Capitolo
9
Rimasi qualche secondo in
silenzio a guardare il panorama e a pensare che non saremmo stati
proprio i
“benvenuti”...ma vabbè.
Subito dopo mi ridestai e
cominciai ad avviarmi nella stretta stradina che ci avrebbe portati a
Damasco.
-Adesso mi spieghi come
faremo a entrare lì?
-Semplice - esordì mentre
camminavamo - ci faremo scambiare per monaci.
Ok, qualcosa non andava.
-E quale sarebbe la
differenza con la tecnica di prima?
-Quelle guardie erano dei
pivelli, ricordi? Questi invece sono molto più svegli di
loro. Sono molto più
simili a crociati, anche se le differenze sono enormi, che a quelle
semplici
guardie.
Bla
bla bla...
Mi stavo cominciando a
stufare del suo modo di parlare...
-Se non si faranno
convincere così facilmente come faremo?
-Ci uniremo ad un piccolo
gruppo di monaci per entrare in città.
Lo disse come se quello
avrebbe dovuto spiegare ogni minima cosa.
- E non si incuriosiranno
quando vedranno le armi?
-Cosa? Non lo sai? Non hai
ancora finito la teoria?
-Mi manca l’ultimo...
E lo dissi come se stessi
ringhiando. Mi arrabbiavo quando pensavo a quel maledetto e
pesantissimo
mattone che dovevo leggere.
-Mmm...ok. Comunque, sin
dalle origini della setta, fra noi assassini e i monaci
c’è stato un accordo.
Loro avrebbero dovuto mantenere intatta un’antica leggenda,
in cambio noi
avremmo fatto loro enormi favori e non li avremmo toccati...
Mmm...monaci
cristiani che si accordano con
assassini musulmani...la paura fa fare proprio tutto!
-Un tempo, si credeva
che
ci fosse un ramo di monaci specializzato nell’arte del
combattimento. Si
nascondevano fra i loro confratelli “normali” per
proteggerli in caso di
pericolo, dato che si trovavano in una terra palesemente ostile. Questa
era
soltanto una leggenda che serviva a fare stare lontani i banditi dai
monaci.
Certo, è assurdo che delle persone così pacifiste
potessero anche solo essere
sfiorati dall’idea di uccidere qualcuno, ma gli altri ci
credevano, anche
perchè li vedevano come demoni travestiti da
uomini...Così uno dei primi
Maestri si appropriò di questa leggenda e la fece diventare
realtà. Ed eccoci
qua, con la sola differenza che noi le nostre armi le mettiamo bene in
mostra.
Ah,
quindi ora saremmo noi i demoni vestiti di
bianco...
Proseguimmo per quella
stradina
per ancora qualche minuto, quando cominciammo a vedere sempre
più gente e carri
affiancarci e guardarci incuriositi, anche se i più furbi
non ci guardavano
affatto, perchè, adesso lo avevo capito un pò di
più, potevano riconoscerci
come assassini o come monaci cristiani, ma per loro rimanevamo sempre
demoni,
magari con nomi diversi, ma la nostra essenza era quella. Non che si
sbagliassero di tanto...
Ad un certo punto vidi che
Nabih fermò il suo cavallo ed io lo imitai, scendendo come
lui dalla cavalcatura.
Legammo gli animali ad un
tronco vicino a dell’acqua e del fieno e ci avviammo verso la
gigantesca
entrata di Damasco, però, a qualche centinaio di metri ci
fermammo davanti un
gruppo di quattro monaci vestiti completamente di bianco che si
girarono
contemporaneamente quando Nabih li salutò.
-Salve.
-Oh, nobili assassini...
Ah,
la paura...
-Allora, avete bisogno
di
un passaggio, eh?
Esordì un altro monaco.
Questo aveva una voce molto più giovane, doveva essere
solamente un ragazzo. Un
monaco accanto a lui lo guardò truce sotto il cappuccio e
gli diede uno
schiaffo in testa.
-Ahi!
-Scusate la sua
incoscienza, signori, è ancora giovane...
-Oh, non si preoccupi,
padre.
Padre?!?
Ma Nabih è musulmano o no?!?
-Dovete entrare a
Damasco,
dunque?
-Si, e avremmo bisogno del
vostro aiuto.
Il ragazzo di prima cercò
di dire qualcosa, ma un’altro schiaffo in testa del monaco lo
face zittire in
tempo.
-Bene, venite.
I quattro monaci si
disposero attorno a noi e giunsero le mani. Anche noi lo fecimo e
abbassammo la
testa, io più di tutti, attenta a non farmi cadere
accidentalmente qualche
ciocca di capelli.
Appena arrivati davanti
l’entrata, un soldato ci fece il segno di fermarci.
