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Autore: Manuel Lanhart    09/06/2005    2 recensioni
Un incontro inaspettato...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Harry si risvegliò di soprassalto. Si guardo intorno recuperando un minimo di lucidità. Era mattino: i raggi del sole rischiaravano l’intera stanza, e a giudicare dal caldo, doveva essere una certa ora. Lui grondava di sudore, e si trovava avvolto come una mummia tra le lenzuola, mentre il cuscino era finito a terra. Il sogno, o meglio l’incubo rimaneva lucido nella sua mente, e lo stava ripercorrendo ancora, quando scese giù a fare colazione, lavato e vestito impeccabilmente per l’appuntamento.
Valutando che era proprio il caso di riferire il sogno a Moody, Harry si ripropose di farlo quella sera, dopo che gli zii e il cugino sarebbero andati a letto. Voldemort stava agendo di nuovo, ne era certo, ed era entusiasta, per non dire eccitato per una novità molto positiva, altrimenti la cicatrice non avrebbe bruciato tanto. Il ragazzo sperava solo che la gioia del nemico si placasse e non gli procurasse dolorose fitte nel corso di quella giornata. Non poteva permettersi un passo falso con l’amica, o i suoi numerosi segreti sarebbero andati svelati.
Quella casa doveva essere l’antica residenza di Voldemort, che probabilmente usava ancora come rifugio, quando non si recava altrove a seminare morte e dolore. E il serpente, Nagini, aveva risvegliato sensazioni terribilmente familiari in Harry, poiché già una volta aveva vissuto, pur solo pochi minuti, nel corpo di quel rettile attaccando una delle persone a lui più care al mondo, e una traccia latente di tale esperienza era rimasta nel suo animo risvegliandosi di tanto in tanto. Ma l’aspetto più brutto del sogno era stato vedere la testa di Sirius. Anche se non era la prima volta che gli capitava di sognarla, Harry tuttavia credeva che non ci si sarebbe mai abituato, e chissà per quanto sarebbero continuati quei sogni.
Recandosi in cucina, il giovane mago non trovò nessuno…Che fosse troppo tardi e i Dursley fossero usciti per qualche commissione? “Non può essere, mi pare che l’orologio in salotto segnasse le nove”. Allora si accorse di un biglietto piegato dentro una tazza vuota.
“Esclusivamente e consuetamente per colpa tua, ingrato, anormale, orrido nipote, abbiamo accompagnato tuo zio in ospedale perché le bruciature hanno assunto una sfumatura verdastra e si mettono a ridere! Che diranno i dottori e i vicini? Santo cielo che brutta figura che brutta figura! Giuro che se si tratta di un’infezione inguaribile normalmente casa nostra sarà solo un ricordo per te, un ricordo che rimpiangerai amaramente chiedendo l’elemosina per strada!” Petunia.
“P.s. Arrangiati tu con la colazione. Non meriteresti nemmeno quella. Ringrazia il preside della tua scuola che sei ancora con noi. Bada”
Per Harry non fu necessario leggere nuovamente il messaggio, anzi lo stracciò e lo buttò nella pattumiera ridendo come un folle. Le parole di zia Petunia avrebbero fatto un figurone da Strillettera, al castello, e Harry si ritrovò a desiderare i suoi amici. Ora che la tristezza si era un pochino smorzata, la felicità e la nostalgia tornavano a farsi vive, nel suo animo. Sospirando, tirò fuori dal frigo una bottiglia piena di latte, e da una credenza fin troppo ordinata un pacco di cereali stantii: i parenti non si affrettavano a rifornirsi dei cibi preferiti del nipote, mentre per Dudley riempivano ¾ del carrello! Colmata la tazza, Harry si sedette e mangiò di gusto, dato che era dal pranzo del giorno precedente che non si nutriva a dovere. Preferì non accendere il televisore perché voleva godersi appieno il silenzio. Una volta tanto non aveva nessuno intorno a intimargli di fare qualcosa o di sparire. Aveva la casa per sé, la mattina per sé, e un bella ragazza la cui conoscenza doveva approfondire. Il pomeriggio tutto sarebbe potuto tornare alla normalità, ma poco importava al giovane mago. La colazione venne consumata in fretta, e nella foga di posare tazza e cucchiaio nel lavandino, diverse gocce di latte erano cadute sulla tovaglia linda del tavolo…un altro conto in più da pagare con l’amata zia. Harry torno di sopra, si risistemò per bene dopo aver lavato i denti, prese la bacchetta dal comodino e si diresse verso l’ingresso. L’orologio segnava le nove e trentacinque.

