On the way to love
Capitolo 14
Tic Tic Tic Tic
Alzo lo sguardo verso il
finestrino sopra di me, aperto.
Perfetto, ha iniziato a
piovere proprio sopra alla mia testa! Alzo un braccio e dopo variati tentativi riesco a chiudere quel maledetto finestrino che
chissà chi, aveva lasciato aperto con questo gelo. Insomma, è
iniziato dicembre, la gente dovrebbe avvertire la temperatura vicina allo zero.
Le persone dovrebbero avere freddo come me, diamine!
Mi risiedo sbuffando sul
sedile dell’autobus, accanto a me beatamente un vecchietto che legge un
giornale che guardandolo non è certamente un
quotidiano vista l’estrema nudità messa in evidenza. Bene,
pure un vecchio maniaco dovevo ritrovarmi vicino.
Certo che oggi non me ne va
bene una.
Mi stringo nel cappotto
leggero che giustamente, o forse dovrei dire ingenuamente, ho indossato oggi
visto il sole intenso da spaccare le pietre che c’era già alle 8 quando sono uscita di casa. E chissà perché
adesso fa un freddo cane, piove, ed io sono vicino a
un maniaco!
Ok Mimi, basta, non pensare
al maniaco, fai finta di niente e guarda fuori dal
finestrino.
Obbedisco alla voce della mia
coscienza senza pensare al fatto che io la senta per davvero, e dopo qualche curva mi ritrovo
immersa nelle luci della città. Mi piace l’inverno, mi piace il periodo di Natale, quando la città si
riempie di luci e musiche, quando perfino le commesse dopo otto ore di lavoro
riescono a sorriderti... no, aspetta, questo non è vero.
Oggi ho lavorato otto ore
invece che le solite quattro, e non riuscivo affatto a
sorridere... o meglio, lo facevo ma solo perché ormai avevo la mascella
contratta e non riuscivo a fare un’altra faccia. Ora lo so, se una commessa ti sorride
nel periodo di Natale, verso le sei di sera, non lo fa per gentilezza. Non lo
fa perché è felice. Lo fa perché spera che così facendo, tu ti senta più appagato e finisca presto la
tua visita nel suo negozio.
Cosa non si scopre lavorando al giorno d’oggi.
Finalmente mi accorgo che
devo scendere, mi alzo ben attenta a non mostrare troppo di quel che
c’è sotto la gonna al vecchietto anche se
noto che è troppo concentrato sul suo stupido giornale. Finalmente,
appena si aprono le porte e scendo dal mezzo respiro aria pura, fresca,
profumata... e... è gelida, merda!
E sta piovendo, ancora una volta merda.
Piccola
nota: ovviamente sono senza ombrello, fortunatamente ho un cappellino che mi
ripara, anche se minimamente.
Corro verso il gabbiotto
della fermata per ripararmi dalla pioggia che scende fitta ma a piccole gocce
finissime. Mi stringo ancora nel cappotto, immaginando una sciarpa di lana
morbida attorno al collo... soffice e calda.
Si, mi sento già
meglio.
Riapro gli occhi, il cielo
è sempre più scuro e in lontananza vedo anche lampeggiare
leggermente. Fantastico, ci mancava un temporale, spero di essere già a
casa per allora.
Dunque, mi appoggio al vetro bagnato di pioggia, la via
più breve e più asciutta per arrivare a casa adesso quale
sarà?
Credo mi convenga andare a
prendere la metropolitana, e poi farmi una corsa di cinque minuti, sarei a casa
fra più di mezzora così, ma almeno non m’infradicerei
troppo nel farmi, adesso, tutto il solito tragitto a
piedi.
Abbasso lo sguardo mentre
rimugino sulla strada che mi convenga prendere quando
sento la voce di un ragazzo urlare qualcosa.
