Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Astry_1971    26/10/2009    8 recensioni
“Ce la faremo anche questa volta, lui non tornerà.” Lo rassicurò, poi fissò la macchia scura sulla parete, accanto al ritratto di Silente. Era ciò che restava della cornice d’argento che ospitava la sua effige, sparita magicamente dopo che Potter l’aveva riportato in vita.“E farò anche in modo che quella parete resti vuota ancora per molto tempo.” Affermò deciso.
Questa storia è il seguito di “Per amore di un figlio” ed è dedicata a tutti quelli che hanno storto il naso per finale di quella storia. Evidentemente non mi conoscono bene. A tutti gli altri è severamente sconsigliata la lettura, per il bene dell’autrice che non ama guardarsi le spalle.
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Harry Potter, Lucius Malfoy, Neville Paciock, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ernil, sì, questo cap è l’ultimo. Spero che ti sia lasciata almeno un moncherino, una mezza falange. In ogni caso ora potrai smettere di rosicchiarti le dita. Sono d’accordo sul fatto che Piton sia un grand’uomo e il suo senso del dovere, è l punto dolente di questa ff. Fino a che punto mi sarò spinta? Ehm… Intanto ti ringrazio per avermi seguita fino ad ora. I tuoi commenti sono stati davvero uno spasso, sempre attenti, ma anche divertentissimi. Ah, metti in salvo il tuo gatto, tempo che ti sentirà urlare di nuovo.
Allison91, eh, Severus sembra fatto per soffrire. Ma non sarebbe così bello il suo personaggio senza questo suo aspetto tragico. Adoro versare fiumi di lacrime per lui. Eh, sì, lo ammetto: sono sadica. Grazie per avermi seguito fin ora, e per aver commentato.
Piccola Vero, comincia a pregare, siamo arrivati al nocciolo della questione. Il punto è tutto qui: cosa deciderò per Severus? Lo salverò? Non lo salverò? Ci sarà un lieto fine? Un salvataggio dell’ultimo minuto? Qualcuno interverrà? Grazie anche a te per tutti i tuoi commenti!
Manuel Lanart, vedo che hai afferrato completamente il senso di questa storia. Sì, il punto è proprio il coraggio. Un tipo di coraggio diverso dall’affrontare il proprio nemico in duello. I nostri eroi dovranno dimostrare di possedere questo diverso tipo di coraggio. Lo dimostrerà Piton, ma non solo lui. E no, non sarà affatto facile, per nessuno. Ora saprai se le tue previsioni sono giuste. Se la conclusione sarà negativa. In ogni caso spero che condividerai la mia scelta.
Feffi88, scusami per la mia sbadataggine, il tuo commento mi ha fatto davvero piacere, e mi dispiace doppiamente di non averti ringraziata proprio quando finalmente avevi deciso di manifestarti. Come ti ho spiegato, è stato solo un errore nel copiare e incollare i nomi dei recensori. Ho dimenticato di aggiungere le recensioni del primo capitolo. E ti ringrazio anche a nome della mia beta, ne ho avute diverse, ma ho visto che tra i tuoi preferiti c’è la mia amica Nykyo. Un’adorabile pignola alla quale devo davvero tutto, senza di lei non avrei mai continuato a scrivere, dopo i miei primi e goffi tentativi.

Buona lettura!


