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Autore: Akane    26/10/2009    1 recensioni
"Se lui era l’unico con cui avrebbe voluto stare ancora cancellando quei fasulli ricordi del loro passato e lì non c’era più niente e nessuno a trattenerlo se non una delusione e l’ennesimo abbandono da parte di chi amava, perché non andarci? "
Mikael si ritrova giorno dopo giorno ad aspettare il risveglio di Raphael, risveglio che sembra non arrivare mai, e a stare sempre peggio per quella solitudine, quell'abbandono e qel richiamo oscuro che non ha mai smesso di sentire. Senza più un motivo per splendere, perché continuare a farlo?
Genere: Dark, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Lucifero, Michael, Raphael
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fra Le Braccia Di Un Angelo

*Allora... ecco qua un altro capitolo di questa fic, vi avevo detto che avremmo visto che fine aveva fatto Mikael ed eccovi accontentati... mi sono fermata sul più bello, lo ammetto, ma cosa potrei fare nel prossimo? Vedere l'incontro dei due fratellini o controllare come procede il viaggio dell'accoppiata più improbabile di tutti i tempi, Raphael e Setsuna? Mah... ci peserò... intanto grazie a tutti quelli che hanno letto e commentato la fic fino a qua, spero che continui a piacere. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO II:
NELL’UTERO

/A pain that I’m used to – Depeche mode/
Arrivare fino al castello nell’Utero dell’Inferno, non era stato difficile per lui.
In condizioni ottimali gli sarebbe sembrato di essere in vacanza, tipo una gita turistica estremamente divertente con molte tappe in diversi parchi divertimenti.
Più simile ad una meteora infuocata che ad altro, non aveva perso tempo negli strati superiori ed era andato dritto in quelli più bassi consapevole di dove fosse chi gli interessava.
Consapevole soprattutto del fatto che più andava in basso, più pericoloso era.
Specie per lui, un arcangelo tutto solo.
L’unica grande colpa delle creature degli inferi che si erano imbattute in lui sentendolo odorare di angelico, era stata quella di non conoscerlo in modo adeguato. La fama del feroce arcangelo rosso Mikael, il re delle fiamme, era nota ovunque nei Cieli, ma purtroppo non tutti conoscevano le sue sembianze nemmeno per sentito dire.
Questi ultimi erano probabilmente i più inetti o forse i più sfortunati.
Fatto fu che per capire quale fosse il percorso preso da Mikael, bastava vedere i cadaveri che si era lasciato alle spalle… una scia raccapricciante sanguinolenta di resti mostruosi.
L’aria in quell’area dell’Inferno era irrespirabile, tutta un'altra cosa rispetto al Paradiso, ma non era per questo che il rosso angelo si teneva le labbra e il naso coperti dalla stessa ampia stoffa nera che l’avvolgeva simile ad un mantello. Quando cambiava zona lo faceva sempre, si copriva molto lasciando scoperti di sé solo gli occhi. Nascondeva la sua spada nel proprio corpo, i capelli rossi e il drago tatuato sul viso e sul petto.
Certo quello non bastava a farlo passare inosservato… la sua aura potente superiore a quella di un angelo comune la notavano tutti e trovandosi niente meno che all’Inferno circondato da demoni e mostri che anelavano a carne come la sua, più questa apparteneva ad una creatura potente e pura, più la desideravano.
Disposti a qualunque cosa lo attaccavano accecati dalla fame che il suo odore stimolava.
Per un angelo più sprovveduto sarebbe stato un autentico suicidio, ma per lui che in alcuni momenti sembrava peggiore dei demoni stessi, era stata quasi una passeggiata.
Il suo pessimo umore, però, non gli aveva permesso di godersi quei fantastici passatempi che dai tempi del Salvatore non aveva più…
Il suo sguardo cupo fissò intensamente l’imponente e minacciosa ombra a qualche miglia da lui. Il castello del re degli inferi era ormai vicino.
