Londra, Gennaio
1529 – Rings of fire
“Hai capito bene?”
“Sì, madre. Come
volete, madre.”
“Bene, puoi andare
ora..” Ordinò Caterina. Isabel annuì e poi, dopo aver fatto la solita
riverenza, si avviò verso l’uscita.
“Tutto bene, mia
signora?” chiese Maria de Salinas, amica decennale di Caterina, fin dai tempi
della sua infanzia. Il sospiro della Regina fu talmente forte che arrivò alle
orecchie della fanciulla, che era ormai fuori dalla porta. “Quella peste vi sta
facendo impazzire, vero?” Chiese di nuovo Maria.
Isabel, fuori dalla
porta sentì il sangue gelarsi nelle vene ed il cuore fermarsi. Sapeva bene che
avrebbe dovuto andare via immediatamente e non origliare, ed invece si fermò,
troppo interessata per comportarsi da brava signorina.
“Sì, Maria. Ma se
crede di farmi diventare pazza, aspetterà mille anni. Io non sono mia sorella.”
Rispose alla fine la Sovrana. “Da quando è tornata dopo il suo soggiorno fuori
Londra, è diventata ancor più insopportabile. Non fa che mettersi sulla mia
strada, di continuo. Deve ringraziare che il suo legame con il Re mi impedisca
di commettere qualche sciocchezza, perché altrimenti vi assicuro che ci
penserebbe due volte prima di comportarsi come sta facendo, da quella
svergognata che non è altra!! Ci provi solo un’altra volta a mancarmi di rispetto
come ha fatto qualche giorno fa. Vi giuro che le darò una lezione di quelle che
non dimenticherà mai!!” Aggiunse con piglio da vera leonessa.
Sgomenta e
terrorizzata, Isabel si addossò alla parete. Sua madre la detestava e meditava
di darle addirittura una lezione esemplare se ne avesse combinato un’altra
delle sue. Sentendo dei passi e pensando che lady Willoughby o sua madre
stessero uscendo dalla stanza, si affrettò ad andare via.
“Quella Bolena è
davvero una sgualdrina. Non ha nemmeno la classe che ci vuole in queste
circostanze, né la discrezione indispensabile per non finire sulla bocca di
tutti. Quanto poi alla sua moralità, meglio non parlarne. Per tacere del fatto
che da un po’ di giorni ronza intorno alla piccola Isabel, come farebbe solo e
soltanto un avvoltoio.” Disse la nobildonna spagnola, rivelando il vero
soggetto della loro conversazione.
“Maria, non dannate
la vostra anima parlando di quella donnaccia.” Rispose Caterina. “E se solo si
azzarda ad avvicinarsi ad Isabel, vi assicuro che quella cagna rimpiangerà d’aver
visto la luce.. Deve solo provare a respirarle accanto..” Aggiunse furente,
stringendo nelle mani la camicia di Enrico che stava terminando di rifinire.
“Principessa,
vostra madre è qui..” annunciò lady Thorston, una delle dame di Isabel. La
fanciulla annuì e deglutì, cercando di calmarsi. Per tutto il giorno era stata
in camera sua, sia perché la giornata era molto fredda e non invogliava né alle
passeggiate né ad altre attività, sia perché, dopo aver sentito i discorsi fra
lei e lady Willoughby, aveva paura di entrare in rotta di collisione con sua
madre. Pochi istanti dopo, Caterina entrò nella stanza della figlia. Fatti
pochi passi si fermò ad ammirarla. Il vestito in velluto blu e broccato con
fili di seta rosa antico le stava una meraviglia. Da che era ritornata a Greenwich
poi, Isabel aveva ripreso qualche chilo e stava decisamente meglio. Caterina le
andò di fronte e le sorrise, prendendole il volto fra le mani.