Cap 13 Il prezzo della pace

Dopo diversi minuti, Neville si voltò di scatto e, senza aggiungere una parola, si precipitò per le scale, seguito dal collega.
“Che cosa vuoi fare?” domandò Estragone, mentre si affannava dietro all’insegnante di Erbologia. “Piton ha detto di innalzare la barriera, dove vai?”
“Non ho intenzione di obbedire!” urlò Paciock, svoltando l’angolo e infilando il corridoio che portavano all’ufficio di Piton.
“Cosa?” Estragone si fermò per riprendere fiato. “Ma… non starai pensando di andarlo a cercare?” Ansimò, poi riprese a seguirlo.
Neville, intanto, per poco non travolse un gruppo di studenti che si scambiarono uno sguardo stupito e poi presero a correre anche loro, ma in direzione opposta.
L’insegnante di Erbologia entrò trafelato nell’ufficio e marciò in direzione della vetrata, strappò con violenza il drappo scuro che copriva la finestra e la spalancò, sporgendosi dal davanzale. Sotto lo sguardo allibito de Wilkinson, evocò il suo Patronus che si gettò verso i giardini fino a perdersi tra le cime degli alberi in lontananza.
Si voltò e fissò il collega.
“Non isolerò Hogwarts, non finché Piton è là fuori.”
Estragone incrociò le braccia.
“Immagino che quel Patronus fosse diretto al tuo amico Potter.” mugugnò.
“Esatto! Seguirò Piton e un aiuto mi farà comodo. Tu dovrai restare a proteggere la scuola.”
“Certo, così sarete in tre là fuori in pericolo.” brontolò Estragone
“Tu lasciaci la porta aperta e non chiuderla, a meno che non lo riterrai necessario per la salvezza di Hogwarts.” Sorrise, poi rivolse uno sguardo impaziente all’esterno. “Speriamo solo che Harry faccia in fretta.”
Estragone si voltò e andò ad accomodarsi sulla poltrona, fece una smorfia e iniziò a tamburellare con le dita sui braccioli, preparandosi ad un’attesa snervante.


* * *



Severus e Lucius si erano materializzati all’aperto. Davanti a loro, sotto un cielo nuvoloso rischiarato da lampi in lontananza, si stendeva un paesaggio cupo. Filari di lapidi ferivano il terreno come schegge. Alcune, molto antiche, erano sprofondate inclinandosi fino a nascondere in parte le iscrizioni incise sulla superficie marmorea. Altre, più recenti, puntavano dritte verso il cielo, sfuggendo alla vegetazione. Altre ancora erano sovrastate da statue, colonne o altri segni che sembravano gareggiare fra loro nell’attirare gli sguardi pietosi dei visitatori.
Severus notò che molte delle lapidi più vicine recavano la stessa data. Erano tutti i caduti della battaglia di Hogwarts; le vittime di entrambe le parti.
Rabbrividì, immaginando che tra quelle doveva esserci anche la sua. Non aveva mai voluto sapere dove avessero seppellito il suo corpo vent’anni prima. Non si era mai recato in quel luogo. Chinò lo sguardo sull’ombra di fronte a lui. Qualcosa alle spalle dei due maghi aveva ingoiato le sagome che i loro corpi avrebbero dovuto disegnare sul terreno. Si voltò e vide che la fonte di quell’ombra era una grande statua. Un angelo della morte spalancava le sue maestose ali a protezione di una tomba spoglia, diversa da tutte le altre. Monumentale, ma abbandonata.
Nessuno fiore era stato mai posato sulla pietra che la ricopriva. Nessuno si era mai preoccupato di recidere l’edera che la soffocava.
Severus si chinò e scansò un ramo che nascondeva l’iscrizione.
“Tom Riddle!”
Quel nome uscì come un soffio dalle sue labbra, mentre lo sguardo del mago correva a cercare la conferma dei suoi pensieri negli occhi dell’amico.
“E’ buffo, vero?” disse amaro Malfoy. “Hanno voluto regalargli una tomba imponente, ma è solo un monumento alle loro paure.” Le labbra si piegarono in un ghigno. “Ecco, qui giace il più grande mago di tutti i tempi. L’uomo che ha fatto tremare l’intero mondo magico.” continuò indicando la tomba con un gesto teatrale del braccio. “Ora non potrà più nuocere.”
Severus passò la mano sull’incisione, ripulendola delicatamente dal terriccio. Poi le dita si strinsero in un pugno.
Non sapeva se provare odio, disgusto o pietà per l’uomo che aveva distrutto la sua anima e il suo cuore, e che ora lui stesso stava riportando alla vita.
Una folata di vento gli gonfiò il mantello, mentre la pioggia prese a ticchettare sulla pietra.
“Severus!”
La voce di Malfoy si era fatta gelida, come l’acqua che aveva iniziato a rigargli il volto.
Il preside di Hogwarts si alzò da terra e si voltò lentamente. Gli occhi nerissimi si gettarono in quelli grigi dell’amico. Lucius aveva estratto la bacchetta ed ora la puntava determinato al suo petto.


