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Autore: ross_ana    24/10/2009    7 recensioni
Isabella Guanto, per un desiderio espresso nel momento sbagliato, si trova catapultata nella storia di twilight diventando Isabella Swan, al momento dello scontro con James. Edward si accorgerà dello scambio di persona? E come farà, Isabella Guanto, a tornare alla sua realtà?
Genere: Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Isabella Swan
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Isabella Guanto.
Classe 5C.
Voto 9+.
 
La professoressa ha portato i temi di italiano. Ho preso il voto più alto della classe. Ottimo.
Ottimo per mia madre. Che pretende da me sempre il massimo.
Ottimo per mio padre. Che se non sono la numero uno in tutto, ne fa una malattia.
Ma per me non è poi così tanto ottimo.
I miei compagni di classe mi conoscono come "la secchiona".
I professori mi reputano quasi come un'assistente universitaria, quando ancora non ho nemmeno il diploma di liceo.
Non ho un ragazzo. La mia "reputazione" allontana chiunque da me.
Non ho un amica che possa definire tale. Tutte le persone che "si avvicinano" lo fanno esclusivamente perchè vogliono passate le versioni di latino e greco e i compiti di matematica e fisica.
Sono sola.
Profondamente sola.
E questo mi fa male. Perchè io detesto la solitudine. Odio la solitudine.
Sono sola persino nell'autobus mentre torno a casa.
Nessuno infatti si siede vicino a me. Neanche avessi qualche strana malattia contagiosa.
Abbattuta da questo pensiero, decido di scendere alla prima fermata e proseguire a piedi.
 
- Isabella, perchè hai fatto così tardi? Ti aspettavamo venti minuti fa, adesso si è freddato tutto.
E figurarsi.
In casa mia si faceva tutto al preciso secondo.
Il motto dei miei genitori era: Ogni minuto di ritardo è un minuto perso.
Che poi perso per cosa?
Non poteva essere che una persona, in quel minuto "perso", viveva l'esperienza più bella della sua vita?
Ok. Non era il mio caso, ma il concetto era lo stesso...
 
- Ho perso l'autobus, perchè siamo usciti in ritardo da scuola, e quindi sono tornata a piedi.
Dire la verità era fuori discussione. Mi avrebbero dato della pazza, e francamente, erano già abbastanza i rimproveri che ricevevo, nonostante mi comportassi sempre, in ogni istante, da figlia impeccabile.
- E come mai siete usciti in ritardo?
- Perchè la professoressa ha portato i compiti di italiano, e li ha consegnati proprio mentre suonava la campanella.
- E quanto hai preso?
E figurarsi se non arrivava questa domanda.
Era sempre la prima che ricevevo e a cui ero costretta a rispondere.
- Nove più.
- Qualcuno ha preso più di te?
- No.
- Bene. Brava. Siamo orgogliosi di te.
 
Oh, si, certo. Diventano orgogliosi di me non per il voto che porto a casa, nonostante sia un voto grandioso. Diventano orgogliosi di me quando vengono a sapere che nessuno ne ha preso uno più alto.
Probabilmente sarebbero orgogliosi di me anche se prendessi due. A patto che il resto della classe prendesse due meno.
Spaventoso. Si: mio padre era spaventoso.
Mia madre era spaventosa.
E per fortuna non avevo fratelli, altrimenti, probabilmente, sarebbero stati spaventosi anche loro.
 
Mangiai, da sola, il piatto di pasta ormai freddo, e immediatamente mi fiondai in camera.
Dovevo studiare. Il giorno dopo avrei avuto interrogazione di storia.
Ma poi pensai che ero già più che preparata, e che ero stufa di studiare per gli altri.
Così pescai dalla libreria un libro. Uno a caso. Qualunque cosa che mi facesse distrarre dalla routine della mia vita.
 
Guardai la copertina: due braccia biancastre che reggevano una mela.
Lessi il titolo: twilight.
Ah, si. Il ibro che mia cugina mi aveva regalato per Natale.
D'altronde ricevevo solo questo: libri. Libri su libri. Libri e ancora libri.
Per fortuna amavo leggere...
Ma quel Natale era stato terribile per me: ero stata costretta a passare tutte le vacanze insieme alla segretaria della mamma ed al suo fidanzato. Era stato davvero orrendo. E perciò avevo cercato di rimuovere tutto ciò che mi potesse ricordare quei terribili giorni. Compresi i regali ricevuti.
Ma adesso avevo bisogno di svagare la mente.
Avevo bisogno di dedicare le mie attenzioni a qualcosa che non fosse Petrarca, Dante e Boccaccio.
Avevo bisogno di far vagare i miei pensieri su qualcosa che non riguardasse test, compiti in classe e verifiche orali.
E perciò cominciai a leggere twilight.
 
