima volta proprio dalla bocca di suo padre.

OoOoOoOoO

Per distrarlo erano perfino arrivati a portargli dei doni provenienti dai saccheggi che avevano compiuto senza di lui.
Oggetti preziosi, pellicce pregiate. Ma nulla poteva distoglierlo dalla sua ossessione, neppure l’unica donna della quale poteva dire di essersi vagamente innamorato. Lei era stata l’unica persona che Erik avesse mai voluto rendere felice.
Ma il destino aveva voluto diversamente. L’aveva portata via, e con lei il figlio che portava in grembo.

Forse fu proprio quel fatto che portò per la prima volta quel giovane uomo a pensare alla morte.
Ma ci volle ancora molto tempo perché egli cominciasse a pensarvici seriamente.

OoOoOoOoO

Si trovava nuovamente solo, e senza eredi. Aveva passato gli ultimi anni della sua esistenza lontano dalle battaglie, ma aveva continuato a cercare di migliorare le proprie abilità di combattente.
Non aveva più avversari degni di quel nome tra i suoi coetanei. Eppure a loro era permesso combattere con gli adulti della tribù.
Anche Erik oramai si considerava un adulto, ma nessun altro sembrava volerlo riconoscere come tale.
L’unico modo per mostrar loro di essere cresciuto, era di dimostrare di essere più forte di ciascuno di loro.
Così, ad uno ad uno, lì andò a cercare.

OoOoOoOoO

Quale scusa avrebbero potuto accampare, ora che ogni adulto della tribù era stato da lui sconfitto?
Ora la sua superiorità sarebbe stata riconosciuta. Avrebbero dovuto riconoscerlo per ciò che era, ovvero il più forte.

Suo padre era furioso.
Come aveva osato disubbidirgli? Aveva tentato di punire Erik, ma non ci era riuscito.
La scena del resto sarebbe risultata ridicola agli occhi di tutti, e suo padre, che aveva raggiunto il potere solo grazie alle apparenze, non poteva permettersi che esse capitolassero, mostrando la pura realtà dei fatti, ovvero la sua totale incapacità di governare il figlio che sembrava in suo controllo solo fino a poco tempo prima.
Ma nella sua presunzione non vide il pericolo in cui si trovava.

Erik non era davvero più il bambino che si faceva picchiare.

OoOoOoOoO

Suo padre era l’unico ostacolo che si parava tra Erik e la libertà di poter combattere come qualsiasi altro suo compagno sui campi di battaglia. Era davvero la prima volta che lo vedeva sotto quella luce particolare.
Fammi combattere, lo pregava. Ma la risposta era sempre negativa.
Il sangue bolliva nelle vene del giovane uomo, ma come poteva disubbidire al capo della sua tribù?
Ed ecco, la soluzione venne da sé.

OoOoOoOoO

Aveva voluto solo spaventarlo un po’, costringerlo a riconoscere che il figlio ormai lo aveva superato.
Del resto come avrebbe potuto alzare sul serio le armi contro colui che, nel bene o nel male, lo aveva portato al mondo?
Ma Erik odiava profondamente gli uomini erosi dalla vecchiaia, e suo padre ormai era uno di quelli.
Stava invecchiando, Erik poteva vederlo. Erano anni che non combatteva, e i suoi muscoli avevano perso tonicità.
Sembrava riuscisse a malapena a reggere la propria spada con una mano.
Solo una piccola discussione. Una lite tra padre e figlio.
Eppure il vecchio non voleva perdere ciò che si era così faticosamente guadagnato.

Lo aveva mai amato almeno un istante, quel figlio dai capelli di fuoco?

Erik se lo chiese, quando suo padre tentò di ucciderlo. Se lo chiese, ma l’unica risposta che ebbe fu l’ultimo rantolo proveniente dal suo corpo debole quando fu lui, ad ucciderlo.

