Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: valehina    27/10/2009    2 recensioni
Cadde un silenzio tombale. I due genin si fissarono a lungo negli occhi, cercando la risposta uno negli occhi dell’altra. Il bianco dentro il nero, il nero dentro il bianco.
Il ragazzo, quasi involontariamente, sollevò la mano libera e carezzò il nome di suo nonno, sulla roccia.
Sarutobi Hiruzen.
In quel momento entrambi capirono.
[KonoHana, lievissimo accenno NaruHina]["Nei giardini che nessuno sa", Laura Pausini]
Prima classificata e vincitrice del Premio Originalità al contest "SongFic...Naruto e la Pausini!" indetto da Krikke
Genere: Triste, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Konohamaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
A good deed 3

Cap. 3. Heroes’ Son

 

Nasconderti le nuvole
e quell'inverno che ti fa male.
Curarti le ferite e poi,
qualche dente in più per mangiare.
E poi vederti ridere,
e poi vederti correre ancora.
Dimentica, c'è chi dimentica
distrattamente un fiore una domenica
e poi... silenzi.

Hanabi si era svegliata presto, quel giorno.
Inizialmente, mentre faceva colazione nell’enorme cucina deserta, non capiva il motivo di quel senso di colpa misto a una tristezza che non provava da tantissimo tempo.
Si riscosse un poco quando Neji entrò nella stanza.
“Buongiorno, Hanabi…”, mormorò lui, avvicinandosi al tavolo dove sedeva la dodicenne.
“Ciao, Neji…”, borbottò in risposta, la bocca piena di biscotti. Sapeva che era maleducazione parlare a bocca piena, ma sinceramente in quel momento non le importava.
Il cugino sembrò ignorare la maleducazione della ragazzina, perché, dopo aver afferrato una ciotola che stava su una mensola, si sedette davanti a lei, la solita espressione di ogni Hyuga, e le chiese di passargli il latte.
I due mangiarono in silenzio, come al solito. Neji non era il tipo di persona con cui chiacchierare amabilmente, Hanabi lo sapeva bene.
Tuttavia, gli domandò: “Neji, sai dov’è Hinata?”
Il ragazzo rispose, dopo aver finito il suo latte: “Si è svegliata molto presto, stamani. Mi ha detto che sarebbe andata ad aiutare Sakura con i preparativi.”

Preparativi?
“Scusa, Neji…preparativi per cosa?”, domandò Hanabi, poggiando la tazza mezza vuota sul tavolo.
Il ragazzo la fissò, lievemente stupito. “Dovreste ricordare, Hanabi. Dopotutto, avevate sette anni…”
La ragazzina iniziò a stizzirsi: non sopportava quando non le veniva svelato subito qualcosa, ed era certa che se Neji non si fosse spicciato gli avrebbe tirato in testa gli ultimi residui di latte presenti nella sua ciotola.
“In questo giorno, circa cinque anni fa, Konoha è stata presa d’assalto da Suna. Proprio oggi si ricorda la morte del nostro terzo Hokage, Sarutobi Hiruzen, Hanabi.”, disse Neji, duro e schietto.
Alla cugina mancò il fiato: in quello stesso momento, l’immagine di un bambino dall’aria sbruffona e un sorriso accattivante si presentò nella sua mente.

Konohamaru.
Hanabi rimase di sasso per qualche secondo, mentre Neji si alzò e ripose la tazza sporca nel lavello.
“Ora perdonatemi, ma devo raggiungere TenTen per gli allenamenti. Vi auguro una buona giornata, Hanabi.”
Detto questo, se ne andò, lasciando la cugina a combattere con i fantasmi del passato.
Nella grande cucina vuota cadde un silenzio di tomba.
Un silenzio carico di sorpresa, stupore.
Perché Hanabi, nonostante tutto, non aveva dimenticato quel giorno.
Perché in quella domenica di tanti anni fa aveva compreso di poter essere se stessa, senza aver paura degli altri.
Perché là, in quel lontanissimo 27 marzo, aveva capito cos’è l’amicizia. E l’affetto.
Tutto questo, in un silenzio.

