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Autore: Bellis    29/10/2009    1 recensioni
Il celebre investigatore di Baker Street si trova alle prese con un mistero che lo trascinerà nel profondo di torbide acque, un abisso che affonda le sue radici negli oscuri eventi del suo passato. Riuscirà Watson a far luce su un enigma che coinvolge tanto gravemente lo stesso suo amico? Come potrà Mycroft Holmes essere d'aiuto?
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao Bebbe! Grazie per la stupenda recensione! E... *ah-ehm*.... vedo che hai già compreso la gravità della situazione. In questo capitolo ancora i giochi non sono iniziati, tuttavia... quella dell'uscita a Londra si rivelerà una stupenda trappola, sì. E non ti dico altro, se non che le tue deduzioni sono corrette come sempre.
Volevo anche in questa sede scusarmi (oh, bene, sembro proprio uno di quegli accademici dalla retorica pesante) per il mio commento "tra le righe" sui fratelli maggiori: in realtà ti assicuro che la mia simpatia va tutta a Mycroft, in questi casi. Sherlock non deve essere stato un ragazzino molto tranquillo :P Ma già conosci la mia opinione in riguardo, non è vero?
Ah, avvertimento: altri riferimenti espliciti a CHAS. Non riesco a evitarlo, ghgh

Adesso, presto! Saltiamo al...

Capitolo XII - Prima della battaglia

Giunsi sul confine tra il sonno e la veglia al lieve rumore di un sussurro lontano. La mia immaginazione aveva rievocato molti dei fantasmi che avevano accompagnato gli anni precedenti della mia vita, ed ero stato forzatamente riportato nelle piane desolate delle Colonie ove avevo prestato servizio in guerra. Avevo veduto i miei compagni nuovamente straziati dal fuoco nemico, abbattuti da una tempesta senza fine, come navi rinchiuse in un porto straniero, disalberate e indifese, di fronte al vento sgarbato: e mi pareva d'essere ritornato nella tenda ospedale dell'accampamento Britannico, dove, affrante, mille voci mormoravano, profetizzando la disfatta del giorno seguente, piangendo i loro cari, confortando i feriti.

"Spero che tu sappia quello che fai." bisbigliò uno, con accento di sconforto.

"Andrà tutto bene, Mycroft." rispose quietamente un secondo. "Ma non posso tirarmi indietro. Non questa volta."

"Inutile per me cercare di convincerti a desistere." ritornò il primo, e pareva più vecchio che mai.

Tutto ciò mi indusse a pensare che vi fosse qualcos'altro, oltre quel mondo da incubo, e mi spinse a cercare una via d'uscita dall'onirica disperazione. Dischiusi le palpebre, pregando accoratamente che quell'irreale scenario consistesse solo in una allucinazione: fui esaudito, e repressi a malapena un sospiro.

Questo lieve movimento fu sufficiente perchè Sherlock Holmes notasse che ero sveglio, e facesse capolino da dietro la massiccia sagoma del suo fratello maggiore, in piedi accanto alla finestra.

"Ah, Watson. L'abbiamo svegliata." esclamò il mio amico, mentre mi raddrizzavo sul divano e cercavo di rassettare alla meglio il soprabito rigato dal mio peso, trovandomi peculiarmente avviluppato in una coperta leggera.

"Vedo che anche lei a volte afferma l'ovvio, amico mio." replicai, ben contento che la nebbia dell'Afghanistan e dell'India si fosse dissipata dalla mia vista. "Buon giorno, signor Holmes." salutai educatamente il funzionario governativo.

Avvicinandomi alla mensola del caminetto, presi in mano l'orologio, e mi accorsi che in realtà il mio coinquilino mi aveva lasciato dormire per ben più delle tre o quattro ore di sonno che avevo pensato di concedermi. Erano quasi le due di pomeriggio.