OoOoOoOoO

I ricordi degli anni successivi erano come avvolti in una fitta nebbia. Doveva essere diventato il nuovo capo villaggio, e doveva aver mosso guerra a qualsiasi villaggio si trovasse nei territori vicini.
Ricordava, ad un certo punto, di essere rimasto solo. I membri della sua tribù non sopportavano di avere un demone per capo, e lo abbandonarono. Non potendo neanche immaginare di tentare di ucciderlo, lo avevano semplicemente lasciato solo, fuggendo il più lontano possibile da lui.
Non aveva più legami, era libero. Divenne un mercenario al soldo del migliore offerente.

OoOoOoOoO

Negli anni seguenti cercò di trovare gli uomini più forti ovunque si recasse. Inevitabilmente, li sconfiggeva tutti quanti.
Esisteva più qualcuno che fosse alla sua altezza? Esisteva qualcuno che mai nessuno aveva sconfitto?
Ossessionato da quel pensiero cercava, e cercava. Il suo corpo portava ogni singola ferita degli scontri che aveva affrontato. Eppure, nonostante le ferite, e le cicatrici, Erik vinceva ancora, e ancora.
Stava forse impazzendo? Lo pensò davvero, quando la vide per la prima volta.

OoOoOoOoO

Non era giunta in quel luogo per lui. Almeno, non quel giorno.
Si aggirava con grazia tra cadaveri e uomini ancora vivi, accasciati a terra, aggrappati all’aria del cielo come fosse la loro unica ancora di salvezza dall’abisso.
Mentre agli altri era apparsa come una giovane donna bellissima, o una bambina dallo sguardo penetrante, a lui comparve sotto sembianze maschili. Un cavaliere dall’armatura argentea, il volto coperto da un elmo con decori spaventosi. In vita sua Erik non aveva mai visto nulla di simile.
Non si erano mai avvicinati alle fortezze di pietra, lui e quelli della sua tribù, ed Erik realizzò che era proprio in quei luoghi dove lui non aveva mai pensato di cercare che, forse, si trovavano i combattenti forti che stava cercando così disperatamente.

Eppure quel cavaliere aveva davvero qualcosa di diverso, rispetto a tutti gli altri. Ad ogni suo passo la terra sembrava fremere impaurita, e gli uomini feriti esalavano i loro ultimi sospiri.
Erik rimase paralizzato dove si trovava. Aveva trovato una risposta alle domande che lo tormentavano.
Esisteva un avversario che nessuno mai sembrava aver sconfitto del tutto.
Fu la prima volta che desiderò sconfiggere la Morte.

OoOoOoOoO

Dopo quel breve incontro ogni altra cosa perse significato. Cercò ovunque quel cavaliere, e, anche nei momenti in cui gli sembrò di poterlo scorgere, in realtà non riusciva a raggiungerlo.
Il demone aveva perso la ragione, inghiottita da un feroce orgoglio. Era convinto di poter vincere. E, finalmente, sarebbe stato davvero invincibile.
Credeva di essere lui a cercare la Morte. La verità era l’esatto opposto.

OoOoOoOoO

Non seppe mai quale delle sue numerose ferite ne fu la causa scatenante, ma Erik cominciò a star male.
Accasciato a terra con il corpo dolorante e la testa che sembrava stesse per scoppiargli, si trovò a faccia a faccia con il nemico che aveva rincorso per tutto quel tempo.
Sembrava si stesse divertendo un mondo.

Era un tuo desiderio, quello di non vedere la vecchiaia. Ma non temere, piccolo sciocco. Questo è solo l’inizio.

Quando riprese conoscenza, si trovò in un mondo circondato dalla luce.

OoOoOoOoO

Era dunque finita così? Ierenish non riusciva ad accettarlo. Ancora una volta era in un luogo da cui non poteva allontanarsi, ancora una volta gli veniva detto che non poteva combattere.
Là, sulla terra che aveva abbandonato, stavano accadendo cose che Ierenish non aveva mai neanche immaginato nella sua vita mortale. Una guerra di proporzioni colossali, ed un nemico ben preciso che non era affatto facile eliminare.
L’angelo che era diventato scalpitava. Non poteva aspettare oltre, eppure lo fece.