* * *



Nel frattempo a Hogwarts, Neville continuava a camminare avanti e indietro, misurando a grandi passi l’ufficio di Piton.
“Credi che i Mangiamorte capiranno che lui non è più a scuola?” disse Estragone per spezzare la tensione.
“Ha detto che se li sarebbe trascinati dietro. Evidentemente loro andranno dove il Marchio di Piton li attira.”
“E immagino che tu ti sia fatto un’idea di dove potrebbe trovarsi ora il nostro preside.”
Neville si fermò e guardò Estragone mordendosi il labbro.
“Beh, suppongo che sia andato da Voldemort.”
“Che vuoi dire?” Wilkinson sussultò.
“Beh, insomma, voglio dire nel posto in cui Voldemort si trova ora.”
“Al cimitero?” Le labbra di Wilkinson si piegarono in una smorfia sconcertata e disgustata al tempo stesso, come se cercasse di cancellare dalla sua mente l’idea che il mago che tutti temevano potesse nuocere persino dalla tomba.
“Tom Riddle è stato seppellito come tutti gli altri. Se il suo potere è in qualche modo rimasto aggrappato al Marchio di Piton, quello è l’unico posto in cui potrebbe attirarlo.” Il rumore della Materializzazione li fece voltare entrambi: Harry Potter era davanti alla porta chiusa e stringeva tra le braccia il mantello dell’invisibilità.
Neville si precipitò verso di lui e lo afferrò per le spalle.
“Andiamo, non c’è tempo da perdere.” esclamò.
“Andiamo dove?” Harry lo fissò stupito.
“Al cimitero, credo che Piton sia lì.”
Lo sguardo di Harry passò dall’amico all’altro insegnante, che si era alzato dalla poltrona, avvicinandosi.
Poi tornò a rivolgersi a Paciock. “Nel tuo ultimo gufo dicevi che Voldemort stava prendendo il controllo di Piton e che usavate una pozione per contrastare il suo potere. Che è successo?” “La situazione è precipitata. Piton ha lasciato la scuola assieme a Lucius Malfoy. Ha intenzione di proteggerci, ma non possiamo permettergli di agire da solo, qualsiasi cosa abbia in mente.”
Harry annuì ed entrambi si Smaterializzarono.
Estragone fece qualche passo e si fermò nel punto in cui i due erano appena scomparsi.
“Buona fortuna!” mormorò.


* * *



Intanto, nel corridoio davanti al Gargoyle che chiudeva l’ingresso dell’ufficio di Piton, si era radunato un gruppo di ragazzi.
“Dobbiamo raggiungerli.” disse James Potter intento ad arrotolare un lungo filo color carne.
“Accidenti, per fortuna avevi con te le Orecchie Oblunghe.” disse Albus Severus osservando ciò che il fratello stringeva tra le dita. “Questi affari sono stati davvero un’idea geniale. Zio George è fantastico!” esultò il giovane mago.
Scorpius Malfoy, che era con loro, incrociò le braccia. “Già, anche i giocattoli possono rivelarsi utili, qualche volta.” sbuffò.
Gli altri ragazzi lo fulminarono con lo sguardo. Ma lui continuò serio.
“A quanto pare mio nonno è con il preside, ma noi come faremo a raggiungerli?”
“Dovremo smaterializzarci.” rispose Albus.
“Starai scherzando. Nessuno di noi sa farlo.” scattò Scorpius.
“Nessuno, tranne quelli di noi che hanno compiuto diciassette anni.” Precisò James. “Formeremo delle coppie. Tutti quelli che non sono in grado di Smaterializzarsi dovranno farsi trasportare da uno studente maggiorenne. Andiamo.”
Fece cenno agli altri di seguirlo.


