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Autore: chaska    10/11/2009    1 recensioni
La mia primissima fanfiction, con l'ambientazione di assassin's creed ma con personaggi completamente inventati da me.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9



-Kores, benvenuta a Damasco!
Rimasi qualche secondo in silenzio a guardare il panorama e a pensare che non saremmo stati proprio i “benvenuti”...ma vabbè.
Subito dopo mi ridestai e cominciai ad avviarmi nella stretta stradina che ci avrebbe portati a Damasco.
-Adesso mi spieghi come faremo a entrare lì?
-Semplice - esordì mentre camminavamo - ci faremo scambiare per monaci.
Ok, qualcosa non andava.
-E quale sarebbe la differenza con la tecnica di prima?
-Quelle guardie erano dei pivelli, ricordi? Questi invece sono molto più svegli di loro. Sono molto più simili a crociati, anche se le differenze sono enormi, che a quelle semplici guardie.

Bla bla bla...
Mi stavo cominciando a stufare del suo modo di parlare...
-Se non si faranno convincere così facilmente come faremo?
-Ci uniremo ad un piccolo gruppo di monaci per entrare in città.
Lo disse come se quello avrebbe dovuto spiegare ogni minima cosa.
- E non si incuriosiranno quando vedranno le armi?
-Cosa? Non lo sai? Non hai ancora finito la teoria?
-Mi manca l’ultimo...
E lo dissi come se stessi ringhiando. Mi arrabbiavo quando pensavo a quel maledetto e pesantissimo mattone che dovevo leggere.
-Mmm...ok. Comunque, sin dalle origini della setta, fra noi assassini e i monaci c’è stato un accordo. Loro avrebbero dovuto mantenere intatta un’antica leggenda, in cambio noi avremmo fatto loro enormi favori e non li avremmo toccati...

Mmm...monaci cristiani che si accordano con assassini musulmani...la paura fa fare proprio tutto!
-Un tempo, si credeva che ci fosse un ramo di monaci specializzato nell’arte del combattimento. Si nascondevano fra i loro confratelli “normali” per proteggerli in caso di pericolo, dato che si trovavano in una terra palesemente ostile. Questa era soltanto una leggenda che serviva a fare stare lontani i banditi dai monaci. Certo, è assurdo che delle persone così pacifiste potessero anche solo essere sfiorati dall’idea di uccidere qualcuno, ma gli altri ci credevano, anche perchè li vedevano come demoni travestiti da uomini...Così uno dei primi Maestri si appropriò di questa leggenda e la fece diventare realtà. Ed eccoci qua, con la sola differenza che noi le nostre armi le mettiamo bene in mostra.
Ah, quindi ora saremmo noi i demoni vestiti di bianco...
Proseguimmo per quella stradina per ancora qualche minuto, quando cominciammo a vedere sempre più gente e carri affiancarci e guardarci incuriositi, anche se i più furbi non ci guardavano affatto, perchè, adesso lo avevo capito un pò di più, potevano riconoscerci come assassini o come monaci cristiani, ma per loro rimanevamo sempre demoni, magari con nomi diversi, ma la nostra essenza era quella. Non che si sbagliassero di tanto...
Ad un certo punto vidi che Nabih fermò il suo cavallo ed io lo imitai, scendendo come lui dalla cavalcatura.
Legammo gli animali ad un tronco vicino a dell’acqua e del fieno e ci avviammo verso la gigantesca entrata di Damasco, però, a qualche centinaio di metri ci fermammo davanti un gruppo di quattro monaci vestiti completamente di bianco che si girarono contemporaneamente quando Nabih li salutò.
-Salve.
-Oh, nobili assassini...

Ah, la paura...
-Allora, avete bisogno di un passaggio, eh?
Esordì un altro monaco. Questo aveva una voce molto più giovane, doveva essere solamente un ragazzo. Un monaco accanto a lui lo guardò truce sotto il cappuccio e gli diede uno schiaffo in testa.
-Ahi!
-Scusate la sua incoscienza, signori, è ancora giovane...
-Oh, non si preoccupi, padre.

Padre?!? Ma Nabih è musulmano o no?!?
-Dovete entrare a Damasco, dunque?
-Si, e avremmo bisogno del vostro aiuto.
Il ragazzo di prima cercò di dire qualcosa, ma un’altro schiaffo in testa del monaco lo face zittire in tempo.
-Bene, venite.
I quattro monaci si disposero attorno a noi e giunsero le mani. Anche noi lo fecimo e abbassammo la testa, io più di tutti, attenta a non farmi cadere accidentalmente qualche ciocca di capelli.
Appena arrivati davanti l’entrata, un soldato ci fece il segno di fermarci.
Nel mentre spostai un poco la testa e guardai con chi avevamo a che fare. Erano essenzialmente come i soldati dell’altra città, però erano armati molto meglio e molto ma molto più muscolosi.