Mikael non ci era mai stato laggiù e non aveva mai visto dove dimorasse suo fratello, però da arcangelo addetto alla guerra, si era preso la briga di sapere perfettamente quale fosse la struttura dell’Inferno qualora decidessero di andare a stanarlo.
Cosa che a lui non sarebbe dispiaciuto, quand’era ai suoi tempi migliori!
In realtà non aveva nulla di preciso in mente, non stava facendo quel viaggio con un pensiero fisso specifico se non quello di arrivare a suo fratello.
Prima di allora era stato convinto di essere nulla per lui, invece durante l’ultima grande guerra aveva scoperto che non era così, che Lucifero aveva dovuto fingere di essere indifferente per impedirgli di seguirlo, ma ora che era il vero principe della luce era diventato il suo nemico, ovvero una persona degna di nota.
Queste sue parole erano equivalse ad un ‘ti ho sempre voluto bene, in realtà, ed ho agito in quel modo per farmi odiare e per proteggerti perché non volevo che affondassi insieme a me, ma ora che sei diventato forte e sei cresciuto non posso più proteggerti e decidere io per te.’
Per Mikael questo era stato un ti voglio bene che l’aveva commosso e spinto a chiamarlo ‘fratello’ fra le lacrime. Il sorriso con cui l’aveva ricambiato era stata la conferma dei suoi sentimenti e si era sentito rinascere. Come se un enorme peso venisse spazzato via.
Aveva lentamente ripercorso tutti i momenti di quando erano piccoli, di quando Lucifero si era distaccato tanto da lui lasciandolo solo a credere di non essere nemmeno considerato, delle volte che aveva pensato si vergognasse di lui... e poi giungere all’unica verità estirpando quei momenti terribili di follia che l’aveva invaso quando era stato abbandonato e tradito… aveva finalmente capito cosa significava la parola pace.
Ma la sua pace era stata raggiunta solo con suo fratello.
Raphael gli aveva voltato le spalle, l’aveva tradito, in un certo senso.
E un'altra nuvola aveva oscurato la sua felicità momentanea.
Non era giunto davanti al castello di Lucifero con uno scopo particolare, aveva solo pensato che era ora di decidere da solo cosa voleva fare e con chi voleva stare.
Raphael aveva scelto Barbiel, non era sveglio e non c’era più per lui.
Lucifero c’era e non l’aveva mai odiato, gli aveva sempre voluto bene.
Ora era grande per scegliere da sé le proprie parti.
E non voleva stare con nessun Paradiso e con nessun Inferno, tanto meno con nessuna Terra.
Lui voleva solo stare con suo fratello, il suo gemello, l’altra sua parte, colui che aveva ritrovato dopo anni di silenzi e di finto odio. Niente di più.
Quando davanti al nero cancello che si stagliava alto innanzi a sé, egli si fermò, guardò il giardino al di là di esso e poi l’enorme struttura al centro.
Naturalmente per essere la dimora del re delle tenebre era in pieno stile gotico, proprio come se l’era immaginato.
Eppure si vedeva che era stato ricostruito da poco…
Alzò gli occhi verde chiaro, tutto ciò che si vedeva di lui, quindi senza troppe cerimonie pose la mano avvolta da un guanto nero senza dita sulla serratura, alzò la temperatura fino a scioglierla, quindi aprì il cancello.
Non era da lui essere così poco teatrale e casinista, normalmente avrebbe sfondato tutto gridando e facendo un baccano infernale!
Concentrandosi capì quante creature ci fossero lì dentro e dove, quindi senza perdere tempo si avviò deciso pronto ad abbattere qualunque ficcanaso si fosse frapposto sul suo cammino.
Era certo di dover fare un’altra strage, lì dentro di gente ragionevole non ce n’era nemmeno a cercarla col lanternino!