"Dottore," fece Mycroft, chinando il capo canuto, e sorridendo bonariamente nella mia direzione, "Sherlock è stato lesto a informarmi delle informazioni da lui raccolte con la posta del mattino, così ho pensato di farvi visita non appena concluso l'orario di lavoro."

"E hai fatto bene, fratello mio." approvò il più giovane, lanciandomi un'occhiata e scoprendo la lavagna, ancora densa delle iscrizioni apportate da lui e me durante la notte. "Giacchè abbiamo necessità del tuo ausilio. Non ci sarebbe possibile addentrarci nella proprietà di Cardside, senza di esso."

Mycroft aggrottò le sopracciglia, prendendo posto sulla poltrona del fratello. Io appoggiai il cronometro, portando la mia attenzione sull'investigatore. Holmes scrutò pensosamente la mappa da noi costruita, avvicinando la punta dell'indice alle labbra.

Potrebbe risultare difficile, a questo punto, seguire le sue spiegazioni senza l'ausilio di un disegno. Perciò, ho realizzato una piccola copia dello schizzo impresso sulla lavagna rettangolare, anche se non si può sperare di raggiungere i livelli di precisione del celebre detective: il lettore potrà trovarla allegata a questo resoconto [1].

"Il problema che si è posto riguarda in modo stretto la tempistica della spedizione." esordì il mio amico, percorrendo con gli occhi attenti la superficie nera. "Come potete notare, nella proprietà è presente un edificio che contiene il maneggio personale di Cardside ed il canile. E' proprio qui, a nord-ovest della villa." puntualizzò, indicando il punto - leggermente a sinistra dell'abitazione - con le dita affilate. "Ora, sappiamo per certo che il maniscalco rimane nelle stalle a svolgere la sua mansione fino alle dieci e mezza di sera."

"Quindi?" chiesi, confuso.

Holmes si avvicinò a me, poggiandomi una mano sulla spalla e sospingendomi verso la lavagna, perchè osservassi meglio, "Vede, Watson, l'edificio adibito a stalla è praticamente a ridosso dell'ufficio di Cardside, dell'area nella quale dovremmo introdurci. Qualsiasi minimo rumore, o luce, attirerebbe fatalmente l'attenzione del lavorante."

"Attendiamo che se ne sia andato, allora." gli suggerii, allargando le braccia.

"Giusto. Ma il ritorno del padrone è previsto per le undici. Vede il problema, amico mio," crollò il capo, "questa strategia ci lascerebbe troppo poco, per la perquisizione. Abbiamo bisogno di più tempo, ed è Mycroft che può garantircelo."

Sconcertato, mi voltai verso il più anziano.
"Dato che non posso far nulla per allontanare quello sfortunato maniscalco prima del tempo, suppongo che tu intenda far ritardare il rientro a casa di Thomas Cardside." brontolò quello, accomodandosi meglio sulla sedia.

Con un sorrisetto, Holmes annuì, "E' proprio quel che avevo in mente."

Le iridi acquose del suo interlocutore assunsero una sfumatura di astrazione e di concentrazione ancora più profonda ed accentuata del solito.
"Sai almeno in quale club si deve recare?" questionò, ma quasi subito agitò una mano, come a tagliar corto, "Se lo sapessi, me lo avresti già detto. Ma non importa, non importa. Troverò da solo questo dettaglio."

"Grazie, Mycroft." fece il fratello minore, pianamente.

L'altro accennò un breve sorriso velato dal timore, "Adesso," gracchiò, spostando lo sguardo dal mio amico a me, "spiegatemi come pensate di raggiungere il vostro folle obiettivo."

Io e Holmes ci scambiammo uno sguardo complice.

"Il primo punto che abbiamo considerato è stato quello essenziale di penetrare all'interno della cinta muraria." iniziai io, "Utilizzare il cancello principale non ci è sembrata la soluzione più logica, dal momento che è sorvegliato, quando viene lasciato aperto. Suo fratello mi ha fatto presente che le mura di mattoni che circondano l'appezzamento sono piuttosto alte e ben protette, ma non invalicabili. Perciò, all'inizio abbiamo pensato di scavalcarle, con l'ausilio di una corda che avremmo ancorato alle inferriate soprastanti.

