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Autore: Meskina    08/11/2009    8 recensioni
Gwenda, figlia di Renesmee e Jacob, soffre di una rara malattia, che si manifesta soprattutto negli ibridi di Licantropo.
Una malattia che la porta piano piano all'autodistruzione.
Fare di tutto per mantenerla in vita è la ragione di vita dei suoi genitori, eppure lei, vuole vivere la sua vita fino in fondo. Prima di morire.
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Nuovo personaggio, Renesmee Cullen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciao carissime ! =) 

Before i die mi è venuto in mente leggendo un libro! ed eccomi qua a scrivere.E' una specie di continuo di 'Freak kid make freak life', ma non dipende dall'altra fanfiction.
E tutto ambientato in una cittadina in New york.
Gwenda,una quindicenne, figlia di Renesmee e Jacob, ha una rara malattia, che hanno gli ibridi di licantropo. Leggendo la storia capirete di cosa si tratta.
La ragione dell'esistenza di Renesmee e Jacob è di mantenere in vita Gwenda, o almeno di trovare un modo per farla guarire... ma Gwenda è stufa, è stufa delle cure, delle continue ricadute, quando il sangue le fiotta dal naso come un'emorragia, è stufa dei lividi nel suo corpo ed è stufa delle continue cure e medicine che deve prendere, e che non le permettono di vivere una vita normale. 

