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Autore: Bardunfula    15/11/2009    1 recensioni
Devo parte dell’ispirazione per questa fanfiction a ‘The Portrait of the Unknown One’, una fanfiction che l’utente Lemondropseverus ha pubblicato sul sito www.fanfiction.net .
Il resto è opera mia.
La fiction è ambientata nell'Inghilterra di Enrico VII, ma non segue necessariamente il corso 'veritiero' degli avvenimenti storici che tutti noi conosciamo.
Caterina d'Aragona ed Enrico Tudor sono sposati da cinque anni. Hanno già una primogenita, Maria, e sono in attesa del loro secondogenito.
Sarà, finalmente, un maschio?
I personaggi della fic, alcuni sono realmente esistiti, altri no.
Buona lettura, e commentate :)
Genere: Generale, Storico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Tudor/Inghilterra
Capitoli:
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A Queen's Daughter - Rings of fire

Londra, Gennaio 1529 – Rings of fire

 
“Hai capito bene?”
“Sì, madre. Come volete, madre.”
“Bene, puoi andare ora..” Ordinò Caterina. Isabel annuì e poi, dopo aver fatto la solita riverenza, si avviò verso l’uscita.
“Tutto bene, mia signora?” chiese Maria de Salinas, amica decennale di Caterina, fin dai tempi della sua infanzia. Il sospiro della Regina fu talmente forte che arrivò alle orecchie della fanciulla, che era ormai fuori dalla porta. “Quella peste vi sta facendo impazzire, vero?” Chiese di nuovo Maria.
Isabel, fuori dalla porta sentì il sangue gelarsi nelle vene ed il cuore fermarsi. Sapeva bene che avrebbe dovuto andare via immediatamente e non origliare, ed invece si fermò, troppo interessata per comportarsi da brava signorina.
“Sì, Maria. Ma se crede di farmi diventare pazza, aspetterà mille anni. Io non sono mia sorella.” Rispose alla fine la Sovrana. “Da quando è tornata dopo il suo soggiorno fuori Londra, è diventata ancor più insopportabile. Non fa che mettersi sulla mia strada, di continuo. Deve ringraziare che il suo legame con il Re mi impedisca di commettere qualche sciocchezza, perché altrimenti vi assicuro che ci penserebbe due volte prima di comportarsi come sta facendo, da quella svergognata che non è altra!! Ci provi solo un’altra volta a mancarmi di rispetto come ha fatto qualche giorno fa. Vi giuro che le darò una lezione di quelle che non dimenticherà mai!!” Aggiunse con piglio da vera leonessa.
Sgomenta e terrorizzata, Isabel si addossò alla parete. Sua madre la detestava e meditava di darle addirittura una lezione esemplare se ne avesse combinato un’altra delle sue. Sentendo dei passi e pensando che lady Willoughby o sua madre stessero uscendo dalla stanza, si affrettò ad andare via.
“Quella Bolena è davvero una sgualdrina. Non ha nemmeno la classe che ci vuole in queste circostanze, né la discrezione indispensabile per non finire sulla bocca di tutti. Quanto poi alla sua moralità, meglio non parlarne. Per tacere del fatto che da un po’ di giorni ronza intorno alla piccola Isabel, come farebbe solo e soltanto un avvoltoio.” Disse la nobildonna spagnola, rivelando il vero soggetto della loro conversazione.
“Maria, non dannate la vostra anima parlando di quella donnaccia.” Rispose Caterina. “E se solo si azzarda ad avvicinarsi ad Isabel, vi assicuro che quella cagna rimpiangerà d’aver visto la luce.. Deve solo provare a respirarle accanto..” Aggiunse furente, stringendo nelle mani la camicia di Enrico che stava terminando di rifinire.