"Il punto migliore dove effettuare questa operazione sarebbe stato certamente il lato nord, dove la boscaglia è più fitta. Inoltre, ci avrebbe permesso di avvicinarci direttamente all'ala disabitata della villa." indicai sulla lavagna il punto preciso, "Tuttavia, quel lato delle mura è troppo prossimo alle Stalle." continuai, con una smorfia di disappunto, "E non possiamo fare assoluto affidamento sull'ora di allontanamento del maniscalco."

"Ed il settore a nord-est?" inquisì Mycroft, sorreggendo il mento con una mano grassoccia.

"Troppo vicino all'appartamento riservato alla servitù."

"Fatemi capire." con uno sbuffo l'uomo sollevò la sua notevole mole e ci raggiunse, "Quali stanze verranno lasciate vuote, domani sera?"

"Il salotto, la sala da ricevimento, e lo studio." elencò a raffica il mio amico, indicando uno dopo l'altro i rettangoli corrispondenti, "Tutti e tre sono a piano terra, e sono quelli che ci interessano."

Il funzionario di Whitehall aveva prelevato un gesso e stava tratteggiando leggermente le aree menzionate dal fratello, "Hm." esalò, "In effetti, ha ragione, Dottore. Troppo vicino." i suoi occhi chiari saettarono dall'uno all'altro di noi. "Dalla vostra espressione potrei dedurre che avete già una soluzione a questo problema."

Anche Holmes mi stava guardando, divertito. "Il cancello laterale." risposi subito, allungando una mano e picchiettando il dito sulle linee poste a definire la sua posizione, "Suo fratello mi ha raccontato che la serratura non viene mai chiusa, ed al suo posto è presente una catena con lucchetto, che lui sarà sicuramente in grado di forzare. Con un po' di fortuna, potremo utilizzarlo sia all'andata che al ritorno." sorrisi, soddisfatto.

Mycroft tentennò il capo, "Ammesso che non siate scoperti." precisò, "In quel punto gli alberi sono radi, e per raggiungere lo studio dovrete passare dal retro - il che implica costeggiare le stanze dei domestici - oppure dall'ingresso principale - impraticabile."

"Seguiremo il profilo del bosco fino a trovarci esattamente di fronte al salotto." il mio bizzarro camerata tracciò una linea a simboleggiare il nostro ipotetico cammino, "Esso ha una finestra che dà sul retro, e comunica internamente con lo studio. Impiegherò pochi minuti a disallineare i cardini. Una volta all'interno, i giochi ormai saranno fatti."

"Dovrete usare la massima cautela, e trovare il modo di celarvi allo sguardo di chiunque possa avvicinarsi troppo a voi."

L'investigatore rise silenziosamente, alla genuina preoccupazione del congiunto. Si lasciò cadere sulla poltrona, accanto al fuoco, e distese il braccio verso il tavolino antistante, afferrando il violino e portandoselo alla spalla, "Saremo attenti, fratello mio. Non sarà come nel caso Milverton: questa volta, il padrone di casa sarà assente, e la casa semideserta." iniziò ad accordare lo strumento, con una tranquillità che conoscevo bene come il preludio all'energica impresa che ci attendeva.

"Ah!" esclamò a gran voce Mycroft, "Così eravate coinvolti nell'assassinio di Charles Augustus Milverton!"

Mi schiarii la voce, "Non direttamente." gli spiegai in fretta, "E comunque, Holmes, quella volta, se non fosse stato per le indicazioni della sua Aggie..."

"Aggie?" domandò incredulo il fratello maggiore.

Il detective mi scoccò una palese occhiata d'avvertimento, puntandomi contro l'archetto, "Ho raccolto accuratamente informazioni ora come allora, Watson."

