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Autore: Bardunfula    16/11/2009    1 recensioni
Devo parte dell’ispirazione per questa fanfiction a ‘The Portrait of the Unknown One’, una fanfiction che l’utente Lemondropseverus ha pubblicato sul sito www.fanfiction.net .
Il resto è opera mia.
La fiction è ambientata nell'Inghilterra di Enrico VII, ma non segue necessariamente il corso 'veritiero' degli avvenimenti storici che tutti noi conosciamo.
Caterina d'Aragona ed Enrico Tudor sono sposati da cinque anni. Hanno già una primogenita, Maria, e sono in attesa del loro secondogenito.
Sarà, finalmente, un maschio?
I personaggi della fic, alcuni sono realmente esistiti, altri no.
Buona lettura, e commentate :)
Genere: Generale, Storico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Tudor/Inghilterra
Capitoli:
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A Queen's Daughter- A gift to refuse

Londra, Natale 1529 – A gift to refuse

 

“Siete sicuro?” Obiettò Anna Bolena. “In questi mesi non abbiamo scambiato che dei saluti formalissimi. E’ sempre attaccata ai suoi tre insegnanti, dubito che proprio ora mollino la presa. E poi lei stessa mi sembra più ferma nelle sue posizioni, meno bambina.”
“Vero, padre.” Confermò George, che comunque solitamente non aveva opinioni o punti di vista particolarmente brillanti.
“Sentite, ha sedici anni e non sa nulla del mondo. Con la sorella non parla e non ha che i genitori in comune, il suo legame con la madre si è allentato di molto, quello con suo padre non è mai esistito. I suoi precettori sono tre uomini, e, a parte lady Thorston, non ha una sola amica qui dentro. Secondo voi quanto impiegherà la nostra Anna a rompere il suo muro difensivo? E’ pur sempre una femmina, anche se è figlia di Re ed è circondata da uomini. Un gioiello ed un’amica sono quello cui non riuscirà a dire di no. Credetemi!!”

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“Maria..”
“Isabel..”
Le due sorelle si salutarono freddamente e poi presero posto, accanto ai genitori. Maria, come sempre alla sinistra di Enrico, ed Isabel alla destra di Caterina. Entrambe erano state fuori per due mesi, con i loro precettori, ed avevano raffinato, in un soggiorno italiano e francese, le loro conoscenze con le ‘realtà locali’. Certo, era poca cosa rispetto ai soggiorni che avevano fatto, ma in verità Enrico aveva di nuovo giocato la carta matrimoniale per le figlie. Le aveva fatte girare un po’ per metterle in mostra, far respirare loro un’aria che non fosse quella dell’Inghilterra, e in sostanza aveva cominciato a distaccarle dalla realtà che fino ad allora avevano vissuto.
Fedeli alla loro completa diversità, le due principesse, anche in questo caso non avevano fatto eccezione. Maria, sebbene fosse più grande e più chiacchierona e solare, non conservò questo tratto del suo carattere anche all’estero e non ebbe modo di fare conoscenze ed amicizie. In sostanza, rimase sempre un po’ nell’ombra e non ebbe nemmeno modo di migliorare il proprio francese o imparare almeno un minimo di italiano.
Isabel invece, nonostante il suo carattere prudente e riservato, oltre che estremamente silenzioso, aveva avuto modo di attirare l’attenzione; in due Paesi più gai e abituati alla facile conversazione, il suo carattere schivo aveva colpito e le aveva valso mille attenzioni da parte di Sovrani, ambasciatori, inviati vari e nobili locali. Inoltre aveva maggiore facilità nell’apprendimento delle lingue e, oltre a migliorare sensibilmente il suo francese, in un mese di soggiorno italiano, riuscì a imparare qualche frase, almeno per iniziare una conversazione. Insomma, lei e la sorella ancora una volta dimostravano di essere il giorno e la notte. Questo acuì la loro distanza e sebbene avessero passato l’intero soggiorno assieme, pur a volte impegnate in cose diverse, non si erano quasi mai rivolte la parola, suscitando anche in questo caso la curiosità, quando non l’aperta ilarità, degli ‘stranieri’.
Mentre Enrico cominciava a mangiare, praticamente ignorando Maria, Caterina si girò verso la figlia minore e le sorrise. Le era mancata follemente e non vedeva l’ora che tornasse. In silenzio fece scivolare la mano sulla schiena di Isabel, all’altezza della vita, e le accarezzò il fianco.
“Come stai, amore mio?” Le chiese, vezzeggiandola in italiano. Isabel si girò verso di lei e la guardò con occhi radiosi. Le sorrise e poi accostò il gomito destro alla schiena, facendo in modo di toccare le dita della mamma.
“Bene, grazie, mia amatissima mamma.” Le rispose, usando anche lei l’idioma di Dante. “E voi?” Caterina le sorrise, ed annuì leggermente, facendole capire che stava bene.
“Dopo cena, e dopo la Messa, se non sei stanca potremmo scambiarci gli auguri..” Propose la Sovrana. Isabel spalancò gli occhi ed annuì, aprendo la bocca ad un sorriso che le illuminò il volto.
“Ho una cosa da darvi..” Le disse a voce bassissima. “Un regalo solo per voi..”
Caterina la guardò e le sorrise, pizzicandole dolcemente il fianco, per farle capire che non vedeva l’ora di godersi quel momento con lei.