 

 
“Principessa, vostra madre è qui..” annunciò lady Thorston, una delle dame di Isabel. La fanciulla annuì e deglutì, cercando di calmarsi. Per tutto il giorno era stata in camera sua, sia perché la giornata era molto fredda e non invogliava né alle passeggiate né ad altre attività, sia perché, dopo aver sentito i discorsi fra lei e lady Willoughby, aveva paura di entrare in rotta di collisione con sua madre. Pochi istanti dopo, Caterina entrò nella stanza della figlia. Fatti pochi passi si fermò ad ammirarla. Il vestito in velluto blu e broccato con fili di seta rosa antico le stava una meraviglia. Da che era ritornata a Greenwich poi, Isabel aveva ripreso qualche chilo e stava decisamente meglio. Caterina le andò di fronte e le sorrise, prendendole il volto fra le mani.
“Amore mio, sei bellissima..” Le disse guardandola teneramente e baciandole la fronte. Isabel si lasciò coccolare, troppo stupita per risponderle. Che fine aveva fatto il piglio battagliero della mattina? Possibile che avesse capito male e si fosse immaginata di aver sentito quelle frasi tremende?
“Grazie, madre..” Mormorò a voce bassa, arrossendo un po’. Caterina  la sentì divincolarsi e fece due passi indietro, fissandola in volto.
“Angelo mio, stai bene? Non hai la febbre vero?” Chiese, improvvisamente preoccupata, posando immediatamente le labbra sulla fronte della figlia e controllando la temperatura del collo con le mani. “No, grazie a Dio. Sembra che tu stia bene, mi preciosa.” Si rispose da sola, tornando a guardarla e sorriderle di cuore. “Te la senti di partecipare a questa festa? Oggi non ti ho vista tutto il giorno; sei sicura di avere voglia?” Le chiese. Isabel la guardò senza riuscire a nascondere la propria confusione. Quella mattina si era lasciata andare a delle dichiarazioni di fuoco, ed ora era tutt’una dolcezza.
“Oggi faceva freddo e non ho avuto molta voglia di passeggiare per il palazzo. Se non do fastidio mi piacerebbe esserci, madre..” Spiegò e poi mormorò titubante, cercando ancora di capir se quelle frasi se l’era sognate oppure no.
“Fastidio?” La guardò Caterina, quasi scandalizzata da quella affermazione. “Amore mio, ma a chi dovresti dare fastidio!? Tuo padre è letteralmente al settimo cielo da quando sei tornata, ed io.. io.. non ci sono parole per dire quanto sia contenta che tu sia qui, bambina mia. Tesoro mio..” Continuò Caterina, abbracciandola forte e affondando le labbra nei suoi capelli, stando attenta a non rovinarle l’incantevole pettinatura. Dimentica del fatto che non l’aveva vista per tutto il giorno, la Regina si scostò bruscamente e la guardò con attenzione. “Mi cielo, qualcuno ti ha forse detto qualcosa in proposito, o ti ha fatto capire che la tua presenza non è gradita?” Chiese prendendole il viso fra le mani.
“No. No, madre, davvero..” Rispose Isabel, cercando di convincerla e unendo la fermezza della sua voce ad un sorriso, benché leggero. Caterina a quelle parole si tranquillizzò e si chinò per darle un altro bacio sulla fronte.
“Allora se sei pronta, andiamo..” Le disse.

 
“E’ venuta anche stasera..”
“Sì, proprio non riesce a stare fuori dai piedi..”
“Maestà, temo dovrete esercitare la vostra pazienza più di quanto pensavate..”
“Temo anche io, cara Maria. Ho fatto di tutto per capire se ci fossero i margini per una sua assenza, ma a quanto pare la fanciulla non vuole proprio capire.. Se penso che ho dovuto pure abbassarmi a dirle che era bellissima e che così vestita e pettinata stava bene..”
“Immagino quanto vi sia costato..”
“Non avrò pace, fino a che non avrà capito che deve stare al suo posto. Vi assicuro che lo capirà, come è vero che sono la figlia di Isabella e Ferdinando.”
