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Autore: Selhin    26/10/2009    7 recensioni
( INCOMPIUTA non verrà mai continuata )...tra amici ci si può amare, ma anche odiare. Si litiga e può capitare che non ci si veda né ci si parli per anni, ma cosa accade nel frattempo? Cosa si prova quando finalmente ci si rivede? Questo è quello che succede a Matt e Mimi, e quello che accadrà si scoprirà solo in seguito...[MimixMatt]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mimi Tachikawa, Yamato Ishida/Matt | Coppie: Mimi/Matt, Sora/Tai, TK/Kari
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Nemici, Amici…e poi

 

On the way to love

 

Capitolo 14

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  Tic Tic Tic Tic

Alzo lo sguardo verso il finestrino sopra di me, aperto.

Perfetto, ha iniziato a piovere proprio sopra alla mia testa! Alzo un braccio e dopo variati tentativi riesco a chiudere quel maledetto finestrino che chissà chi, aveva lasciato aperto con questo gelo. Insomma, è iniziato dicembre, la gente dovrebbe avvertire la temperatura vicina allo zero. Le persone dovrebbero avere freddo come me, diamine!

Mi risiedo sbuffando sul sedile dell’autobus, accanto a me beatamente un vecchietto che legge un giornale che guardandolo non è certamente un quotidiano vista l’estrema nudità messa in evidenza. Bene, pure un vecchio maniaco dovevo ritrovarmi vicino.

Certo che oggi non me ne va bene una.

Mi stringo nel cappotto leggero che giustamente, o forse dovrei dire ingenuamente, ho indossato oggi visto il sole intenso da spaccare le pietre che c’era già alle 8 quando sono uscita di casa. E chissà perché adesso fa un freddo cane, piove, ed io sono vicino a un maniaco!

Ok Mimi, basta, non pensare al maniaco, fai finta di niente e guarda fuori dal finestrino.

Obbedisco alla voce della mia coscienza senza pensare al fatto che io la senta per davvero, e dopo qualche curva mi ritrovo immersa nelle luci della città. Mi piace l’inverno, mi piace il periodo di Natale, quando la città si riempie di luci e musiche, quando perfino le commesse dopo otto ore di lavoro riescono a sorriderti... no, aspetta, questo non è vero.

Oggi ho lavorato otto ore invece che le solite quattro, e non riuscivo affatto a sorridere... o meglio, lo facevo ma solo perché ormai avevo la mascella contratta e non riuscivo a fare un’altra faccia.  Ora lo so, se una commessa ti sorride nel periodo di Natale, verso le sei di sera, non lo fa per gentilezza. Non lo fa perché è felice. Lo fa perché spera che così facendo, tu ti senta più appagato e finisca presto la tua visita nel suo negozio.

Cosa non si scopre lavorando al giorno d’oggi.

Finalmente mi accorgo che devo scendere, mi alzo ben attenta a non mostrare troppo di quel che c’è sotto la gonna al vecchietto anche se noto che è troppo concentrato sul suo stupido giornale. Finalmente, appena si aprono le porte e scendo dal mezzo respiro aria pura, fresca, profumata... e... è gelida, merda!

E sta piovendo, ancora una volta merda.

Piccola nota: ovviamente sono senza ombrello, fortunatamente ho un cappellino che mi ripara, anche se minimamente.

Corro verso il gabbiotto della fermata per ripararmi dalla pioggia che scende fitta ma a piccole gocce finissime. Mi stringo ancora nel cappotto, immaginando una sciarpa di lana morbida attorno al collo... soffice e calda.

Si, mi sento già meglio.

Riapro gli occhi, il cielo è sempre più scuro e in lontananza vedo anche lampeggiare leggermente. Fantastico, ci mancava un temporale, spero di essere già a casa per allora.

Dunque, mi appoggio al vetro bagnato di pioggia, la via più breve e più asciutta per arrivare a casa adesso quale sarà?

