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Autore: MaryKei_Hishi    13/11/2009    2 recensioni
Lui, era un ragazzo strano, un ragazzo di una grande città, trasferito in una cittadina piccola come quella in cui sono nato per qualche motivo sconosciuto a chiunque. Era arrivato nella nostra scuola a semestre iniziato, non dava confidenza a nessuno ne era propenso ad instaurare rapporti d'amicizia con alcuno. Lui era.. come avvolto da un alone di mistero affascinante e seducente.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XII:

Trapnest.

 

 

Vincent era una persona estremamente complicata; va curato dalle proprie ferite auto inflitte, va coccolato -a modo suo ovviamente-, va curato quasi come se fosse un animaletto domestico o una pianta da soggiorno.

Ignorare Vincent equivale ad ucciderlo.

 

A lui va bene anche essere odiato, da quel che ho capito di lui deve in ogni modo suscitare qualcosa nel prossimo, che sia anche l'odio più profondo.

Per lui è meglio un insulto, il detestarlo, l'odiarlo pur che siano cose che prevedono la sua presenza in un pensiero altrui; come se tutto ciò fosse a dimostrazione della sua esistenza. Non prenderlo in considerazione vuol dire fargli del male.

Lui come tutti gli altri esseri umani vuole sentirsi vivo e nel suo modo distorto di vedere vita e affini scaturire sentimenti -positivi o negativi che siano- nel prossimo è il modo per sentirsi tale; lui fa di tutto purché gli altri lo facciano sentire tale e sono certo che non è sicuro di scaturire nel prossimo sentimenti positivi nei suoi confronti e per quello calca la mano per farsi detestare.

Per quel che so io Vincent è sempre stato invisibile per la persona della quale realmente gli interessava essere osservato e credo che essere invisibile anche per gli altri credo lo ucciderebbe.

 

Questo l'ho capito un venerdì, dopo un intera settimana di assenza da scuola che lui aveva fatto e dopo una chiamata di Victor. Mi aveva detto che aveva provato a chiamare Vincent sul cellulare e che questi era spento; cosa mai successa: Vincent il cellulare lo teneva perennemente acceso. Giorno e notte, sempre. Anche mentre ricaricava la batteria: sempre.

 

Quando compresi quel che mi stava dicendo il cervello andò a mille in automatico e il panico mi colse entrandomi nel corpo tanto da trascinare anche Nelson a casa dello zio di Vincent.

 

 

Sembrava non esserci nessuno a casa; sicuramente lo zio era al lavoro, ma lui? Dove poteva essere lui?

Il campanello sembrava suonare muto in quella casa e noi continuavamo a suonare, imperterriti, nella speranza che infastidito ci rispondesse, anche solo con un “vaffanculo” o meglio: io lo speravo, Nelson probabilmente no ma non aveva il ben che minimo coraggio di dirmelo, ne sono certo. Aveva capito fin troppo bene che ero seriamente preoccupato. Iniziavo a capire il codice comportamentale di Vincent e di Victor e intravedevo tra le parole che si scambiavano un discorso più ampio fatto di consuetudini private. Standoci tanto a contatto iniziavo a vedere quel che vedevano loro e a comprenderlo per una minima parte, per lo meno.

Forse Nelson non mi diceva niente per altri motivi che, pensati un po' meno malignamente, mi portavano ad avanzare l'ipotesi che anche lui avesse interpretato le ultime parole che ci aveva rivolto come un addio ad entrambi. Un ammissione di colpa che lo vedeva vittima di rovinare le cose a cui si avvicinava.

 

Dopo un tempo che non so quantificare la serratura scattò e lui ci aprì: aveva un aspetto orribile.

Pallido come un cadavere e dalle pronunciate occhiaie che gli deturpavano tutta la sua bellezza. Sembrava il fantasma di se stesso.

 

Era il fantasma di se stesso.

 

Non ci disse nulla, ci aprì semplicemente la porta lasciandoci l'entrata libera, non fui nemmeno sicuro che avesse visto chi eravamo. In pochi passi  tornò sul divano era pacato nei suoi movimenti, fin troppo per un tipo esuberante come lui.