Attese, paziente, perché fu lei ad insegnargli che una vera guerra non era composta solo da azioni, ma anche da attese e da ragionamenti. Fu lei ad istruire il caprone che era stato, a domare il demone che combatteva senza ragione e senza grazia, a fargli finalmente conoscere il calore di una famiglia.
La sua maestra, Ambriel.

OoOoOoOoO

<>Non era stato il suo aspetto a colpire Ierenish, ma la sua forza interiore, e la determinazione che proveniva dal suo sguardo. Era una femmina, ma aveva la forza, la rigidità, e la saggezza che fino a quel momento Ierenish aveva riconosciuto solo nei maschi.

- Per quale motivo sei così desideroso di scontrarti in battaglia con tutti? – gli aveva chiesto un giorno, dopo che lo aveva scoperto mentre sfidava in un corpo a corpo un altro angelo che gli era parso particolarmente forte.

- Voglio diventare invincibile – aveva risposto lui, lanciandole uno sguardo irritato.

La sua maestra lo aveva guardato con sguardo triste, sorridendo amara.

- Ma è impossibile, Ierenish. Ci sarà sempre qualcuno, o qualcosa, più forte di te – gli disse.

- No, non è vero. Io dimostrerò che ciò è possibile – le rispose a tono.

- E come pensi di fare? – chiese Ambriel, genuinamente curiosa.

- Io sconfiggerò la Morte – sentenziò Ierenish.

Al ricordo di quelle parole le guance di Erik ancora si imporporavano dall’imbarazzo. La sua stupidità non aveva limiti, all’epoca. Era una fortuna che nessun altro dei suoi fratelli avesse assistito a quella conversazione.
Ambriel infranse immediatamente ogni sua ridicola fantasia sull’argomento con una semplice, ma efficace obiezione.

- Ma Ierenish… la Morte ti ha già sconfitto -.

OoOoOoOoO

L’unico scopo che la sua esistenza aveva avuto fino a quel momento era venuto a mancare in pochi istanti.
Era già stato sconfitto.
In cuor suo non lo aveva mai accettato, fino al momento in cui la verità non gli era stata sbattuta nuda e cruda in faccia.

Ed ora?

OoOoOoOoO

Quando incontrò Ardeniel per la prima volta, comprese che aveva finalmente trovato un nuovo avversario degno di quel nome. Egli era intelligente, forte e carismatico, e, a differenza di Ierenish che non usava altro che la forza bruta, quello usava la testa.
Non riuscendo ancora ad accettare il fatto di non poter diventare invincibile come aveva sempre desiderato, lo sfidò, costringendolo a combattere con lui. Fu sonoramente sconfitto, quella volta e tutte le volte successive.
La pazienza di Ardeniel era stata immensa, a quei tempi. Erik lo riconosceva. Un leone che si trova davanti ogni giorno un leoncino spelacchiato e ringhioso che pretende di avere la meglio su di lui.
Era Ardeniel che andava a cercarlo quando Ierenish, irritato, si allontanava dal gruppo per andare ad attaccar briga con angeli di altri gruppi pur di menare le mani. Era Ardeniel che, combattendo con lui, aveva domato il demone che Ambriel aveva indebolito per prima, e lo aveva trasformato in un combattente dalle movenze fluide e dalla mente scattante quanto il corpo. Peccato che non fosse riuscito del tutto a spegnere quella fiamma di ribellione che ardeva nel cuore dell’angelo dai capelli rossi.
Ardeniel era il padre ed il fratello che non aveva mai avuto. Ierenish non l’avrebbe mai ammesso, ma era come se Ardeniel lo viziasse. L’unico essere al mondo che avesse mai fatto qualcosa di simile.