Credo mi convenga andare a prendere la metropolitana, e poi farmi una corsa di cinque minuti, sarei a casa fra più di mezzora così, ma almeno non m’infradicerei troppo nel farmi, adesso, tutto il solito tragitto a piedi.

Abbasso lo sguardo mentre rimugino sulla strada che mi convenga prendere quando sento la voce di un ragazzo urlare qualcosa.

  - Ehi, bambola... Sali su che ti do un passaggio, bellezza... -

Oddio ce l’ha con me? Ovvio che ce l’ha con me, o con me oppure con la vecchina avvolta nel suo foulard stile “befana in anticipo” oppure con un tredicenne attaccato al cellulare.

  - Avanti, non fare la ritrosa... -

Temo ce l’abbia con me. Questo però è troppo per una sola giornata!

  - Va’ al diavolo, idiota!- rispondo senza nemmeno guardarlo. Non ho intenzione di dargli troppa corda, odio questo genere di ragazzi sempre sicuri che tu ci stia, maledizione.

  - Come sei antipatica, rilassati tesoro... -

Giuro che se non se ne va entro cinque secondi vado lì e gli do un bel calcio dove non batte il sole. E non sto scherzando.

  - Sicura di non volere un passaggio?-

Non lo sopporto più. Ma cosa vuoi, vattene!

  - Se non la smetti giuro che chiamo la polizia... -

Mi decido a guardare in faccia questo viscido, malato e... oh no, non posso crederci.

Devo avere un aria piuttosto strana, credo come quella di una sotto l’effetto di un trilione di stupefacenti, di quelli belli forti però. Lui mi guarda e inizia a ridere divertito.

  - Ma dai, non mi avevi riconosciuto davvero? Pensavo mi stessi dando corda al gioco... -

Io... io, giuro che lo uccido.

  - Matt, vai a quel paese, maledetto!-

Ma nonostante io sia furiosa lui continua a ridere, come mai lo avevo visto e guardandolo sento la rabbia svanire, scoppiando alla fine a ridere anche io assieme a lui.

  - Dai sali, ti accompagno.- mi dice alla fine, quando riesce finalmente a riprendere fiato.

Scuoto la testa. - No, grazie... -

  - E perché? Non ti fidi?-

  - Un po’ per quello, si... - annuisco alzando le sopracciglia ironica. Lui assume un’espressione da finto imbronciato a cui non riesco a resistere e quindi volto lo sguardo. -... e poi perché non voglio bagnarmi, cosa che invece accadrà sulla tua carissima moto.-

  - Si, ma solo per cinque minuti... dopo sarai a casa pronta ad asciugarti... -

Sorride innocente. Pochi istanti dopo mi ritrovo in sella.

Ma perché mi lascio sempre trascinare così da lui?

 

 

  - Grazie mille per il passaggio.- dico mentre entriamo nel portone del palazzo.

Lui si toglie il casco ed io lo imito. Ha le punte dei capelli bagnate e gli si appiccicano al viso in un modo divertente ma anche molto attraente.

Oh accidenti, devo smetterla!

  - Figurati, non mi è costato nulla... -

Gli porgo il casco che deve essere quello utilizzato da Sora e insieme aspettiamo che arrivi l’ascensore.

  - Non sapevo avessi una moto... - affermo senza guardarlo.

  - Nuovo acquisto, infatti... -

Mi volto a guardarlo. - Ma non avevi la macchina?-

  - Ho dovuto darla via, non potevo più permettermela senza un lavoro... -

Sono stupita. - Non lavori più?-

  - Mi hanno mandato via... - fa spallucce e capisco che non vuole parlarne. Dev’essere dura per lui adesso cercarsi un nuovo lavoro fisso.

Finalmente l’ascensore arriva e una volta all’interno cala ancora il silenzio.

  - Mi ha fatto piacere vedere tua madre l’altra settimana, è stata carina a passare.-

Lo guardo e lui mi osserva a sua volta. - Appena ha saputo che stavi al piano di sopra è corsa su prima che potessi fermarla... -

Rido divertita immaginando la scena. - Senti, perché non vieni su, ti offro un caffé per ripagarti il passaggio!-

Matt sospira. - Giuro che non è quello istantaneo!- continuo posandomi la mano sul cuore.