 

Mi venne automatico pormi una domanda: se qualcun altro avesse avuto la mia stessa insistenza nel suonare al campanello, gli avrebbe comunque aperto?

Probabilmente l'avrebbe fatto per non sentire quel trillo insistente.

 

-Ehi, Vin..?-

 

Continuò a non prestarci attenzione.

Sia io che Nelson entrammo in casa sua vagando con lo sguardo: sul divano sembrava esserci tutto l'indispensabile per garantire sopravvivenza; telecomandi -di TV e DVD- custodie di film presi a noleggio; c'era anche una rivista di giochi matematici, sudoku e affini e visto e considerato che anche il quiz in copertina era stato risolto mi venne naturale pensare che tutti quelli interni fossero nel medesimo stato.

 

Nelson ben presto andò via sentendosi presumibilmente un pesce fuor d'acqua con me e Vincent. Io non mi trovavo in una bella situazione e non sapevo che fare, ne tanto meno ero in grado di gestire Vincent. Non avevo la più pallida idea su cosa fare o cosa dire, in fondo io non sono mai stato Victor, sono sempre stato un palliativo alla sua lontananza.

 

Mi misi seduto sul divano vicino a lui.

 

-Che cosa c'è che non va?-

-Tutto.-

Mi rispose caustico, come se dovesse essere ovvio quello non andava.

-Tutto?-

-Sì.-

-E che fine ha fatto il “fottitene del mondo”?-

-È andato a fanculo. -

Quella risposta avrei dovuto immaginarla...

Il tono con cui rispondeva alle mie domande mi fece gelare il sangue nelle vene; non sembrava un tono di voce, era privo di tonalità, quelle risposte erano prive di vita, erano solo un indotto alle mie domande.

-Fa strano vederti così, sai?-

 

Senza rispondere mi guardò, mi sorpresi e non poco di costatare che aveva gli occhi lucidi.

 

Fisicamente non avevo mai visto Vincent piangere.

 

-Vorrei chiudere gli occhi e riaprirli tra due anni. Così che io possa andarmene da tuta la merda che mi circonda. Non voglio la luna Will. Voglio un lavoro e una casa mia da dividere con Victor. -

 

Mi si mozzò il respiro a sentirlo parlare così, c'era disperazione in ogni parola che pronunciava. Una disperazione mista a pazzia che gli aveva indotto la sua famiglia.

Era un discorso così distorto, il suo: un posto in cui sentirsi bene. Quello che voleva e quello che nella normalità doveva aver già avuto. Eppure lui lo cercava così disperatamente quel posto solo per lui dove trovare affetto. Io ce l'avevo quel posto: era la mia famiglia, Nelson anche lo aveva e relativamente anche Victor. Lui non lo aveva ma lo desiderava con tutto se stesso.

 

Ma un ragazzo della nostra età doveva cercarlo o gli era dovuto?

 

Nella normalità di una famiglia doveva esserci.

 

-Vin... Devi dare tempo al tempo; due anni passano in fretta.-

 

Gli dissi senza realmente crederlo, due anni sono un enormità di tempo, ma non potevo distruggerlo compatendolo.

In quel frangente Vincent mi sembrava un bambino che sognava un mondo diverso, dove tutto per lui era bello; un bambino che voleva un papà.

 

-È da quando è morto Horge che aspetto. È  solo per colpa sua.-

-Sua di Horge?- Non compresi.

Negò dicendomi che si riferiva a suo padre.

-Vin, che cosa è successo dopo che è morto Horge?-

Guardò a sinistra vagando nei ricordi, si morse le labbra rientrando in quel periodo con la mente e iniziò a torturarsi una manica stringendone il tessuto tra i polpastrelli.

 

-Quando è morto ho avuto paura di diventare invisibile. Che lui non mi guardasse che non mi considerasse; avrei voluto assomigliare ad Horge, invece non ci somigliavamo per niente. Lui era speciale per papà; io no. A volte ho pensato che se Horge non ci fosse mai stato le avrei avute io le attenzioni che papà riservava a lui.-

 

Ad ascoltarlo mi si drizzarono i peli delle braccia.