“Amore mio, sei
bellissima..” Le disse guardandola teneramente e baciandole la fronte. Isabel
si lasciò coccolare, troppo stupita per risponderle. Che fine aveva fatto il
piglio battagliero della mattina? Possibile che avesse capito male e si fosse
immaginata di aver sentito quelle frasi tremende?
“Grazie, madre..” Mormorò
a voce bassa, arrossendo un po’. Caterina
la sentì divincolarsi e fece due passi indietro, fissandola in volto.
“Angelo mio, stai
bene? Non hai la febbre vero?” Chiese, improvvisamente preoccupata, posando
immediatamente le labbra sulla fronte della figlia e controllando la
temperatura del collo con le mani. “No, grazie a Dio. Sembra che tu stia bene, mi preciosa.” Si rispose da sola,
tornando a guardarla e sorriderle di cuore. “Te la senti di partecipare a
questa festa? Oggi non ti ho vista tutto il giorno; sei sicura di avere voglia?”
Le chiese. Isabel la guardò senza riuscire a nascondere la propria confusione. Quella
mattina si era lasciata andare a delle dichiarazioni di fuoco, ed ora era
tutt’una dolcezza.
“Oggi faceva freddo
e non ho avuto molta voglia di passeggiare per il palazzo. Se non do fastidio
mi piacerebbe esserci, madre..” Spiegò e poi mormorò titubante, cercando ancora
di capir se quelle frasi se l’era sognate oppure no.
“Fastidio?” La
guardò Caterina, quasi scandalizzata da quella affermazione. “Amore mio, ma a
chi dovresti dare fastidio!? Tuo padre è letteralmente al settimo cielo da
quando sei tornata, ed io.. io.. non ci sono parole per dire quanto sia
contenta che tu sia qui, bambina mia. Tesoro mio..” Continuò Caterina, abbracciandola
forte e affondando le labbra nei suoi capelli, stando attenta a non rovinarle l’incantevole
pettinatura. Dimentica del fatto che non l’aveva vista per tutto il giorno, la
Regina si scostò bruscamente e la guardò con attenzione. “Mi cielo, qualcuno ti ha forse detto qualcosa in proposito, o ti ha
fatto capire che la tua presenza non è gradita?” Chiese prendendole il viso fra
le mani.
“No. No, madre,
davvero..” Rispose Isabel, cercando di convincerla e unendo la fermezza della
sua voce ad un sorriso, benché leggero. Caterina a quelle parole si
tranquillizzò e si chinò per darle un altro bacio sulla fronte.
“Allora se sei
pronta, andiamo..” Le disse.
“E’ venuta anche
stasera..”
“Sì, proprio non
riesce a stare fuori dai piedi..”
“Maestà, temo
dovrete esercitare la vostra pazienza più di quanto pensavate..”
“Temo anche io,
cara Maria. Ho fatto di tutto per capire se ci fossero i margini per una sua
assenza, ma a quanto pare la fanciulla non vuole proprio capire.. Se penso che
ho dovuto pure abbassarmi a dirle che era bellissima e che così vestita e
pettinata stava bene..”
“Immagino quanto vi
sia costato..”
“Non avrò pace,
fino a che non avrà capito che deve stare al suo posto. Vi assicuro che lo
capirà, come è vero che sono la figlia di Isabella e Ferdinando.”
Dopo queste parole
atroci, Isabel, nonostante una leggera stanchezza, accettò l’invito di sir
Anthony Knivert di ballare una pavana. Avrebbe fatto qualunque cosa pur di non
stare lì a sentire quello che diceva di lei sua madre.
“Non mi sarei mai
permesso di invitarvi per una gagliarda, dopo la febbre delle scorse
settimane.” Le disse lui, mentre ballavano. Isabel lo guardò e gli sorrise.
“Siete davvero
gentile, signore..” Mormorò arrossendo.
Dall’altra parte
della sala, Enrico e Caterina li osservavano.