 

“Principessa..” Nel primissimo pomeriggio, mentre Isabel leggeva in santa pace, nel suo angolo preferito dell’enorme biblioteca, angolo che era anche quello più appartato, Anna Bolena la approcciò, salutandola. La fanciulla alzò gli occhi e restò seduta, ricambiando il saluto con un leggerissimo cenno del capo.
“Mistress Bolena.” Detto questo, riabbassò lo sguardo sul libro, ignorandola. Anna restò dove era, ma per un attimo solo, vedendo la sicurezza della ragazza, fu in dubbio se portar avanti il suo ‘piano’. “Principessa, io desideravo aveste questo..” Cominciò per far sì che Isabel rialzasse lo sguardo, cosa che ottenne dopo alcuni istanti. Quando gli occhi grigi della Principessa tornarono su di lei, Anna le sorrise e le porse una piccola scatolina. Isabel non la prese, limitandosi a guardarla, come fosse in attesa di una spiegazione. Anna si rese conto che stavolta sarebbe stato forse più difficile convincerla e tirarla dalla propria parte. Cercando di assumere un tono gaio e tranquillo, la dama proseguì; come sempre faceva quando era in difficoltà o davanti a qualcosa di imprevisto, assumeva un tono quasi inoffensivo che serviva a demolire le difese del suo interlocutore. Sperando di riuscire anche in questo caso, proseguì a parlare. “E’ un ciondolo, che ho regalato per Natale alle mie amiche.” Isabel corrugò immediatamente le sopracciglia. Anna poté quasi immaginare di sentire la chiusura ermetica delle sue difese, così, fulminea, cambiò strada. “In realtà l’ho regalato a coloro che vorrei avere il privilegio di annoverare tra le mie amicizie. Ho intenzione di farne dono anche a vostra madre, per chiederle scusa delle recenti incomprensioni.”
Alla faccia delle incomprensioni, sgualdrina!! Ti portavi a letto mio padre ed hai reso mia madre infelice!! Devi ringraziare che non ti ammazzi con le mie mani!’ Pensò Isabel, sentendo la rabbia salirle dallo stomaco.
“Vorrei chiedere scusa anche a voi, con questo dono..” Proseguì Anna, con una faccia tosta incredibile, che però cominciò a fare presa su Isabel. Gli occhi neri dell’ex amante del padre non la lasciavano mai, e le sembravano così sinceri che forse.. “Vorrei chiedervi scusa e sperare, un giorno, di poter essere vostra amica. Per il momento, vi prego, vogliate prendere questo dono, in segno di scuse da parte mia.” Cauta, Isabel allungò la mano, incontrando a metà strada quella di Anna, che ora le sorrideva apertamente. “Vi chiedo il favore di indossarlo, una volta sola, alla Messa stanotte. Ed io saprò che ho il vostro perdono e che accettate le mie scuse più profonde..” Isabel prese la scatola e poi la posò sul libro che teneva, ancora aperto, in grembo.
“Ci penserò, mistress Bolena..” Rispose, cauta. Come se avesse ricevuto un sì convinto, Anna le sorrise e poi, dopo una profonda riverenza, lasciò la biblioteca.