 
E poi... silenzi..
Silenzi
...

Non sapeva nemmeno dove l’avessero sepolto.
Questo era un piccolo particolare che Konohamaru non aveva mai tenuto in considerazione.
Ogni anno si riprometteva di scoprirlo, di venire a sapere dove il suo nonnino riposava in eterno.
Ogni anno si dimenticava.
Perciò era lì. Come sempre, in quel giorno.
La lapide commemorativa, incisa quasi completamente con i nomi dei grandi eroi di Konoha, si stagliava di fronte a lui. Era consumata, si vedeva a occhio nudo.
D’altronde era lì da più di sedici anni, e tutti, prima o poi, erano stati costretti a fargli una visita e a piangervi sopra.
Era il turno di Konohamaru, ora.
Il ragazzino si avvicinò alla pietra, posando la fionda nuova nella borsa logora e ponendola sotto di questa, come fosse un dono.
Si inginocchiò per mettere a fuoco i nomi dei grandi ninja deceduti per il Villaggio della Foglia. Li lesse mentalmente, pregando per loro.
Come ogni anno, un moto di stizza lo invase quando terminò di leggere.
Il nome di suo nonno non c’era.
Sapeva che tutti a Konoha lo consideravano più di un eroe, tuttavia avrebbe voluto avere la testimonianza di quanto loro tenessero a lui.
Perché il suo nonnino ci teneva, a loro.

 
 

“Nonno…”
“Sì, Konohamaru?”
“Perché siamo qui?”, chiese il bambino, dopo un attimo di incertezza.
Erano nel parco di Konoha. Konohamaru era inizialmente entusiasta: pensava che il nonno lo portasse a giocare, e per questo aveva invitato anche Moegi e Udon, due suoi nuovi amici, per giocare ai ninja e tendergli delle imboscate.
Invece, quando l’uomo lo aveva condotto lontano dal punto di ritrovo dei tre amici, in mezzo al boschetto del parco, era rimasto deluso.
Non capiva cosa avrebbe potuto fare con quella pietra obliqua che stava lì, immobile. Come qualsiasi altra pietra.
Eppure il nonnino sembrava tenere molto a quel masso, perché gli si avvicinò e la carezzò.
“Vieni qui, Konohamaru.”, aveva detto, invitandolo con una mano a venire più vicino a lui.
Il bimbo obbedì. Non appena si avvicinò, il nonno gli spinse con forza la testa verso il basso, per farlo inginocchiare.
“Ahia…”, bisbigliò il bambino, sbuffando.
“Leggi i nomi che sono incisi qui sopra, per favore.”, disse il nonno, con un sorriso dolce. “Capirai quanto questo inutile masso sia importante per Konoha e per tutti noi. Anche per te.”
Il bambino iniziò a leggere, imbarazzato: non capiva ancora come suo nonno riuscisse sempre a leggere i suoi pensieri.

 

Uchiha Obito.
Konohamaru sbadigliò: era più di un’ora che leggeva quei nomi, inginocchiato sui fiori che avvolgevano tutto il perimetro della pietra.
Umino Kanko.
Probabilmente Moegi e Udon si stavano chiedendo dove fosse finito.
Sarutobi Sanjiro.
Non voleva certo fare una brutta figura con i suoi due nuovi…
Konohamaru spalancò gli occhi. Poi tornò al nome che aveva appena letto.

Sarutobi Sanjiro.
Il bambino sbiancò, gli occhi iniziarono a pungere.
Sotto Sanjiro, un altro nome da lui ben conosciuto.