“Nostra figlia è
splendida..” Riconobbe il Sovrano. “E devo ammettere che stare qui è per lei
meglio che star lontana. Credo che la vostra presenza sia importante per lei,
Caterina. Isabel ha sempre avuto un legame speciale con te. Si fida di te, ti
cerca di continuo, ti guarda con occhi diversi.” Aggiunse, passando ad una
maggiore familiarità. La Regina si voltò verso il marito con occhi pieni di
gioia per quanto stava vedendo, ed anche lusingata dalle sue parole.
“Non so se sia la
mia presenza, Enrico. Vederla così dopo..” Si interruppe stringendo con una
mano il bracciolo della sedia, fino a che le nocche le divennero bianche. “..
quello che ha passato, povera creatura, è la mia gioia più grande. Ho speranza
che Maria diventi un’ottima Regina e che possa avere una vita piena di molte
soddisfazioni; per la piccola Isabel desidero tutta la serenità e la gioia
possibile.. Mi sembra ancora un miracolo che sorrida..” Rifletté non riuscendo
a staccare gli occhi dalla figlia, che nel frattempo dopo la pavana, aveva
iniziato a ballare sempre con sir Anthony una gagliarda, a dispetto della
stanchezza.
“Già. Mi sembra
inverosimile che abbia dovuto subire delle punizioni corporali dai suoi stessi
insegnanti e dalle sue dame..” Disse sconsolato Enrico. “Mai mi era capitato di
sbagliare a questo modo verso delle persone.” Riconobbe. Caterina lo guardò
stupita. Una ammissione di quel tipo era per lui un fatto straordinario.
Sollecita, la Regina gli posò la mano sul polso.
“Amore mio, non ha
senso angustiarsi e darsi la croce ora. A volte diamo fiducia a persone che non
la meritano assolutamente.” Rispose, consolandolo ed ammonendolo al tempo
stesso, lanciando un’occhiata di fuoco alla sgualdrinella dei Bolena, che
ballava con suo fratello George, proprio dietro Isabel e Anthony. “L’importante
è capire nel più breve tempo possibile, e porvi rimedio all’istante, estirpando
e bruciando la mala pianta..”
In quel momento la
gagliarda terminò e tutti i ballerini si rivolsero in direzione dei sovrani,
per salutarli. Gli occhi di Isabel incrociarono lo sguardo materno e la sua
espressione furente. A quel punto per la ragazza fu difficile credere che la
madre non si stesse riferendo a lei. Assieme a tutti i ballerini fece la
riverenza al Sovrano, e poi si voltò verso sua madre. Mentre però il piccolo
gruppo eseguiva una seconda riverenza, profonda e rispettosa quanto la prima,
Isabel accennò appena un cenno di saluto con il capo.
Era un gesto di una
gravità e di una scorrettezza inaudite, soprattutto fatto senza alcuna
apparente motivazione e nientemeno che verso la Regina. Enrico fulminò la
figlia con lo sguardo, mentre Caterina, troppo sgomenta per fare qualsiasi
cosa, aveva ancora gli occhi spalancati. La corte proruppe in un ‘Ooh’
generale, che per quanto sommesso, non fu certo inudito dall’oggetto di quella mancanza.
Il Re, per stemperare la situazione si alzò e fece cenno ai musicisti di
riprendere a suonare. In pochi istanti la musica riprese e l’incidente, almeno
in apparenza fu, se non dimenticato, di certo lasciato alle spalle.
Mentre Anna
sorrideva compiaciuta per quel gesto, e già metteva in moto il cervello per
capire come avvicinare Isabel e farne un’alleata, Enrico si diresse a passo
veloce verso la figlia, la prese per un braccio e, senza troppi complimenti, la
trascinò via di lì, portandola in una sala appartata.
Caterina rimase
ferma dove era. Non riusciva a capacitarsi di quant’era appena avvenuto. Le
sembrava del tutto assurdo che Isabel avesse volontariamente fatto una cosa simile.