Ma forse si sbagliava… almeno una, magari, ci poteva stare…
L’odore che gli venne alle narici attraverso la stoffa superò di gran lunga il tanfo di quell’aria atroce a cui ormai era abituato, quindi senza dipingersi il suo solito ghigno sulle labbra rimase serio e concentrato, era strano vederlo così, faceva quasi impressione…
Di nuovo alzò la mano davanti a sé come se fosse pronto ad afferrare qualcosa non ancora visibile e senza nemmeno mettersi in posizione d’attacco o di difesa, attese.
- Arriva il cagnolino… - Mormorò fra sé e sé distinguendo il mostro disgustoso ed informe che gli veniva incontro. Un qualche animale demoniaco certamente potente, per essere a guardia del giardino…
Il ringhio fu tutto ciò che si poté distinguere dal verso strano che faceva.
La bava, però, gli fece capire che gradiva il proprio odore.
- Non sarò il tuo pasto… - Gli disse quindi con voce rauca fissandolo dritto negli occhi senza il minimo problema, non se ne schifò nemmeno e la creatura parve stupirsi di questo.
Si fermò un attimo davanti a lui, lo sovrastava in altezza ed in stazza in un modo impressionante, ma questo sembrava non turbare minimamente Mikael che, ancora col braccio teso in avanti e la mano aperta pronta ad afferrare, o lanciare, lo fissava come faceva con un morto.
- Avanti, non ho tempo da perdere… o vai a cuccia o la facciamo finita subito! - A queste parole si rese conto di essere disposto a risparmiarlo nel caso in cui non l’avesse attaccato. Cosa che aveva fatto con tutte le altre creature incontrate fino a quel momento (peccato che nessuno aveva capito come risparmiarsi la vita…). Un tempo avrebbe fatto fuoco e fiamme in qualunque caso, anche con quelli più pacifici…
Era proprio cambiato.
Si chiamava maturità?
Se lo chiese quasi sconvolto, ma non fece ugualmente una piega poiché il ‘cucciolotto’ fece la sua mossa e come tentò di mangiarselo, Mikael sferrò una sfera infuocata che uscì dal palmo della sua mano. Arrivò in un lampo dritta nelle fauci aperte del mostro che si fermò stranito rendendosi conto che qualcosa non andava. Si mise a tossire fumo e distratto il necessario non poté vedere la grande lama rossa prima che gli tagliò la testa di netto.
Con la sua grande spada scarlatta stretta in mano, l’angelo atterrò dall’altra parte mentre egli piombava giù privo di vita.
Il telo nero che l’avvolgeva ricadde addosso a lui continuando a coprirlo e prima di ogni cosa se lo sistemò di nuovo sul viso rimasto scoperto per un istante.
- Troppo facile. – Borbottò facendo sparire nuovamente la spada in corpo per non dare troppo nell’occhio.
Riprese ad avanzare con passo deciso verso il castello e finalmente raggiunto entrò.
Nell’immediato non trovò nessuno ad accoglierlo nonostante dentro ci fossero un numero non trascurato di demoni anche piuttosto forti, probabilmente i sette satana, suo malgrado alzando le spalle decise di seguire la traccia che sentiva di Lucifero, l’unica che gli interessava.
Non aveva idea di come fosse fatto quel posto, né di dove stessero i tranelli, convinto però che ce ne fossero.
Sarebbe stato più facile gridare a gran voce il nome di Lucifero aspettando che fosse lui a venire.
Ma saprà che sono qui, figurati se non lo sa… mi avrà sentito… perché non viene a vedere che voglio? Ha sempre questa maledetta mania di fare il prezioso!”
Pensò infastidito quello che pareva solo un ragazzo e che in realtà era decisamente più grande di quanto non apparisse.
Percorsi però diversi corridoi, si rese conto di star scorrendo sempre lo stesso perimetro.
Eccolo qua uno dei trucchi… prevedibile… basta abbattere qualche muro, da qualche parte si arriverà!”