 

-Vin?.-

-Io volevo solo che papà mi guardasse..-

 

Quella frase mi inquietò moltissimo: perché mi sapeva tanto di “confessione”?

Non poteva essere possibile; io dovevo avere una mente perversa solo per aver pensato ad una cosa del genere.

Lo abbracciai e lui di fece stringere bisognoso di qualcuno che scaldasse la sua anima infreddolita anche se non ero io quello da cui voleva essere abbracciato e sta volta non era nemmeno desideroso di riceverlo da Victor, l'abbraccio.

 

Guardandolo vedevo un predatore leccarsi le ferite, sperando che gli guarissero in fretta, quelle ferite dell'anima.

 

Passò tanto tempo che fuori divenne scuro.

Mi prese per mano e mi condusse in camera sua mettendosi poi seduto sul letto, ero di fronte a lui che ancora mi teneva per un angolo della maglia, lo tirò appena facendomi intendere che voleva lo raggiungessi sul letto. Feci come voleva e si avvicinò a baciarmi. Fu uno sfiorarsi di labbra, un bacio che non avevo mai pensato potesse provenire da Vincent. Non mi era mai sembrato il tipo, lui era più da baci bagnati.

Quel bacio non fu nulla di erotico o volgare e me ne sorpresi, non credevo che vin ne fosse capace.

Furono tutte molto lente le azioni che seguirono; lente e consolidate. Tanto che non mi resi conto che aveva iniziato a stendersi trascinandomi con lui tra le lenzuola.

Si limitò a stendersi sul proprio materasso e a volermi vicino  a lui; sopra a lui come se fossi una coperta di protezione.

Mi limitai a dargli il mio calore in uno scambio al limite dell'equo accarezzandogli il collo mentre respiravo il suo stesso respiro.

Le mie carezze scesero un poco e lui cominciò a sbottonarsi la casacca del pigiama mostrandomi il suo corpo minuto; la sua pelle ormai era tornata bianchissima.

Passai un dito sui suoi pettorali delineando ogni piccolo muscolo di quella zona e sentii che lui ad ogni mio tocco fremeva.

Scesi a solleticargli l'addome mentre le nostre bocche continuavano a congiungersi. Gli baciai il collo quando arrivai con la mano alle sue anche.

Le solleticai appena intrufolandomi al di sotto dell'elastico del pantalone che indossava.

Iniziai ad abbassarlo lentamente e lui mi facilitò i movimenti alzando il bacino; guardai distrattamente la sua zona inguinale e scorsi di sfuggita dei segni rossi che aveva tra le cosce, sembravano dei graffi accennati, li toccai appena e lui si inarcò tutto.

 

-Che cosa sono?-

 

Non mi rispose tirandomi per la maglia affinché tornassi con il volto vicino al suo.

Mi spostai salendogli sopra; in quel momento lui allargò le gambe e me le strinse poi sui fianchi; lo sentii vicino a me per la prima volta, irrimediabilmente vicino a me.

 

Mi intrappolò per i capelli curvando il collo a destra, lo presi per un invito e iniziai a baciargli quella parte di collo ostentata. Lo sentii fremere nuovamente mentre rinsaldava la stretta ai miei capelli.

 

Si mosse arrivando con le mani ai miei pantaloni iniziando a tastoni a slacciarmi la cinta per  poi tirare un lembo di stoffa affinché i bottoni uscissero dalle asole.

 

Mi alzai da lui e mugolò contrariato, scesi i pantaloni lasciandoli calati a metà coscia; mi prese per il collo della maglia facendomi tornare vicino a lui stringendomi di più le gambe attorno ai fianchi.

 

A dispetto dei pensieri di Nelson, che mi vedevano protagonista di chissà quali animalesche scopate con lui quella era realmente la prima volta che eravamo così prossimi dal farlo.

 

Quando entrai in lui sentii che era caldo, che si muoveva venendo in contro ai miei movimenti  e che gli piaceva; tanto.

Era tutto un sussurro soffocato e ansante, la sua voce usciva roca e incredibilmente bassa, quasi graffiata, tanto che non sembrava  lui.

