Note dell’autrice:
Mi presento solo ora. Gentili lettori,
mi chiamo Laura. E adoro giocare con le parole e con i sentimenti. Questa ff nasce con l’intento di entrare dentro i protagonisti, per
capire cosa li avvicina e cosa li tormenta. Spero sia di vostro gradimento. Qualsiasi
commento è felicemente gradito.
Ringrazio chi a questo racconto si è
già appassionato, spero continuerete a seguirmi. Anche nelle altre storie.
XOXO Poetessa ;)
~ Orgoglio ~
La sala è sfarzosa come sempre.
Candelabri, bicchieri e gioielli luccicano al debole bagliore delle fiammelle.
Il resto è immenso nel buio. Un gioco di luci e ombre. Tra ciò che è visibile e
ciò che si può solo immaginare. E la musica, soave, accompagna il lento
muoversi dei ballerini sulla pista.
Resto al mio posto, al buio. La mia
mano si stringe sul braccialetto al polso di Giselle, mentre la mia mente la
spoglia del sensuale vestito che la avvolge. Le sposto i capelli dal collo e la
bacio delicatamente, quando in realtà vorrei spingerla contro il muro. Ma è
questo ciò che si aspetta da me. E io voglio giocare. Voglio incantarla. Voglio
che lei si ricordi di me. E’ una bella ragazza, è francese. Il suo accento mi
fa impazzire. Sa dare il giusto peso a ciò che è importante e sa sfruttare le
opportunità, sempre con un briciolo di ironia. I convenevoli non sono stati
necessari. E’ bastata un’occhiata per capire che eravamo perfetti per questa serata.
Si tocca le labbra con la lingua con
fare sensuale, mentre gli occhi azzurri sono lontani, catturati dagli accessori
delle altre donne della sala. Finge di non essere qui per me, quando in realtà
non aspetta altro che stare in mia compagnia. La festa non è altro che una
copertura. Ci siamo piaciuti da subito.
Ogni dieci minuti facciamo un passo
verso la porta di servizio, i miei baci si fanno più intensi e le mie dita
fanno scivolare la spallina di strass per lasciarle scoperta la spalla. La
accarezzo e lei mi spinge ancora più indietro ondeggiando sui tacchi a spillo.
La mia schiena urta contro la maniglia ed io lascio il suo braccio per
abbassarla mentre con l’altra mano le accarezzo il fianco. I ricami di velluto
mi solleticano le dita e le sue forme invitanti fanno aumentare il mio
desiderio.
La musica cambia e la stanza appare
ancora più buia. Dietro di me un corridoio si snoda fino alle camere da letto
dell’hotel. E’ un percorso che conosco fin troppo bene. La scalinata di marmo,
il tappeto di velluto, la chiave che fa scattare la serratura, le lenzuola di seta…
Forse questa volta è il caso di
cambiare.
Giselle improvvisamente si gira verso
di me. Le sue labbra sfiorano il mio naso e le sue dita ingioiellate slacciano
il primo bottone della mia giacca. La serata si fa intrigante ma non ho ancora
voglia di andare via. Richiudo la porta.
“Ti prendo qualcosa da bere.” le
sussurro nell’orecchio senza lasciarle il tempo di controbattere.
Mi allontano. Mi guardo intorno. So che
è qui, so che mi sta evitando. So che ha apprezzato la mia sorpresa. So che io
sono l’unico alla sua altezza qui dentro. Ma lei non c’è. Ha imparato i miei
trucchi, e ha imparato a sfuggirmi. E questo mi fa male. Mi ferisce
nell’orgoglio e forse anche nel cuore.
Un cameriere mi passa accanto ed io
prendo al volo due calici di vino. Ho cambiato idea, se lei non c’è è inutile
rimanere.
Giselle è incantevole. Stringe la
pochette contro il petto nell’attesa, i boccoli dorati le cadono sui seni e mi
pento di averla lasciata sola. Ha venticinque anni e una laurea in economia. Un
passato da modella e un futuro da manager. Non potevo chiedere di meglio.
Potrebbe essere la donna di una vita,
invece per me sarà solo quella di una notte. Ma questa notte sarà diversa dalle
altre. Sarà una notte che non si dimenticherà facilmente. Nessuno si dimentica
di Chuck Bass.
Mi mangia con gli occhi mentre si morde
le labbra. Chi le passa accanto non riesce a non fissarla. E’ incantevole. Si,
in fondo, Giselle si merita molto di più.
“Mi chiedevo perché tu fossi ancora
qui.”
Il cuore che sobbalza nel petto, la
musica che si affievolisce, la sua voce. Dolce, melodica e sfrontata. I nostri
sguardi si incontrano prima delle nostre mani. Ci sfioriamo. No, lei mi
trascina verso un angolo. Al buio.
“E’ questo quello che vuoi?”
Non capisco.
La fisso. Fisso i suoi occhi scuri che
mi accusano, fisso le sue labbra rosse che si muovono. Fisso il vestito che le
ho regalato. E la vedo, perfetta.
“Vuoi lei?”
Parole che fluiscono veloci,
aggressive. Me le sputa in faccia. Così da quei dieci centimetri di distanza
che ci separano. Rabbiosa, gelosa.
“Chi è per te? Chi è?”
Non lo so. Non lo so.
In questo momento non so più niente. Mi
perdo. Nelle tue urla, nelle tue accuse. Mi perdo, sconfitto. Il cuore mi batte
forte. Vorrei prendere la tua mano e posarla sul mio petto, vorrei farti
sentire che effetto mi fai. Vorrei che tu lo provassi insieme a me. Ma ho
paura. E mi tiro indietro.
“Lei è la mia preda, lei è…”
Poi le parole mi muoiono in gola,
mentre sbianchi.
“Lei è solo una delle tante. Non ti
darà niente. N-i-e-n-t-e.”
E’ così. Lei è un gioco, lei è un
passatempo di cui mi sono già stufato.
Ma non lo capisci?
Dimmelo. Dimmelo, che mi vuoi. Dimmelo e
sarò tuo. Che aspetti? Dimmelo. Urlami contro quello che ti esplode dentro,
quello che provi quando mi vedi, quello che ti tortura. Siamo fatti della
stessa pasta. Io e te. Non puoi fingere.
Mi vuoi?
Sono qui, prendimi.
“E tu?”
“Io?” chiedi con aria innocente.
“Tu cosa puoi darmi?”
La domanda arriva troppo a bruciapelo,
troppo forzata. Troppo, troppo, troppo.
Non rispondi.
Ti sfiori il collo con una mano, giri
la testa, mi eviti.
“Chuck…”
Le parole ti escono a fatica, non sei
più la donna di prima, sei una bambina impaurita.
“Io… io…”
Lo pensi ma non lo dici. Dentro, dentro
di me, dentro di te. I sentimenti non sono fatti per noi. Siamo troppo
orgogliosi. Ed io sono stufo di aspettare la tua risposta. Ti sei giocata la
tua possibilità.
Avvicino la mia bocca al tuo viso. Così
vicini, così lontani. Le labbra che assaporano la stessa aria. L’istante è
passato. Mi ritraggo. La mano che lascia la tua, la musica che riacquista
forza, la mente che recupera il controllo.
Ti lascio, con il desiderio di quello che
potremmo essere. E mi allontano. Ancora. Scappo.
Giselle mi accoglie sorridendo. Le
porgo il calice di vino.
“Alla tua bellezza.”
Al suo coraggio.
Brindiamo.
A quello che perdo ogni volta che ti
vedo, a quello che anelo. Orgoglio, stupido orgoglio.