Dopo queste parole atroci, Isabel, nonostante una leggera stanchezza, accettò l’invito di sir Anthony Knivert di ballare una pavana. Avrebbe fatto qualunque cosa pur di non stare lì a sentire quello che diceva di lei sua madre.
“Non mi sarei mai permesso di invitarvi per una gagliarda, dopo la febbre delle scorse settimane.” Le disse lui, mentre ballavano. Isabel lo guardò e gli sorrise.
“Siete davvero gentile, signore..” Mormorò arrossendo.
Dall’altra parte della sala, Enrico e Caterina li osservavano.
“Nostra figlia è splendida..” Riconobbe il Sovrano. “E devo ammettere che stare qui è per lei meglio che star lontana. Credo che la vostra presenza sia importante per lei, Caterina. Isabel ha sempre avuto un legame speciale con te. Si fida di te, ti cerca di continuo, ti guarda con occhi diversi.” Aggiunse, passando ad una maggiore familiarità. La Regina si voltò verso il marito con occhi pieni di gioia per quanto stava vedendo, ed anche lusingata dalle sue parole.
“Non so se sia la mia presenza, Enrico. Vederla così dopo..” Si interruppe stringendo con una mano il bracciolo della sedia, fino a che le nocche le divennero bianche. “.. quello che ha passato, povera creatura, è la mia gioia più grande. Ho speranza che Maria diventi un’ottima Regina e che possa avere una vita piena di molte soddisfazioni; per la piccola Isabel desidero tutta la serenità e la gioia possibile.. Mi sembra ancora un miracolo che sorrida..” Rifletté non riuscendo a staccare gli occhi dalla figlia, che nel frattempo dopo la pavana, aveva iniziato a ballare sempre con sir Anthony una gagliarda, a dispetto della stanchezza.
“Già. Mi sembra inverosimile che abbia dovuto subire delle punizioni corporali dai suoi stessi insegnanti e dalle sue dame..” Disse sconsolato Enrico. “Mai mi era capitato di sbagliare a questo modo verso delle persone.” Riconobbe. Caterina lo guardò stupita. Una ammissione di quel tipo era per lui un fatto straordinario. Sollecita, la Regina gli posò la mano sul polso.
“Amore mio, non ha senso angustiarsi e darsi la croce ora. A volte diamo fiducia a persone che non la meritano assolutamente.” Rispose, consolandolo ed ammonendolo al tempo stesso, lanciando un’occhiata di fuoco alla sgualdrinella dei Bolena, che ballava con suo fratello George, proprio dietro Isabel e Anthony. “L’importante è capire nel più breve tempo possibile, e porvi rimedio all’istante, estirpando e bruciando la mala pianta..”
In quel momento la gagliarda terminò e tutti i ballerini si rivolsero in direzione dei sovrani, per salutarli. Gli occhi di Isabel incrociarono lo sguardo materno e la sua espressione furente. A quel punto per la ragazza fu difficile credere che la madre non si stesse riferendo a lei. Assieme a tutti i ballerini fece la riverenza al Sovrano, e poi si voltò verso sua madre. Mentre però il piccolo gruppo eseguiva una seconda riverenza, profonda e rispettosa quanto la prima, Isabel accennò appena un cenno di saluto con il capo.
Era un gesto di una gravità e di una scorrettezza inaudite, soprattutto fatto senza alcuna apparente motivazione e nientemeno che verso la Regina. Enrico fulminò la figlia con lo sguardo, mentre Caterina, troppo sgomenta per fare qualsiasi cosa, aveva ancora gli occhi spalancati. La corte proruppe in un ‘Ooh’ generale, che per quanto sommesso, non fu certo inudito dall’oggetto di quella mancanza. Il Re, per stemperare la situazione si alzò e fece cenno ai musicisti di riprendere a suonare. In pochi istanti la musica riprese e l’incidente, almeno in apparenza fu, se non dimenticato, di certo lasciato alle spalle.