All’improvviso pensò che stesse male. Immediatamente si alzò, seguita a ruota
dalle sue dame, ed uscì dalla sala. Dopo alcuni giri trovò il marito e la
figlia che, rossa in viso, stava proprio dicendo che non si era sentita bene. A
Caterina poco mancò che saltasse il cuore dallo spavento. Senza curarsi di
interrompere la filippica preoccupata del Sovrano, entrò nella piccola sala,
andando verso la figlia.
“Tesoro, come ti
senti?” Chiese, preoccupatissima.
Isabel, ancora in
piena adrenalina per l’azione che aveva osato fare pochi minuti prima, non riuscì
nemmeno a risponderle. Il viso e l’espressione della madre esprimevano una
preoccupazione troppo genuina e spontanea perché fosse opera di un artificio,
ne era consapevole. Ma allora perché quello sguardo tremendo poco prima? E perché
lei sentiva quella enorme confusione?
Anche con la madre
usò la medesima scusa usata con il padre.
“Perdonatemi,
madre..” Mormorò. “Ho avuto un capogiro e ho temuto di svenire.. forse è bene
che me ne vada nelle mie stanze..” Disse, sperando che la bevesse anche lei.
Isabel temeva l’intelligenza e la prontezza della madre. In certe cose era
molto più attenta di suo padre, come spesso accade alle donne che sono più
veloci a cogliere un particolare che un uomo invece trascura senza troppa
preoccupazione.
“Ora ti porto io
nelle tue stanze..” Fu la sua unica risposta, e poi la strinse fra le sue
braccia con amorosa premura.
Isabel si sentiva
davvero strana. Sapeva di essere stata una bugiarda ed una vigliacca, ma per la
prima volta non sentiva l’atroce rimorso che arrivava puntuale quando combinava
qualcosa o quando mentiva. Stavolta prevaleva una gioia del tutto nuova. Una
gioia che era la consapevolezza di averla fatta franca, di aver fatto bere a
due adulti la medicina che aveva deciso e sostanzialmente di aver fatto
un’azione spregevole senza pagare alcun fio.
“Come vi sentite,
Principessa?”
La voce di lady
Thorston la distolse dai suoi molteplici, silenziosi pensieri. Isabel staccò
quindi gli occhi dal caminetto e li alzò sulla dama, che ormai sentiva quasi di
poter considerare una amica.
“Meglio lady Joan,
grazie..” Rispose, tornando a guardare il fuoco ed i suoi giochi di luce e
calore. Si sentiva in uno stato davvero
strano. Un minuto prima credeva che la madre non la volesse lì e la detestasse,
anche se faticava a spiegarsi il perché ed a motivare quella convinzione,
eccetto che per le frasi che aveva sentito; un minuto dopo invece l’affetto di
lei era una delle sue certezze più salde e non c’era nulla che potesse
scardinarla o anche solo scalfirla. “Voi pensate che mia madre mi ami?” Chiese
così, ex abrupto. La dama, che pure
aveva quindici anni più della fanciulla, spalancò gli occhi. Il volume di voce
di Isabel era stato poco più che un sussurro, ma nonostante fossero sole nella
stanza, chiunque avrebbe potuto passare e sentire le parole della Principessa.
“Vostra Grazia, ma
che dite?” Le chiese, sinceramente attonita, la donna. Quelle parole erano
assolutamente fuori luogo, e molto pericolose se udite dalle persone sbagliate.
“Voi siete la luce degli occhi della Regina.” Continuò, pensando ancora ad una
burla, per quanto pericolosa. Isabel rimase in silenzio e sospirò. Il suo viso
si fece sempre più cupo e triste, e lady Thorston capì che non era uno scherzo
né una burla. Quella povera creatura era preda di una crisi vera e propria.
Giovane come era, e con quello che aveva passato non era una cosa così
scandalosa e senza ragione, ma certo era una situazione più che delicata. Una
sola parola con la persona sbagliata, un servo infedele o un amico doppiogiochista
e per la ragazzina sarebbero stati guai a caterve.
