Cap. 3.
Heroes’ Son
Nasconderti
le nuvole
e quell'inverno che ti fa male.
Curarti le ferite e poi,
qualche dente in più per mangiare.
E poi vederti ridere,
e poi vederti correre ancora.
Dimentica, c'è chi dimentica
distrattamente un fiore una domenica
e poi... silenzi.
Hanabi si
era svegliata presto, quel giorno.
Inizialmente,
mentre faceva colazione nell’enorme cucina deserta, non
capiva il motivo di
quel senso di colpa misto a una tristezza che non provava da tantissimo
tempo.
Si riscosse
un poco quando Neji entrò nella stanza.
“Buongiorno,
Hanabi…”, mormorò lui, avvicinandosi al
tavolo dove sedeva la dodicenne.
“Ciao,
Neji…”, borbottò in risposta, la bocca
piena di biscotti. Sapeva che era
maleducazione parlare a bocca piena, ma sinceramente in quel momento
non le
importava.
Il cugino
sembrò ignorare la maleducazione della ragazzina,
perché, dopo aver afferrato
una ciotola che stava su una mensola, si sedette davanti a lei, la
solita
espressione di ogni Hyuga, e le chiese di passargli il latte.
I due
mangiarono in silenzio, come al solito. Neji non era il tipo di persona
con cui
chiacchierare amabilmente, Hanabi lo sapeva bene.
Tuttavia,
gli domandò: “Neji, sai dov’è
Hinata?”
Il ragazzo
rispose, dopo aver finito il suo latte: “Si è
svegliata molto presto, stamani.
Mi ha detto che sarebbe andata ad aiutare Sakura con i
preparativi.”
Preparativi?
“Scusa,
Neji…preparativi per cosa?”, domandò
Hanabi, poggiando la tazza mezza vuota sul
tavolo.
Il ragazzo
la fissò, lievemente stupito. “Dovreste ricordare,
Hanabi. Dopotutto, avevate
sette anni…”
La
ragazzina iniziò a stizzirsi: non sopportava quando non le
veniva svelato
subito qualcosa, ed era certa che se Neji non si fosse spicciato gli
avrebbe
tirato in testa gli ultimi residui di latte presenti nella sua ciotola.
“In questo
giorno, circa cinque anni fa, Konoha è stata presa
d’assalto da Suna. Proprio
oggi si ricorda la morte del nostro terzo Hokage, Sarutobi Hiruzen,
Hanabi.”,
disse Neji, duro e schietto.
Alla cugina
mancò il fiato: in quello stesso momento,
l’immagine di un bambino dall’aria
sbruffona e un sorriso accattivante si presentò nella sua
mente.
Konohamaru.
Hanabi
rimase di sasso per qualche secondo, mentre Neji si alzò e
ripose la tazza
sporca nel lavello.
“Ora
perdonatemi, ma devo raggiungere TenTen per gli allenamenti. Vi auguro
una
buona giornata, Hanabi.”
Detto
questo, se ne andò, lasciando la cugina a combattere con i
fantasmi del
passato.
Nella
grande cucina vuota cadde un silenzio di tomba.
Un silenzio
carico di sorpresa, stupore.
Perché
Hanabi, nonostante tutto, non aveva dimenticato quel giorno.
Perché in
quella domenica di tanti anni fa aveva compreso di poter essere se
stessa,
senza aver paura degli altri.
Perché là,
in quel lontanissimo 27 marzo, aveva capito cos’è
l’amicizia. E l’affetto.
Tutto
questo, in un silenzio.
E
poi... silenzi..
Silenzi...
Non sapeva
nemmeno dove l’avessero sepolto.
Questo era
un piccolo particolare che Konohamaru non aveva mai tenuto in
considerazione.
Ogni anno
si riprometteva di scoprirlo, di venire a sapere dove il suo nonnino
riposava
in eterno.
Ogni anno
si dimenticava.
Perciò era
lì. Come sempre, in quel giorno.