Nabih ha ragione, questi assomigliano più a dei templari che a dei soldati...
E mentre mi sistemai come prima, l’unica cosa che mi rincuorò un poco fù che non vidi alcuna croce rossa sui loro elmi.
-Chi siete.
-Siamo dei pellegrini venuti in visita alla cattedrale di Damasco.
-A quale confraternita appartenete?
-A quella del Buon Samaritano.
-Entrate – disse in tono rude – ma prima registratevi lì.
E indicò un piccolo tavolo di legno dove un uomo con una folta barba annotava con una piuma nera qualcosa su un foglio.
Dopo che il monaco salutò il soldato, andammo a registrarci.
L’uomo, che ora potevo vedere meglio, alzò il volto seccato e ci guardò un attimo.
Appena posò il suo sguardo stranamente azzurro su me e Nabih, ebbe come un guizzo e le rughe attorno agli occhi si distesero un attimo.
-Ci ha riconosciuti.
Sussurrai flebile senza muovere un muscolo, sicura che le mie labbra fossero coperte dal cappuccio.
-Sta calma. – mi rispose solamente.
L’uomo anziano rimase qualche secondo ancora a guardarci, poi aprì la bocca come se fosse indeciso se gridare aiuto o no, ma poi abbassò il volto e ci chiese i nostri nomi e si zittì.
Nel mentre che io mi tranquillizzavo un pò, sentii alle mie spalle il giovane monaco che si agitava e chiedeva cosa fosse successo ai suoi confratelli, ma nessuno gli rispose e così passammo avanti, osservati ancora dall’anziano.
Proseguimmo fino ad un’estremità della piazzetta posta di fronte al portone principale e ci fermammo.
-È meglio dividerci qui.
Esordì Nabih.
-Va bene, ci troverete ancora qui, in caso avreste bisogno ancora di noi.
Così ci dividemmo e noi andammo verso una stradina a destra. Nel mentre che camminavamo mi striracchiai un pò, tenere la testa bassa per così tanto tempo fa un male cane al collo, e mi rivolsi tranquillamente a Nabih.
-E ora?
-Adesso andiamo dritti  alla dimora, secondo i programmi dovevamo essere già qui ieri sera.
-Va bene, fammi strada.
E senza ulteriori indugi andò davanti a me e mi condusse in pochi minuti alla dimora, che fra l’altro era identica a tutte le altre che ho visto in vita mia, sia esternamente che internamente. Chissà poi perchè tutta questa grande fantasia...
In men che non si dica ci ritrovammo davanti ai muri, senza alcuna via d’accesso visibile, della dimora e in pochi istanti li scalammo. Arrivati alla grata di legno saltammo, questa volta insieme, e ci trovammo nell’atrio della dimora di Damasco.
Mi guardai un attimo attorno, non trovando nulla di interessante, e mi diressi insieme a Nabih nella stanza principale della dimora.
-Rafiq! Dove siete?
Gridò Nabih, e poco dopo una porta posta in un angolo si spalancò, rivelando un uomo vestito di nero, piuttosto affaticato e con innumerevoli carte in mano.
-Eccomi, eccomi...
Il Rafiq si spostò verso  la scrivania e, dopo aver praticamente buttato le carte sul piano, appoggiò le mani su di esse senza curarsene tanto e ci fissò.
-Ma quanto tempo ci avete messo?!?
Lo squadrai un attimo mentre ci guardava un pò irritato: un uomo sulla quarantina dai capelli ed occhi neri, carnagione molto scura ed una barba piuttosto corta che gli ornava il volto un pò rozzo.
-Rafiq, abbiamo avuto qualche...ehm...problema...
Tossicchiò Nabih guardandomi di sottecchi, ed io come risposta gli pestai più forte che potei un piede facendogli intendere che non era finita lì.