* * *



Al cimitero i due maghi erano in piedi, l’uno di fronte all’altro, sotto la pioggia che si era fatta scrosciante.
Severus teneva le braccia lungo i fianchi. Il mantello, pur appesantito dall’acqua, ondeggiava alle sue spalle. L’espressione tesa del mago era messa in risalto dalle due bande di capelli neri che cadevano gocciolanti ai lati del volto.
Trattenne il respiro, quando le labbra di Malfoy si schiusero e le parole dell’incantesimo, appena udibili, risuonarono, invece, come un boato nella sua mente. L’aria intorno a lui crepitò. Chiuse gli occhi e barcollò all’indietro. Aveva sentito il cuore sussultare per poi immobilizzarsi come ogni altro muscolo del suo corpo. Ma fu solo un istante, un infinito istante prima che il mago si rendesse conto di essere ancora in piedi.
Le gambe ancora lo sostenevano, ma non per sua volontà. Aveva l’impressione che non gli appartenessero più. Così come non riusciva a percepire il battito del proprio cuore, che però doveva esserci, dato che, evidentemente, non era morto. Ma com’era possibile?
I suoi occhi si aprirono e vide che intorno a lui si era formata una bolla luminosa che pareva assorbire la luce verde dell’Avada Kedavra.
Malfoy era stato scaraventato all’indietro e fissava sbalordito la propria bacchetta o, piuttosto, quello che ne rimaneva: un manico annerito e fumante.
Poi il suo sbalordimento si tramutò in terrore, quando dalla gola di Severus Piton uscì una voce sibilante.
“Tu, viscido traditore, come osi ostacolarmi?”
Malfoy si sollevò da terra e si mise in ginocchio.
“Mio… mio signore… io…” balbettò, riconoscendo la voce di Voldemort. “Io non vi ho mai tradito, voi…” Tentò di prendere tempo, mentre frugava nelle tasche del mantello alla ricerca disperata della bacchetta di Piton. L’afferrò e tese di nuovo il braccio tremante puntando l’arma contro il suo antico padrone.
Sul volto di Piton si disegnò un sorriso cattivo.
“Sciocco! Non puoi uccidermi. Nessun incantesimo funzionerà, hai di fronte la potenza di due maghi,” si chinò, e Lucius si sentì gelare fissando le pupille dell’altro divenute rosse come brace ardente. “E uno di loro è morto.” proseguì il mago bruno. La sua voce carica di rabbia e odio risuonò come il ruggito di un animale ferito.