Lui mi guarda e sorride. - E va bene, mi hai convinto. Passo a casa, mi cambio e arrivo.-

Scende dall’ascensore, e quando lo faccio ripartire il mio cuore ha un sussulto.

Perché mi sento felice?

E’ solo un caffé...

 

 

  - Quanto zucchero, Matt?-

Mi alzo sulle punte dei piedi per prendere la zuccheriera nella credenza.

  - Niente, grazie.-

  - Amaro?- mi volto a guardarlo porgendogli la tazzina fumante. Lui annuisce senza rispondere. - Ti va bene che ti sta facendo il caffé un’italiana, altrimenti... che schifezza il caffé amaro.-

 Sento che gli scappa qualcosa di simile a una risatina. Non è mai stato molto propenso nel ridere quindi, quelle poche volte che lo fa, mi lascia sempre interdetta. Non so mai se mi sta prendendo in giro o se ride perché è felice. Chi lo capisce è proprio bravo!

Mi siedo davanti a lui, dall’altro lato del tavolo. Fuori dalla finestra si avverte il picchiettio della pioggia e gli alberi che si muovono per il vento da bufera.

Accidenti, è calato di nuovo il silenzio fra noi. Devo trovare un argomento di cui parlare, anche da sola come al solito del resto. Solitamente lui ascolta senza parlare e risponderti, sempre ammesso che ti ascolti.

  - Come mai stavi tornando a casa da sola?-

Resto sorpresa per un attimo, è la prima volta che parla per primo interrompendo il silenzio.

  - Cosa c’è di così strano? Sono uscita dal lavoro e stavo tornando a casa... -

  - Ma solitamente non torni con Leo? -

Mi sistemo una ciocca di capelli dietro l’orecchio. - Ah, per un po’ tornerò da sola.-

  - Perché dici così? E’ successo qualcosa?-

Sembra davvero preoccupato, ma può anche darsi che non gliene importi nulla e lo abbia chiesto per pura formalità.

  - No. E’ che adesso è a Roma, è andato a trovare i suoi per le vacanze... -

  - Ah capisco... - torna a bere il suo caffé come se nulla fosse successo. Poi, come se si fosse dimenticato di dire qualcosa, mi chiede. - E come mai non sei andata con lui?-

  - Ho delle cose da fare per i corsi, e poi c’è il lavoro... almeno fino alla vigilia sarò occupata.-

Posa la tazza ormai vuota e mi guarda come se cercasse di carpire i miei pensieri. - Ma se frequentate la stessa università perché lui è potuto partire e tu no? Non puoi farti dare delle ferie dal lavoro e cercare di liberarti? Non vuoi vedere tua madre, dopotutto è da settembre che non la vedi... anche tua padre vorrà... -

  - No.- lo interrompo prima che continui.

Rimane sorpreso e confuso per un po’. - Non capisco, Mimi.-

  - Non c’è niente da capire, e sinceramente Matt... non affari che ti riguardano.-

Lo vedo abbassare lo sguardo e improvvisamente mi rendo conto di quanto io sia stata dura e sgarbata. Non volevo, lui ha fatto tanto per me, rispondergli in quel modo non può certo giovare al nostro rapporto già complicato così. Si sta solo preoccupando, lo so. Lo so, eppure... fa così male.

  - Scusami, non avrei dovuto risponderti così... -

  - No, hai ragione... non sono fatti miei.-

Accidenti, ho combinato un bel guaio. Finalmente si stava aprendo un po’ con me, finalmente sembrava aver recuperato qualche sentimento che aveva un tempo. Maledizione.

  - Ora sarà meglio che vada.-

Si alza dalla sedia mentre io resto immobile incapace di muovermi.

Cos’ho fatto?

Si dirige verso la porta in fretta, senza voltarsi mai, posso vedere dalle sue spalle la delusione e l’amarezza che gli ho procurato. Ha ragione ma...