Il parco si stava affollando di ragazzi e bambini abbastanza chiassosi che talvolta erano disturbati dagli scherzi stupidi dei bulletti più grandi, tra cui quel mattino figurava una…grassa e porcina assenza. Sorridendo, Harry provò a calmarsi. Stava per perdere la pazienza: Lily era in ritardo di venti minuti e ancora non emergeva dall’altro lato della strada. “Benvenuto nel mondo femminile, Potter, e questo è niente!” La camicia aperta sulla T-Shirt e i jeans ben tenuti dalla cintura, Harry camminava avanti e indietro sul marciapiede all’ingresso del parco. Ogni ragazza che vedeva da lontano suscitava la sua speranza, ma inutilmente. Il sole picchiava forte e non fu affatto strano se lui cominciò a sudare. Finalmente, trascorso un altro quarto d’ora, Lily, provenendo dalla direzione da cui Harry l’aveva vista andare via la sera prima, gli venne incontro con un radioso sorriso che lo fece tremare, anche se solo per pochi istanti.
- Ciao Harry! - disse baciandolo sulle guance. - Come va?
- Ciao Lily, va tutto bene, grazie! - e non seppe cosa aggiungere…
- Perdona il mio ritardo, ma mio padre ha voluto che gli rileggessi quattro articoli noiosissimi! Sai, sono la sua lettrice di fiducia.
- Ah, capisco - annuì Harry, non capendo se ridere o essere serio. Comunque una cosa era certa: non gli importava più del ritardo, e si era scocciato di tutta quella confusione. - Ti andrebbe di fare una passeggiata e - proseguì sottovoce - allontanarci da questo manicomio? I due, dunque, s’incamminarono per la via, costeggiata da alberi e fermate dell’autobus fino all’incrocio con una larga piazza, dove un chiosco stava facendo affari d’oro con limonate e bibite fresche. Parlando allegramente, e soprattutto sentendo l’opprimente peso dell’imbarazzo alleggerirsi parecchio, Harry era al settimo cielo. Lily era davvero simpatica, ricca d’interessi, e a quanto si vedeva, timida come lui.
- Allora, Harry, dove studi?
Un campanello d’allarme trillò nella testa del mago. - Frequento il liceo Santa Barbara di Canterbury, e sono all’ultimo anno - tirò fuori la risposta di emergenza.
- Oh, allora questa è un’estate che dovresti goderti fino in fondo, prima della corsa agli esami, no?
- Si…si, certo! Sto cercando di rilassarmi il più possibile senza pensare troppo alla scuola.
- Mi sembri comunque un tipo abbastanza sveglio…
“Abbastanza?? Che vuoi dire?”
-… e scommetto che a scuola sei bravo!
Piton, Trasfigurazione, Divinazione furono solo alcuni dei pensieri che come nubi improvvise offuscarono la felicità di Harry. - Diciamo che me la cavo, anche se non ho voti eccezionali.
- E hai deciso quale strada intraprendere dopo il liceo? - chiese Lilly interessata.
“Auror!” - Sono indeciso…si vedrà - rispose evasivo.
- Fai il misterioso, eh? Vedremo se non ti farò sputare il rospo, tesoro!
Harry arrossì e si voltò dall’altra parte per non essere scoperto. Finora stava andando tutto liscio, no? Quando tornò a guardarla, quasi si scontrò col suo naso. Lily aveva avvicinato la faccia a pochi centimetri da lui, e delicatamente gli aveva spostato una ciocca… “Maledizione!”
- Hai una cicatrice a forma di saetta. Come te la sei fatta?
- Da piccolo, mi sono bruciato con una candela e mi è rimasto questo segno. “Maledizione, perché mi sono girato, perché?”
- Chissà che dolore! - proruppe lei riportandolo alla realtà.
- Non lo ricordo bene, ero solo un bambino. Hai sete? Vuoi bere qualcosa?
- D’accordo.
