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Autore: Ksanral    30/10/2009    1 recensioni
E se un nuovo bellissimo vampiro si aggiungesse ai Cullen, mandando all'aria il loro equilibrio?
E se nascondesse qualcosa che nessuno, né Edward, né Alice riescono a scoprire?
La fiction si colloca prima del diploma di Bella, perciò la battaglia con i neonati e gli eventi di BD non sono ancora avvenuti.
Capitolo 1: Prologo
Capitolo 2: Alexis
Capitolo 3: Grecia, 1499
Capitolo 4: Invito
Capitolo 5: Passeggiata
Capitolo 6: Color Sabbia
Capitolo 7: Giudizio
Capitolo 8: Rapimento
Capitolo 9: Complicità
Capitolo 10: Primeggiare
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Eclipse
Capitoli:
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A Grande richiesta ecco il nuovo capitolo!!




Capitolo 10 ~ Primeggiare

Il mattino dopo, quando il sole stava cominciando a compiere il suo corso, il ragazzo uscì dalla stanza e scese in salotto.
La casa aveva già ripreso vita, tutti i vampiri, tranne Edward erano lì. Alexis si avvicinò al tavolino, dove Emmett e Rosalie giocavano a poker, alle spalle della vampira.
«Lei ha una coppia di Re, amico…» suggerì con una risata divertita. Rosalie si voltò e lo fulminò con lo sguardo.
«Io ti odio!» sibilò, l’altro scrollò le spalle.
«Oh, Alexis! Ben svegliato!» augurò Alice, con la sua solita allegria. «Come hai passato la nottata?»
«Voglia un’altra stanza…» disse serio il ragazzo.
«Per quale motivo?» domando dolcemente Esme.
«Perché quei due fanno i piccioncini e mi fanno venire il voltastomaco… Dovevate sentirli!»
«Sei tu che sei un ficcanaso!» interruppe Rosalie.
«Non è colpa mia se ho un udito raffinato, dolcezza.»
«Rosalie…» ribatté lei a denti stretti.
«Credevo avessimo già chiarito questo punto…»
«Evidentemente non ti è ancora del tutto chiaro.»
«A me pare chiarissimo.» aveva un ghigno divertito sulle labbra.
«Ah sì?»
«Sì, è molto semplice… Io ti chiamo come voglio.» tutti scoppiarono a ridere a quella frase, tranne la vampira bionda.
Rosalie ringhiò e si avventò sull’ultimo arrivato, senza che agli altri fossero chiare le sue vere intenzioni, se volesse ucciderlo o fare finta. Alexis fu bravo a bloccarla, tenendole i polsi con le mani, ma Rosalie riuscì a liberarsi e provo un affondo, che fu nuovamente fermato.
«Ragazzi attenti ai mobili…» fu l’ammonimento di Esme.
I due si spostarono più al centro della sala, dove l’unico arredo vicino era il divano.
«Ti uccido!» ringhiò Rosalie scoprendo i denti.
«Certo, certo…» commentò l’altro, che si stava limitando a deviare i colpi e non a contrattaccare.
Rosalie tentò di buttarlo a terra, ma con una mossa esperta, Alexis riuscì a farle ruotare il braccio dietro la schiena e immobilizzarla. Quando fece notare di averla neutralizzata la lasciò andare, era chiaro che per lui era soltanto un gioco.
«Contrattacca!» ordinò frustrata Rosalie, rannicchiandosi pronta a balzare, mentre l’altro era del tutto rilassato e le rispose unicamente con un ghigno divertito. «Contrattacca!»
«Ti ucciderei se contrattaccassi, Rose.» fece serio «Sono più forte e più allenato di te. Io sono un assassino.» sputò l’ultima parola, calcandola con forza.
Rosalie saltò, pronta a prenderlo a calci nel vero senso della parola, ma Alexis riuscì a fermarla e farla cadere a terra con un tonfo sordo. «Contrattacca!»