Enoki Nayoko in Sarutobi.
Konohamaru sentiva le lacrime scendere sulle guance, ma non si preoccupò di fermarle.
Sanjiro e Nayoko. I suoi genitori erano su quella lapide.
Scoppiò a piangere. Il corpicino del bambino era talmente scosso dai tremiti che dovette aggrapparsi alla lapide –era una lapide, l’aveva capito anche senza conoscere il termine “lapide”- per non cadere.
Il nonno, che era rimasto in piedi accanto a lui per tutto il tempo, prese il bambino in braccio e lo abbracciò.
“Nonno…nonno…mamma e papà sono…sono…”, balbettò Konohamaru, incapace di dire altro.
“Shhh, Konohamaru. Tranquillo, tranquillo. E scusami, piccolo.”
Il bambino si rizzò, tenendo le mani sulle spalle dell’uomo in modo da fissarlo in viso. Le lacrime scendevano ancora.
“S-scusarti, nonno?”
L’uomo annuì, intristitosi. “Sì, Konohamaru. Scusarmi perché sono un vecchio stolto e insensibile che non ha mai rivelato al suo unico nipote che i suoi genitori sono due eroi di Konoha.”
Il piccolo lo guardò a lungo, gli occhi sgranati pieni di lacrime. Poi abbracciò stretto stretto il nonno.
“Nonno…tu non devi scusarti. S-so quello che pensavi, che ero piccolo quando se ne sono andati, e che n-non potevo capire,  c-che…”
“Shhh, Konohamaru, shh. Ora tranquillizzati, c’è qui il nonno con te. Ci sono io con te…”

 

 

Sei anni dopo, in quello stesso posto, lo stesso bambino era cresciuto.
Era un ragazzo ormai. Però piangeva, perso nei dolorosi ricordi.
E non c’era nessuno a consolarlo.
L’unica persona che potesse farlo era proprio quella per cui stava piangendo.

 

Nei giardini che nessuno sa
si respira l'inutilità,
c'è rispetto e grande pulizia,
è quasi follia.
Non sai come è bello stringerti,
ritrovarsi qui a difenderti,
e vestirti e pettinarti sì,
e sussurrarti non arrenderti.

 
”Allora ti sei calmato, Konohamaru?”
Il piccolo rispose con un sorriso raggiante.
“Sì, nonno! Sai una cosa? Sono proprio contento che tu mi hai portato qui a vedere quella pietra!”
L’Hokage sospirò. “Konohamaru, devi dire: sono proprio contento che tu mi abbia portato qui a vedere quella pietra! Ogni giorno che passa perdo sempre più fiducia nei metodi d’insegnamento di Ebizu…”
“Ehilà, ciao!”, esclamò all’improvviso il bambino, staccando la sua mano da quella del nonno e correndo come un matto verso due bambini. “Scusate il ritardo, ma ero con il nonno!”
“Ciao Konohamaru! Era proprio ora che arrivassi!”, borbottò una bella bimba dai capelli arancioni, mentre l’altro, con i capelli castani a scodella, gli occhiali sul naso e lo sguardo insonnolito, annuì.
“Eh, scusami Moegi…il mio nonnino mi ha fatto sapere che i miei genitori erano due grandi eroi di Konoha, lo sapete?”, disse Konohamaru, gli occhi luminosi di contentezza.
“Davvero?!”, esclamarono all’unisono gli altri due, allungando in maniera esorbitante la e.
Il bambino fece sì con la testolina, ridacchiando fiero.
Quello mezzo addormentato, guardando dietro l’amico, disse con voce nasale: “Senti, Konohamaru…tuo nonno è quello là?”
L’altro seguì il dito che l’occhialuto aveva steso, e che indicava proprio il suo nonnino, che si era appena seduto su una panca e che proprio in quel momento li salutava cordiale.
“Sì, è lui! È il nonno migliore del mondo, sapete?”, bisbigliò per farsi sentire solo dai suoi amici , tutto fiero.
Quello?!”, esclamò disgustata Moegi, guardando il vecchino che le sorrideva. “Mamma mia, com’è rugoso e brutto! Sei sicuro che non sia un barbone, Konohamaru?”
La risposta dell’amica lasciò il bambino di sasso. Si voltò a guardare l’uomo, che in quel momento stava salutando alcune persone, e sentì crescere dentro di sé la rabbia.
Moegi, non contenta, proseguì: “Insomma, guardalo! Per me non ha nemmeno un dente…non ho ragione, Udon?”
L’occhialuto, fissando prima la bambina, poi Konohamaru, abbassò lo sguardo, intimidito da quella cattiveria gratuita.
“Io mi vergognerei se fossi in te, Konoham…”
Che ne sai tu?!”
Moegi rimase di stucco: senza accorgersene, il bambino davanti a lei aveva iniziato a gridare, gli occhi lucidi di pianto.
“Lo conosci meglio di me, per caso?”, sbraitò Konohamaru, infuriato. “Per caso lui ti saluta ogni mattina, ti porta a pranzo, a cena…ti da il bacio della buonanotte? Moegi, dimmelo!”
La bambina sbiancò, anche lei sull’orlo di un pianto isterico.
“Tu non…non sai niente del nonno…io sono l’unico abitante di Konoha che lo conosce davvero!”, continuò il bimbo, con il naso gocciolante di moccio. “E tu non puoi p-permetterti di dire quelle cose su di lui perché io…io…”
Sentì sotto le sue ascelle due mani rugose che lo sollevarono da terra, e si ritrovò in braccio all’Hokage.
“Su, Konohamaru, su…calmati, ci sono qui io.”
Il bambino chiuse gli occhi, tranquillizzato dai passi che il nonno faceva. Si stavano allontanando dal parco, da quell’antipatica di Moegi e da Udon che non aveva detto niente in difesa dell’uomo che in quel momento gli carezzava la testa e lo ringraziava.
Che strano, pensò Konohamaru, chissà come mai anche la faccia del nonno è bagnata…
Questa tenera domanda e tutte le lacrime che cadevano sul volto di quel bambino e di quel vecchio vennero inghiottite dal buio.