Al chiosco aspettarono cinque minuti per essere serviti da un banconista stanco e sgarbato. Posò i bicchieri così forte sul bancone, che per poco non rovesciò loro addosso le due Sprite. Pagarono, presero le lattine e si sedettero sui gradini di una chiesa al lato sud della piazza, immersa in una piacevole ombra. Approfittando di un momento di distrazione di lei, che stava osservando le guglie della chiesa, Harry nascose di nuovo la cicatrice e riprese il discorso:
- Frequenti l’istituto d’arte, mi hai detto. Sarai brava a disegnare - e si pentì ancora una volta di aver parlato. Entusiasta, Lily disse: - Si, sono piuttosto abile nel disegno dal vero e nei ritratti. Sta a vedere… Da uno zaino che portava a tracolla, estrasse un blocco di fogli e una matita, si alzò, e si posizionò di fronte a lui. - Non ti muovere.
- No, Lily, non devi disturbarti, siedi…
- Scccch!
Harry ammutolì all’istante e fu rapito dall’espressione concentrata della ragazza. Cercando di non muoversi e avendo il presentimento che gli avrebbe ritratto anche la saetta sulla fronte, non si trattenne da indugiare con lo sguardo sulle sue forme, quando lei a intervalli regolari disegnava quanto aveva osservato distogliendo gli occhi dal suo viso. La canottiera attillata le metteva in risalto il fisico atletico, mentre lo spettacolo dei suoi capelli gli venne negato da una bandana con cui Lily lasciava scoperte solo le orecchie. Adesso si era seduta a gambe incrociate accennando un lieve sorriso, raccomandandogli di non muoversi. I minuti trascorrevano e talvolta dei passanti si fermavano a guardare il disegno nascente di Lily. L’espressione stupita dei loro volti faceva presagire qualcosa di buono. Harry aveva trovato una posizione stabile e non si sarebbe mosso nemmeno sotto l’effetto di un terremoto. Desiderava che il ritratto no finisse mai, che i suoi occhi potessero perdersi nel verde dello sguardo di Lily, ma venne infine il momento in cui la magia ebbe fine.
- Tadaaaà! Tieni, che ne dici?
Harry osservò stupefatto un’ immagine fedelissima di se stesso…era come guardarsi un uno specchio di carta. I capelli fuori posto, gli occhiali, la grandezza della labbra: ogni particolare rimandava perfettamente al vero. - Come mai gli occhi sono rivolti verso il basso?
- Come? - disse lei posando fogli e matita nello zaino e accomodandosi sul gradino, accanto a lui. - Ah, ti ho voluto ritrarre mentre mi guardavi sotto la canottiera… - spiegò con quel tono accademico di cui si era servita durante il loro primo incontro.
I consueti arrossamenti in zona orecchie di Ron sarebbero impalliditi se paragonati al volto paonazzo di Harry. Improvvisamente la lingua si era bloccata, e qualunque scusa cercasse di formulare, gli era impossibile dirla. Lei intanto rideva a crepapelle dandogli continue pacche sulla schiena. Quando riuscì a riprendersi, disse:
- Su, su, non ti preoccupare. Stavo solo scherzando, mica ti ho voluto ridicolizzare!Oddio, sei troppo buffo con quella faccia! - e riprese a ridere. “Gli piaccio, gli piaccio!”
“Ce l’hai fatta, Harry, complimenti. Hai un futuro brillante in fatto di ragazze. Sei un imbecille supremo!” - Lily, mi spiace… - la guardò supplichevole. - Non so cosa dire.
- Ti ho detto che non c’è nulla di cui preoccuparti. Anzi dovresti preoccuparti se facessi il contrario - lo rassicurò lei.
Poi divenne seria. - A essere sincera, Harry, ieri sera non era la prima volta che ti spiavo. E’ da un po’ che hai attirato la mia attenzione andando al parco.
Lui non avrebbe mai saputo esprimere in un inglese sufficientemente comprensibile quanto le era grato per aver cambiato argomento. - Non avevi nessun problema a farti avanti. - L’imbarazzo sembrava passato.
- Si, invece. Avevi un’aria tanto triste, assente, che non volevo disturbare il tuo silenzio. E questo si è ripetuto ogni giorno, almeno da quando ti osservo.
Lui non rispose, la testa china sul ritratto. - Non voglio che tu riveli nulla riguardo la tua vita privata. Ci conosciamo appena. Non ho il diritto di ficcare il naso nei tuoi problemi. Sono solo stato incuriosita da questo. - “E dal tuo fascino così strano.” - Non capita tanto spesso di vedere da queste parti ragazzi abbastanza profondi da provare delle emozioni.
Harry prima guardò lei, poi la piazza piena di gente e macchine parcheggiate. - Non ho passato proprio un bel periodo, e sto cercando di superarlo, ma capita che i pensieri vaghino e riportino alla luce cose spiacevoli. E poi è difficile trovare persone non indifferenti in giro, che si fermano alle emozioni altrui. Persone come te. - Le poggiò una mano sulla spalla.