Mentre Anna sorrideva compiaciuta per quel gesto, e già metteva in moto il cervello per capire come avvicinare Isabel e farne un’alleata, Enrico si diresse a passo veloce verso la figlia, la prese per un braccio e, senza troppi complimenti, la trascinò via di lì, portandola in una sala appartata.
Caterina rimase ferma dove era. Non riusciva a capacitarsi di quant’era appena avvenuto. Le sembrava del tutto assurdo che Isabel avesse volontariamente fatto una cosa simile. All’improvviso pensò che stesse male. Immediatamente si alzò, seguita a ruota dalle sue dame, ed uscì dalla sala. Dopo alcuni giri trovò il marito e la figlia che, rossa in viso, stava proprio dicendo che non si era sentita bene. A Caterina poco mancò che saltasse il cuore dallo spavento. Senza curarsi di interrompere la filippica preoccupata del Sovrano, entrò nella piccola sala, andando verso la figlia.
“Tesoro, come ti senti?” Chiese, preoccupatissima.
Isabel, ancora in piena adrenalina per l’azione che aveva osato fare pochi minuti prima, non riuscì nemmeno a risponderle. Il viso e l’espressione della madre esprimevano una preoccupazione troppo genuina e spontanea perché fosse opera di un artificio, ne era consapevole. Ma allora perché quello sguardo tremendo poco prima? E perché lei sentiva quella enorme confusione?
Anche con la madre usò la medesima scusa usata con il padre.
“Perdonatemi, madre..” Mormorò. “Ho avuto un capogiro e ho temuto di svenire.. forse è bene che me ne vada nelle mie stanze..” Disse, sperando che la bevesse anche lei. Isabel temeva l’intelligenza e la prontezza della madre. In certe cose era molto più attenta di suo padre, come spesso accade alle donne che sono più veloci a cogliere un particolare che un uomo invece trascura senza troppa preoccupazione.
“Ora ti porto io nelle tue stanze..” Fu la sua unica risposta, e poi la strinse fra le sue braccia con amorosa premura.
Isabel si sentiva davvero strana. Sapeva di essere stata una bugiarda ed una vigliacca, ma per la prima volta non sentiva l’atroce rimorso che arrivava puntuale quando combinava qualcosa o quando mentiva. Stavolta prevaleva una gioia del tutto nuova. Una gioia che era la consapevolezza di averla fatta franca, di aver fatto bere a due adulti la medicina che aveva deciso e sostanzialmente di aver fatto un’azione spregevole senza pagare alcun fio.

 
“Come vi sentite, Principessa?”
La voce di lady Thorston la distolse dai suoi molteplici, silenziosi pensieri. Isabel staccò quindi gli occhi dal caminetto e li alzò sulla dama, che ormai sentiva quasi di poter considerare una amica.
“Meglio lady Joan, grazie..” Rispose, tornando a guardare il fuoco ed i suoi giochi di luce e calore.  Si sentiva in uno stato davvero strano. Un minuto prima credeva che la madre non la volesse lì e la detestasse, anche se faticava a spiegarsi il perché ed a motivare quella convinzione, eccetto che per le frasi che aveva sentito; un minuto dopo invece l’affetto di lei era una delle sue certezze più salde e non c’era nulla che potesse scardinarla o anche solo scalfirla. “Voi pensate che mia madre mi ami?” Chiese così, ex abrupto. La dama, che pure aveva quindici anni più della fanciulla, spalancò gli occhi. Il volume di voce di Isabel era stato poco più che un sussurro, ma nonostante fossero sole nella stanza, chiunque avrebbe potuto passare e sentire le parole della Principessa.
