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Autore: Melgor    15/11/2009    2 recensioni
Qualcuno si aggira fra le città di Thys, uccidendone gli abitanti in modo atroce, senza risparmiare nessuno. Melgor, mercenario senza scrupoli, si troverà a doverlo affrontare, sebbene non gliene importi niente della salvezza della propria terra.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E questo è il fatidico 4° capitolo della mia FF! Non so perché sia fatidico, ma quando l'ho scritto ho subito pensato che fosse fatidico. Poi mi sono ricordato che devo smettere di bere cicuta a colazione.

A parte le cazzate, devo rispondere alla domanda di Pluma. In effetti Melgor è fighissimo (ma credo che nessuno abbia niente da ridire XD) e per crearlo mi sono ispirato dai soldati di ventura medievali. Non escludo di aver copiato alcuni tratti dei raminghi di Tolkien (dopotutto adoro Tolkien *_*). Per scoprire il motivo specifico per cui Melgor si comporta così dovrai ancora aspettare...;-)

Paura del buio



Nell'oscurità si celano le nostre paure più profonde, più recondite, più pericolose. Perché?

Semplicemente perché non le vediamo.



Melgor sorrise nervoso mentre gli otto uomini si avvicinavano a lui, anch'essi sorridendo. Era abbastanza evidente che non erano venuti per una visita di piacere, soprattutto dal fatto che tutti portavano stretta fra le dita una spada. Il gruppo si accostò al tavolo di Melgor, circondandolo, senza perdere il minaccioso sorriso che avevano dipinto sui volti. -Ehi, Melgor! Cosa ci racconti di bello?- chiese strafottente lo sgherro al fianco di Melgor, mentre con un braccio tentava di rovesciargli addosso la ciotola con la zuppa. Il mercenario afferrò prontamente il braccio dell'uomo e lo torse con forza prima che potesse colpire il piatto. Lo sgherro non riuscì a trattenere un urlo. -Mollalo...- lo intimò l'uomo davanti a Melgor, estraendo la spada fino a metà. Il mercenario mollò il braccio e prese la ciotola con la zuppa prima che qualcuno potesse tentare di rovesciarla di nuovo. -Che ci fai qui, Louis? Non dovresti essere a leccare le chiappe di Mos...-. Lo sgherro dietro di lui lo colpì con un pugno sulla nuca, costringendolo a tacere. Il mercenario strinse i denti, sopprimendo il desiderio di cavargli gli occhi: anche se sarebbe stato decisamente rilassante, gli uomini di Mosly erano ben addestrati, e, sebbene singolarmente non potessero competere contro di lui, otto erano decisamente un pericolo da evitare. Louis rise, una risata talmente falsa che non ingannò nessuno, nemmeno gli avventori più ingenui che, dopo l'urlo lanciato dallo sgherro, si erano messi a guardare la scena. -Sempre spiritoso, il nostro caro mercenario! Ma non serve essere scontrosi, a noi basta una semplice, brevissima informazione...-. S'interruppe, come se volesse mettere tensione fra un pezzo di frase e l'altra, ma Melgor aveva già capito dove volesse arrivare. -Perché hai ucciso Mosly?-

Melgor si passò una mano sul mento, continuando a sorridere con nervosismo. “Non pensare agli occhi...” si ripeté mentalmente. -Divertente...- disse poi, con una voce che pareva essere tranquilla -perché credete che io abbia ucciso Mosly?-. Louis ridacchiò. -Mi deludi Melgor! Non hai mai pensato che Lord Mosly non si fidasse per niente di te?- la mise lì come se fosse qualcosa di ovvio. E in effetti era vero: più volte il grassone aveva mostrato espressamente di non fidarsi del mercenario. -Pensava che lo avresti assassinato presto per prendergli soldi, e quindi ci aveva ordinato di sorvegliarti per poi ucciderti non appena avessi svolto l'ultimo compito che voleva assegnarti... tuttavia hai agito prima che fossimo pronti ad assali...-. Non riuscì a finire la frase. Un'estremità della spada doppia di Melgor lo aveva trafitto al collo da parte a parte, senza nemmeno lasciargli il tempo di accorgersene. Ecco. Non aveva pensato agli occhi. Attorno a loro si levarono delle grida terrorizzate, e la gente cominciò ad ammassarsi contro l'uscita o i muri, per tentare di non venire coinvolta nello scontro che sarebbe seguito.

Melgor estrasse la spada dal collo di Louis con disinvoltura e si allontanò dal tavolo rapidamente, mentre gli altri sette uomini si riprendevano dallo sgomento. -Ok, confesso. Ho ucciso Mosly e gli altri otto idioti dei suoi sgherri che erano venuti ad uccidermi!- ghignò il mercenario. I sette uomini sfoderarono le loro spade e si gettarono contro il mercenario.

Melgor riuscì a schivare la carica degli avversari, portandosi rapidamente fuori dalla loro portata; ma bastarono pochi secondi prima che gli scagnozzi lo circondassero. Sebbene Melgor fosse estremamente veloce e abile nel difendersi, ben presto la pioggia di colpi divenne insostenibile per lui. Dopo ogni parata tentava di contrattaccare, ma facendo ciò si scopriva troppo. Riuscì ad infilzare la spada nel ventre di un avversario al costo di una lieve ferita sul braccio destro. Ma, decapitando un secondo sgherro, sentì una lama conficcarglisi nel fianco e venire estratta rapidamente. Strinse i denti, trattenendo un urlo. Il sangue iniziò a sgorgare copioso dalla ferita, sporcando totalmente i pantaloni. La vista di Melgor iniziò ad annebbiarsi, e non riuscì a reagire quando uno spinto lo costrinse a terra.