- Ehi, bambola... Sali
su che ti do un passaggio, bellezza... -
Oddio ce
l’ha con me? Ovvio che ce l’ha con
me, o con me oppure con la vecchina avvolta nel suo foulard stile “befana
in anticipo” oppure con un tredicenne attaccato al cellulare.
- Avanti, non fare la ritrosa... -
Temo ce
l’abbia con me. Questo però è troppo per una sola
giornata!
- Va’ al diavolo, idiota!-
rispondo senza nemmeno guardarlo. Non ho intenzione di dargli troppa corda,
odio questo genere di ragazzi sempre sicuri che tu ci stia, maledizione.
- Come sei antipatica, rilassati
tesoro... -
Giuro che se non se ne va
entro cinque secondi vado lì e gli do un bel
calcio dove non batte il sole. E non sto scherzando.
- Sicura di non volere un passaggio?-
Non lo sopporto più. Ma cosa vuoi, vattene!
- Se non la smetti giuro che chiamo la polizia... -
Mi decido a guardare in
faccia questo viscido, malato e... oh no, non posso crederci.
Devo avere un
aria piuttosto strana, credo come quella di una sotto l’effetto di
un trilione di stupefacenti, di quelli belli forti però. Lui mi guarda e
inizia a ridere divertito.
- Ma dai, non
mi avevi riconosciuto davvero? Pensavo mi stessi dando corda al gioco... -
Io... io, giuro che lo
uccido.
- Matt, vai a quel paese, maledetto!-
Ma nonostante io sia furiosa
lui continua a ridere, come mai lo avevo visto e
guardandolo sento la rabbia svanire, scoppiando alla fine a ridere anche io
assieme a lui.
- Dai sali, ti accompagno.- mi dice alla
fine, quando riesce finalmente a riprendere fiato.
Scuoto la testa. - No,
grazie... -
- E
perché? Non ti fidi?-
- Un po’ per quello, si... -
annuisco alzando le sopracciglia ironica. Lui assume
un’espressione da finto imbronciato a cui non riesco a resistere e quindi
volto lo sguardo. -... e poi perché non voglio bagnarmi, cosa che invece
accadrà sulla tua carissima moto.-
- Si, ma solo per cinque minuti... dopo
sarai a casa pronta ad asciugarti... -
Sorride innocente. Pochi
istanti dopo mi ritrovo in sella.
Ma perché mi lascio sempre trascinare così
da lui?
- Grazie mille per il passaggio.- dico mentre entriamo nel portone del palazzo.
Lui si toglie il casco ed io
lo imito. Ha le punte dei capelli bagnate e gli si appiccicano al viso in un
modo divertente ma anche molto attraente.
Oh accidenti, devo smetterla!
- Figurati, non mi è costato
nulla... -
Gli porgo il casco che deve
essere quello utilizzato da Sora e insieme aspettiamo
che arrivi l’ascensore.
- Non sapevo avessi una moto... -
affermo senza guardarlo.
- Nuovo acquisto, infatti... -
Mi volto a guardarlo. - Ma non avevi la macchina?-
- Ho dovuto darla via, non potevo
più permettermela senza un lavoro... -
Sono stupita. - Non lavori
più?-
- Mi hanno mandato via... - fa spallucce
e capisco che non vuole parlarne. Dev’essere dura per lui adesso cercarsi
un nuovo lavoro fisso.
Finalmente l’ascensore
arriva e una volta all’interno cala ancora il
silenzio.
- Mi ha fatto piacere
vedere tua madre l’altra settimana, è stata carina a
passare.-
Lo guardo e lui mi osserva a
sua volta. - Appena ha saputo che stavi al piano di sopra è corsa su
prima che potessi fermarla... -
Rido divertita immaginando la
scena. - Senti, perché non vieni su, ti offro
un caffé per ripagarti il passaggio!-
Matt sospira. - Giuro che non
è quello istantaneo!- continuo posandomi la mano sul cuore.
Lui mi guarda e sorride. - E va bene, mi hai convinto. Passo a casa, mi cambio e
arrivo.-
Scende dall’ascensore,
e quando lo faccio ripartire il mio cuore ha un sussulto.