Qualche metro più in là, Potter e Neville si erano appena Materializzati. Nascosti sotto il mantello dell’invisibilità osservavano la scena.
Videro Lucius rimettersi in piedi e scagliare un secondo incantesimo e poi un terzo, ma tutti sembrarono rimbalzare sullo scudo che circondava il preside.
Harry Potter fece per sfilarsi il mantello con l’intenzione di raggiungerli, ma Neville lo trattenne.
“Dove vai?” sussurrò.
“Sta cercando di ucciderlo, non lo vedi?” si divincolò.
“Fermati! Non capisci?”
“Cosa c’è da capire? Quell’assassino sta cercando di uccidere Piton!” continuò cercando di parlare a bassa voce per non farsi scoprire.
“Quello non è Piton. Guarda.” Paciock indicò il mago che ora aveva sollevato il braccio su cui il marchio nero spiccava nitido come non mai.
Lucius si afferrò il suo, colto da uno spasmo di dolore. Cadde in ginocchio e l’altro con un ampio gesto della mano gli strappò la bacchetta, afferrandola al volo.
La puntò contro il suo avversario che prese a gridare e a contorcersi nell’erba.
“Dov’eri?” gridò. “Dov’eri, mentre gli altri morivano per il loro signore?”
Si avvicinò fino a sovrastarlo completamente.
“Pagherai Lucius e poi…” le labbra si piegarono in un sorriso malevolo. “Sterminerò la tua famiglia.” disse con disprezzo.
“Nooo!” Lucius afferrò il suo pugnale da Mangiamorte, e si gettò contro l’altro con tutta la forza rimastagli. La lama affilata non fu bloccata dalla barriera magica che proteggeva Piton e riuscì a lambire il suo mantello strappandolo, ma subito Malfoy fu scaraventato indietro e cadde riverso nel fango. Il pugnale ancora stretto rabbiosamente fra le dita. Tentò di rialzarsi, ma un nuovo incantesimo lo schiacciò al suolo.
Piton si avvicinò e puntò la bacchetta.
Il mago biondo era stremato. Sollevò lo sguardo.
“Se… verus!”
Il legno magico tremò nella mano del preside, le pupille tornarono nere e l’uomo ansimò come se fosse tornato improvvisamente padrone dei propri polmoni.
Harry sussultò, avrebbe voluto cedere all’impulso di intervenire, ma Neville continuava a trattenerlo, a malincuore, ma sicuramente a ragione. Cosa avrebbe potuto fare? Da quale parte schierarsi?
Anche lui sapeva bene che il nemico non era Malfoy. Non questa volta. Ma come avrebbe potuto aiutarlo ad uccidere l’uomo che aveva salvato suo figlio?
Fissò il volto del Preside: era l’immagine della disperazione. Gli occhi erano arrossati e colmi di lacrime, mentre guardava orripilato il suo amico ferito.
Quando il braccio che teneva la bacchetta tornò a tendersi, il volto del mago si deformò in una smorfia che rivelava chiaramente tutto l’orrore che l’uomo provava in quel momento.
Voldemort lo controllava. Guidava i suoi muscoli e la sua voce, ma, nello stesso tempo, gli lasciava la capacità di comprendere ciò che stava facendo.
Di nuovo il suo corpo sfuggì al controllo.
Come mosso da fili invisibili, si chinò in avanti, e il braccio arrivò a sfiorare con la bacchetta il petto di Malfoy.
Quando le sue labbra si dischiusero per pronunciare la maledizione, Severus tentò di opporsi. Serrò la mascella e, con uno sforzo terribile, mosse il braccio abbastanza da allontanare la sua arma da Lucius. Chiuse gli occhi e barcollò all’indietro afferrandosi alla statua dell’angelo. Poggiò la fronte sul marmo scolpito aggrappandosi alla pietra come un bambino alla propria madre.
“Fermami!” disse con voce strozzata. “Ti prego, fermami!”
Scivolò in ginocchio e si piegò su se stesso, ansimante. Rimase in quella posizione per diversi secondi, cercando di non dare ascolto all’odio che lo divorava assieme al desiderio irrefrenabile di uccidere. La magia oscura che lo possedeva diventava sempre più potente, scorreva nelle sue vene come un fiume in piena, mescolandosi col suo sangue e infettandolo. Non era più solo il marchio a bruciare: l’inferno stesso ardeva dentro di lui. Era come se l’anima dannata del suo antico padrone si fosse impadronita di ogni fibra del suo corpo.
Si voltò di scatto. Gli occhi erano tornati ad infiammarsi. Gemette, ma, immediatamente, il lamento mutò in un grido, un urlo che non aveva nulla di umano.
Neville e Harry si tapparono le orecchie scuotendo il capo.
Non era un grido di dolore, ma piuttosto un richiamo, infatti, poco dopo, decine di maghi fecero la loro comparsa in quel luogo.
Il preside si sollevò da terra appoggiandosi alla statua, scrutò uno ad uno i nuovi venuti. C’erano vecchie conoscenze, e altri fanatici ansiosi di ricevere il dono del marchio. Tutti, dopo un primo istante di smarrimento, si inginocchiarono davanti al loro padrone, e lui non tardò ad esercitare la sua autorità.
“Uccidetelo!” ordinò indicando il mago steso di fronte a lui.
Questa volta fu Neville a scattare in avanti. Liberandosi dal mantello dell’invisibilità, si parò tra i Mangiamorte e Lucius Malfoy in un inutile tentativo di salvarlo.