L'altro Holmes si passò una mano sulla fronte, scuotendo il capo lentamente. In certi lati del suo carattere, l'assennato e saggio Mycroft si discostava completamente dal più attivo Sherlock, le cui facoltà mentali erano incapaci di rimanere in stato di inattività per più di una settimana. L'intelletto di entrambi era acuito e vivido: ma, essendo stato fratello minore anch'io, e rammentando quanta pazienza il primogenito mi avesse dedicato, mi trovai a riflettere sulla mole d'impegno e di lavoro che il più giovane Holmes doveva aver dato al maggiore, quando erano ragazzi e trascorrevano i loro giorni nella campagna del Sussex.

Il mio amico si era immerso nella parte per violino di una sonata di Mozart, o almeno, tra gli spezzoni scoordinati che suonava, mi sembrava di riconoscere uno dei melodici e orecchiabili motivi di quella composizione.

Sentii bussare delicatamente alla porta, e mi affrettai ad aprirla. Era la signora Hudson, col vassoio del tè in mano. Si rivolse gentilmente a Mycroft chiedendogli se avesse voluto anche lui una tazza dell'infuso caldo e zuccherato, al che quello dichiarò di essere atteso al Diogenes e lasciò l'appartamento dopo la dovuta sequenza di cerimoniosi saluti.

Il pomeriggio passò lemme lemme, con la nebbia che si infiltrava nelle fessure dei vetri, appannando le finestre, mentre il fuoco crepitava allegramente nel focolare, placido e tranquillo, scandendo col suo scoppiettare lo scorrere incessante ed estenuante dei secondi, dei minuti, delle ore, che passavano con lena svogliata e senza fretta alcuna, minacciando di far crollare i nervi di Holmes e di far perdere a me quel pizzico di temperanza che mi era rimasta.

Fino alle sei, il mio amico se ne rimase raggomitolato in poltrona, punteggiando con stridii ed indefinibili suoni acuti ogni sforzo che facevo per dominare l'agitazione e concentrarmi sull'annotazione dei fatti accaduti in quegli ultimi giorni. Alle sette, con la candela accesa ed un lapis in mano, ero ancora chino sulla mia scrivania, ma il detective aveva gettato il suo strumento sul divano e si era messo a percorrere il nostro salotto avanti e indietro, ad ampie falcate, le sopracciglia aggrottate e i lineamenti tesi.

Si bloccò di fronte alla rastrelliera delle provette che teneva sul tavolo con l'armamentario chimico, iniziò a riordinarle - facendo tintinnare appositamente la vetreria, ne sono certo - con la maniacale cura che rivelava in quale tumulto si trovasse il suo animo.

Ritornò al divano, lanciando cuscini da una parte e coperte dall'altra, e rischiando che il prezioso violino finisse a sfasciarsi sulla pelle d'orso. Con le spalle incurvate, sbirciò fuori dal vetro, sibilando tra sè non so quale commento su uno dei passanti che, a suo dire, aveva trascorso le ultime tre ore sperduto nelle vie della City, era stato bagnato dagli schizzi sollevati da due carrozze e aveva mancato la coincidenza per l'ultimo treno da Euston Station.

Mordicchiai l'estremità posteriore della matita, tentennando il capo. Infine decisi di intervenire. "Ha già smesso di suonare, amico mio?" chiesi, con una vena di amarezza. "Speravo che potesse farmi sentire quel nuovo brano di Mendelssohn di cui ha appena acquistato lo spartito."

Scrollò le spalle, apparentemente indifferente a questa richiesta.
Ciò nonostante, vidi che il suo contegno aveva subìto un sottile cambiamento. La postura era più eretta, e un evidente elemento distrattore lo aveva distolto dai suoi cupi rimuginamenti. Ben presto si avvicinò alla propria scrivania e sfilò da una pila di libri e fogli vari il fascicoletto da me citato - facendo collassare il resto dei documenti.