Sembrava una cantilena stonata, ripetuta infinite volte. Alla fine il ragazzo si fece convincere, o meglio decise di darle una dimostrazione. Si fronteggiavano, uno di fronte all’altro, nella stessa posizione minacciosa, i denti scoperti e un ringhio basso. Giravano in tondo, come due pugili che si studiano, come due predatori a caccia della stessa preda. Poi come a un segnale occulto a tutti, entrambi scattarono verso l’altro. Il ringhio, più forte, si fuse in un unico suono insieme al rombo potente dei corpi che si scontrano, all’aria spostata violentemente e all’elettricità della tensione tra gli altri, pronti a scattare e intervenire. Quando il turbinio delle vesti finì, i due si ritrovarono di fronte, le mani di una in quelle dell’altro, in una prova di forza che non sembrava volesse avere un vincitore. L’adrenalina era quasi palpabile, entrambi spingevano per far perdere l’equilibrio all’altro. Erano in stallo.
Ma quel trambusto aveva svegliato la Bella addormentata, che comunque si sarebbe dovuta svegliare per tornare a casa. Insieme al suo principe-Ancora scese lentamente e assonnata le scale. Alexis dava loro le spalle, ma ciò non impedì al vampiro di respirare l’odore di sangue che si era propagato nell’aria. S’immobilizzò, inspirò a fondo, chiudendo gli occhi e si preparò a scattare. Mentalmente aveva calcolato la distanza dalla sua preda e la strategia per mettere fuori gioco l’Ancora e il metodo migliore per dissanguare quel succulento bocconcino che stava alle sue spalle, ignara della propria imminente fine. Ma aveva dimenticato una cosa: Rosalie.
Nel momento che seguì successero tre cose contemporaneamente: Edward si spostò per mettere se stesso tra Alexis e Bella e ringhiò minacciosamente, Alice urlò qualcosa di simile a un “NO!”, Rosalie, invece, approfittò della distrazione di Alexis per gettarlo a terra e immobilizzarlo con il proprio peso. Teneva le sue braccia bloccate al terreno, facendovi leva sopra. I denti scoperti erano a mezzo centimetro dalla gola di Alexis che capì di essere in trappola e s’immobilizzò per non rischiare di essere fatto letteralmente a pezzi.
«Non provarci neanche…» sibilò Rosalie. Sembrava più minacciosa del solito. Il gioco era finito.
«No! NO!» gemette Alexis, rendendosi conto di ciò che stava per fare.
«Stupido Edward! Prima accertati delle situazioni no? Poi la fai venire di sotto!» sbottò Alice, muovendosi con il suo passo leggero per andare incontro a Bella e prenderla, quasi di peso. «La porto a casa.» sentenziò e Alexis la sentì uscire. Pochi istanti dopo la Volvo si allontanò dalla villa. Stranamente il rombo del motore perdurò oltre le aspettative di Alexis. Il vampiro fu costretto immobilizzato, a terra, ancora per diversi minuti, senza capirne appieno il perché. Il motore continuava con il suo suono. “Che strano…” pensò “Dovrebbero essere già andate via a quest’ora”. Edward sbuffò. Alexis, istintivamente tentò di girare la testa verso l’altro, ma sentì i denti di Rosalie pungergli la gola. In quel momento il rombo cessò e capì. Non era il motore… era lui! Stava ancora ringhiando!
«Puoi lasciarmi ora, Rosalie…» sussurrò, ma la vampira non lo lasciò andare. «Non c’è più nessuno che posso attaccare qui! Voi non avete sangue!»
«Solo se ammetti la sconfitta…» mormorò la bionda, con il suo tono sarcastico-acido. Alexis alzò gli occhi al cielo.
«Potrei liberarmi di te in una sola mossa, baby, ma volevo essere gentile.» replicò e con un rapido movimento riuscì a invertire le posizioni, dopodiché si alzò e si scrollò i vestiti. Trasse un profondo respiro e alzò lo sguardo su Edward.