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Before i die




Prologo




Le porte delle stanze sono chiuse, il corridoio è buio. Salgo le scale a quattro zampe, e mi graffio le ginocchia. Mi accoccolo in cima alle scale guardando il buio che c'è li sotto, qualcosa si muove. Le tende rendono opaca la luce della luna che filtra dalle finestre per poi imbattersi nel divano. Passo un braccio fra le aste della ringhiera di legno laccato delle scale, e mi stringo, sentendo il freddo del legno liscio e duro sfregarmi la guancia. Il mio respiro taglia il silenzio, si dilegua caldo, è ritmato. Espiro ogni tre secondi, sempre ogni tre secondi, a volte ogni due e mezzo. 
Sento una chiave sfregare nella serratura metallica della porta principale. Mi stringo di più alle aste, guardo nel buio e sento le mie pupille dilatarsi, la porta si apre, vedo una sagoma avanzare lenta, spingere la porta e chiuderla. Non vedo pìù nulla, sento dei passi, e poi la luce si accende. Papà è li in piedi. Ha una giacca di pelle, appoggia le chiavi in un tavolino e si toglie la giacca nera e la appende nell'appendiabiti. Si volta e alza lo sguardo. 
Alza un sopracciglio e mi guarda con aria strana, come se non si aspettasse di trovarmi qui. I suoi occhi sono scuri, i suoi capelli bagnati nerissimi, la maglia mette in risalto i suoi muscoli, e la sua pelle sembra più olivastra vista di sera. 
- che ci fai li ? - chiede.
- nulla... - Esita.
- ti fa male qualcosa ? - 
- no. - 
Mi lancia un'occhiata sospettosa, poi si dirige in cucina. Mi alzo e scendo le scale seguendolo. Apre il frigorifero e si abbassa per cercare qualcosa, chissà da quanto non mangia.
Sbadiglia. Mi siedo nel bancone, appoggio i gomiti e dondolo i piedi. Lo sgabello è altissimo. Quando ero piccola una volta sono caduta da questo sgabello, e mi sono slogata un polso, ricordo che nonostante fosse pericoloso era il mio gioco preferito, salirci, fare finta di essere sopra una torre e comandare tutti! 
- hai fame ? - chiede papà, e il suo viso fa capolino dalla porta del frigorifero. Scuoto la testa.
- se vuoi ti preparo qualcosa - 
- non ho fame -
- non c'è nulla di buono - sbuffa dopo un pò, per poi ritornare a frugare nel frigo.
- mamma ti ha lasciato la cena nel microonde - lo informo. Si dirige nel microonde e tira fuori un piatto con riso e carne. 
- perchè sei ancora sveglia ? - prende due bicchieri e versa del latte in entrambi, me ne mette uno d'avanti.
- non riesco a dormire. - 
- è tutto apposto ? - 
Annuisco.
- non lo voglio il latte papà -
- bevilo Gwenda, fa bene alle ossa - dice. Come se le mie ossa si potessero aggiustare con del semplice liquido bianco. Come se tutto ritornasse normale per uno stupido bicchiere di latte. Afferro il bicchiere e ne butto giù un sorso.  Papà si siede ed incomincia a mangiare. Ogni tanto mi guarda strano. Già, ultimamente mi guardano tutti strano, come se fossi impazzita.  Guardo la luna piena alle sue spalle, nella finestra della cucina. 
- che cosa avete fatto oggi ? - chiede fra un boccone e l'altro. 
- Lilly ha ha letto una pagina intera di giornale senza errori -  Ma tu non c'eri, a quanto pare il branco diventa più importante della tua famiglia voglio dirgli, ma mi fermo in tempo. Sgrana gli occhi. 
- già - sospiro. - mamma vuole impararle a leggere prima che cominci la scuola - sorride squotendo la testa, non gli interessa veramente.
Cala il silenzio e mangia un'altro boccone.
- ho avuto una ricaduta - non mi è mai piaciuto fare la parte della vittima, ma mi piace farlo sentire in colpa, farlo nutare nel rimorso. Alza gli occhi e mi guarda incredulo.
- oggi ?-
Annuisco. Lo sento deglutire. 
- come stai ora ?- è dispiaciuto, bene ! così impara! 
- sto bene.- 
Sento il suo respiro più forte. Molla la forchetta e si aggiusta nella sedia. 
- è durato molto? -
- no - 
 Giocherella con il cibo, sembra un bambino a cui non piacciono le verdure. Sospira e poi si alza, butta la roba da mangiare nel cestino e mette i piatti nel lavandino. Mette le mani sui fianchi, e poi si avvacina, mi accarezza la testa e mi guarda dall'alto, profuma di erba, di mare, muschio e sudore. Si abbassa e mi bacia la fronte. Sento il suo respiro caldo in viso.
- vai a dormire - mormora.
- fra un pò - dico. Annuisce e mi da un altro bacio. Attende qualche istante e poi se ne va. Sale le scale e rimango li immobile, con il bicchiere di latte di fronte a me. Sospiro nel silenzio. Le mie notti ormai sono diventate le mie giornate. Sento dei passi veloci nelle scale. Appoggio la testa nelle braccia e faccio finta di dormire. I passi non si fermano avanzano veloci verso di me. Il profumo di Sebastien si sente da lontano, so che è lui. Apro un occhio e ne trovo due verdi come i miei a pochi centimetri.
- lo sapevo che facevi finta - dice, si dirige nel frigorifero e prende una busta di sangue. Ha un maglione di una squadra di baseball che gli sta largo e dei pantaloncini. I suoi capelli sono legati e sembra diventare ogni giorno più alto. Ormai ha quasi tredici anni e sembra un sedicenne. La sua voce sta cambiando eppure mi sembra la stessa, acuta ed odiosa. 
- che ci fai sveglia ? - domanda, e si porta la busta di sangue nelle labbra, incomincia a succhiare.
- la malattia mi da poteri speciali - dico, corruga la fronte e stacca la busta dalle labbra. Scoppia a ridere. è bella... la sua risata. Butta la busta di sangue e si incammina nelle scale. Sta mettendo su i muscoli. Appoggia una mano nel corrimano e si ferma. Mi guarda come se stesse avendo mille pensieri.
- mi mancherai - dice, ma non sembra triste, mi pianta li, nella cucina, mentre sento la porta della sua camera sbattere.



Continua...


  
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