Capitolo Quarto
Non
sarebbe dovuta andare così. Avrei dovuto rimanerne
fuori, lui avrebbe ricevuto due o tre botte e la prossima volta sarebbe
stato
in grado di difendersi meglio. In ogni caso, avevo sbagliato comunque a
rispondere con la forza, le parole sarebbero state
un’alternativa migliore per
distrarli. Erano solo degli sciocchi analfabeti. Eppure in quel momento
era
nata in me una rabbia forte, incontrollabile. Mi ero sentita in dovere
di
difenderlo, come se fosse un oggetto di mia proprietà. Avevo
dimenticato le
persone che avrebbero potuto interpretare male la scena e di certo i
pettegolezzi avrebbero fatto presto pubblicità in tutta la
scuola. Avevo
dimenticato di essere affamata e quindi più irritabile. Mi
ero buttata, per
evitare che il mio cibo preferito venisse infastidito da un gruppo di
mosche
schifose.
Ed ora, eccomi qua. In mensa a fissare il vassoio
pieno
di spazzatura: un pezzo di pizza scadente anche per gli umani, un
cartone di
latte, una mela. Già, il frutto da cui Adamo è
stato ingannato si trova su un
vassoio sudicio che probabilmente lo farà andare a male
prima del tempo. Mi alzo
e butto tutto quanto, tranne appunto il vassoio, proprietà
della scuola. La
gente dei tavoli vicini mi guarda con curiosità, senza
capire il mio assoluto
schifo per qualunque cosa. Mi limito a scrollare le spalle, chi se ne
frega
della vostra dieta.
Poi lo vedo di nuovo. È seduto con i
suoi amici al tavolo
più chiassoso, ma non sembra farne parte. Infatti resta
zitto e immobile anche
quando una battuta scatena le risate di tutta la compagnia.
Chissà a cosa starà
pensando.. Durante la lezione di biologia non ha detto una sola parola
ed io
non ho potuto fare altro che stargli lontano il più
possibile, nonostante il
suo odore mi inebriasse sino a farmi star male..
Si
gira e guarda i tavoli attorno con precauzione, poi mi vede e rigira di
scatto
la testa per non incrociare il mio sguardo. Così per altre
due volte. Quando si
decide a fissare i suoi occhi nei miei rimane imbambolato e vorrei
tanto sapere
a cosa stia pensando, perché una faccia così
ridicola dovrebbe avere un motivo.
Rimane a fissarmi, aspetta che sia io la prima a guardare altrove, ma
forse non
ha capito con chi ha a che fare. Non tirare troppo la corda, potrebbe
rompersi.. Io non sono sempre buona..
Ha
fatto la più grande stupidagine della sua vita. Si
è alzato e tranquillamente
si è seduto di fronte a me, al mio tavolo.
“Ciao,
piacere Edward.” mi allunga la mano come fossi un suo vecchio
amico.
“Ciao.”
gli rispondo senza dimostrare più attenzione del dovuto.
Ritira la mano
velocemente, quando vede che non ho intenzione di stringergliela.
“E
tu come ti chiami?” sembra un bambino dell’asilo
nido alle prese con le prime
conoscenze. Poca esperienza, ma tanta cordialità.
“Isabella,
Bella per gli amici” ma quali amici? L’unico
vampiro che conosco è mio padre. Se può essere
considerato un amico lui, allora oserei dire che non mi manca
niente…
“Bene,
Bella..” mi considera già una sua amica? Andiamo
di male in peggio.. Ho forse
una faccia talmente affidabile da poter essere considerata amica? Di
certo mi
vorrà ringraziare per la scena e forse è per
questo che mi parla in tono così
confidenziale..
“..grazie
per quello che hai fatto stamattina..” sembra imbarazzato, ma
sincero. Si
guarda i piedi, inconsapevole di avere un chewing-gum sotto la scarpa.
“Niente,
lascia stare..” Ora te ne puoi anche andare, hai detto quello
che dovevi dire e
ti ho risposto.
“Ti
posso chiedere una cosa?” é ancora più
teso di prima.
“Si?”
Tutto quello che vuoi.. Ma smettila di starmi davanti, mi fai impazzire!
“Tu
per caso fai boxe o karate, o qualcosa del genere?” Ci crede
veramente a quello
che dice?
“No,
semplice difesa personale.” Si chiama 'fatti valere, o ti
schiacciano'.
“Wow,
sei davvero forte.”
“Grazie..”
Che cosa c’è da dire?
Per
fortuna mi salva il suono della campanella. Si ricorda che in un futuro
non molto lontano avrà
lezione di biologia con me, perciò ritorna dai suoi amici
con un saluto veloce.
Non si guarda indietro, non lo guardo. Mi rilasso quando sparisce dalla
mia
vista e mi affretto a uscire. Devo andare a cacciare. Non reggo
più la sete… E alla fine l'ho
conosciuto.
Clarisse
si affacciò con cautela alla finestra della casa della sua
amica. Dormiva, la
fronte mandida di sudore per la febbre che l’aveva indebolita
già da quella
notte e che ancora insisteva nonostante fossero le due del pomeriggio
passate,
di scuola neanche a parlarne.