Gli uomini di Voldemort nel vederlo esitarono, ma subito dopo gli puntarono contro le loro armi sghignazzando e insultandolo. Non c’era scampo per lui, erano troppi e loro lo sapevano.
Harry si guardò attorno. Doveva trovare una soluzione, oppure gettarsi nella battaglia e farsi uccidere assieme al suo amico.
Era già pronto a togliersi il mantello, quando la soluzione si presentò da sola: decine di ragazzini si materializzarono a coppie, rompendo le fila dei Mangiamorte, che rimasero spiazzati.
Incantesimi illuminarono il campo, confondendosi coi lampi del temporale.
Gli occhi di Harry, individuarono Albus Severus e James nel mezzo della battaglia. Erano uno accanto all’altro e lanciavano incantesimi contemporaneamente contro il loro avversario che annaspava tentando inutilmente di rispondere, mentre rideva in un modo grottesco, per essere stato colpito dall’incantesimo Rictusempra.
Il cuore di Harry si riempì d’orgoglio, tanto che riuscì a soffocare il suo primo istinto, che era quello di correre a proteggere il suoi figli. Dopo aver lanciato un ultimo sguardo ai due, si voltò di scatto imponendosi di non intervenire e si precipitò verso Malfoy. Si chinò su di lui sollevando il mantello dell’invisibilità abbastanza perché l’uomo potesse riconoscerlo. Senza dire nulla, Lucius gli afferrò la mano infilandovi a forza la sua arma.
“Fallo!” mormorò prima di perdere i sensi.
Harry nascose il pugnale tra le pieghe del mantello e si alzò.
Mentre la battaglia infuriava, si avvicinò a Piton che era in piedi sulla tomba di Riddle e osservava irritato e teso i suoi nuovi adepti, mentre venivano tenuti in scacco da un gruppo di studenti.
Quando fu di fronte al mago, Harry brandì il pugnale, il braccio teso sotto il drappo magico pronto a colpire, ma si bloccò: non poteva ucciderlo senza permettergli di guardarlo negli occhi.
Dando ascolto al suo cuore, gettò in terra il mantello, e, senza preoccuparsi alle conseguenze, si mostrò a Piton.
Immediatamente, l’altro puntò la bacchetta contro di lui e Harry fu certo che l’avrebbe ucciso.
Ma il mago non pronunciò la maledizione, anche se sentiva le parole magiche bruciare come veleno nella sua gola. Le labbra si dischiusero appena, e per un istante, rimase immobile, pietrificato. Sentimenti di rabbia, paura, stupore e, nello stesso tempo, di sollievo si affollarono nel suo cuore e nella sua mente. Qualcosa gli stava dando la forza di resistere, permettendogli di disporre del proprio braccio e della propria voce.
Strinse con più forza le dita intorno alla bacchetta. Sentì la ruvidezza del legno intarsiato sui polpastrelli, e in quel momento capì. La presenza del ragazzo sopravvissuto era sufficiente per disorientare Voldemort, o almeno destabilizzare l’essenza della sua magia. Sapeva che quel sentimento di paura che provava non gli apparteneva: era la paura della morte che Riddle aveva tentato in tutti i modi di sfuggire, finché non aveva puntato la sua bacchetta contro un bambino. Un cieco terrore lo assalì, ma Severus sentiva che quel sentimento non era il suo. La paura di Voldemort di fronte allo stesso mago che l’aveva sconfitto vent’anni prima, era invece la sua forza, e anche l’ultima occasione per fermarlo. Avvertì il suo cuore spaccarsi in due, mentre tornava padrone di se stesso, libero di scegliere l’unica soluzione possibile. Nel momento in cui la sua mente formulava quel pensiero, sentì gli artigli di quell’anima condannata, che si aggrappava disperatamente alla vita, alla sua vita. Una vita che non gli avrebbe più permesso di usare.
Tutto avvenne in un istante davanti allo sguardo allibito di Harry Potter. Gli occhi rossi di Voldemort lasciarono il posto alla dolorosa ombra di quelli di Severus.
Il mago sollevò il braccio gettandolo all’indietro.
Il polso colpì con tale violenza il marmo della statua da spezzarsi con un rumore sordo e inquietante, e anche la bacchetta che il mago stringeva fra le dita si frantumò nell’urto.
Harry in quel momento comprese che non poteva più tirarsi indietro: Piton stesso si stava consegnando disarmato al suo assassino.
Si lanciò ad occhi chiusi contro di lui stringendolo in un mortale, ultimo, disperato abbraccio. La lama del pugnale penetrò la carne con una tale facilità, che Harry capì di essere riuscito a ferirlo solo quando sentì il calore del suo sangue sulle proprie mani.
Non un lamento sfuggì dalle labbra di Piton, che si aggrappò alla tunica dell’altro trascinandolo con sé in ginocchio.
Nello stesso istante, un grido agghiacciante salì dalla terra. La lastra di marmo che chiudeva il sepolcro di Riddle sussultò tanto che Harry fu costretto ad appoggiarvisi con le mani per non esserne sbalzato fuori. Una grossa crepa si arrampicò sul panneggio della statua, allargandosi verso l’alto fino a sgretolarne completamente la parte superiore. La testa cadde, con un tonfo, sprofondando nel fango.