La lapide
commemorativa, incisa quasi completamente con i nomi dei grandi eroi di
Konoha,
si stagliava di fronte a lui. Era consumata, si vedeva a occhio nudo.
D’altronde
era lì da più di sedici anni, e tutti, prima o
poi, erano stati costretti a
fargli una visita e a piangervi sopra.
Era il
turno di Konohamaru, ora.
Il
ragazzino si avvicinò alla pietra, posando la fionda nuova
nella borsa logora e
ponendola sotto di questa, come fosse un dono.
Si
inginocchiò per mettere a fuoco i nomi dei grandi ninja
deceduti per il
Villaggio della Foglia. Li lesse mentalmente, pregando per loro.
Come ogni
anno, un moto di stizza lo invase quando terminò di leggere.
Il nome di
suo nonno non c’era.
Sapeva che
tutti a Konoha lo consideravano più di un eroe, tuttavia
avrebbe voluto avere
la testimonianza di quanto loro tenessero a lui.
Perché il
suo nonnino ci teneva, a loro.
“Nonno…”
“Sì,
Konohamaru?”
“Perché
siamo qui?”, chiese il bambino, dopo un attimo di incertezza.
Erano nel
parco di Konoha. Konohamaru era inizialmente entusiasta: pensava che il
nonno
lo portasse a giocare, e per questo aveva invitato anche Moegi e Udon,
due suoi
nuovi amici, per giocare ai ninja e tendergli delle imboscate.
Invece,
quando l’uomo lo aveva condotto lontano dal punto di ritrovo
dei tre amici, in
mezzo al boschetto del parco, era rimasto deluso.
Non capiva
cosa avrebbe potuto fare con quella pietra obliqua che stava
lì, immobile. Come
qualsiasi altra pietra.
Eppure il
nonnino sembrava tenere molto a quel masso, perché gli si
avvicinò e la
carezzò.
“Vieni qui,
Konohamaru.”, aveva detto, invitandolo con una mano a venire
più vicino a lui.
Il bimbo
obbedì. Non appena si avvicinò, il nonno gli
spinse con forza la testa verso il
basso, per farlo inginocchiare.
“Ahia…”,
bisbigliò il bambino, sbuffando.
“Leggi i
nomi che sono incisi qui sopra, per favore.”, disse il nonno,
con un sorriso
dolce. “Capirai quanto questo inutile masso sia importante
per Konoha e per
tutti noi. Anche per te.”
Il bambino
iniziò a leggere, imbarazzato: non capiva ancora come suo
nonno riuscisse
sempre a leggere i suoi pensieri.
Uchiha Obito.
Konohamaru
sbadigliò: era più di un’ora che
leggeva quei nomi, inginocchiato sui fiori che
avvolgevano tutto il perimetro della pietra.
Umino Kanko.
Probabilmente
Moegi e Udon si stavano chiedendo dove fosse finito.
Sarutobi
Sanjiro.
Non
voleva certo
fare una brutta figura con i suoi due nuovi…
Konohamaru
spalancò gli occhi. Poi tornò al nome che aveva
appena letto.
Sarutobi
Sanjiro.
Il
bambino
sbiancò, gli occhi iniziarono a pungere.
Sotto
Sanjiro, un altro nome da lui ben conosciuto.
Enoki Nayoko in
Sarutobi.
Konohamaru
sentiva le lacrime scendere sulle guance, ma non si
preoccupò di fermarle.
Sanjiro e
Nayoko. I suoi genitori erano su quella lapide.
Scoppiò a
piangere. Il corpicino del bambino era talmente scosso dai tremiti che
dovette
aggrapparsi alla lapide –era una lapide, l’aveva
capito anche senza conoscere
il termine “lapide”-
per non cadere.
Il nonno,
che era rimasto in piedi accanto a lui per tutto il tempo, prese il
bambino in
braccio e lo abbracciò.
“Nonno…nonno…mamma
e papà sono…sono…”,
balbettò Konohamaru, incapace di dire altro.
“Shhh,
Konohamaru. Tranquillo, tranquillo. E scusami, piccolo.”