 
Nei giardini che nessuno sa,
quanta vita si trascina qua,
solo acciacchi, piccole anemie.
Siamo niente senza fantasie.

Nda

Cielo, questo capitolo è davvero angosciante. Me ne rendo conto solo ora. °°

Chiedo perdono per l'immenso ritardo di questo capitolo, ho troppi impegni in questo periodo. >>'

Piccola specificazione: i genitori di Konohamaru e il padre di Iruka (quel Kanko lì, insomma xD) sono miei OC, dal momento che non si sa pressochè niente su di loro. Certo, si sa che i genitori di Iruka morirono durante l'attacco di Kyuubi...ma il povero Konohamaru?

Mah. Quel bambino è perseguitato dalla sfiga. >>

Passiamo ai ringraziamenti ^^

Rinalamisteriosa: ...TU? Tu che commenti una MIA storia?! Oh Cielo d'Alcamo. °///°

Anch'io adoro 'Nei giardini che nessuno sa': è una canzone davvero triste, ma che mi piace cantare spesso. E l'ho sempre associata ai 'vecchi' di Naruto - all'inizio avevo intenzione di parlare di Jirayia, pensa. xD

Io amo il personaggio di Hababi, proprio tanto. E non so nemmeno perchè.

Comunque sia, penso che sia molto diversa da Hinata. Molto diversa. So che qui non si nota per nulla - era la prima volta che le davo un ruolo così importante - , però sto scrivendo una Long in cui è molto ma molto ma molto ma molto ma molto ma molto più str...ehm, cattivella. ^^'

Grazie mille per i complimenti, davvero. Quando ho visto il tuo commento mi brillavano gli occhi. *_*

So che questo capitolo è davvero molto angosciante, comunque spero ti sia piaciuto.

A presto e grazie! Un bacio <3

MiCin (ovvero AngelEcate, ma vabbè xD): cara Nee, mi sto stufando a ringraziarti di tutte le recensioni che mi lasci xD
No scherzo, le adoro. <3

Guarda, se ti faccio diventare KonoHana-dipendente, ti faccio una statua d'oro.
Ah, e ti scrivo anche una SasuTen. xD

A presto, Nee. E grazie ancora. <3

Ringrazio anche tutti coloro che hanno messo la storia tra i preferiti, tra le seguite o che ha letto e basta.

Ogni critica sarà ben accetta, così come ogni commento. ^^

Al prossimo - e ultimo - capitolo!

Vale

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: valehina