- Sei un giorno ti andasse di parlarne con qualcuno, beh, avresti un paio di orecchie disposte ad ascoltarti - Si alzò, lui restò a fissarla - Ma vieni, dai! Ti sei imbambolato? Andiamo in giro, non rattristiamoci in questa bella giornata! Perché non ti alzi? - lo provocò con un sorriso sardonico. - Ancora intento all’esplorazione? - Quanto sei scema, Lily - disse Harry, per nulla divertito. - Comunque, si, andiamo. Ho un posto dove potremo stare tranquilli, tu e io.
- E dove proseguire le esplorazioni anatomiche! Fermo, scherzo! - esclamò quando Harry le diede un pizzicotto sul braccio, e scappò tanto in fretta da costringere Harry a inseguirla di gran carriera, per non perderla di vista. - Se ti prendo, t’ammazzo, lo giuro sui Dursley! - Questo sì che è promettere mari e monti! - lo canzonò lei voltandosi a una notevole distanza. - Sono terrorizzata, Potter! Ti sento alitarmi sul collo! Harry pensò a una parola non buona da rivolgere a una nuova amica. -Ma che fai? Corsa campestre? - - Si, hai indovinato! E sono una campionessa, modestia a parte! Dai, prendimi.
Correndo a perdifiato, Harry accorciò la distanza, sebbene né la temperatura elevata né la bibita appena bevuta gli fossero favorevoli alla “caccia”. Si accorse che il luogo in cui avrebbe desiderato portarla e che era nella seconda traversa sulla destra della strada che attraversava da nord a sud la piazza, era ormai alle loro spalle. Lily lo stava portando altrove. I passanti si facevano da parte lanciando loro rimproveri ad alta voce, e persino una banda di cani randagi prese a tallonare Harry abbaiando a più non posso e incutendogli un certo timore.
- Lily, sono esausto! - Di certo la vita estiva del mago non riguardava allenamenti sulle lunghe distanze. “E nemmeno sulle brevi. Sto per rimettere l’anima, se non si ferma!” - Lily, ascoltami!
La ragazza era svoltata a sinistra e non si vedeva più. Dopo che anche Harry ebbe raggiunto la via, lei continuava a non vedersi.
- Ma dove sei finita? chiese lui a vuoto fermandosi un istante per poi ripartire immediatamente sull’eco dei cani vicini. Mosse solo una decina di passi, che venne strattonato a forza dentro un portone. Gli occhiali rotondi messi di sbieco rivelavano la figura di Lily. - Ti sembra divertente? Quei cani stavano per spolparmi…-
- Bum! Esagerato. Guarda, hanno tirato dritto. Harry sbirciò dallo stipite di uno dei battenti la coda dell’ultimo cane che trotterellava oltre a dove si erano nascosti.
- Certo che sei troppo buffo, Harry, troppo buffo! Mai visto un ragazzo della tua età così impacciato nella corsa!
- Guarda che io sono Cerca…ehm niente! - Cerca…cosa?
- Cerca…squadra! Si, cerco una squadra che sappia apprezzare le mie qualità di calciatore.
Di colpo, l’espressione interessata di Lily, che lui adorava, si distese nei lineamenti del volto della ragazza, sudato e pallido. La stanchezza era evidente persino in lei.
- Dici sul serio? Non ci credo. Lui si finse offeso. <> - Allora, sai che ti dico? Mettiamo alla prova la tua presunta bravura. Io sono abbastanza brava a calcio, e dopodomani io e i miei amici di scuola abbiamo intenzione di organizzare una partita. Ti andrebbe di unirti a noi? “Se non eri scemo tu, Harry mio, stamattina il sole non sorgeva.” - Vediamo, se i miei parenti mi lasciano libero, volentieri - rispose ostentando sicurezza. - Sono curioso di vederti all’opera, tesoro. Lei inarcò le sopracciglia. - “Tesoro”? Dico, a te manca qualche rotella, Harry. Con chi credi di parlare? Con la tua ragazza?
“Questa è proprio pazza.” – Scusa - disse Harry meravigliato. - Ma che c’è di male?
Lily parve risvegliarsi da un sogno. - Eh? No, scusa, scusa, ero soprappensiero. - Comunque - proseguì nel solito tono - ti accorgerai se sono uno schiappa come te o no, Pottie. Vieni, usciamo.