  - Matt, aspetta!-

Mi alzo e lo raggiungo velocemente mentre lui apre la porta pronto a uscire. Gli afferro la manica del maglione azzurro e lui si volta a guardarmi quasi infastidito.

So perfettamente a cosa sta pensando.

  - Scusami.-

Riesco a dire solo questo nonostante la mia mente crei frasi e discorsi ben più lunghi e logici. Perché non riesco mai a dire quello che vorrei? Da quanto sono diventata così fredda riguardo ai miei sentimenti?

  - Allora dimmi!- continua alzando il tono. - Dimmi cosa mi stai nascondendo da settembre.-

Abbasso lo sguardo, non riesco a guardarlo negli occhi. Se lo faccio lui capirebbe subito a cosa sto pensando, lo so. Da quando ha imparato così bene a leggermi dentro? O forse, sono io che sono diventata facilmente comprensibile per lui.

Sento che chiude la porta, poi mi afferra per le spalle. Abbassa la testa all’altezza dei miei occhi, tanto che sono costretta a guardarlo nei suoi. Sono così azzurri, così magnetici che non riesco a staccarmene.

  - Perché non vuoi parlarmene?- la sua voce adesso è più dolce di prima, la sua stretta meno forte. - Cosa c’è che ti fa così male?-

Sento un noto stringermi la gola, i miei occhi bruciano per le lacrime che da troppo tempo so di trattenere. Mi sono fatta forza, sono stata sempre allegra per non cadere nella depressione. Ho continuato a sorridere come se non ci fosse nulla che non andasse bene, ho passato le notti a piangere senza lacrime, i giorni a ridere con un sorriso che non mi apparteneva.

Voglio tornare quella di prima.

Voglio liberarmi da tutto questo.

Sento che è il momento, posso dirglielo, lui capirà.

Si, capirà. Mi ha sempre capita e nonostante tutto io so che lo farà ancora. So che in realtà è l’unico in grado di capirmi davvero, di starmi vicino.

Riesco finalmente a guardarlo di nuovo, nel frattempo le sue mani dalle spalle sono passate a stringere le mie, con forza.

La forza che mi serve, il coraggio e la dolcezza di cui ho bisogno.

Lui è tutto questo, lo è sempre stato.

Finalmente ritrovo la voce che avevo improvvisamente creduto di aver perduto, e prima di abbandonarmi alle lacrime riesco infine a dirglielo.

  - Vuoi davvero sapere perché mi sono chiamata Mizuki su quella spiaggia? Perché ti ho detto di avermi salvata quella volta?- prendo un respiro e dopo il primo singhiozzo finalmente concludo la frase.

  - Perché mia madre è morta, Matt! Mia madre è morta poco prima che c’incontrassimo!-

 

 

 

 

 

Continua...

 

 

 

 

 

 

***********************************

 

Bene, sono già tornata visto?

 Che dire, finalmente ho svelato il segreto di Mimi, triste vero? I dettagli nel prossimo capitolo... scusate, sono ancora un po’ provata ç_ç sapete, io m’immedesimo molto mentre scrivo.

 

Passo a ringraziare quelle sante donne che recensiscono costantemente, va!

 

Kairi_92 : ma perché odi la mamma di Matt? Allora odi anche la mia mamma perché mi sono un po’ ispirata a lei quando ero più piccola e s’impicciava dei miei fatti amorosi inesistenti ç_ç povera la mia mamma... fammi sapere del capitolo ok? Bacioni!

 

Sarugaki92 : sembra la tua mamma? Ma se mi son basata sulla mia! :O non avremo mica la stessa mamma vero?!!?

 

chandelora : Ti ho accontentata ed ho aggiornato presto, visto? Ringrazia la mia buon vecchia musa che questa volta ha fatto il suo sacrosanto dovere u.u ( ehi, cosa vorresti insinuare? Nd. Buon vecchia musa ) fammi sapere!

 

Ok, è tutto u.u

Allora alla prossima carissimi lettori!

 

Selhin

 

 

 

 

   
 
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