In quel momento, i Mangiamorte, rendendosi conto della sconfitta del loro padrone, fuggirono spaventati.
Neville si voltò di scatto e vide quello che era appena accaduto. Portandosi le mani nei capelli in un gesto disperato, si precipitò verso Piton e aiutò Harry ad adagiarlo sulla lastra che si era posizionata di traverso lasciando in parte scoperta la tomba.
Si lasciò cadere anch’egli in ginocchio. Era come stordito e gli sembrava di aver perso completamente le forze.
“No, no, no!” prese a ripetere come una cantilena, scuotendo il capo, mentre Harry accanto a lui si fissava inebetito le mani che teneva appoggiate sulle ginocchia coi palmi sporchi di sangue rivolti in alto.
In pochi secondi i tre furono attorniati da tutti i ragazzi dell’ES. Anche Lucius Malfoy, sostenuto dal nipote, si era avvicinato, mentre Albus Severus che si era fermato a raccogliere la bacchetta di Piton, si inginocchiò accanto a suo padre porgendogli i frammenti del legno magico.
“E’ rotta”. Singhiozzò come se quel legno spezzato rappresentasse la vita stessa del mago al quale apparteneva.
Harry la prese e la posò sul petto di Piton.
“Perdonami!” mormorò.
Tremava. Avrebbe voluto non essere lì. Avrebbe voluto non intromettersi, non sapere. Non aveva avuto scelta, tutti ne erano consapevoli, suo figlio, Neville che sembrava lottare per svegliarsi da un incubo. Persino Malfoy che se ne stava curvo dietro di loro, forse ringraziando di non essersi dovuto macchiare le mani con quel sangue. Sarebbe stato troppo anche per un ex Mangiamorte. Harry guardò la bacchetta, sentì che qualcosa si era spezzato per sempre dentro di lui. Come la piccola asticella di legno non si sarebbe più potuta rimettere insieme. Ora sapeva cosa significava uccidere un amico. Scosse il capo. “Io non posso, non voglio portare questo peso.” mormorò con la voce incrinata.
Gli occhi di Piton trovarono i suoi. Harry in un primo momento distolse lo sguardo, ma immediatamente cercò dentro di sé il coraggio di fissare le pupille che aveva tanto odiato un tempo. Si gettò nel buio degli occhi dell’altro, come un bambino si getta disperato tra le braccia di sua madre, in cerca di aiuto, di perdono. Glielo doveva e lo doveva anche a se stesso.
“Sei… un uomo coraggioso, Harry… Potter”. disse il preside. Poi le sue labbra si piegarono in un sofferente ghigno. “Per essere un Grifondoro.”
Non c’era cattiveria in quelle parole, ne odio. La voce era ridotta ad un soffio, ma fu sufficiente a squarciare il cuore di Harry, riducendo in briciole tutto il suo autocontrollo. L’ex bambino sopravvissuto si piegò su se stesso coprendosi il volto con le mani sporche di sangue, ed esplose in un pianto dirotto. Il piccolo Albus si aggrappò a lui, stringendolo in un abbraccio.
Il preside mosse appena la mano ferita e le dita sfiorarono la bacchetta.
“La con…serverai? Co…me l’ultima volta?” disse.
Harry si sollevò e annuì, pulendosi le lacrime con la manica della tunica.
Piton allora voltò il capo di lato e il suo sguardo si perse tra i filari di lapidi e statue di quel lugubre paesaggio.
Le parole del ritratto di Silente erano risuonate improvvisamente nella sua mente, portatrici di una tenera, paterna dolcezza.
“Non… ci sarà… un’altra Stamberga!” mormorò poi il mago, dando voce ai propri pensieri.
Sentendo quelle parole, Neville sembrò riaversi da uno stato di trance; si piegò su di lui e, passandogli il braccio dietro la schiena, lo sollevò da terra.
“Che stai facendo?” Chiese Harry, stupito.
“Lo riporto a casa. Il suo posto è Hogwarts.”
Si Smaterializzò tenendo Piton tra le braccia per ricomparire qualche istante dopo nel cortile della scuola, seguito da tutti gli altri.
Davanti all’ingresso, Estragone, che li stava aspettando, si mosse per raggiungerli, ma la vista dell’uomo tra le braccia di Neville lo bloccò. L’espressione sul volto dell’amico e collega era chiara. Il mago seppe che era finita. Abbassò gli occhi in segno di rispetto, ma non si avvicinò, come se volesse lasciare quel momento a coloro che conoscevano Piton da molto più tempo di lui.
Neville adagiò il mago morente sull’erba bagnata.
Il temporale era cessato e il sole del tramonto screziava le nuvole di filamenti infuocati.
Gli sguardi di tutti, compreso quello di Piton corsero alle torri del castello che svettavano maestose, rivestendosi di porpora.
Di fronte a quella meraviglia gli occhi del preside, già velati per la prossima morte, parvero illuminarsi. La scuola, la sua casa, era come l’aveva vista la prima volta da bambino, quando, col cuore colmo di speranza, ne aveva varcato i cancelli tenendo per mano la sua amica Lily. Era il sogno naufragato nel sangue, ma quella era un’altra vita.
Le labbra si piegarono in un sorriso, mentre le palpebre si chiudevano a custodire quell’ultima visione per l’eternità.