“Vostra Grazia, ma che dite?” Le chiese, sinceramente attonita, la donna. Quelle parole erano assolutamente fuori luogo, e molto pericolose se udite dalle persone sbagliate. “Voi siete la luce degli occhi della Regina.” Continuò, pensando ancora ad una burla, per quanto pericolosa. Isabel rimase in silenzio e sospirò. Il suo viso si fece sempre più cupo e triste, e lady Thorston capì che non era uno scherzo né una burla. Quella povera creatura era preda di una crisi vera e propria. Giovane come era, e con quello che aveva passato non era una cosa così scandalosa e senza ragione, ma certo era una situazione più che delicata. Una sola parola con la persona sbagliata, un servo infedele o un amico doppiogiochista e per la ragazzina sarebbero stati guai a caterve.
“Isabel guardatemi..” Disse, accosciandosi di fronte a lei e permettendosi di chiamarla per la prima volta per nome. Attese che la fanciulla la guardasse e poi con cautela e fermezza riprese a parlarle. “Io scommetto la mia vita che vostra madre si farebbe uccidere per voi. Io ero con lei la sera che ha scoperto i lividi sulla vostra schiena, anche se sono entrata successivamente. Credetemi, non fingeva un dolore che in realtà non provava. I giorni che siete rimasta a letto preda della febbre, non vi ha lasciato se non per mangiare, cambiarsi d’abito e salutare vostro padre. Le volte che si rivolge a voi, oppure che parla di voi, accompagna al vostro nome un vezzeggiativo e un tono nel parlare, che credetemi, mia dolce Principessa, non viene a chi non pensa queste cose di cuore..” Isabel ascoltò con attenzione le parole della sua dama. Di lei si fidava moltissimo e intuiva guardandola che fosse profondamente convinta di quanto le stava dicendo, e pur tuttavia non riusciva a credervi fino in fondo. Non perché lei non fosse sincera, ma perché non trovavano allora spiegazione le parole che aveva udito con le sue orecchie. In silenzio annuì e poi tornò a guardare il fuoco.
“Cosa vi turba, cara?” Le chiese di nuovo lady Joan, mentre Caterina, di ritorno dalla propria stanza, al sentire quelle parole si fermò nell’anticamera. “Isabel, io non vi dico di parlarne con me, ci mancherebbe. Io sono solo un’umile servitrice vostra e dei Sovrani. Ma se c’è qualcosa che vi turba fino a questo punto, parlatene in modo aperto con vostra madre. Dio sa che ha un cuore di madre tanto grande da potervi accogliere, e l’intelligenza di una grande Regina per potervi consigliare al meglio.” Le suggerì fedelmente.
Dall’altra parte del muro Caterina apprezzò enormemente le parole della dama e annuì, pensando che aveva affidato la sua creatura a mani fedeli e pure. Tuttavia restò stupita da quanto aveva detto lady Joan. La donna aveva parlato di turbamento da parte di Isabel.
“Non so, cara lady Thorston.” Rispose Isabel, sempre più confusa. “A parole forse mi vuole bene. Ma nei fatti.. nei fatti dimostra che non mi ama. Mia madre non mi ama..” Disse, ed ogni parola assumeva un peso enorme; alla sovrana non servì altro per entrare nel loro discorso. Riprendendo a camminare, con un’espressione furente in viso, entrò nella stanza della figlia che stava ancora parlando con lady Joan, e stava dicendo quanto la cosa la turbasse profondamente.
“Che cosa hai appena detto?” Sibilò, rivelando la sua presenza e guardando la figlia con occhi di fuoco. Al sentire la voce, Lady Thorston si girò e si inchinò alla Sovrana, levandosi in tutta fretta di mezzo. Le era bastata un’occhiata all’espressione di Caterina per capire che la questione rischiava di finire malamente e che ora Isabel avrebbe dovuto gestire una madre furente ed una Regina oltraggiata. E con il carattere che essa si ritrovava, duro ed estremamente inflessibile oltre che orgoglioso, non sarebbe stato semplice, in nessun caso. “Alzati in piedi, e parla, ragazza!! Vediamo se hai il coraggio di ripetere quanto hai detto!!” Esclamò Caterina, mentre lady Joan si affrettava ad uscire ed a chiudere la porta, congedando le guardie che erano lì e le dame che stavano avvicinandosi. Quello era decisamente un caso in cui era meglio ci fosse stato il minor numero di testimoni possibile.