Era
rimasta con lei anche nelle ore piccole, l’aveva vista
contorcersi per un
dolore di cui non capiva l’origine e urlare il suo nome;
l’aveva ascoltata
piangere ed era rimasta fuori, sul davanzale, a tentare di rassicurarla
con
sussurri dispersi nell’aria.
Si
affacciò per toccarla, per coprirla con le stesse coperte
che aveva
sballottolato in giro per il letto e che tocciavano il pavimento. Ma
poi ci
ripensò, il freddo della sua pelle al contatto con quella
febbrile di lei non
avrebbe aiutato le cose.
Tornò
sui suoi passi, e fu allora che l’addormentata
sembrò risvegliarsi.
“Chiudi
la finestra.. fa freddo..”
Non
l’aveva riconosciuta, non aveva neanche aperto gli occhi.
Aveva solo freddo.
Forse stava sognando. Ma il tempo di dirlo, e la finestra era
già sbarrata,
un’ombra che correva via decisa a cacciare qualcosa per dare
sfogo alla sete,
siccome col cuore non era ancora riuscita a combinare nulla.
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Emily cucinava davvero bene. Ogni volta che i
licantropi
dovevano parlare di questioni importanti preparava dei banchetti
deliziosi che
addolcivano un po’ l’umore di tutti. Sam la
ringraziava sempre baciandola
appassionatamente, anche di fronte a un pubblico di fischi e risatine.
Spesso
le cingeva la vita con un braccio e la accarezzava dolcemente con
l’altro,
sfiorandole le spalle, i capelli, il viso che lui stesso aveva
sfregiato.
A
causa di quest’ultimo, nonostante tutto l’amore che
provava per lei, si
riteneva un essere spregevole. Per averle fatto male in quel modo,
bisognava
proprio essere spregevoli. Era stato un idiota a perdere la calma tanto
facilmente e il caso non aveva di certo aiutato: lei gli era accanto,
ed ecco la sua faccia ricoperta di sangue, la sua espressione di
sgomento, di
orrore, dolore e paura allo stesso tempo. Non avrebbe mai dimenticato
quel
momento, il male che le aveva fatto e che poteva ancora farle, semmai
un giorno
avesse perso di nuovo le staffe.
La cosa che l’aveva più colpito, però,
era
stato il perdono da parte della ragazza. Qualsiasi altra donna sarebbe
scappata
via, non avrebbe voluto avere più niente a che fare con un
licantropo che
poteva ridurle il corpo a brandelli. Lei no. Appena si era ripresa dal
profondo
graffio facciale, si era guardata allo specchio e aveva visto che non
sarebbe
più stata la stessa. La sua bocca non avrebbe più
potuto dimostrare attraverso
un sorriso la sua solarità, perché ci sarebbe
sempre stato, da quel momento,
una smorfia a deviarle i lineamenti. Eppure accettava anche questo per
stargli accanto.
Lo amava, e lui amava lei con la stessa intensità. Erano
completi insieme,
l’incidente per lei non cambiava i suoi sentimenti. Cambiava
soltanto il suo
aspetto esteriore, ma aveva deciso che uno specchio non le serviva per
amare.
E così continuava a
strapazzarla di coccole, la sua anima gemella, la persona con cui aveva
raggiunto l’imprinting. E la prima vera ragazza della sua
vita. Certo, dopo
quella piccola storia con Leah.
“Allora Sam, cosa facciamo?”
Jacob lo risvegliò dai suoi
pensieri divaganti, evitandogli di ritorturarsi la coscienza.
“Avete detto che il succhiasangue ha un
amico della
tribù?”
“Si, è quello che abbiamo
sentito.” Embry si toccò il naso e
cacciò
un’occhiata furtiva nella direzione di Jacob, felice di avere
fatto squadra con
lui, nonostante la luna storta che aveva.
“Bene. Da domani ci divideremo in
quattro squadre e fiuteremo tutta La Push per trovarlo. Una
volta scoperto dove si trova, passeremo alla fase due: ci faremo dire
chi è il vampiro, dove vive e cosa vuole nel nostro
territorio. Probabilmente
potrebbe essere un amico degli Swan. In ogni caso, non avremmo alcun
motivo per
risparmiargli la vita se si dovesse azzardare a oltrepassare ancora il
nostro
confine.”
Jacob confermò il piano con un cenno
del capo, mantenendo
la sua serietà. Tutto il branco fu d’accordo e
dopo aver spazzato via il cibo
come niente, si procurarono scorte di energia adatte ad affrontare il
giorno
dopo.
Nota dell’autrice:
lo so, ci ho messo un bel po’ per
finire questo capitolo, ma spero che piaccia, anche a chi lo
leggerà di
sfuggita. La cosa che mi preme di più dire è
questo: Recensite! Ho bisogno
delle vostre recensioni per capire
un po’ quello che soddisfo o non soddisfo con i miei
capitoli… Grazie!
Un ringraziamento speciale a Mix, che mi sostiene
e mi
incita sempre a continuare.
Ti voglio bene! ^_^