Si disse allora alzando di nuovo la mano verso una porta alla sua destra.
Non ci pensava minimamente a bussare o a non farsi notare, non più ormai…
Con l’ennesima palla di fuoco distrusse la porta e parte della parete che la circondava. Quando il fumo si diradò entrò senza il minimo problema.
Chiederò di essere condotto da lui, faccio prima!”
Scorse svelto gli occhi nell’ampia stanza in cui era capitato e non dovette aspettare molto. Immediatamente una sfera oscura si liberò da un punto imprecisato e tentò di colpirlo, ovviamente la schivò con agilità e pronto a ricambiare aguzzò la vista cercandone la fonte.
- Chi diavolo sei tu? - La domanda venne da una figura a pochi metri da lui, era nella penombra ma quando parlò cominciò a muoversi facendosi vedere.
La sua pelle era molto pallida, i capelli lunghissimi e castano rossi legati in una coda bassa che si stava sciogliendo, vestito di nero con una maglia aderente che lasciava scoperta una striscia di addome, con pantaloni corti e lunghi stivali che arrivavano a metà coscia, simile a quelli che portava sempre lui.
Se si voleva cercare una corrispondenza fra costui ed una creatura del Paradiso, era proprio con Mikael.
Ad eccezione dell’altezza, naturalmente!
Questo demone era molto alto.
I suoi occhi altrettanto verde chiaro, si posarono in quelli simili suoi che lo fissavano cupi.
Fece una smorfia a sentire il suo odore e all’istante capì di chi si poteva trattare:
- Ma sei un angelo… e non uno di poco conto… sei uno dei pezzi grossi rimasti, vero? –
Eppure non lo riconobbe come il fratello del suo signore.
- E tu chi saresti? – Non che gli interessasse, ma era ormai certo di trovarsi davanti ad uno dei sette satana, voleva solo la conferma. Giusto per sapere quanta forza avrebbe sprecato per ucciderlo.
- Io sono Astaroth, uno dei sette satana. Rappresento l’ira se vuoi saperlo… - Non capì perché si sentì di dirlo, non era nel suo carattere esprimersi e spiegare così, anzi, ma lo fece e infastidito da sé stesso capì che qualcosa non andava.
In quella creatura c’era qualcosa di familiare…
Forse l’ho incontrato quando sono andato con Lucifero in Paradiso…”
In quell’occasione si erano appena incrociati ma non si erano né guardati né affrontati.
- Non mi dici il nome di chi sto per uccidere? – Gli chiese sentendo che qualcosa non andava e non per il fatto che un angelo molto forte fosse nell’Utero.
- Non ti interessa… voglio vedere Lucifero. Portami da lui! – Disse con arroganza tipica sua.
- Non funziona così quaggiù, piccoletto… - Le solite classiche parole da non dire. Per lo meno un tempo. Ora solo un lampo di minaccia attraversò i suoi occhi assottigliati e pericolosi.
- Te lo chiedo un ultima volta. Portami da lui. – Replicò basso ed incisivo. Non sperava davvero lo facesse. Gli era venuta un insana e familiare voglia di sfogare un po’ della sua rabbia.
Quello era il satana dell’ira, no?
Chi meglio di lui per calmarlo?
- Come hai fatto ad entrare senza farti sentire da Kyrsha? – Gli chiese ignorando la sua richiesta che non avrebbe mai accontentato. Si rese poi conto che oltre a lui c’erano altri sette livelli da superare prima di arrivare incolumi nell’Utero e poi lì al castello del signore delle tenebre…
E quel tipo sembrava intatto ed incolume.
Che sapesse teletrasportarsi direttamente dal Paradiso a lì?
Non era possibile. C’era una serie di impedimenti che non lo permetteva a nessuno.
Allora aveva affrontato tutte le bestie demoniache seminate per l’Inferno?
A parte il leggendario angelo organico Alexiel che giaceva ancora addormentata nel Paradiso, pochi potevano riuscirci.