“Madre, io non volevo prendere così l’argomento..” Tentò di giustificarsi Isabel, che al vedere gli occhi fiammeggianti della madre fu consapevole di aver, non solo di aver male affrontato la questione, ma assai verosimilmente d’aver totalmente frainteso le parole e le occhiate materne. Era impensabile che Caterina si sarebbe adirata a quel modo se le conclusioni di Isabel fossero state vere.
“Ah, no?! E allora cosa volevi dire?” Replicò sua madre. “Ti conviene aprire la bocca, Isabel, perché non sono disposta a tollerare oltre questa presa in giro e quest’oltraggio!! Come hai osato pensare che io non ti amassi?! SPIEGAMELO!!” Gridò alla fine, mostrando quanto la frase della figlia l’avesse offesa.
Per diversi secondi Isabel tacque, cercando di organizzare un discorso sensato. Si rese conto quanto fosse difficile e quanto quegli occhi offesi ed estremamente addolorati ora la facevano sentire mille volte colpevole, e stupida.
“Vi ho sentito ieri e un paio di altre volte parlare con lady Willoughby di una peste che vi sta mettendo a dura prova ed a cui voi darete una lezione esemplare. Siccome dieci giorni fa io ho provocato quell’incidente, la sera della consegna dei doni, ecco.. ecco, pensavo che vi steste riferendo a me..” Rispose Isabel, alzando per un attimo su Caterina gli occhi che aveva tenuto bassi. “E poi stasera di nuovo prima che danzassi di nuovo vi ho sentite e poi mentre ballavo con sir Knivert mi avete lanciato un’occhiata tremenda.. Io lo so che non dovevo origliare e che mi sono comportata in modo vergognoso, ma..”
“Esatto!” Rispose Caterina, per niente rabbonita da quanto detto da Isabel. Furente come era, la Sovrana non si era quasi nemmeno accorta che tutto era nato da un gigantesco qui pro quo, che avrebbe potuto sgonfiarsi in un attimo se solo avesse preso fiato e si fosse concentrata sulle parole della figlia, invece che sulla propria rabbia. Quelle che restavano sul tavolo erano le due azioni oltraggiose di Isabel: aver origliato, e non solo una prima volta, ed aver ritenuto di poter giungere a conclusioni tanto gravi senza sentire il bisogno di parlarne con lei. “Hai fatto una cosa vergognosa, per cui dovresti essere punita davvero! Non ti sei nemmeno presa la briga di chiedere a me come stavano le cose, invece che parlare con te stessa e con una serva!!” La aggredì ancora. “Ti sei comportata da bambina irrispettosa e immatura. E questo nonostante tu abbia quasi quindici anni!! Alla tua età io ero sposa!, ed in un Paese del tutto straniero per me!” La filippica di Caterina non si interruppe, ma anzi, come da sua tradizione continuò col paragone tra se stessa ed il suo interlocutore.
A quelle parole però, Isabel corrugò le sopracciglia. Non era giusto fare paragoni tra casi e situazioni tanto differenti. Anche lei si era ritrovata in una città diversa, in una situazione diversa, con persone mai conosciute, e in mano a figure che poi si erano rivelate per quel che erano, che le avevano fatto quasi di tutto. Sì, non era in un Paese straniero, con lingua, usi e costumi differenti, ma decisamente non se l’era passata bene negli ultimi quattro anni, lasciata sola in quel modo, e la madre lo sapeva.
“Temo di poter dire che l’educazione che ti abbiamo dato e ti abbiamo fatto dare non abbia ancora dato troppi buoni frutti!” Rincarò Caterina, talmente offuscata dalla rabbia da non rendersi conto di cosa aveva appena detto.