Il bambino
si rizzò, tenendo le mani sulle spalle dell’uomo
in modo da fissarlo in viso.
Le lacrime scendevano ancora.
“S-scusarti,
nonno?”
L’uomo
annuì, intristitosi. “Sì, Konohamaru.
Scusarmi perché sono un vecchio stolto e
insensibile che non ha mai rivelato al suo unico nipote che i suoi
genitori
sono due eroi di Konoha.”
Il piccolo
lo guardò a lungo, gli occhi sgranati pieni di lacrime. Poi
abbracciò stretto
stretto il nonno.
“Nonno…tu
non devi scusarti. S-so quello che pensavi, che ero piccolo quando se
ne sono
andati, e che n-non potevo capire,
c-che…”
“Shhh,
Konohamaru, shh. Ora tranquillizzati, c’è qui il
nonno con te. Ci sono io con
te…”
Sei anni
dopo, in quello stesso posto, lo stesso bambino era cresciuto.
Era un
ragazzo ormai. Però piangeva, perso nei dolorosi ricordi.
E non c’era
nessuno a consolarlo.
L’unica persona
che potesse farlo era proprio quella per cui stava piangendo.
Nei
giardini che nessuno sa
si respira l'inutilità,
c'è rispetto e grande pulizia,
è quasi follia.
Non sai come è bello stringerti,
ritrovarsi qui a difenderti,
e vestirti e pettinarti sì,
e sussurrarti non arrenderti.
”Allora
ti sei
calmato, Konohamaru?”
Il piccolo
rispose con un sorriso raggiante.
“Sì, nonno!
Sai una cosa? Sono proprio contento che tu mi hai portato qui a vedere
quella
pietra!”
L’Hokage
sospirò. “Konohamaru, devi dire: sono proprio
contento che tu mi abbia portato
qui a vedere quella
pietra! Ogni giorno che passa perdo sempre più fiducia nei
metodi
d’insegnamento di Ebizu…”
“Ehilà,
ciao!”, esclamò all’improvviso il
bambino, staccando la sua mano da quella del
nonno e correndo come un matto verso due bambini. “Scusate il
ritardo, ma ero
con il nonno!”
“Ciao
Konohamaru! Era proprio ora che arrivassi!”,
borbottò una bella bimba dai
capelli arancioni, mentre l’altro, con i capelli castani a
scodella, gli
occhiali sul naso e lo sguardo insonnolito, annuì.
“Eh,
scusami Moegi…il mio nonnino mi ha fatto sapere che i miei
genitori erano due
grandi eroi di Konoha, lo sapete?”, disse Konohamaru, gli
occhi luminosi di
contentezza.
“Davvero?!”,
esclamarono all’unisono gli altri due, allungando in maniera
esorbitante la e.
Il bambino
fece sì con la testolina, ridacchiando fiero.
Quello
mezzo addormentato, guardando dietro l’amico, disse con voce
nasale: “Senti,
Konohamaru…tuo nonno è quello
là?”
L’altro
seguì il dito che l’occhialuto aveva steso, e che
indicava proprio il suo
nonnino, che si era appena seduto su una panca e che proprio in quel
momento li
salutava cordiale.
“Sì, è lui!
È il nonno migliore del mondo, sapete?”,
bisbigliò per farsi sentire solo dai
suoi amici , tutto fiero.
“Quello?!”,
esclamò disgustata Moegi,
guardando il vecchino che le sorrideva. “Mamma mia,
com’è rugoso e brutto! Sei
sicuro che non sia un barbone, Konohamaru?”
La risposta
dell’amica lasciò il bambino di sasso. Si
voltò a guardare l’uomo, che in quel
momento stava salutando alcune persone, e sentì crescere
dentro di sé la
rabbia.
Moegi, non
contenta, proseguì: “Insomma, guardalo! Per me non
ha nemmeno un dente…non ho
ragione, Udon?”
L’occhialuto,
fissando prima la bambina, poi Konohamaru, abbassò lo
sguardo, intimidito da
quella cattiveria gratuita.