Il mercenario tentò di strisciare via, di liberarsi dalla cerchia che avevano formato attorno a lui, ma un piede lo colpì violentemente sulla schiena, inchiodandolo al terreno. -Dove scappi, verme?!-. La spada dello sgherro si alzò, pronta menare il colpo di grazia su Melgor. Ma qualcosa lo distrasse. Le porte della locanda si aprirono, sbattendo violentemente, e una figura entrò nel locale ormai devastato dalla battaglia: un uomo vestito con un'ampia tunica, le cui maniche erano tanto larghe e lunghe da coprirgli le mani. La sua testa era coperta da un cappuccio molto grande, tanto che era impossibile vederlo in volto.

Melgor si voltò a fatica per vedere ciò che succedeva, e vedendo quella figura, un brivido gli attraversò la schiena. -Salve.- disse l'ammantato, con una voce cavernosa, che esprimeva un lieve compiacimento -O, meglio...- tese un braccio, e la lunga manica scivolò via, mostrando una mano ossuta, dalle dita sottili e scarne. L'uomo che sovrastava Melgor ebbe improvvisamente un sussulto. Melgor si voltò soltanto per vedere il corpo dello sgherro iniziare a sanguinare, mentre le sue urla strazianti riempivano l'aria. Era come se la sua carne si lacerasse da sola, come se i suoi muscoli si riducessero in poltiglia per loro volontà. Le urla cessarono solamente quando il corpo cadde a terra, di fianco al mercenario, che, per niente inorridito, a differenza degli sgherri, notò che il cadavere era irriconoscibile. -...addio.- terminò la figura.

Gli uomini gli si gettarono immediatamente contro, dimenticandosi di Melgor, che nel frattempo tentava di rialzarsi. Ma l'ammantato schivò i colpi facilmente. -Pensate davvero che le spade possano ferirmi?- li schernì. Ma gli uomini lo ignorarono. Le lame non riusciva nemmeno ad avvicinarsi al corpo dell'uomo: sembravano quasi scivolare sull'aria quando si trovavano a pochi centimetri dalla sua carne. Melgor, rialzatosi, non ci mise molto a capire cosa fosse. “Magia...” sussurrò, comprimendosi la ferita al fianco, che non smetteva di sanguinare.

Il combattimento tra gli sgherri e l'ammantato continuava sempre in situazione di stallo: per quanto gli uomini continuassero ad agitare le spade contro l'avversario, esso non veniva nemmeno ferito di striscio. E, sebbene continuasse a schivare, non sembrava stancarsi. Anzi, mentre si spostava, sembrava che intonasse una litania a bassa voce, una lamentosa preghiera rivolta ad un qualche dio sconosciuto. Al termine del canto la figura si bloccò dov'era. I quattro uomini gli si gettarono addosso senza esitare, ma lui non si mosse nemmeno in quel momento. -Sapete, io non ho fretta, di solito...- la sua voce risuonò calma, con un tono che sembrava stesse spiegando qualcosa ad un bambino. Gli sgherri si fermarono improvvisamente, lasciando a terra le spade. -...ma voi mi state prendendo decisamente troppo tempo.- Non fecero nemmeno tempo ad urlare: il loro corpo esplose in una massa informe di sangue e carne, che schizzò su tutte le pareti della locanda, investendo anche Melgor, che borbottò qualcosa riguardo ai propri vestiti sporchi. Quando l'ammantato si voltò, il mercenario aveva già raccolto la spada a due mani. -Beh, complimenti. Pulisci tu questo porcaio?-. La ferita al fianco sanguinava ancora, e nel complesso Melgor era molto debole. Ma non aveva intenzione di arrendersi a quel buffone mascherato.

-Mi spiace, ma credo che la tua ora sia giunta.- disse la figura. Melgor sghignazzò, smettendo solo per e fitte che gli venivano al ventre. -Davvero?- lo canzonò con voce sommessa -E quale orologio guasto avrebbe deciso questa mia ipotetica “fine”?-. Si gettò contro l'ammantato, sferrando un poderoso colpo con una lama della sua spada. Ma, com'era successo anche per gli sgherri, la lama scivolò via dal corpo dell'ammantato a pochi centimetri dal suo corpo. Una bestemmia uscì dalle labbra del guerriero. -Io.- sussurrò monosillabico la figura, senza però reagire all'attacco. Melgor sferrò rapidamente un colpo con entrambe le lame della sua spada doppia, ma vide anch'essi fendere l'aria senza alcun risultato, mentre la figura indietreggiava lentamente. -Sei ancora convinto che abbia sbagliato?- pronunciò calmo l'ammantato. Melgor tentò di ghignare, ma ciò che venne fuori fu un sorriso quasi sofferente. -No, non credo che tu abbia sbagliato. Almeno riguardo l'ora. Ma hai certamente confuso la persona che deve morire...-. Melgor si scagliò di nuovo all'attacco, mentre l'ammantato tendeva lentamente una mano. Il mercenario afferrò la spada doppia saldamente, ignorando il dolore lancinante al fianco, e colpì con tutta la propria forza verso l'ammantato. Sentì che la lama aveva colpito qualcosa, ma prima che potesse solamente compiacersene sentì un dolore insopportabile prendergli l'intero corpo. Fu come sbalzato all'indietro, mentre sentiva la pelle strapparsi, il sangue bollire nelle vene, il cuore sussultare come impazzito. Non riusciva nemmeno ad urlare, come se i polmoni fossero stati svuotati di tutta l'aria che potevano contenere. Ma il mercenario non avrebbe urlato nemmeno se ne avesse avuta la possibilità, tanto era lo stupore che provava. Con la spada, prima, aveva colpito il cappuccio dell'ammantato, abbassandoglielo. E ora che gli guardava il volto, lo sgomento più grande era quello di vedere che era umano.

  
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