“Oh certo!! Proprio una bella educazione ho ricevuto a Newcastle!!” Proruppe finalmente Isabel, e sua madre si rese conto dell’uscita infelice che aveva appena fatto. Da sotto la camicia da notte della figlia poteva ancora intravvedere il livido che aveva scoperto non più di tre settimane prima; esattamente come allora sentì una fortissima rabbia per quanto la sua creatura aveva vissuto, dopo di che una enorme tenerezza per lei. Aprì la bocca per parlare e ricomporre quella situazione, ma ormai Isabel aveva preso il via, e buttò fuori tutto quello che aveva dentro, esattamente come aveva fatto lei pochi minuti prima. “Mi avete mandata a 300 miglia da qui per cosa?, in quattro anni vi ho visto sole otto volte. Mi sono sentita abbandonata ed ignorata da voi, dato che mio padre è venuto almeno il doppio delle volte. Quando ci siamo salutate mi avete detto ‘Sii forte figlia mia..’, un bacio, una carezza e ve ne siete andata! Mi mancavate talmente tanto che pensavo di dimenticare che faccia avevate, non ricordavo più il suono della vostra voce, ed ero talmente triste che poche persone mi avvicinavano.” Mentre sua figlia gridava tutto il suo dolore, la Regina si sentì mancare il respiro. In quegli anni si era più volte ripromessa di andare a trovarla più spesso, di vederla e stare con lei più di quanto facesse, ma poi ogni volta vi rinunciava. Quando lasciava Isabel per far rientro a Londra, stava così male da essere malinconica per giorni e giorni. E quando tornava da lei, la trovava così diversa, così cambiata, così perfetta sotto ogni punto di vista, che le promesse di maggiori visite fioccavano immediate nel suo cuore. Inconsapevolmente le aveva fatto molto male, e ci sarebbe voluto un bel po’ per riparare a quel danno, lo vedeva chiaramente. Si avvicinò alla figlia, allungando una mano per farle sentire il suo desiderio di riparare alle proprie colpe, quando Isabel affondò i colpi peggiori, quelli che cambiarono ancora una volta le carte in tavola. “Volevi una figlia dall’educazione perfetta?, ottimo, prendi Maria, ama Maria, rispecchiati in Maria. Tanto so benissimo che non mi ami e non mi vuoi qui! Maria è quella che raccoglierà tutta la vostra splendida eredità, io sono solo un accessorio stupido, brutto ed insignificante,
che non è nemmeno capace di fare una riverenza decente. E a quanto vedo e sento non fai nemmeno mistero di ciò che pensi, madre..” Sputò piena di rabbia, passando al tu e pronunciando l’ultimo termine con fortissimo ed evidente sarcasmo.
Il silenzio pesantissimo che seguì quelle parole venne rotto solo dal rumore secco dello schiaffo che Caterina le rifilò.
“Non ti azzardare mai più a dire una cosa del genere!!” Sibilò, con una voce che Isabel non le aveva mai sentito.
La fanciulla rimase immobile a fissare sua madre e nei suoi occhi, subito dopo l’enorme sorpresa per quel gesto, si fecero strada lo sgomento per essere stata colpita proprio da lei e il ricordo delle altre botte ricevute. Isabel chiuse e poi riaprì gli occhi e pochi istanti dopo un’unica lacrima scese lungo la gota, bagnando la guancia colpita.
Negli occhi materni non riusciva a leggere più nulla. Non c’era rabbia nei suoi confronti per quanto aveva detto, non c’era la dolorosa consapevolezza dell’azione compiuta, ed eventualmente il rimorso, non c’erano nemmeno più i segni di quella trance agonistica che entrambe avevano avuto fino a poco tempo prima, e che si era dissolta con il ceffone.
Un istante dopo, Isabel le voltò le spalle e si chiuse in una piccola stanza adiacente alla camera da letto. Caterina tremò quando la figlia sbatté la porta alle sue spalle e poi tornò del tutto in sé quando la sentì piangere disperata al di là della porta.

  
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