Harry e Lily stavano seduti all’ombra di un arco, in uno stretta stradina laterale, incassata fra due isolati. Un numero cospicuo di piccole finestre sovrastavano l’arco, ed erano sbarrate da assi di legno: un vecchio deposito non più in uso. Harry era arrivato a penetrarvi, avendo scoperto una accesso anch’esso ostruito, in modo da non lasciar passare estranei, ma qualcun altro aveva preceduto il giovane mago e aveva aperto un passaggio sufficientemente largo. Tuttavia Harry non aveva parlato a Lily di quel posto, pur trovandosi a meno di un metro dall’ingresso, e non l’aveva fatto perché voleva che quello restasse, al momento, il suo rifugio, e di nessun altro. Ci si era nascosto molte volte, per piangere la morte di Sirius o semplicemente per stare lontano da Private Drive numero quattro, la sola casa della Terra che voleva evitare e la sola in cui era obbligato a rimanere d’estate, quando probabilmente gli altri studenti di Hogwarts andavano in vacanza con la famiglia – i loro genitori – divertendosi da matti. Aveva condotto Lily sotto l’arco non soltanto per trovare il giusto silenzio, ma anche per trovare l’occasione giusta per realizzare esattamente ciò che gli stava succedendo. Aveva una nuova, simpatica amica, e carina, era stato colto in fallo mentre la osserva con troppa attenzione e aveva racimolato l’ennesima figuraccia da libro delle barzellette. Si ritrovò persino a ringraziare la Strillettera per essersi bruciata sulle mani dello zio, stornando la seccatura rappresentata da quei tre strambi Babbani, in particolar modo dal cugino, lasciandolo in pace, quel mattino della fine di luglio. Non gli importava niente di niente, adesso. Voleva dedicare tutte le sue attenzioni all’amica, magari cercando di guadagnare quei punti perduti in modo così tragicomico. I due avevano trovato posto a sedere su altrettante panche abbandonate, sudice, ma in fondo comode, e si stavano ristorando nella gradevole ombra. La discussione procedeva animata.
- Sai, Harry, non ti credevo così simpatico. Vederti la sera seduto da solo ti rendeva…strano. Mi sembravi un tipo chiuso e insofferente alla compagnia, invece noto che sei un ragazzo dolce, e aperto. E dallo sguardo attento. - Sogghignò.
- Lily, ascoltami, ti prego di farmi finire senza ridere. Dai! Ora va meglio. Prima non mi sono limitato a stare fermo mentre mi ritraevi, perché sei troppo bella da non poter essere guardata. Mi spiace, è la prima volta che mi succede una cosa del genere. “Forse perché è la prima amica all’infuori di Hermione, senza dubbio la prima che mi conosce per quel che non sono nel mio mondo, un ragazzo normale.” - Non te la sei presa, e di questo ti ringrazio, ma voglio che non ti faccia un’idea sbagliata di me. Lily sbuffò. - Su, Harry, l’ho capito. Non torturarti più il cervello.
Dapprima lui fu senza parole, poi la ringraziò ancora, e passò alla descrizione di una giornata-tipo in casa Dursley. Lily lo ascoltava assorta, non mancava di porre domande intelligenti, soprattutto riguardo il tempo libero dell’amico. Poi gli chiese se aveva amici che stavano fuori città.
E allora Harry s’infervorò. - Oh, si! Sono legato specialmente a due persone, che mi mancano perché non ci vediamo da tempo. Sono un ragazzo e una ragazza: lui, Ron, ha la mia età e vive con la sua numerosa famiglia, figurati che sono otto figli… Lei si chiama Hermione, quindicenne pure lei, è la più intelligente e brava a scuola tra noi, e se non ci fosse stata lei, avrei preso un sacco di brutti voti in più!
- Il solito scansafatiche…- commentòLily
- Faccio finta di non aver sentito - la rimbeccò lui. - Anno per anno, abbiamo legato sempre di più, visto che abbiamo affrontato numerose esperienze insieme. E sono loro le persone a cui voglio più bene.
- E’ una cosa bella incontrare veri amici tra i banchi di scuola - osservò Lily, lo sguardo assente, come era già accaduto in quell’androne. - Dicono che sia a scuola che incontriamo gli amici migliori, ma alle volte non penso che sia vero. - Lo fissò. - Almeno per quanto mi riguarda. - Siamo diversi, Lily, siamo tutti diversi, gli uni dagli altri. Non puoi pretendere di trovare altri simili a te in tutto, e spesso capita di non essere compresi.