Perché mi sento felice?
E’ solo un
caffé...
- Quanto zucchero, Matt?-
Mi alzo sulle punte dei piedi
per prendere la zuccheriera nella credenza.
- Niente, grazie.-
- Amaro?- mi volto a guardarlo
porgendogli la tazzina fumante. Lui annuisce senza rispondere. - Ti va bene che
ti sta facendo il caffé un’italiana, altrimenti... che schifezza il caffé amaro.-
Sento che gli scappa qualcosa di simile a una risatina. Non è mai stato molto propenso nel ridere quindi, quelle poche volte che lo fa, mi
lascia sempre interdetta. Non so mai se mi sta prendendo in giro o se ride
perché è felice. Chi lo capisce è proprio bravo!
Mi siedo davanti a lui,
dall’altro lato del tavolo. Fuori dalla finestra
si avverte il picchiettio della pioggia e gli alberi che si muovono per il
vento da bufera.
Accidenti, è calato di
nuovo il silenzio fra noi. Devo trovare un argomento di cui parlare, anche da
sola come al solito del resto. Solitamente lui ascolta
senza parlare e risponderti, sempre ammesso che ti ascolti.
- Come mai stavi tornando a casa da
sola?-
Resto sorpresa per un attimo,
è la prima volta che parla per primo
interrompendo il silenzio.
- Cosa
c’è di così strano? Sono uscita dal lavoro e stavo tornando
a casa... -
- Ma
solitamente non torni con Leo? -
Mi sistemo una ciocca di
capelli dietro l’orecchio. - Ah, per un po’ tornerò da
sola.-
- Perché
dici così? E’ successo qualcosa?-
Sembra davvero preoccupato,
ma può anche darsi che non gliene importi nulla e lo abbia
chiesto per pura formalità.
- No. E’ che adesso è a
Roma, è andato a trovare i suoi per le vacanze... -
- Ah capisco... - torna a bere il suo
caffé come se nulla fosse successo. Poi, come se si
fosse dimenticato di dire qualcosa, mi chiede. - E
come mai non sei andata con lui?-
- Ho delle cose da fare per i corsi, e
poi c’è il lavoro... almeno fino alla vigilia sarò
occupata.-
Posa la tazza ormai vuota e
mi guarda come se cercasse di carpire i miei pensieri.
- Ma se frequentate la stessa università
perché lui è potuto partire e tu no? Non puoi farti dare delle
ferie dal lavoro e cercare di liberarti? Non vuoi vedere tua madre, dopotutto
è da settembre che non la vedi... anche tua padre
vorrà... -
- No.- lo interrompo prima che continui.
Rimane sorpreso e confuso per
un po’. - Non capisco, Mimi.-
- Non c’è niente da capire,
e sinceramente Matt... non affari che ti riguardano.-
Lo vedo abbassare lo sguardo
e improvvisamente mi rendo conto di quanto io sia stata
dura e sgarbata. Non volevo, lui ha fatto tanto per me, rispondergli in quel
modo non può certo giovare al nostro rapporto
già complicato così. Si sta solo preoccupando,
lo so. Lo so, eppure... fa così male.
- Scusami, non avrei dovuto risponderti
così... -
- No, hai ragione... non sono fatti
miei.-
Accidenti, ho combinato un
bel guaio. Finalmente si stava aprendo un po’ con me, finalmente sembrava
aver recuperato qualche sentimento che aveva un tempo. Maledizione.
- Ora sarà meglio che vada.-
Si alza dalla sedia mentre io resto immobile incapace di muovermi.
Cos’ho
fatto?
Si dirige verso la porta in
fretta, senza voltarsi mai, posso vedere dalle sue spalle la delusione e
l’amarezza che gli ho procurato. Ha ragione
ma...