Nel mentre spostai un poco
la testa e guardai con chi avevamo a che fare. Erano essenzialmente
come i
soldati dell’altra città, però erano
armati molto meglio e molto ma molto più
muscolosi.
Nabih
ha ragione, questi assomigliano più a dei
templari che a dei soldati...
E mentre mi sistemai
come
prima, l’unica cosa che mi rincuorò un poco
fù che non vidi alcuna croce rossa
sui loro elmi.
-Chi siete.
-Siamo dei pellegrini
venuti in visita alla cattedrale di Damasco.
-A quale confraternita
appartenete?
-A quella del Buon
Samaritano.
-Entrate – disse in tono
rude – ma prima registratevi lì.
E indicò un piccolo tavolo
di legno dove un uomo con una folta barba annotava con una piuma nera
qualcosa
su un foglio.
Dopo che il monaco salutò
il soldato, andammo a registrarci.
L’uomo, che ora potevo
vedere meglio, alzò il volto seccato e ci guardò
un attimo.
Appena posò il suo sguardo
stranamente azzurro su me e Nabih, ebbe come un guizzo e le rughe
attorno agli
occhi si distesero un attimo.
-Ci ha riconosciuti.
Sussurrai flebile senza
muovere un muscolo, sicura che le mie labbra fossero coperte dal
cappuccio.
-Sta calma. – mi rispose solamente.
L’uomo anziano rimase
qualche secondo ancora a guardarci, poi aprì la bocca come
se fosse indeciso se
gridare aiuto o no, ma poi abbassò il volto e ci chiese i
nostri nomi e si
zittì.
Nel mentre che io mi
tranquillizzavo un pò, sentii alle mie spalle il giovane
monaco che si agitava
e chiedeva cosa fosse successo ai suoi confratelli, ma nessuno gli
rispose e
così passammo avanti, osservati ancora
dall’anziano.
Proseguimmo fino ad
un’estremità della piazzetta posta di fronte al
portone principale e ci
fermammo.
-È meglio dividerci qui.
Esordì Nabih.
-Va bene, ci troverete
ancora qui, in caso avreste bisogno ancora di noi.
Così ci dividemmo e noi
andammo verso una stradina a destra. Nel mentre che camminavamo mi
striracchiai
un pò, tenere la testa bassa per così tanto tempo
fa un male cane al collo, e
mi rivolsi tranquillamente a Nabih.
-E ora?
-Adesso andiamo
dritti alla dimora,
secondo i programmi
dovevamo essere già qui ieri sera.
-Va bene, fammi strada.
E senza ulteriori indugi
andò davanti a me e mi condusse in pochi minuti alla dimora,
che fra l’altro
era identica a tutte le altre che ho visto in vita mia, sia
esternamente che
internamente. Chissà poi perchè tutta questa
grande fantasia...
In men che non si dica ci
ritrovammo davanti ai muri, senza alcuna via d’accesso
visibile, della dimora e
in pochi istanti li scalammo. Arrivati alla grata di legno saltammo,
questa
volta insieme, e ci trovammo nell’atrio della dimora di
Damasco.
Mi guardai un attimo
attorno, non trovando nulla di interessante, e mi diressi insieme a
Nabih nella
stanza principale della dimora.
-Rafiq! Dove siete?
Gridò Nabih, e poco dopo
una porta posta in un angolo si spalancò, rivelando un uomo
vestito di nero,
piuttosto affaticato e con innumerevoli carte in mano.
-Eccomi, eccomi...
Il Rafiq si spostò
verso la scrivania
e, dopo aver
praticamente buttato le carte sul piano, appoggiò le mani su
di esse senza
curarsene tanto e ci fissò.
-Ma quanto tempo ci avete
messo?!?
Lo squadrai un attimo mentre
ci guardava un pò irritato: un uomo sulla quarantina dai
capelli ed occhi neri,
carnagione molto scura ed una barba piuttosto corta che gli ornava il
volto un
pò rozzo.
-Rafiq, abbiamo avuto
qualche...ehm...problema...
Tossicchiò Nabih
guardandomi di sottecchi, ed io come risposta gli pestai più
forte che potei un
piede facendogli intendere che non era finita lì.
Al
diavolo il rispetto, dopo gli faccio vedere io a
questo...
Il Rafiq
abbassò gli occhi
e cominciò a fare un pò di ordine con le carte e
cominciò a parlare, forse un
pò rassegnato.
-Dalle vostre reazioni non
mi sembra nulla di serio, poi l’importante è che
la missione venga svolta entro
i limiti di tempo e con successo.
Nel mentre io continuavo
ad incenerire con lo sguardo Nabih e lui d’altro canto faceva
di tutto per non
scoppiare a ridere interrompendo il Rafiq.