“Isabel
guardatemi..” Disse, accosciandosi di fronte a lei e permettendosi di chiamarla
per la prima volta per nome. Attese che la fanciulla la guardasse e poi con
cautela e fermezza riprese a parlarle. “Io scommetto la mia vita che vostra
madre si farebbe uccidere per voi. Io ero con lei la sera che ha scoperto i
lividi sulla vostra schiena, anche se sono entrata successivamente. Credetemi,
non fingeva un dolore che in realtà non provava. I giorni che siete rimasta a
letto preda della febbre, non vi ha lasciato se non per mangiare, cambiarsi
d’abito e salutare vostro padre. Le volte che si rivolge a voi, oppure che
parla di voi, accompagna al vostro nome un vezzeggiativo e un tono nel parlare,
che credetemi, mia dolce Principessa, non viene a chi non pensa queste cose di
cuore..” Isabel ascoltò con attenzione le parole della sua dama. Di lei si
fidava moltissimo e intuiva guardandola che fosse profondamente convinta di
quanto le stava dicendo, e pur tuttavia non riusciva a credervi fino in fondo.
Non perché lei non fosse sincera, ma perché non trovavano allora spiegazione le
parole che aveva udito con le sue orecchie. In silenzio annuì e poi tornò a
guardare il fuoco.
“Cosa vi turba,
cara?” Le chiese di nuovo lady Joan, mentre Caterina, di ritorno dalla propria
stanza, al sentire quelle parole si fermò nell’anticamera. “Isabel, io non vi
dico di parlarne con me, ci mancherebbe. Io sono solo un’umile servitrice
vostra e dei Sovrani. Ma se c’è qualcosa che vi turba fino a questo punto,
parlatene in modo aperto con vostra madre. Dio sa che ha un cuore di madre
tanto grande da potervi accogliere, e l’intelligenza di una grande Regina per
potervi consigliare al meglio.” Le suggerì fedelmente.
Dall’altra parte
del muro Caterina apprezzò enormemente le parole della dama e annuì, pensando
che aveva affidato la sua creatura a mani fedeli e pure. Tuttavia restò stupita
da quanto aveva detto lady Joan. La donna aveva parlato di turbamento da parte
di Isabel.
“Non so, cara lady
Thorston.” Rispose Isabel, sempre più confusa. “A parole forse mi vuole bene.
Ma nei fatti.. nei fatti dimostra che non mi ama. Mia madre non mi ama..” Disse,
ed ogni parola assumeva un peso enorme; alla sovrana non servì altro per
entrare nel loro discorso. Riprendendo a camminare, con un’espressione furente in
viso, entrò nella stanza della figlia che stava ancora parlando con lady Joan,
e stava dicendo quanto la cosa la turbasse profondamente.
“Che cosa hai
appena detto?” Sibilò, rivelando la sua presenza e guardando la figlia con
occhi di fuoco. Al sentire la voce, Lady Thorston si girò e si inchinò alla
Sovrana, levandosi in tutta fretta di mezzo. Le era bastata un’occhiata
all’espressione di Caterina per capire che la questione rischiava di finire
malamente e che ora Isabel avrebbe dovuto gestire una madre furente ed una
Regina oltraggiata. E con il carattere che essa si ritrovava, duro ed
estremamente inflessibile oltre che orgoglioso, non sarebbe stato semplice, in nessun
caso. “Alzati in piedi, e parla, ragazza!! Vediamo se hai il coraggio di
ripetere quanto hai detto!!” Esclamò Caterina, mentre lady Joan si affrettava
ad uscire ed a chiudere la porta, congedando le guardie che erano lì e le dame
che stavano avvicinandosi. Quello era decisamente un caso in cui era meglio ci
fosse stato il minor numero di testimoni possibile.