 

 
Puer natus in Bethlehem, alleluia: unde gaudet Jerusalem, alleluia, alleluia. In cordis jubilo, Christum natum adoremus cum novo cantico. Assumpsit carnem Filius, alleluia, Dei Patris altissimus, alleluia, alleluia. In cordis jubilo, Christum natum adoremus cum novo cantico. Per Gabrielem nuntium, alleluia, Virgo concepit Filium, alleluia, alleluia. In cordis jubilo, Christum natum adoremus cum novo cantico.
Dopo essersi comunicata, Isabel tornò al proprio posto, dietro quello di Caterina. Finito il ringraziamento personale, la fanciulla si risedette e, mentre il canto andava avanti, osservò la Chiesa decorata a festa. Il profumo dell’incenso si confondeva con quello dell’enorme albero di Natale che decorava un lato del presbiterio. I colori delle luci delle candele si univano a quelli delle enormi ghirlande di agrifoglio, dello stesso albero, dei festoni usati per decorare la Chiesa e dei vestiti colorati dei fedeli. Isabel si voltò alla sua sinistra e vide la sorella, tutta intenta a pregare, o forse a gustarsi il canto. Per qualche istante rimase indecisa sul da farsi, ma poi allungò una mano verso di lei, accarezzandole il polso. Maria si girò e la fissò, stupita da quel gesto. Quando vide sul viso della sorella minore un sorriso talmente aperto e accogliente, non riuscì, nonostante tutto, a respingerla. Le sorrise a sua volta, un po’ più cauta e poi le strinse leggermente il polso, ricambiando il suo gesto. Gli occhi di Isabel brillarono di gioia vera e Maria ne fu così colpita, e commossa, che non riuscì a trattenersi. Strinse più forte il polso della sorella e lo accarezzò dolcemente. Poi si spostò sulla panca più verso Isabel. Fu allora che quest’ultima le avvicinò la bocca all’orecchio, come per dirle qualcosa di poco importante.
“Perdonami..” Mormorò. “Anche se non te lo dico, ho bisogno di te per crescere, e ti voglio bene..”
Enormemente toccata da quelle parole, Maria si voltò verso la sorella. Essendo sedute nel transetto nord, e quindi esposte a tutti i fedeli, non la toccò, né fece gesti plateali, come era suo costume, ma il suo sguardo denunciava il suo stato d’animo. Quanto la sorella le aveva detto non l’aveva lasciata indifferente e per la prima volta in quasi sedici anni, la sentiva davvero parte della sua vita.
Ut redderet nos homines, alleluia, Deo et sibi similes, alleluia, alleluia.
In cordis jubilo, Christum natum adoremus cum novo cantico. In hoc natali gaudio, alleluia: benedicamus Domino, alleluia, alleluia. In cordis jubilo, Christum natum adoremus cum novo cantico. Laudetur sancta Trinitas, alleluia, Deo dicamus gratias, alleluia, alleluia. In cordis jubilo, Christum natum adoremus cum novo cantico.

 