- Lo so, lo so. Mi riferivo a una mia storia, l’ultima che ho avuto. Lui era il mio migliore amico, e ci conoscevamo già da dodici anni. Si può dire che siamo cresciuti insieme. E poi, un bel giorno mi chiese se volevo diventare la sua ragazza.
- E’ stata una cosa carina, no? - Vedi, Harry, era come un fratello. Mi ero tanto abituata a vederlo in questo modo, che dare una svolta al nostro rapporto era allo stesso tempo affascinante e rischioso. Affascinante perché stavo benissimo insieme a lui, e lui con me; rischioso perché c’era l’eventualità di rovinare un’amicizia di vecchia data, se le cose si fossero messe male tra noi, da fidanzati.
- Però sono le incognite di un rapporto.
- Purtroppo hai ragione. Se potessimo prevdere il futuro… “Oh, per questo c’è la Cooman! O Fiorenzo, al limite.” -…eviteremmo tante di quelle stupidaggini. Ma alla fine mi dissi che era inutile lambiccarsi il cervello senza provare, senza vivere, e allora mi feci avanti. E funzionò. - Lasciò andare la mente a vecchi ricordi, come si notava dallo sguardo perso e lontano, e sorrise amaramente.
Harry aveva visto solo Hermione e Cho sorridere in questo modo. La cosa lo rattristò un po’.
- La nostra storia durò quattro mesi, e terminò prima della fine dell’anno scolastico. Mi sa che non sei il solo, qui, ad aver preso votacci - proseguì Lily, e gli strinse la mano. - Se non sono indiscreto, posso chiederti perché è finita? “Alla faccia della discrezione, Pottie!” - Lui era cambiato di colpo, ed era divenuto ben altra persona da quella che conoscevo io, che avevo visto come un fratello sin da bambina. Anche questo devi considerare, Harry: le cose vanno in una determinata direzione, e poi ne seguono all’improvviso un’altra. Indietro però non si torna, e adesso lui è un estraneo che mi guarda distrattamente, quando c’incontriamo, o finge addirittura di non conoscermi.
Harry preferì non curiosare oltre, anche perché lei si manteneva volutamente vaga. Preferì invece dire, imitando lo stile di lei: - Eccoci a fare certi discorsi di nuovo, Lily. Lambicchiamoci ancora, dai!
Lei inarcò un sopracciglio. - Sei scemo te l’avevo già detto? - Con tutti i complimenti che mi fai, mi sarà sfuggito! - E’ per questo motivo che ho reagito in quel modo quando mi hai detto “tesoro”. Ho ripensato a quei momenti. Scusa, comunque”.
- Non preoccuparti!
Erano trascorse quasi due ore da quando si erano visti al parco, e con molta probabilità, gli adorati parenti erano rincasati, a meno che le ferite dello zio non stessero ridendo ancora…Harry non voleva lasciare l’arco per nulla al mondo. E la discussione aveva preso una piega interessante.
- E tu? Struggimenti amorosi recenti?
- No, e nemmeno passati. - Non voleva raccontarle del primo bacio ad Hogwarts (ovvero il Liceo di Santa Barbara), né delle chiacchierate con Cho su un ragazzo morto, nelle locande di Hogsmeade (ovvero un villaggio turistico).
- Cosa? Non hai mai avuto una ragazza?
- E che c’è di male? - scattò lui.
Lily colse solo ora il senso della sua ultima domanda. - Cioè…un ragazzo carino come te dovrebbe spopolare a scuola e fuori. E poi…ecco…emani un certo ascino! “Scioccaimpudentepazza!”
Ad Harry si seccò la bocca. Sopraggiunse al solito quel senso di impotenza e incapacità di parlare, anche se avrebbe voluto dire tante cose. - Grazie. - Esitò. - Nemmeno tu scherzi in fatto di bellezza e penso di averti già dimostrato che lo credo davvero - aggiunse malizioso. - Sempre lì la testa, voi maschi. Pensate solo a una cosa. - Perché, voi ragazze no, invece? - Per voi è impossibile scoprire cosa pensiamo realmente. Siete troppo ottusi, e vi limitate alle apparenze. Noi andiamo molto più oltre. Harry pensò a ragazze come la Parkinson, la concubina di Malfoy, e dissentì da quanto credeva l’amica. - Per me ti rinchiudi dentro schemi troppo rigidi. E continuarono a battibeccare a lungo.
  
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