Nessuno, invece, aveva mai osato prenderlo in giro. A parte Daniel, ovviamente. Era sfrontato, e non sembrava aver paura di lui, ne di rischiare la morte ogni volta che cercava di stuzzicarlo. Erano simili, lui e Daniel. In modi diversi avevano entrambi intrecciato le strade della loro esistenza mortale con la Nera Signora.

Keiranish, invece, era il suo esatto opposto. Era calmo, riflessivo, posato. Non era particolarmente abile nel combattimento, ne a volare. Ma era intelligente, qualità che Ierenish aveva faticato ad acquisire, e, soprattutto, amava profondamente, ed era ricambiato con altrettanto ardore.

Vereviel era diversa dalla donna a cui Ierenish era stato legato per poco tempo nella sua esistenza. Sembrava fragile come una piuma di cristallo, ma vivace, e vibrante di vita come il sole. Il suo sorriso era luminoso, e aveva sempre una buona parola per tutti. Era simile ad Ambriel, ma allo stesso tempo completamente diversa.
Lo confondeva. Erano tutte così le femmine che abitavano quel luogo di luce?

Gli ultimi due membri del gruppo erano i gemelli. Inseparabili, simbiotici, identici.
La prima volta che li aveva veduti si era sentito profondamente irritato. Che scherzo di cattivo gusto, due esseri identici! Lui non aveva mai visto nulla di simile in tutta la sua breve esistenza.
Non gli ci volle molto però ad imparare a distinguerli.
Tielish era quello dei due che lo guardava con disapprovazione. Gereniel quello che lo guardava con un misto di stupore, ammirazione e spavento. Sembrava voler assorbire con gli occhi ogni sua movenza con la spada, ogni suo movimento di lotta a corpo a corpo. Era ansioso di imparare, di crescere e di essere riconosciuto dai più grandi. Gli ricordava la sua infanzia. Ma Ierenish era felice, sotto sotto, che quel suo fratellino non dovesse subire ciò che aveva subito lui.

Stando in loro compagnia, senza accorgersene, qualcosa dentro di lui stava lentamente cambiando.

OoOoOoOoO

La vendetta era qualcosa che non gli apparteneva. Non era mai stato tanto affezionato a qualcuno da sentire la necessità bruciante di vendicare la sua scomparsa.
Ma quando Vereviel morì si trovò a desiderare di distruggere ogni singolo vampiro presente sulla faccia della terra.

OoOoOoOoO

Gli Emeron si scansavano, quando lui era nelle vicinanze. Era un angelo, vero, ma dai capelli rossi. In realtà anche a Ierenish erano venuti dei dubbi, e ne aveva parlato con Ambriel, in uno dei pochi istanti in cui non era circondata da membri di quella famiglia, dalla morbosa attenzione di Alexandrius.

- Perché sono potuto diventare un angelo? Io, che ho vissuto come un demone? -.

La sua maestra gli aveva risposto con dolcezza.

- Sono stati coloro che ti circondavano a fare di te un demone -.

- Nessuno mi ha mai costretto ad uccidere – disse lapidario Ierenish.

- Ambriel gli aveva sorriso con un po’ di tristezza a velarle gli occhi color del mare.

- Non avevi altra scelta. Non hai mai conosciuto altra via se non quella della violenza. Ti è stata concessa una seconda possibilità. È qualcosa di cui tu forse non hai mai neanche sentito parlare. Si chiama perdono -.

Ambriel gli scompigliò dolcemente i capelli. Nessuno lo aveva mai fatto.

- Non sei più il demone che credevi di dover essere. Stai cambiando. Hai solo bisogno di trovare un vero scopo nella tua esistenza – gli aveva detto.

Il loro discorso privato era stato interrotto dalla famiglia di cacciatori. Gli avevano nuovamente lanciato sguardi sospettosi, quando la sua maestra lo aveva abbracciato con affetto.

