Tutto era finito in un
attimo, come in un attimo era cominciato. I dottori mi vennero incontro
quasi subito appena mi svegliai. Per un attimo mi era parso di avere
ancora tra le mani la collana che mi regalò Kayla e giurerei
di aver visto il calco di essa sulla mia mano. Sembravano gridare tutti
"al miracolo", solo guardando le loro espressioni sul volto, mentre si
avvicinavano al mio letto. Realizzai la situazione, realizzai
soprattutto di essere solo, partendo da un sogno dove vivevo con
l'amore di Kayla e il ricordo di Alexandra, finendo in una
realtà dove mi rimane solo il ricordo di mia moglie e un
gran senso di vuoto. Si, mia moglie è morta davvero,
nell'incidente d'auto ha avuto la peggio e ora non so se essere
contento per averla scampata o piangere per non essere insieme a lei,
adesso.
Sono qui, nella mia
camera d'ospedale, in piedi davanti alla finestra, fuori piove ed io,
con un senso di grande malinconia, guardo il lago. Quel lago che
è stato il protagonista dei miei sogni mentre ero in coma,
quel lago che mi ricorda Kayla e Alexandra allo stesso tempo, quel lago
che mi ha visto versare tante lacrime quante sono le gocce che lo
compongono. Ormai aspetto solo di essere dimesso. Fra un paio d'ore
passerà il medico per darmi il consenso di tornare a casa,
una casa vuota. Fra qualche mese doveva essere una casa occupata da una
famiglia felice e da un bambino felice. Sarà invece una casa
triste e vuota, come la mia anima. Nel mio sogno, avendo trovato Kayla,
qualcosa si era mosso in me, non sentivo quel senso di vuoto che ora mi
sovrasta. Ora penso che, quella bellissima ragazza, non era altro che
la reincarnazione di Alexandra che la mia mente aveva creato per darmi
uno spiraglio di sopravvivenza. Ormai ne sono certo, quel sogno mi ha
salvato la vita. Sono quasi le 14.00, mi rimetto a letto e mi riposo un
po', prima di uscire da questo ospedale, anche se, sono sicuro, non
riuscirò a dormire neanche un secondo.
La casa era vuota
proprio come l'avevo immaginata. Non riuscivo a starci dentro, forse
avrei dovuto cambiare vita, espatriare o semplicemente cambiare casa
per non fare in modo che i ricordi di mia moglie mi mangiassero
dall'interno. Era notte, non riuscivo a dormire, non in quel momento,
non in quella casa. Decisi allora di andare a passeggiare lungo la riva
del lago. Il paesaggio notturno sul lago era tristissimo ed allo stesso
tempo bellissimo. Era il momento più brutto della mia vita,
avevo bisogno di una svolta ma dentro mi sentivo morire, piano piano,
soffrendo quanto più sia possibile soffrire. Le nuvole, che
tutto il giorno aleggiavano sul lago e che non preannunciavano niente
di buono, decisero proprio in quel momento di scaricare la pioggia. Una
pioggia non forte, tenue. Mi misi il cappuccio e andai a sedermi su una
panchina sotto un albero, non tanto per ripararmi ma per pensare, per
distruggere ancora un po' la mia anima malata, per piangere. Le lacrime
rigavano la mia faccia e i singhiozzi facevano sussultare il mio corpo.
Sentii una voce arrivare da lontano:
"Kayla"
Mi girai di scatto con
gli occhi sbarrati e la bocca aperta, non poteva essere lei, era stato
un sogno che non poteva tramutarsi in realtà. Vidi una
signora sui quarant'anni che, tenendo un giornale sulla testa per
ripararsi dalla pioggia, urlava ad una bambina di raggiungerla.
Dovevano essere con tutta probabilità madre e figlia.
La bimba, che pareva non
curarsi della pioggia quanto la madre, mi sorrise mostrandomi le
voragini che riempivano la sua bocca dove alcuni denti da latte ancora
resistevano. Alzò la manina destra e la agitò
davanti al mio volto. In quel momento tristissimo ero comunque riuscito
a trovare qualcosa, anzi qualcuno, che mi regalava uno sprazzo di
felicità. Un particolare destò la mia
curiosità. I miei occhi caddero sulla collanina che la
bambina portava al collo con tanta fierezza. Era la stessa collana che
mi aveva dato Kayla prima che i sensi mi abbandonassero. Rimasi un
secondo basito da questa coincidenza, se una coincidenza mai fosse e,
non volendo terrorizzare la piccola, risposi al suo saluto
con un sorriso, senza dar troppo peso al particolare della collana. La
bimba non si curò neanche di voler sapere la causa del mio
pianto e si allontanò, raggiungendo la presunta madre.
Quando la vidi sparire, mano nella mano con la sua mamma, la tristezza
tornò a farla da padrona. Chinai il volto e allungai le
braccia ad'avvolgere le mie gambe appoggiando i piedi sulla panchina.
La mia fronte in mezzo alle ginocchia sussultava ad ogni singhiozzo e i
pantaloni si bagnavano delle mie lacrime. Sentii un'altra persona
avvicinarsi a guardarmi. Non era la bambina di prima, era una ragazza.
Alzai lo sguardo ancora di più fino a guardarla dritto negli
occhi, era bellissima. Sembrava incuriosita dal mio atteggiamento nei
suoi confronti o forse era solo incuriosita dal mio pianto. Gli chiesi:
"e tu chi sei?"
Lei prima si
girò a guardare dietro di se e poi con un misto di stupore
ed ansia nel suo volto mi chiese:
"dici a me?"
Allora li capii che
forse tutto era iniziato dalla fine o forse tutto era finito ed ora era
ricominciato o chissà, forse era soltanto il malinconico
inizio di un altro sogno..