Riprese l'abbandonato strumento, regolò il peso sul metronomo stringendone il morsetto [2], fece oscillare l'asticella ed iniziò a suonare, non frammenti di esasperazione e noia, ma i coinvolgenti e dirompenti legato del musicista tedesco, che si susseguivano con una fluidità uniforme, mentre gli occhi dell'austero investigatore correvano, seguendo il linguaggio delle note e degli accenti; le infinite linee del pensiero confluivano nel torrente di quella strofa, di quel momento, così distanti dalla loro astratta meta comune - eppure così vicine tra loro, così concordi.

Mi accorsi a un certo punto che l'attenzione di Holmes non era più sulla carta di fronte a sè, eppure i suoni erano armoniosi, ed il suo sguardo chiaro conteneva quell'inconfondibile scintilla di lucidità, di genialità, che gli vedevo solo quando utilizzava le sue facoltà al massimo. Continuò a suonare, ed io, passeggiando silenziosamente, mi soffermai accanto al metronomo, e ne arrestai il perpetuo movimento.

Il tempo non variò minimamente, marcato dagli ingranaggi del suo formidabile cervello, ed io capii che l'attesa sarebbe stata meno sfibrante e più costruttiva di quanto avessi potuto immaginare.
Thomas Cardside non avrebbe avuto speranze di sfuggire alla legge, se Sherlock Holmes fosse riuscito a conservare appieno la padronanza del proprio intelletto.

Ripetei all'infinito il nostro piano, quella notte, sotto la guida severa e correttrice del mio amico, e scoprii ben presto che i dettagli, immediatamente catalogati e compresi da lui, dovevano essere assorbiti più lentamente dalla mia memoria. All'alba del giorno seguente, comunque, eravamo entrambi pronti; tuttavia, lungi dal poter trovare anche solo un poco di quella serenità di cui avremmo avuto bisogno per dormire, rimanemmo desti sino all'ora di partenza del treno per Maidstone.

Mentre la campagna del Sussex ci accoglieva nei suoi colori freschi e quasi primaverili, e la brina si stendeva nei campi illuminati dalla fioca luce del tardo pomeriggio, sorpresi il mio pensiero ad intraprendere quelle medesime strade di pessimismo e scoramento che tante volte avevo rimproverate ai miei commilitoni, negli accampamenti coloniali. Sperai con tutto il cuore che esse non fossero presagio di una letale e perigliosa realtà.
Incontrai lo sguardo di Holmes, e seppi che stavamo condividendo la stessa silenziosa supplica.


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[1] : Lo so, un collegamento ipertestuale all'interno di un racconto in stile Vittoriano non è proprio il massimo. Ma mi serviva di far vedere al Lettore una mappa, e non ho dimestichezza con le regole di inserimento delle immagini. E poi, non si sarebbe letto nulla. Quindi, Ti prego di perdonarmi per la scelta stilistica un po' azzardata, puoi seguire questo link per la mappa, oppure tornare su e cliccare sulla parola 'allegata'.

[2] : Ebbene, in effetti Watson non ci ha mai parlato di metronomi nell'appartamento di Baker Street, se non sbaglio. Tuttavia, trovo molto improbabile che un musicista, per quanto talentuoso, non possieda un metronomo. E poi, mi serviva per scrivere la metafora. Quindi. -- Torna SU

Note dell'Autrice
E finalmente, arriviamo al punto cruciale: saprà Holmes mantenere il suo sangue freddo? Riusciranno i nostri a compiere la loro pericolosissima missione, ingannando l'astuto e malizioso Thomas Cardside nel suo stesso territorio?
Ah, questa è una impresa che solo due Holmes possono compiere! Con l'essenziale aiuto di un leale e coraggioso Watson, ovviamente.
Cosa riserverà il futuro al celebre detective e al suo buon Boswell?
Lo saprai nel prossimo capitolo. Questo è stato l'ultimo spezzone noioso. Giuro.


   
 
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