«Mi dispiace.» asserì secco. «Ho ceduto alla provocazione di Rosalie e abbassato la guardia. Non avrei dovuto.» Erano le migliori scuse che potesse mettere assieme. Era ferito nell’orgoglio per essersi trovato a un centimetro, anzi mezzo, dalla morte; per essere stato umiliato da una vampira “vegetariana” poco più che neonata e aveva fallito nel tentativo di resistere a quella bomba a orologeria che era quella piccola umana. Prima che Edward potesse rispondere o qualcun altro reagire, Alexis uscì nel bosco, correndo e un istante dopo si era lasciato dietro la casa. Aveva bisogno di correre, sentire la terra sotto i piedi e smettere di pensare. Non ci volle molto prima che la sua vista divenisse un unico campo verde. Correva parallelo al confine Quileute, anche se avrebbe volentieri sfidato una di quelle creature, ma aveva procurato abbastanza guai ai Cullen senza dover aggiungere una guerra.
Avrebbe potuto correre per tutto il giorno, per giorni interi senza fermarsi mai, ma a un certo punto lo fece. Quando il verde della foresta fu troppo confuso da provocargli un giramento di testa – sempre che questo fosse possibile in un vampiro – Alexis si fermò. Non sapeva dove si trovava, probabilmente aveva superato il confine del Canada, era circondato da alberi di diverse specie, querce, aceri, cedri. Ne scelse uno, quello con i rami più alti, più possenti e con il fogliame più folto e vi salì, spaventando gli uccelli che vi avevano fatto il nido.
Gli piaceva stare sugli alberi e guardare dall’alto il mondo, gli dava una sensazione di potere, ma gli piaceva anche guardare il cielo, in quel momento grigio.
Sembravano così lontani gli avvenimenti di Casa Cullen, non gli sembravano neanche successi quel giorno, quel mese, o quel secolo… Forse non era neanche realmente pentito, il suo piano per eliminare la piccola Bella era perfetto, il miglior piano che qualsiasi vampiro avrebbe mai progettato. Beh, poteva sempre tenerlo per la prossima volta…
“Se non posso avere lei… E non posso avere lei… Allora smetterò”.
Le sue stesse parole gli echeggiarono in mente come una maledizione. Chiuse gli occhi e sospirò, non era quello il momento di pensarci. Non era forse andato via per rilassarsi e non pensare?
Un suono.
Un rumore raggiunse le sue orecchie sovraumane, il rumore di passi in corsa. Il vento era contrario perciò non poteva sentire l’odore. Sicuramente erano passi troppo veloci per essere umani, ma Alexis si preparò comunque a difendersi, nel caso di ostilità.
Il passo rallentò, stava cercando una pista?
Il vento cambiò per una folata e portò l’intenso odore di Rosalie alle narici del vampiro sull’albero, che si rilassò e tornò a guardare il cielo plumbeo.
“Diciassette… Diciotto…” se non aveva sbagliato a contare erano venti i passi che li separavano, mentalmente sciorinava quelle cifre come un mantra, preparandosi alla discussione. “Diciannove…” in fondo aveva già vissuto quella scena, lui su un albero, lei ai suoi piedi, le braccia incrociate, il broncio come sempre…
Il ventesimo passo non arrivò… Al suo posto ci fu un salto, che permise a Rosalie di arrampicarsi sull’albero e raggiungere il ramo occupato.
«Straniero…» mormorò la bionda mentre si faceva scivolare di fronte a lui.
«Rosalie…» lo sguardo di Alexis era sempre rivolto al cielo. Che cosa avrebbe visto se avesse guardato la vampira? Rabbia? Rimprovero? Ribrezzo?
Il silenzio regnò sovrano per decine di minuti. I loro sguardi non s’incontrarono mai, finché uno dei due non riprese la parola.
«Cosa sei venuta a fare qui?» domandò Alexis.
«A scongiurare ogni pericolo…»
La risposta fu una risata senz’allegria. «Pericolo?» chiese sarcastico.