Lo guardai, era bellissimo: guance arrossate e fronte imperlata di sudore, i capelli gli si erano arricciati e appiccicati sul viso; gliene spostai una ciocca baciandolo e assaggiandogli la pelle salata.

 

Vincent era uno spettacolo da vedere e sentire e io gli avevo dato la mia verginità.

 

 

Proprio mentre eravamo ancora stesi sul suo letto, vicini e sporchi di noi il mio cellulare squillò, era a terra poco distante dal letto, evidentemente nei vari movimenti era scivolato dalla tasca dei pantaloni ed era rotolato a terra.

Lui lo raccolse rispondendo
-Signora mamma- Passò del tempo che lui annuì.-Sì è qui glielo passo subito.-

Mi fece una sorta di ramanzina sull'avvertire quando e se rientravo tardi seguita da tanti altri bla che non sentii minimamente, aveva ragione non potevo darle torto, cosa che poi, se avessi fatto, avrebbe allungato non di poco il suo giusto discorso.

Ero steso vicino a Vincent mentre lei continuava a parlare, con ancora gli strascichi dell'orgasmo in corpo e nel cervello, non era proprio cosa né starla a sentire né, tanto meno, controbattere, in quel momento.

 

Attaccai stendendomi accanto a lui, era caldo, fin troppo. I suoi amanti santuari godevano sempre del suo calore? Era un caldo bello, quasi rassicurante, quello che senti la mattina quando ti svegli non vorresti lasciare nel letto e che se non senti più vicino a te, sempre nel letto ti svegli in automatico per tastare il letto e sentire che non c'è; aprire gli occhi e chiederti: dov'è il mio calore? E cercarlo per casa.

 

Cosa che probabilmente avrebbe fatto con Victor -e viceversa- in un domani che li vedeva  convivere.

 

Quando si poggiò con la testa sul mio petto gli carezzai i capelli e lui sospirò, mi venne da chiedergli come fossi andato, ma non lo feci, era decisamente una cosa squallida da chiedere.

Ripensai a quando avevo iniziato ad accarezzargli il corpo, ai segni a cui non avevo dato peso. La maglia del pigiama ormai gli copriva solo le braccia del suo corpo e mi lasciava intravedere che quegli stessi segni li aveva anche sui fianchi e vicino all'ombelico.

Glieli toccai piano e lui si retrasse ai miei tocchi sgridandomi di non toccarli.

 

-Che cosa sono vin?-

 

Non mi rispose muovendosi fino a salirmi sopra a cavalcioni mostrandomi la perfezione del suo corpo terreno.

Si adagiò sulle mie forme in un incastro perfetto tanto che meschinamente pensai che fosse fatto appositamente per quello.

 

-Non sono niente, rimani a dormire qui? Sei caldo.-

 

Si mosse lievemente su di me ondeggiando sulle mie anche, si teneva con le mani sulle mie spalle muovendosi tutto nel tentativo di convincermi per indotto sessuale.

 

-Vincent non fare il bambino, che cosa sono?.-

 

Si fermò all'istante scendendo dal mio corpo. Capendo, evidentemente, che non avrei ceduto se pur la tentazione era a livelli indecenti.

Si stese nuovamente accanto a me, usando i miei pettorali come cuscino, con una mano iniziò a tracciare linee distorte partendo dalla spalla arrivando all'areola del capezzolo; anche la mia maglietta era andata mentre lo facevamo, avrei dovuto cercarla per vedere dove fosse finita.

-Ero arrabbiato.-

 

Disse dal nulla dopo un tempo indefinito che si era preso per rispondere.

 

-E..? - Lo incitai a continuare accarezzandogli la testa.

-E niente, ero qui solo e arrabbiato con me stesso.-

-Ti sei graffiato?!-

 

Si guardò uno dei segni rossi, lo toccò appena inarcando le sopracciglia -Non è nemmeno uscito il sangue.-

 

-Perché eri arrabbiato?- Ignorai la sua noncuranza per quel che aveva fatto continuando la mia indagine profana.

 

Lui si alzò mettendosi seduto sul ciglio del letto, non mi rispose raccogliendo i propri boxer. Li infilò prendendo poi dal pavimenti anche la mia maglia, me la tirò addosso dicendomi di andarmene.