“Io mi
vergognerei se fossi in te, Konoham…”
“Che ne sai tu?!”
Moegi
rimase di stucco: senza accorgersene, il bambino davanti a lei aveva
iniziato a
gridare, gli occhi lucidi di pianto.
“Lo conosci
meglio di me, per caso?”, sbraitò Konohamaru,
infuriato. “Per caso lui ti
saluta ogni mattina, ti porta a pranzo, a cena…ti da il
bacio della buonanotte?
Moegi, dimmelo!”
La bambina
sbiancò, anche lei sull’orlo di un pianto isterico.
“Tu non…non
sai niente del nonno…io sono l’unico abitante di
Konoha che lo conosce
davvero!”, continuò il bimbo, con il naso
gocciolante di moccio. “E tu non puoi
p-permetterti di dire quelle cose su di lui perché
io…io…”
Sentì sotto
le sue ascelle due mani rugose che lo sollevarono da terra, e si
ritrovò in
braccio all’Hokage.
“Su,
Konohamaru, su…calmati, ci sono qui io.”
Il bambino
chiuse gli occhi, tranquillizzato dai passi che il nonno faceva. Si
stavano
allontanando dal parco, da quell’antipatica di Moegi e da
Udon che non aveva detto
niente in difesa dell’uomo che in quel momento gli carezzava
la testa e lo
ringraziava.
Che strano,
pensò Konohamaru, chissà come mai anche la faccia
del nonno è bagnata…
Questa
tenera domanda e tutte le lacrime che cadevano sul volto di quel
bambino e di
quel vecchio vennero inghiottite dal buio.
Nei
giardini che nessuno sa,
quanta vita si trascina qua,
solo acciacchi, piccole anemie.
Siamo niente senza fantasie.
Nda
Cielo, questo capitolo è davvero angosciante. Me ne rendo conto solo ora. °°
Chiedo perdono per l'immenso ritardo di questo capitolo, ho troppi impegni in questo periodo. >>'
Piccola specificazione: i genitori di Konohamaru e il padre di Iruka (quel Kanko lì, insomma xD) sono miei OC, dal momento che non si sa pressochè niente su di loro. Certo, si sa che i genitori di Iruka morirono durante l'attacco di Kyuubi...ma il povero Konohamaru?
Mah. Quel bambino è perseguitato dalla sfiga. >>
Passiamo ai ringraziamenti ^^
Rinalamisteriosa: ...TU? Tu che commenti una MIA storia?! Oh Cielo d'Alcamo. °///°
Anch'io adoro 'Nei giardini che nessuno sa': è una canzone davvero triste, ma che mi piace cantare spesso. E l'ho sempre associata ai 'vecchi' di Naruto - all'inizio avevo intenzione di parlare di Jirayia, pensa. xD
Io amo il personaggio di Hababi, proprio tanto. E non so nemmeno perchè.
Comunque sia, penso che sia molto diversa da Hinata. Molto diversa. So che qui non si nota per nulla - era la prima volta che le davo un ruolo così importante - , però sto scrivendo una Long in cui è molto ma molto ma molto ma molto ma molto ma molto più str...ehm, cattivella. ^^'
Grazie mille per i complimenti, davvero. Quando ho visto il tuo commento mi brillavano gli occhi. *_*
So che questo capitolo è davvero molto angosciante, comunque spero ti sia piaciuto.
A presto e grazie! Un bacio <3
MiCin (ovvero AngelEcate, ma
vabbè xD): cara Nee, mi sto stufando a
ringraziarti di tutte le recensioni che mi lasci xD
No scherzo, le adoro. <3
Guarda, se ti faccio diventare
KonoHana-dipendente, ti faccio una statua d'oro.
Ah, e ti scrivo anche una SasuTen. xD
A presto, Nee. E grazie ancora. <3
Ringrazio anche tutti coloro che hanno messo la storia tra i preferiti, tra le seguite o che ha letto e basta.
Ogni critica sarà ben accetta, così come ogni commento. ^^
Al prossimo - e ultimo - capitolo!
Vale