“Madre, io non
volevo prendere così l’argomento..” Tentò di giustificarsi Isabel, che al
vedere gli occhi fiammeggianti della madre fu consapevole di aver, non solo di
aver male affrontato la questione, ma assai verosimilmente d’aver totalmente
frainteso le parole e le occhiate materne. Era impensabile che Caterina si
sarebbe adirata a quel modo se le conclusioni di Isabel fossero state vere.
“Ah, no?! E allora
cosa volevi dire?” Replicò sua madre. “Ti conviene aprire la bocca, Isabel,
perché non sono disposta a tollerare oltre questa presa in giro e
quest’oltraggio!! Come hai osato pensare che io non ti amassi?! SPIEGAMELO!!”
Gridò alla fine, mostrando quanto la frase della figlia l’avesse offesa.
Per diversi secondi
Isabel tacque, cercando di organizzare un discorso sensato. Si rese conto
quanto fosse difficile e quanto quegli occhi offesi ed estremamente addolorati
ora la facevano sentire mille volte colpevole, e stupida.
“Vi ho sentito ieri
e un paio di altre volte parlare con lady Willoughby di una peste che vi sta
mettendo a dura prova ed a cui voi darete una lezione esemplare. Siccome dieci
giorni fa io ho provocato quell’incidente, la sera della consegna dei doni,
ecco.. ecco, pensavo che vi steste riferendo a me..” Rispose Isabel, alzando
per un attimo su Caterina gli occhi che aveva tenuto bassi. “E poi stasera di
nuovo prima che danzassi di nuovo vi ho sentite e poi mentre ballavo con sir
Knivert mi avete lanciato un’occhiata tremenda.. Io lo so che non dovevo
origliare e che mi sono comportata in modo vergognoso, ma..”
“Esatto!” Rispose
Caterina, per niente rabbonita da quanto detto da Isabel. Furente come era, la
Sovrana non si era quasi nemmeno accorta che tutto era nato da un gigantesco qui pro quo, che avrebbe potuto
sgonfiarsi in un attimo se solo avesse preso fiato e si fosse concentrata sulle
parole della figlia, invece che sulla propria rabbia. Quelle che restavano sul
tavolo erano le due azioni oltraggiose di Isabel: aver origliato, e non solo
una prima volta, ed aver ritenuto di poter giungere a conclusioni tanto gravi
senza sentire il bisogno di parlarne con lei. “Hai fatto una cosa vergognosa,
per cui dovresti essere punita davvero! Non ti sei nemmeno presa la briga di chiedere
a me come stavano le cose, invece che parlare con te stessa e con una serva!!”
La aggredì ancora. “Ti sei comportata da bambina irrispettosa e immatura. E
questo nonostante tu abbia quasi quindici anni!! Alla tua età io ero sposa!, ed
in un Paese del tutto straniero per me!” La filippica di Caterina non si
interruppe, ma anzi, come da sua tradizione continuò col paragone tra se stessa
ed il suo interlocutore.
A quelle parole
però, Isabel corrugò le sopracciglia. Non era giusto fare paragoni tra casi e
situazioni tanto differenti. Anche lei si era ritrovata in una città diversa,
in una situazione diversa, con persone mai conosciute, e in mano a figure che
poi si erano rivelate per quel che erano, che le avevano fatto quasi di tutto.
Sì, non era in un Paese straniero, con lingua, usi e costumi differenti, ma
decisamente non se l’era passata bene negli ultimi quattro anni, lasciata sola
in quel modo, e la madre lo sapeva.
“Temo di poter dire
che l’educazione che ti abbiamo dato e ti abbiamo fatto dare non abbia ancora
dato troppi buoni frutti!” Rincarò Caterina, talmente offuscata dalla rabbia da
non rendersi conto di cosa aveva appena detto.