FINE



Ecco, vedo decine di bacchette puntate verso di me, e mi dileguo, non ci tengo ad essere cruciata o peggio. Ma prima di trasferirmi in Australia, ci terrei a spiegare i motivi della mia scelta. Ho scritto diverse ff in cui al povero Piton ne ho combinate di tutti i colori, ma ho sempre, o quasi sempre, ribaltato la situazione sul finale. Gli ho regalato sempre un lieto fine, per quanto roccambolesca e cervellotica fosse la soluzione. Un Deus ex Machina era sempre pronto per lui. Questa volta ho deciso di lasciare andare le cose per la loro strada, di non intervenire. Non ho fornito nessuna miracolosa soluzione, ma ho lasciato ai personaggi solo il loro coraggio per affrontare questa prova. Eh sì, il coraggio di Severus per me era scontato, ma, da snapista convinta, ho voluto per una volta mettere anche gli altri nella stesse situazioni in cui si è trovato Piton. Ho voluto mettere alla prova il tanto sbandierato coraggio di un Grifondoro. Non sono mai riuscita ad amare Harry fino in fondo perché la sua mamma Rowling ha voluto lasciargli le mani pulite. Persino Voldemort si è ammazzato da solo perché il ragazzo non si sporcasse con il suo sangue. Harry combatte, ma nel libro è lasciato tutto all’immaginazione, mai un nemico che cada stecchito davanti a lui, ucciso da lui direttamente. L’Harry della Rowling avrebbe mai puntato la bacchetta contro un suo amico, se gli avesse chiesto di ucciderlo (ovviamente se ci fosse stata una buona ragione) come Silente fa con Piton? Il mio Harry c’è riuscito ed ora lo amo molto di più, perchè so quanto gli è costato. Quello della Rowling, non so se lo avrebbe fatto e, probabilmente, non lo saprò mai. Allo stesso modo posso amare Neville per aver scelto la via giusta, anche se era quella più difficile.
Ora, sperando di avervi convinto almeno un po’, vi saluto ringraziandovi per avermi accompagnata fin qui. Ringrazio chi ha recensito, e ringrazio i lettori silenziosi. Un bacio a tutti.




  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Astry_1971