Al diavolo il rispetto, dopo gli faccio vedere io a questo...
Il Rafiq abbassò gli occhi e cominciò a fare un pò di ordine con le carte e cominciò a parlare, forse un pò rassegnato.
-Dalle vostre reazioni non mi sembra nulla di serio, poi l’importante è che la missione venga svolta entro i limiti di tempo e con successo.
Nel mentre io continuavo ad incenerire con lo sguardo Nabih e lui d’altro canto faceva di tutto per non scoppiare a ridere interrompendo il Rafiq.
-Lì c’è il cibo, là i letti e più in fondo i bagni. Ma lo dovreste sapere già, dato che queste dimore sono tutte uguali. - sospirò.
-Quando avrete finito chiamatemi per le informazioni sul vostro obbiettivo, Abdel Qader. Ah, e per favore, finitela di fare i cretini...
Smisi di guardare Nabih, o meglio cercare di ucciderlo con lo sguardo, e mi volsi verso la porta che doveva condurmi al bagno, ne avevo proprio bisogno, ma mi interruppi appena mi ricordai di un piccolo problema.
-Rafiq...
-Là sotto - e mi indicò la porta - ci sono anche delle vesti adatte a te, se è questo il problema.
Lo guardai un attimo, ammirando la sua intuizione, e dopo averlo ringraziato scesi per farmi forse il bagno più ristoratore della mia vita.
Quando arrivai nell’agognato luogo, ci misi pochi minuti a riempire la piccola vasca con l’acqua calda, c’erano dei secchi già pronti all’uso.
Quel giorno mi godetti davvero i benefici di quei momenti che non avrei mai voluto interrompere, ma il dovere chiamava, il Rafiq ci doveva aggiornare sulla missione, e quindi mi alzai di malavoglia dal bagno e mi asciugai in fretta per il freddo che sentivo.
Velocemente mi misi delle vesti che erano riposte in un armadio accanto alla vasca. Certo, erano un pò larghe alla vita, ma nulla che delle cinghie non potessero risolvere.
Quando fui pronta, salii al piano superiore, trovando Nabih e il Rafiq che mangiavano insieme della frutta, discutendo su chissà cosa. Allora mi sedetti accanto a loro e presi una mela per pranzare.
Dopo aver divorato chissà quanta frutta, dato in quella dimora non c’era altro da mangiare, e non riesco a capire se sia stato un bene o no, il Rafiq smise di parlare di sciocchezze e richiamò la nostra attenzione su una mappa che srotolò sotto i nostri occhi.
-Allora, ragazzi questa è la migliore mappa di Damasco in circolazione, quindi fatene buon uso. Come vedete, sono stati anche tracciati gli itinerari più frequenti delle guardie e i posti di vedetta degli arcieri. Vi consiglio di evitare inoltre tutta questa zona - e tracciò un cerchio col dito intorno ad un’enorme struttura. - Quello è il palazzo, e siamo più che sicuri che quella zona non ha informazioni utili alla vostra missione. Quindi adesso studiate e domani potrete andare a caccia.
Ci diede, quasi lanciò, la mappa e si voltò verso una porta. Secondo me voleva andarsene a dormire, ma perplessa lo fermai.
-Rafiq...non ci avete dato nessuna indicazione sul nostro obbiettivo...
-Certo che non ve ne ho date... - si voltò leggermente irritato verso di noi - non ne abbiamo!
-Cosa? - Esclamò, interdetto anche lui, Nabih.
-Dopo il nostro primo “avviso”...- Sospirò rassegnato il Rafiq - si è dileguato. Pensavamo che fosse scappato ad Aleppho e Gerusalemme, ma recentemente si è fatto di nuovo vivo con tutti i suoi loschi affari. Ma ogni giorno entra in una casa diversa per depistarci, e quando mando un assassino a perlustrarla, la trova completamente vuota! Personalmente credo che quel bastardo usi gli antichi labirinti posti sotto la città, ma questo adesso è un vostro compito...
Detto questo, soppresse uno sbadiglio ed entrò senza dire neanche un’altra parola nella porta.
Nabih allora riposizionò per bene la mappa sulla scrivania e cominciammo a studiare il nostro piano.
Perchè il Rafiq aveva detto bene: l’indomani le aquile sarebbero andate a caccia.

 

 
Ed eccomi qui, ad aggiornare dopo non so quanti secoli! o.O Mi scuso molto per questa pausa enorme, sempre che a qualcuno interessi! :)
Beh, che dire? Mi scuso per il capitolo corto e in cui praticamente non viene detto nulla, ma mi è servito per riprendere la mano a scrivere questa ff... dal prossimo capitolo gliene farò vedere davvero tante, non preoccupatevi! xD Comunque ora la mia ispirazione è cessata anche per l’angolino (sono davvero irrecuperabile xD) Quindi chiudo qui!
Ciau e ci si sente su msn o al prossimo capitolo! :)
Baci da Giada!^^

   
 
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