“Oh certo!! Proprio
una bella educazione ho ricevuto a Newcastle!!” Proruppe finalmente Isabel, e
sua madre si rese conto dell’uscita infelice che aveva appena fatto. Da sotto
la camicia da notte della figlia poteva ancora intravvedere il livido che aveva
scoperto non più di tre settimane prima; esattamente come allora sentì una
fortissima rabbia per quanto la sua creatura aveva vissuto, dopo di che una
enorme tenerezza per lei. Aprì la bocca per parlare e ricomporre quella
situazione, ma ormai Isabel aveva preso il via, e buttò fuori tutto quello che
aveva dentro, esattamente come aveva fatto lei pochi minuti prima. “Mi avete
mandata a 300 miglia da qui per cosa?, in quattro anni vi ho visto sole otto
volte. Mi sono sentita abbandonata ed ignorata da voi, dato che mio padre è
venuto almeno il doppio delle volte. Quando ci siamo salutate mi avete detto ‘Sii forte figlia mia..’, un bacio, una
carezza e ve ne siete andata! Mi mancavate talmente tanto che pensavo di
dimenticare che faccia avevate, non ricordavo più il suono della vostra voce,
ed ero talmente triste che poche persone mi avvicinavano.” Mentre sua figlia
gridava tutto il suo dolore, la Regina si sentì mancare il respiro. In quegli
anni si era più volte ripromessa di andare a trovarla più spesso, di vederla e
stare con lei più di quanto facesse, ma poi ogni volta vi rinunciava. Quando
lasciava Isabel per far rientro a Londra, stava così male da essere malinconica
per giorni e giorni. E quando tornava da lei, la trovava così diversa, così
cambiata, così perfetta sotto ogni punto di vista, che le promesse di maggiori
visite fioccavano immediate nel suo cuore. Inconsapevolmente le aveva fatto
molto male, e ci sarebbe voluto un bel po’ per riparare a quel danno, lo vedeva
chiaramente. Si avvicinò alla figlia, allungando una mano per farle sentire il
suo desiderio di riparare alle proprie colpe, quando Isabel affondò i colpi
peggiori, quelli che cambiarono ancora una volta le carte in tavola. “Volevi
una figlia dall’educazione perfetta?, ottimo, prendi Maria, ama Maria,
rispecchiati in Maria. Tanto so benissimo che non mi ami e non mi vuoi qui!
Maria è quella che raccoglierà tutta la vostra splendida eredità, io sono solo
un accessorio stupido, brutto
ed insignificante, che non è nemmeno capace di fare una riverenza decente. E a quanto vedo e sento non fai nemmeno mistero di ciò che
pensi, madre..” Sputò piena di rabbia, passando al tu e pronunciando l’ultimo
termine con fortissimo ed evidente sarcasmo.
Il silenzio
pesantissimo che seguì quelle parole venne rotto solo dal rumore secco dello
schiaffo che Caterina le rifilò.
“Non ti azzardare
mai più a dire una cosa del genere!!” Sibilò, con una voce che Isabel non le
aveva mai sentito.
La fanciulla rimase
immobile a fissare sua madre e nei suoi occhi, subito dopo l’enorme sorpresa
per quel gesto, si fecero strada lo sgomento per essere stata colpita proprio
da lei e il ricordo delle altre botte ricevute. Isabel chiuse e poi riaprì gli
occhi e pochi istanti dopo un’unica lacrima scese lungo la gota, bagnando la
guancia colpita.
Negli occhi materni
non riusciva a leggere più nulla. Non c’era rabbia nei suoi confronti per quanto
aveva detto, non c’era la dolorosa consapevolezza dell’azione compiuta, ed
eventualmente il rimorso, non c’erano nemmeno più i segni di quella trance
agonistica che entrambe avevano avuto fino a poco tempo prima, e che si era
dissolta con il ceffone.
Un istante dopo,
Isabel le voltò le spalle e si chiuse in una piccola stanza adiacente alla
camera da letto. Caterina tremò quando la figlia sbatté la porta alle sue
spalle e poi tornò del tutto in sé quando la sentì piangere disperata al di là
della porta.