...Ma come?! Non mi aveva appena chiesto di rimanere?

-Entro in un discorso che non ti va di sentire e scappi, Vin?

-Non sto scappando.-

-Stai intimando me di andarmene, è la stessa cosa.-

-Tu non sai niente, non puoi permetterti di parlare.-

-Tra te e Victor non fate altro che ripetermelo! Che io non so niente e che non posso comprendere. Rendimi partecipe allora! Come fai a sapere a priori che io non comprenderei? Non pensare di conoscermi così bene vin, siamo allo stesso livello.-

-Sei proprio un ragazzino.-

 

Me lo disse con uno sguardo fermo tanto che mi diede l'impressione che se solo ne avesse avuto le facoltà mi avrebbe eliminato. Si mise in ginocchio sul letto gattonando verso di me; mi si mise a cavalcioni sopra, aveva la testa bassa, non riuscivo a guardarlo negli occhi, la frangia glieli copriva.

 

Si abbassò su di me venendo a contatto con il mio bacino facendomi vedere bianco per un secondo.

-Facciamolo di nuovo.-Alzò lo sguardo e mi impaurii vedendolo; sembravano gli occhi di un predatore affamato.

-No.-

Feci per togliermelo di dosso spintonandolo per le spalle, lui mi prese i polsi e me li bloccò sul cuscino, scese a rinsaldare la presa poggiando sulla presa sui miei polsi tutto il suo peso avvicinandosi con il busto al mio.

Mi morse una spalla e ovviamente continuai nei tentativi per divincolarmi.

Quel suo comportamento mi mandò nel panico più totale, mi sentivo bloccato su un letto e a prescindere che era lui a bloccarmi la sensazione che mi dava non mi piaceva per niente.

Ero più grosso e pesante di lui, senza contare che ero più forte. Passato il primo momento di panico, sensazione che aveva annullato tutte e tre le cose nella mia mente lasciandomi in balia di un fuscello, me lo tolsi di peso da dosso.

 

In un attimo scesi dal letto allontanandomi di qualche passo da lui mentre con movimenti frettolosi rimettevo apposto i miei vestiti.

Lui era rimasto seduto intento a guardare le lenzuola sfatte e sporche di bello; perché prima lo era stato, bello; bellissimo e lui aveva rovinato tutto. E se ne rendeva conto.

 

Guardava le coperte e sembrava distante con la mente, i suoi pensieri irraggiungibili per un comune mortale come me lo stavano riempiendo. Non ebbi cuore di lasciarlo così, la paura e la rabbia mi erano passate e mi avvicinai di nuovo al letto, lentamente, quasi a voler tastare il terreno.

Vestito mi sedetti sul letto, vicino a lui; i nostri corpi non venivano a contatto e se non l'avessi guardato, per quanto era silenzioso anche nel respirare, avrei giurato che fossi stato solo.

Con un gesto prese il lenzuolo coprendosi e a me sembrò un antico romano vestito dalla propria toga candida. Era bellissimo e dannato.

 

-Ti va di essere sincero con me per una volta?-

Tralasciai di puntualizzare che no, non ero un ragazzino e che tra i due, anche se lui era più grande di me, il ragazzino sembrava lui.

 

Stette in silenzi per parecchi attimi interminabili, si mosse in fruscio passandosi una mano sul collo, carezzandolo lievemente.

 

-Dopo che è morto Horge è tutto cambiato; nel tutto sono compreso anche io.- fece una pausa sospirando. -Non mi piace parlare di queste cose.- puntualizzò ma poi riprese a parlare senza che io lo incitassi, forse non era abituato a domande del genere perché nessuno si era mai interessato a porgergliele.

-Forse sono proprio quello che è cambiato di più. Ho sempre ottenuto qualsiasi cosa, tranne, ovviamente, l'unica cosa che volevo in maniera più forte delle altre. Un papà, Horge lo aveva; io no.-

Temetti due cose opposte: di non aver capito nulla del suo discorso e di aver capito fin troppo bene, e non riuscii a decidermi su quale delle due opzioni fosse la peggiore.