Dopo la Messa i Sovrani si fermarono assieme alle figlie in una piccola sala del trono, con i consiglieri e la parte di corte più vicina a loro, per un breve scambio di auguri. Nel tardo pomeriggio c’era stato lo scambio dei doni con tutta la nobiltà inglese e gli ambasciatori e gli inviati provenienti dall’Europa e, come ogni anno, il cerimoniale era stato lungo ed estenuante.
Mentre le sue dame sfilavano di fronte a lei, Caterina notò lo splendido gioiello di Anna Bolena. Era un girocollo in oro e pietre dure, non troppo grosso, con un pendaglio a forma di rombo. Era elegante e delicato al tempo stesso, così perfettamente stonato su una simile sgualdrina. La Sovrana la guardò gelidamente dall’alto in basso, quando si inchinò per porgerle gli auguri, e le rispose a malapena. Quel viso sfacciato, nonostante il Re non la considerasse più la sua ‘maîtresse-en-titre’, non aveva perso la sua spocchiosa superbia e quegli occhi neri continuavano a guardare tutto e tutti con sufficienza e alterigia assieme. Seguendo alla sua destra il cammino della sua rivale, Caterina temette di perdere i sensi. Anche Isabel, seduta accanto a lei, aveva lo stesso, medesimo gioiello. La Sovrana guardò inorridita la figlia. Che diavolo di gioco era quello?!
“Madre, che succede?” Chiese quest’ultima. Caterina strabuzzò gli occhi e fissò per pochi istanti Anna Bolena. Isabel seguì lo sguardo materno e non appena vide il gioiello della dama, capì subito. Era stata ingannata!!, ma lei era caduta come una sciocca nel tranello di una poco di buono. La Principessa avrebbe voluto che la terra si aprisse e la ingoiasse in un istante. Per quanto sperasse che quel momento finisse in fretta, non fu così. Prima di abbassare lo sguardo, riuscì a sentire su loro tre tutti gli occhi dei cortigiani presenti. Sua madre respirava così affannosamente che poteva sentirne il sibilo. In un ultimo tentativo di ridimensionare la cosa, Isabel alzò il viso su Caterina e aprì la bocca scusarsi, o almeno provare a farlo.
La Regina però fece ciò che non aveva mai fatto, nemmeno quando il marito amoreggiava spudoratamente in pubblico con la Bolena. Senza pensarci minimamente, essa si alzò dal trono e, mentre la corte non le levava gli occhi di dosso, prese letteralmente per un braccio Isabel, trascinandola via.
La povera principessa non ebbe nemmeno modo di opporre una minima resistenza, che venne portata quasi di peso, dopo un lunghissimo corridoio, in una saletta. Lì Caterina la lasciò andare, non prima di averla quasi spinta dentro.
“Cos’è questo? Avanti, parla!! COS’E’?!?!” Cominciò immediatamente ad aggredirla. Isabel non l’aveva mai vista in quello stato e, per la prima volta in vita sua, ebbe paura di lei. Camminando all’indietro, arrivò fino al muro, sul lato opposto rispetto alla porta d’ingresso. Sua madre non le diede tregua e la raggiunse in un attimo. “Non ho ancora sentito perché hai addosso questa roba!!! Da chi tu l’abbia avuta lo so benissimo. Ma voglio sapere perché!!!”
Troppo spaventata per rispondere, Isabel si limitò a fissare terrorizzata sua madre, che era ormai preda della collera più nera.
Mamà, io non pensavo..” Provò a dire Isabel. “Vi giuro, preferirei essere impiccata..”
“Dovrei impiccarti davvero!!” La interruppe Caterina, schiaffeggiandola forte, colma di sdegno e ormai totalmente fuori di sé. “Ho allevato una sgualdrina che mi ha venduto alla prima occasione buona!!”
Isabel la guardò con occhi sbarrati di terrore e di paura. In silenzio scosse la testa, mentre le lacrime, pian piano, sgorgavano dai suoi occhi e scivolavano giù lungo le guance, la mandibola, il collo. Sua madre allungò di nuovo la mano, e lei temette volesse ancora picchiarla. Invece afferrò la catena del gioiello e tirò una prima volta, forte. Non riuscendo a strapparla provò una seconda, poi una terza, infine una quarta, con energia sempre maggiore. La pelle di Isabel, scorticata dai tentativi precedenti, si lacerò di netto. Subito un fiotto di sangue zampillò dal fianco del suo collo, ma nemmeno la vista del sangue calmò Caterina, che sembrava preda di un demonio.
Solo quando Enrico arrivò nella sala e, prendendola per le spalle, la strappò da lì, si calmò e perse tutta la trance che l’aveva sorretta fino a quel momento.
“Prepara le tue cose e vattene via da Greenwich.” Sibilò, voltandosi a guardare più furente che mai sua figlia. “Fino a nuovo ordine sei bandita dalla corte e non hai una madre.. fatti consolare dalla puttana Bolena, ora!”

  
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