Ma guarda... la protagonista aveva il mio stesso nome... Isabella... anche se veniva chiamata Bella...
E il suo rapporto con i genitori era diverso da quello che io avevo con i miei... ma avevamo tante cose in comune: anche lei, come me, era goffa. Anche lei, come me, non aveva una vita sociale degna di poter essere chiamata tale...
Wow.
 
La storia diventava sempre più bella, sempre più intrigante.
Edward. Che bel nome.
...Un vampiro.
Wow.
 
- Isabella, la cena è pronta.
Un urlo. Di mia madre.
Mi aveva interrotto dalla lettura di questa fantastica storia.
Che rabbia.
- Non ho fame.
Non volevo interrompere la lettura. E non volevo che i miei facessero domande.
Avrebbero trovato il mio interesse per questa storia "leggera" una perdita di tempo. E non avrei potuto sopportare un altro rimprovero.
- Signorina, scendi immediatamente a mangiare.
Chiusi gli occhi e feci un profondo sospiro.
Non potevo disobbedire a un ordine diretto di mio padre. L'illustre magistrato Guanto.
Avrebbe potuto mandarmi in carcere per non aver obbedito immediatamente.
Così di mala voglia inserii un segnalibro nella pagina che stavo leggendo, conservai il libro al suo posto nella libreria, (ondevitare incursioni segrete nella mia stanza che svelassero la mia reale occupazione di quel pomeriggio), e con un finto sorriso tirato sul viso, mi recai in cucina per la cena.
 
Cercai di fare tutto il più in fretta possibile: non avevo fame, e non avevo voglia di perdere tempo. E quello per me lo era: una perdita di tempo.
Volevo sapere come andava a finire la storia.
Volevo sapere cosa sarebbe successo a Bella adesso che James l'aveva rintracciata.
Lei stava correndo verso la scuola di danza, cadendo ogni quattro passi, e sentendosi impedita come in un incubo.
Volevo sapere se Edward sarebbe arrivato in tempo per salvarla, o se James l'avrebbe morsa rendendola uguale a loro...
 
- Isabella, rispondi a tua madre.
- C-come?...
Mi resi vagamente conto che mio padre mi stava fissando con uno sguardo severo e che si stava rivolgendo a me con un tono molto duro. - Scusa? Puoi ripetere?
- Ma che ti prende Isabella? Come mai sei così distratta?
Non mi diedero il tempo di rispondere. Mia madre parlò al mio posto.
- Perchè ha sempre la testa tra le nuvole. Perchè è una sciocca ragazzina che si perde a sognare ad occhi aperti. Ecco perchè è sempre così distratta.
 
Quello che disse mi ferì profondamente.
Ma come poteva solo pensare una cosa del genere?
Io che per far piacere a lei avevo praticamente rinunciato a una vita normale?
Non avevo mai alzato la voce.
Non avevo mai disobbedito.
Non avevo mai fatto o detto nulla di sconsiderato.
... Era arrivato il momento di cambiare.
 
Mi alzai di scatto. Sbattei violentemente le mani sul tavolo, e mi misi ad urlare.
- Basta. Basta. Basta. Non vi sopporto più. Sempre che state qui a criticarmi. Sempre a dirmi cosa devo o non devo fare. Non ce la faccio più. Non. Ce. La. Faccio. Più. Mi state distruggendo l'esistenza. A causa vostra non ho una vita che si possa definire tale. Vi odio. Io vi odio. Vorrei poter essere l'Isabella di twilight e trovarmi davanti a James nella sala degli specchi adesso, piuttosto che sentire ancora le vostre lamentele.
 
Senza dare il tempo di rispondere alle mie urla, mi allontanai dal tavolo e cominciai a correre verso la mia camera.
Lacrime amare rigavano il mio volto, e scendevano imperterrite dai miei occhi senza che fossi capace di fermarle.
Strinsi tra le mie braccia il cuscino, e continuando a sfogare tutto il mio dolore su quel pezzo di stoffa, pian piano mi addormentai.
 
Qualche ora dopo, un brivido di freddo mi fece svegliare di soprassalto.
Un turbinio d'aria si agitava sopra la mia testa. Aveva uno strano colore giallastro, e in alcuni punti riluceva come fosse oro.
Non feci in tempo a chiedermi se fossi sveglia o ancora addormentata, che quella strana "luce" mi entrò dentro, e improvvisamente, senza che me ne rendessi conto, mi trovai in una sala piena di specchi, con un vampiro dagli occhi rossi e un sorriso sadico sul volto che lentamente si avvicinava a me per uccidermi.

   
 
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