OoOoOoOoO

Non credeva che avrebbe mai potuto perdonare gli Emeron, dopo che Ambriel era stata rapita.
Voleva vendetta, ancora una volta. La sentiva bruciare dentro di sé come un fuoco nero.
Era stato Tielish a fermarlo. Quello che fino a poco prima non gli era sembrato più di un fratellino minuto e silenzioso gli si era parato davanti, quando nessuno degli altri quattro aveva mosso un muscolo per tentare di fermare Ierenish e la sua ira.

- No – gli aveva detto.

In quel momento gli aveva ricordato l’espressione decisa di Vereviel, e anche quella della loro maestra.
Abbassò l’Ilthenor, ma non la fiamma ribelle che da sempre gli bruciava dentro.
Anche le sue ali divennero grigie.

OoOoOoOoO

Il suo incontro con la Nera Signora non ebbe nulla di sentimentale, ne rispettoso.
Keiranish e Daniel erano come scomparsi, in quel deserto di desolazione, ma Ierenish, Ardeniel e Gereniel stavano continuando ad avanzare. A differenza del piccolo Gereniel, Ierenish non provava alcuna sofferenza.
Pensò a lungo, per la prima volta, alla propria esistenza, e allo scopo che voleva darle.
Osservava silenzioso l’incedere ostinato di Ardeniel, che spesso si voltava per controllare che Gereniel non rimanesse indietro, o non incespicasse in qualche modo.

Cosa intendi fare?

Si bloccò di scatto, e Ardeniel, che lo aveva notato, lo imitò. Gereniel continuò a camminare senza dare segno di aver notato nulla.
Con un cenno della testa Ierenish intimò ad Ardeniel di continuare il proprio cammino. L’altro lo guardò con un’espressione dubbiosa, ma fece ciò che gli fu chiesto.

Quella voce era rimasta indelebile in un cassetto profondo della sua memoria, ed ora tornava a tormentarlo.
Si voltò cercandone la fonte, e si trovò davanti all’improvviso il cavaliere dall’armatura d’argento.
Dietro questo, in lontananza ma neanche troppo, l’attenzione di Ierenish fu catturata da due figure che volavano nell’aria. Due figure con possenti ali nere sulla schiena.

Cosa intendi fare?

Ierenish riportò la sua attenzione sull’avversario che mai sarebbe riuscito a battere. All’improvviso si rese conto che quel pensiero non gli provocava più nessun sentimento negativo. E finalmente, in un lampo, capì.

- Hai bisogno di uno come me. E lo sai benissimo. È per questo che mi dicesti quelle parole quando venisti a prendermi la prima volta – disse Ierenish, con un sorriso beffardo, - La morte non può essere evitata, ed in questo mi hai sconfitto. Ma ora tocca a me vincere. Perché di te non ho più alcuna paura -.

Non si sarebbe aspettato alcuna risposta, ma gli bastava sapere di avere ragione. E Ierenish aveva ragione. Ierenish si inginocchiò ai piedi del cavaliere, ma fu Erik colui che si rialzò in piedi. Un angelo dalle ali nere.

OoOoOoOoO

- Deduco dunque che tu abbia trovato uno scopo, nella tua esistenza – affermò Lilith, con sguardo dolce.

Erano nel gazebo del giardino del palazzo Celester, il luogo che la sua maestra sembrava preferire ad ogni altro.
Il piccolo Gabriel le dormiva in braccio, cullato dalla madre. Aveva i suoi stessi occhi, ed i suoi stessi capelli.
Di suo padre, del vampiro Edrastel, non aveva nulla di visibile. Ma Erik, e tutti gli altri con lui potevano chiaramente percepire che egli fosse suo figlio.
C’era una profonda oscurità, in lui, così come una brillante luce.

- Diciamo che ho riveduto le mie priorità – bofonchiò lui, leggermente a disagio.