Però la fama di un certo folle arcangelo rosso capo delle potestà, il responsabile delle guerre, quello che controllava il confine e massacrava tutti i demoni che tentavano di superarlo, era giunta fino a lui.
Che fosse quel tipo?
- Chi, Fufi? Certo che mi ha sentito, ma ci ho messo un attimo a metterlo a cuccia… senza testa! – Lì però gli venne fuori un ghignetto divertito nascosto dalla stoffa che ancora stava su metà del suo viso.
In fondo all’Inferno c’era più vita e divertimento di quanto non si fosse aspettato… forse il suo posto era davvero lì sotto, dopo tutto.
- Ma si può sapere chi sei? – Ma a questa domanda di Astaroth che ormai pensava di aver capito di chi si trattava, Mikael impaziente rispose con una sfera infuocata che fu schivata. A non riuscire ad evitare, però, fu il fascio di fuoco successivo che lo investì facendolo finire violentemente contro la parete che crepò tremando.
Nel giro di poco tutto il castello sarebbe venuto a vedere che stava succedendo.
- Se non vuoi dirmelo non fa nulla… ti ucciderò senza saperlo! –
Rispose allora attaccandolo a sua volta con un lampo oscuro che Mikael riuscì ad evitare saltando all’indietro come facesse un’acrobatica capriola. Questo gli fece sciogliere parzialmente il mantello intorno a sé e quando richiamò la sua grande spada rossa di fuoco dal proprio corpo, questa si materializzò nelle sue mani. Atterrando non era ancora del tutto libero ma non lasciò tempo, scattarono entrambi in avanti velocissimi. Astaroth lanciandogli continue sfere d’energia oscura, Mikael tagliandole e deviandole con la lama, veloce più che mai. Nella corsa che fecero per incontrarsi e scontrarsi il telo ormai era quasi del tutto scivolato via, rimaneva impigliato solo intorno alla testa. Astaroth l’osservava interessato ma con forza deleteria affrontò lui e la sua spada come ne avesse tante al posto delle affilate e lunghe unghie simili a lame.
Venendo poi ferito di striscio sul viso e successivamente sul petto, il demone afferrò quella stoffa nera che ancora lo copriva in viso e tirò.
Fu allora che lo riconobbe per i suoi capelli e quel tatuaggio che avevano fatto il giro dell’intero Aldilà.
Si fermò stupito non credendo di potersi trovare davvero davanti ad un vero arcangelo. Quando era salito su in Paradiso durante l’ultima grande guerra non aveva avuto il piacere di affrontarne nemmeno uno, ma ora che uno era lì nella sua stanza, si chiese esterrefatto e curioso come mai:
- Ma che ci fai tu qua? – Chiese. In risposta una sfera di fuoco gli bruciò il petto con l’unico risultato di ridurgli in cenere la maglia!
Prima che Mikael potesse affondare la lama come faceva di consueto per concludere i suoi combattimenti, un turbine di falene nere li avvolse entrambi facendoli finire entrambi dalla parte opposta dell’altro, a terra. Come una specie di folata di vento.
Sapeva che non poteva essere ma prima di ragionare razionalmente, il rosso si voltò di scatto credendo di vedere Raphael.
Ma non lo vide.
Al suo posto una specie di pagliaccio con la faccia tutta dipinta di bianco e la bocca e gli occhi neri. I capelli rossi spettinati intorno al viso ed un buffo cappello a cilindro in testa.
I suoi occhi scuri lo guardarono increduli ed interrogativi.
- Mikael, arcangelo rosso del fuoco, capo delle potestà nonché fratello gemello di sua maestà Lucifero… cosa ci fate voi quaggiù? –
Se c’era uno che avrebbe giurato di non vedere mai lì sotto, quello sarebbe stato senza dubbio lui.