 

-Ti ascolto.-

 

Lo incitai a continuare.

 

-per qualche tempo- emise un risolino divertito puramente sarcastico misto a pietà che stava rivolgendo a se stesso –fui contento che era morto. Davvero.-

Lo vidi afferrarsi il braccio e stringerlo senza pietà. Faceva male parlare di suo fratello, così tanto male? Gli presi la mano che stava usando per ferirsi e la strinsi nella mia. Lo guardai in viso, il suo era rivolto altrove. Quella era la vera forma di Vincent, quella più intima che si prova vergogna a mostrare.

Mi avvicinai di più al suo corpo, lo feci stendere e mi misi accanto a lui, steso, ci mise un secondo ad avvicinarsi a me per accoccolarsi al mio petto. Era strano da pensare se si trattava di Vincent.

Gli tenevo ancora la mano e gliela accarezzavo con dei movimenti del pollice lisciandogli il dorso.

-non serve a nulla fare così.-

-compresi che io potevo essere solo un corpo di carne da toccare ad occhi chiusi immaginando Horge.-

 

vidi la pelle delle sue braccia accapponarsi per un pensiero che probabilmente non mi aveva rivelato lasciandolo intrappolato nella sua mente.

 

-Tu non sei un corpo di carne, cioè Vin lo sei, come tutti gli altri esseri umani, ma non sei un corpo vuoto. Sei pieno. Di te stesso.-

 

era chiaro che, in quel racconto, c'erano particolari che non mi aveva detto e che erano l'anello di congiunzione tra Vincent  e il suo dolore.

Un dolore che aveva imparato ad ignorare usandosi.

 

-al funerale tutti hanno pensato che stessi male per la sua perdita.-

 

rise ironicamente per poi continuare. -gli volevo bene, ma non fino a tremare impaurito su una panca in una chiesa. Non avevo coraggio di guardare lui, non osavo alzare la testa per timore di vedere il suo dolore. C'era tanta gente che io non avevo mai nemmeno visto e nella confusione io me ne stavo in un angolo, seduto su un divanetto. Poi arrivò Victor che mi portò via, a casa sua. E lì ci ubriacammo da morire, vomitai per tutta la notte. Ovviamente il giorno dopo ci subimmo due ramanzine da far girare la testa a chiunque. A lui non è fregato niente però perché aveva fatto una cosa bellissima.-

 

annuii -nel vostro mondo deve essere stata bellissima.-

-sì, nel nostro mondo lo è stata.- sospirò -mio padre si arrabbiò tantissimo perché Victor mi aveva portato via nel dopo cerimonia, dove tutta l'ipocrisia si concentrava in una stanza, ma ero troppo ubriaco per rendermene conto, gli risi in faccia.-

-tu sei pazzo Vincent.-

 

sorrise arricciando un angolo della bocca dicendomi che probabilmente lo era.

 

-lui non veniva da me e io stavo morendo. Ti giuro.-

 

-che successe poi?-

-fui io ad andare da lui. Molto semplicemente. Dopo una settimana di attese, allo stremo delle mie forse andai da lui. Poi ovviamente andai a dirlo a Victor. Non riuscivo a smettere di sorridere.-

 

mi feci mentalmente due conti su quel che mi aveva detto e la sua persona. Qualcosa continuava a non tornare.

 

-perché poi si è deteriorato tutto?-

-perché ero solo un sostituto. Tolto Horge io non sono diventato il primo, ma la scorta del primo che non c'era più. Quando... cazzo fa ancora male. Quando l'ho capito ho mandato a fanculo il mondo, me stesso compreso.-

 

io invece compresi un altra cosa: era in ogni gesto, ogni pensiero, in ogni suo respiro che Vincent si faceva del male. Non volli accettare l'induzione a tutti quei pensieri che rispondeva alla domande perché lui se ne facesse. Non volevo pensare di avere un piccolo assassino tra le braccia.

 

 

 

 

Note finali: mi scuso con voi tutti per il ritardo ai limiti della decenza. Anzi, togliamo anche “ al limite” l’ho decisamente passato. Spero che con il capitolo mi sia fatta perdonare!

Grazie a tutti di leggere!

   
 
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