- Matt, aspetta!-
Mi alzo e lo raggiungo velocemente mentre lui apre la porta pronto a uscire. Gli
afferro la manica del maglione azzurro e lui si volta a guardarmi quasi
infastidito.
So perfettamente a cosa sta
pensando.
- Scusami.-
Riesco a dire solo questo
nonostante la mia mente crei frasi e discorsi ben più lunghi e logici. Perché non riesco mai a dire quello che vorrei? Da
quanto sono diventata così fredda riguardo ai
miei sentimenti?
- Allora dimmi!- continua alzando il
tono. - Dimmi cosa mi stai nascondendo da settembre.-
Abbasso lo sguardo, non
riesco a guardarlo negli occhi. Se lo faccio lui
capirebbe subito a cosa sto pensando, lo so. Da quando ha imparato così
bene a leggermi dentro? O forse, sono io che sono
diventata facilmente comprensibile per lui.
Sento che chiude la porta,
poi mi afferra per le spalle. Abbassa la testa all’altezza dei miei
occhi, tanto che sono costretta a guardarlo nei suoi. Sono così azzurri,
così magnetici che non riesco a staccarmene.
- Perché non
vuoi parlarmene?- la sua voce adesso è più dolce di prima, la sua
stretta meno forte. - Cosa c’è che ti fa
così male?-
Sento un noto stringermi la
gola, i miei occhi bruciano per le lacrime che da troppo tempo so di trattenere. Mi sono fatta forza,
sono stata sempre allegra per non cadere nella depressione. Ho
continuato a sorridere come se non ci fosse nulla che non andasse bene, ho
passato le notti a piangere senza lacrime, i giorni a ridere con un sorriso che
non mi apparteneva.
Voglio tornare quella di
prima.
Voglio liberarmi da tutto
questo.
Sento che è il
momento, posso dirglielo, lui capirà.
Si, capirà. Mi ha
sempre capita e nonostante tutto io so che lo
farà ancora. So che in realtà è l’unico in grado di
capirmi davvero, di starmi vicino.
Riesco
finalmente a guardarlo di nuovo, nel frattempo le sue mani dalle spalle sono passate a stringere le mie, con forza.
La forza che mi serve, il
coraggio e la dolcezza di cui ho bisogno.
Lui è
tutto questo, lo è sempre stato.
Finalmente ritrovo la voce
che avevo improvvisamente creduto di aver perduto, e
prima di abbandonarmi alle lacrime riesco infine a dirglielo.
- Vuoi davvero sapere perché mi
sono chiamata Mizuki su quella spiaggia? Perché ti ho detto di avermi
salvata quella volta?- prendo un respiro e dopo il
primo singhiozzo finalmente concludo la frase.
- Perché
mia madre è morta, Matt! Mia madre è morta poco prima che
c’incontrassimo!-
Continua...
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Bene, sono
già tornata visto?
Che dire,
finalmente ho svelato il segreto di Mimi, triste vero? I dettagli nel prossimo
capitolo... scusate, sono ancora un po’ provata
ç_ç sapete, io m’immedesimo molto mentre scrivo.
Passo a ringraziare
quelle sante donne che recensiscono costantemente, va!
Kairi_92 : ma perché odi la mamma di
Matt? Allora odi anche la mia mamma perché mi sono un po’ ispirata
a lei quando ero più piccola e
s’impicciava dei miei fatti amorosi inesistenti ç_ç povera
la mia mamma... fammi sapere del capitolo ok? Bacioni!
Sarugaki92 : sembra la tua mamma? Ma se mi son basata sulla mia! :O
non avremo mica la stessa mamma vero?!!?
chandelora : Ti ho accontentata ed ho aggiornato presto, visto?
Ringrazia la mia buon vecchia musa che questa volta ha
fatto il suo sacrosanto dovere u.u ( ehi, cosa vorresti insinuare? Nd. Buon vecchia musa ) fammi sapere!
Ok, è tutto
u.u
Allora alla prossima carissimi lettori!
Selhin