Udendo le ultime parole, Astaroth credette di aver capito male e con espressione incredula si avvicinò a quello che avrebbe dovuto considerare collega e che invece non vedeva di buon occhio:
- Chi hai detto che è? – Sapeva che l’arcangelo del fuoco aveva i capelli rossi e un tatuaggio di drago blu sul viso, ma non che egli fosse il fratello, per di più gemello, del loro signore. Come poteva essere?
L’altro rispose con aria di scherno:
- Lui è il fratello del nostro re, come fai a non saperlo? – Sottolineò la sua mancanza ma l’altro non la colse per nulla, troppo stupito da ciò che aveva appena compreso. Quindi si voltò immediatamente verso l’angelo con un aria cupa in viso, e scrutandolo a fondo di nuovo disse marcando la sua incredulità:
- Ma dove ci somiglia a lui? Gemello, poi… - Poi guardò anche i suoi vestiti dark in pelle lucida, reti, borchie e catene, e alzando un sopracciglio scettico aggiunse: - ... bè, non è che come angelo è più credibile... sembra più un demone, in effetti! -
Ricevette uno sguardo fulminante da Mikael che si avvicinò impettito stringendo la sua spada, lo guardò in cagnesco ma non rispose, non era lì per fare conversazione, tanto meno per spiegare i misteri che si celavano intorno ai due principi della luce e delle tenebre.
- Tu non capisci proprio mai quando è ora di fermarsi, vero? – Disse Belial sempre come se lo stesse canzonando. Sembrava così poco serio, quel tale… l'arcangelo allora ringhiò:
- E tu chi diavolo sei? – A quella domanda il pagliaccio tornò a posare il suo sguardo inquietante e strano su di lui e un sorriso beffardo si sforzò di apparire nonostante il reale stato d’animo in subbuglio per la sua apparsa lì. Belial era tipo che non mostrava mai i suoi veri sentimenti e nemmeno lo stupore, sia pure per poco.
Con un breve inchino di sarcasmo si presentò togliendosi il cappello mentre Astaroth provava un insano istinto di farlo a pezzi:
- Io sono il Cappellaio Matto! – L’altro si sentì indispettito e nonostante la sua scarsa altezza si avvicinò ulteriormente a lui pronto a squartarlo, quindi serio più che mai, chiese:
- Se vuoi sapere che ci faccio qua dimmi chi diavolo sei davvero! –
Allora decise di accontentarlo, curioso di sapere come mai fosse lì.
- Io sono Belial, uno dei sette satana, umile servitore di sua maestà Lucifero. –
Eccolo, sapeva che lui era quello giusto.
- Portami da mio fratello. –
Mormorò Mikael tetro incupendosi repentinamente, come se il precedente scontro non fosse nemmeno avvenuto e nessuno l’avesse infastidito in modo particolare.
Improvvisamente non sembrava più contro di loro.
Il sorriso strano di quella specie di pagliaccio fu quanto di più indecifrabile, ma sentendolo dire enigmatico:
- Prego, mi segua. – non trovò altro da fare che seguirlo davvero, ma sempre con la spada in mano.
Astaroth li guardò andarsene perplesso, chiedendosi cosa sarebbe successo di lì in poi. Se aspettarsi una vittoria schiacciante dei demoni con l’unione di un arcangelo a loro, oppure la fine di tutto!
Nonostante avrebbe voluto saperlo, rendendosi conto che quel tipo aveva portato una ventata di novità in quella noia deprimente, non li seguì.
Mikael, invece, camminando dietro a Belial serio e col cuore che cominciava a battergli martellante come un matto, non sapeva se l’avrebbe davvero condotto da lui, né cosa gli passasse per la testa, ma tutto ciò che voleva era vedere Lucifero.
Solo quello.
Mi chiedo perché sia qua… “ Si domandava intanto il demone senza uno scopo specifico se non quello di accontentare l’angelo.
Del resto erano questioni di famiglia… nessuno poteva intromettersi.


   
 
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