«Sì, pericolo.»
Fu allora che lo sguardo cremisi di Alexis si spostò repentino e infuriato sulla bionda e fu talmente impressionante che lei si mosse, agitata, sul ramo. «Tu credi che io sia pentito? Credi davvero che sia venuto qui a struggermi e magari meditare di buttare via la mia vita per un’insulsa preda?» il tono mal celava appositamente la rabbia e la mischiava con il sarcasmo.
Rosalie scosse il capo, negli occhi un lampo divertito. «No. Hai ben ribadito il concetto “Io sono uno splendido assassino”… Ma sei anche un idiota orgoglioso e sono venuta qui per scusarmi, per averti quasi ucciso, nonché… com’era?... “umiliato, essendo io una vampira “vegetariana” poco più che neonata”. Capisco cosa significa. Credi che non sappia cos’è l’orgoglio? Io?!»
L’altro accusò il colpo in silenzio, distogliendo lo sguardo.
«Senti, ti ho fermato solo perché loro sono la mia famiglia. E per quanto Bella mi possa sembrare una sciocca, rende felice Edward…»
«Hai fatto bene a fermarmi.» la interruppe riportando gli occhi in quelli di lei. «E hai ragione anche sull’orgoglio ferito e tutto il resto. Non posso farci nulla, sono abituato a primeggiare, anche perché stando da soli non si può far altro no?! Ho commesso un errore, mi sono distratto e mi hai atterrato. Hai vinto tu. E lo ammetto questo mi rode. Ma posso farmene una ragione…»
«Hai ammesso che ho vinto!» esclamò l’altra, con ironia.
«Sì, hai vinto e lo sai benissimo!»
«Ma il gusto dei vincenti è nel far ammettere ai vinti la propria sconfitta.»
«E’ la mia filosofia…»
«Pace fatta?» domandò Rosalie, senza più l’ombra di scherno.
«Pace fatta. Ma se torno mi riducono in poltiglia?»
«No, abbiamo problemi più gravi…»
Alexis la guardò perplesso. «Qualcuno si è introdotto a casa di Bella. Alice non è riuscita a vederlo perché è stato bravo a non entrare in contatto con nessuno. Ha rubato dei vestiti… La traccia è sconosciuta.» rapportò in risposta.
«Ipotesi?»
«Volturi, Victoria, qualcun altro. Sappiamo che è un neonato.»
«Quello che uccide a Seattle?»
«Come lo sai?»
«Ho letto il giornale e mi è parso chiaro che non fosse un umano psicopatico.»
«Ti intendi di queste cose?»
«No, gli psicopatici non mi piacciono… Hanno un gusto… malato.» commentò ironico.
«Certo che sei proprio un idiota!»
«Grazie… Lo so. Torniamo a casa?» propose porgendole teatralmente la mano.
«Certo…» rispose lei, che però non la prese, ma saltò giù «A chi arriva primo?» non attese risposta e partì, correndo verso Casa Cullen.



Note: eccomi qui, a scusarmi per il tempo di aggiornamento, ma vedete io ho un problema con questa fanfiction. Non so se e quando la continuerò. Badate mi piace, ma ho altri progetti per lei... Però oggi avevo un po' di tempo libero (e chi di voi segue le mie altre storie, sa che in questo periodo è davvero raro che ne abbia) e ho riletto gli altri capitoli. Mi sono sbellicata dalle risate, così ho detto: "perché non scriverne il prossimo?". Ed eccomi qui, partorito in un giorno!
Se trovate qualche differenza nello stile è perché il tempo è passato e lo stile cambia, ma ho cercato di mantenere i personaggi - soprattutto Alexis - fedele a quello che è, con qualche sfumatura in più (o lui lo ricordo bene, è una creatura di cui vado molto fiera). Vi ringrazio per aver seguito e per continuare a seguire questa storia, che devo ammetterlo mi appassiona XD

   
 
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