Con lo sguardo Lilith lo incitò a spiegarsi meglio, cosa che lo fece sentire ancora più irritato.
Si vergognava, ad ammettere certe cose, anche se gli altri non erano nelle dirette vicinanze.
E se Hans ed Astyd stessero origliando, nascosti da qualche parte? Da quei due poteva aspettarsi di tutto.

- L’invincibilità non è poi così importante, quando si ha qualcosa da proteggere, non è vero? – lo aiutò lei, facendogli l’occhiolino.

Damon, Astyd, Tyler, Hans, Lilith. Ed ora anche il piccolo Gabriel. La famiglia che non aveva mai avuto, e che ora era diventata per lui più importante di qualsiasi altra cosa.
Erik annuì, le sue guance accendendosi dello stesso colore dei suoi capelli.

OoOoOoOoO

- Damon, perché? È uno di loro! – ringhiò Erik, furioso, non accennando ad abbassare la spada che stava puntando contro il petto di suo fratello.
Damon non accennò a spostarsi dal luogo in cui si trovava, tra Erik e la culla del bambino.

- Sono le ultime disposizioni del nostro Re, Erik – gli ripeté, lapidario.

- Non puoi chiedermi di tenere in vita un Emeron! Dopo tutto ciò che hanno causato! – gli rispose Erik.

Ma Damon era serio, ed i suoi occhi acquistarono quell’espressione che perfino un demone come era stato Erik non poteva evitare di temere. L’espressione che aveva quando pensava al suo peggior nemico.

- Io non posso lasciare solo Gabriel, e nono potrei affidare a nessuno degli altri un compito tanto delicato. Tu sei l’unico a cui nessuno oserebbe avvicinarsi a parte me, perché sanno cosa sei capace di fare – gli disse.

Erik abbassò l’arma, ma sul suo volto rimase un’espressione dubbiosa.

- Damon… -.

- Fallo e basta! – gli intimò l’altro angelo, con tono deciso.

Erik si fidava di suo fratello. Quello fu l’unico motivo che lo spinse ad ascoltarlo, riponendo nel fodero la propria spada, prendendo l’ultimo degli Emeron in braccio, e portandolo via, in volo, verso un luogo in cui né i vampiri né altra creatura sovrannaturale sarebbe stato in grado di rintracciarlo.

OoOoOoOoO

E così, nelle vene di quella ragazza che stava scendendo la scalinata della sala da ballo del palazzo Celester, scorreva il sangue del bambino che, anni prima, Erik aveva portato in salvo, lontano dai luoghi in cui era nato.
Damon non gli aveva mai fornito ulteriori spiegazioni, sulla faccenda, ne lui aveva avuto l’interesse di chiederle.

Ora avrebbe visto, finalmente, se lasciare in vita quel marmocchio era stata dopotutto la scelta migliore che avrebbero potuto fare alla fine di quella terribile guerra.




NdA: Ciao a tutti^^.
Avevate perso le speranze, vero? Eppure eccomi di nuovo qui.
Ce ne è voluto di tempo, e mi dispiace molto. Ma non ho intenzione di lasciare questa storia incompleta.
Ringrazio tutti voi che nonostante la lunga attesa non avete perso le speranze di vedere il proseguimento di BL&D, e state leggendo questo capitolo e queste mie poche righe di commento.
Grazie soprattutto a coloro che hanno recensito^^. Siete il motivo principale che durante il mio hiatus ha continuato a farmi pensare a questa mia povera storia!
Non so quando il prossimo capitolo sarà on-line (speriamo di attendere meno, vero? XD), ma sarà l’ultimo dei capitoli dedicati agli Angeli della Morte. Ovviamente avremo Damon/Ardeniel come protagonista!

“L’Angelo che odiava la Morte – The scar in Damon’s heart”

Spero che abbiate apprezzato quest’ultimo sofferto capitolo. E spero che sarete così gentili da lasciarmi un vostro parere a riguardo!

Un bacione!
’myu

  
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