-Lì c’è il cibo, là i
letti e più in fondo i bagni. Ma lo dovreste sapere
già, dato che queste dimore
sono tutte uguali. - sospirò.
-Quando avrete finito
chiamatemi per le informazioni sul vostro obbiettivo, Abdel Qader. Ah,
e per
favore, finitela di fare i cretini...
Smisi di guardare Nabih, o
meglio cercare di ucciderlo con lo sguardo, e mi volsi verso la porta
che
doveva condurmi al bagno, ne avevo proprio bisogno, ma mi interruppi
appena mi
ricordai di un piccolo problema.
-Rafiq...
-Là sotto - e mi indicò la
porta - ci sono anche delle vesti adatte a te, se è questo
il problema.
Lo guardai un attimo,
ammirando la sua intuizione, e dopo averlo ringraziato scesi per farmi
forse il
bagno più ristoratore della mia vita.
Quando arrivai
nell’agognato luogo, ci misi pochi minuti a riempire la
piccola vasca con
l’acqua calda, c’erano dei secchi già
pronti all’uso.
Quel giorno mi godetti
davvero i benefici di quei momenti che non avrei mai voluto
interrompere, ma il
dovere chiamava, il Rafiq ci doveva aggiornare sulla missione, e quindi
mi
alzai di malavoglia dal bagno e mi asciugai in fretta per il freddo che
sentivo.
Velocemente mi misi delle
vesti che erano riposte in un armadio accanto alla vasca. Certo, erano
un pò
larghe alla vita, ma nulla che delle cinghie non potessero risolvere.
Quando fui pronta, salii
al piano superiore, trovando Nabih e il Rafiq che mangiavano insieme
della
frutta, discutendo su chissà cosa. Allora mi sedetti accanto
a loro e presi una
mela per pranzare.
Dopo aver divorato chissà
quanta frutta, dato in quella dimora non c’era altro da
mangiare, e non riesco
a capire se sia stato un bene o no, il Rafiq smise di parlare di
sciocchezze e
richiamò la nostra attenzione su una mappa che
srotolò sotto i nostri occhi.
-Allora, ragazzi questa è
la migliore mappa di Damasco in circolazione, quindi fatene buon uso.
Come
vedete, sono stati anche tracciati gli itinerari più
frequenti delle guardie e
i posti di vedetta degli arcieri. Vi consiglio di evitare inoltre tutta
questa
zona - e tracciò un cerchio col dito intorno ad
un’enorme struttura. - Quello è
il palazzo, e siamo più che sicuri che quella zona non ha
informazioni utili
alla vostra missione. Quindi adesso studiate e domani potrete andare a
caccia.
Ci diede, quasi lanciò, la
mappa e si voltò verso una porta. Secondo me voleva
andarsene a dormire, ma
perplessa lo fermai.
-Rafiq...non ci avete dato
nessuna indicazione sul nostro obbiettivo...
-Certo che non ve ne ho
date... - si voltò leggermente irritato verso di noi - non
ne abbiamo!
-Cosa? - Esclamò,
interdetto anche lui, Nabih.
-Dopo il nostro primo
“avviso”...- Sospirò rassegnato il Rafiq
- si è dileguato. Pensavamo che fosse
scappato ad Aleppho e Gerusalemme, ma recentemente si è
fatto di nuovo vivo con
tutti i suoi loschi affari. Ma ogni giorno entra in una casa diversa
per
depistarci, e quando mando un assassino a perlustrarla, la trova
completamente
vuota! Personalmente credo che quel bastardo usi gli antichi labirinti
posti
sotto la città, ma questo adesso è un vostro
compito...
Detto questo, soppresse
uno sbadiglio ed entrò senza dire neanche un’altra
parola nella porta.
Nabih allora riposizionò
per bene la mappa sulla scrivania e cominciammo a studiare il nostro
piano.
Perchè il Rafiq aveva
detto bene: l’indomani le aquile sarebbero andate a caccia.
Ed eccomi
qui,
ad aggiornare dopo non so quanti secoli! o.O Mi scuso molto per questa
pausa
enorme, sempre che a qualcuno interessi! :)
Beh, che dire?
Mi scuso per il capitolo corto e in cui praticamente non viene detto
nulla, ma
mi è servito per riprendere la mano a scrivere questa ff...
dal prossimo
capitolo gliene farò vedere davvero tante, non
preoccupatevi! xD Comunque ora
la mia ispirazione è cessata anche per l’angolino
(sono davvero irrecuperabile
xD) Quindi chiudo qui!
Ciau e ci si
sente su msn o al prossimo capitolo! :)
Baci da
Giada!^^